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Viadotto #Himera: un paesaggio di speranza

di Ilari Valbonesi

L’Italia frana. A sentire Erasmo D’Angelis, il Coordinatore di #italiasicura struttura di missione del governo contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche – sono 486.000 frane italiane delle 500.000 frane europee che pendono su oltre 20.700 kmq, il 6,9% del nostro territorio nazionale, anche densamente abitati.

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Frana la Calabria, è la “peste” idrogeologica

La frana in località Foresta del Comune di Petilia Policastro, in provincia di Crotone, dove sabato 31 gennaio è crollata un’intera palazzina e altre tre sono state evacuate, è l’ennesimo esempio di eventi – talora anche più disastrosi – che, ogni qualvolta piove un po’ di più, si generano diffusamente per tutto il territorio calabrese.

Un territorio che, come ha ricordato l’attuale presidente dei geologi calabresi e come da tempo ci dice la scienza ufficiale, ha il 100% dei comuni con aree a rischio frana e/o alluvione.

di Giuseppe Candido

Una storia, quella di Petilia, che si ripete sistematicamente e che, per commentarla, basterebbe ricordare ciò che il presidente dell’ordine dei geologi scriveva, oltre quarant’anni fa, a seguito degli eventi alluvionali del dicembre del 1972 e gennaio ’73 in Calabria : già allora, i custodi della terra,ravvisavano nell’erroneo, distorto e  speculativo uso del suolo, la causa prima Dello sfasciume idrogeologico“.
E a queste parole aggiungevano che “l’aver sempre trascurato la natura del suolo, la consistenza e la distribuzione delle risorse naturali, ha portato a scelte urbanistiche che sono entrate in contraddizione con il territorio stesso”. Continua la lettura di Frana la Calabria, è la “peste” idrogeologica

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Dissesto ideologico: #geologo Carlo Tansi replica a @ilGarantista su #frana ospedale di Paola

L’ospedale di Paola è seriamente minacciato

di Carlo Tansi (*)

L'articolo di Guido Scarpino su il Garantista (edizione Cosenza) del 15 gennaio 2015
L’articolo di Guido Scarpino su il Garantista (edizione Cosenza) del 15 gennaio 2015

Leggo l’articolo a firma del Sig. Guido Scarpino, apparso sul Garantista edizione di Cosenza del 15 gennaio 2015 che, in riferimento alla frana che minaccia l’Ospedale di Paola, titolava “ASP, ecco i soldi elargiti all’ ”amicone” della Rai”, e replico.

L’ospedale di Paola è seriamente minacciato da una frana R4 – dove per legge esiste “possibilità di perdite di vite umane” – collassata nel febbraio 2013 e ancora in attività, che può determinare il crollo dell’area antistante e il conseguente suo sgombero. Continua la lettura di Dissesto ideologico: #geologo Carlo Tansi replica a @ilGarantista su #frana ospedale di Paola

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Rischio sismico (e idrogeologico): la storia ci avverte. Serve un piano di messa in sicurezza

La straordinaria coincidenza del terremoto in Sila di ieri, 28 dicembre 2014 (che per fortuna non è stato di forte intensità) ci riporta alla memoria quello – assai più funesto – del 28 dicembre del 1908 quando persero la vita dalle 90 alle 120mila persone, e ci deve mettere in guardia.
In occasione di quel tragico evento, infatti, ai danni provocati dalle scosse sismiche e agli incendi che ne seguirono, si aggiunsero i morti cagionati da un maremoto di “violenza impressionante”, che colpì le coste dello Stretto con ondate devastanti stimate, nelle varie località, da 6 a 12 m di altezza (fino a 13 metri a Pellaro, frazione di Reggio). Il maremoto provocò molte vittime proprio fra i sopravvissuti alle scosse che si erano ammassati in riva al mare, alla ricerca di un’ingannevole protezione. Anche Gaetano Salvemini, docente di storia contemporanea all’Ateneo di Messina, nel 1908 perse in Calabria moglie, cinque figli e la sorella, rimanendo unico sopravvissuto della sua famiglia.La Calabria è notoriamente un’area della penisola con un elevato livello di sismicità, tra i più alti d’Italia. Disastrosi e ricorrenti sono stati i terremoti che, nei secoli, l’hanno sconvolta.

di Giuseppe Candido

Monteleone Via Forgiari demolita dal terremotoTre anni prima del 1908 il disastroso terremoto del 1905 l’aveva già sconvolta: la notte tra il 7 e l’8 settembre una scossa poderosa funestò la Calabria. I giornali dell’epoca diedero grande risalto e inviarono cronisti, illustratori e fotografi per raccontare i disastri accaduti: “Il gravissimo terremoto in Calabria e in Sicilia” titolava Il Giornale d’Italia: “Scene angosciose, una notte di terrore, morti e feriti, paesi distrutti” l’occhiello.

Poi, a soli tre anni di distanza, l’apocalisse vera cui faceva riferimento dalle Cronache del Garantista di Cosenza, Alessia Principe, e che – letteralmente – devastò Reggio Calabria e Messina:

«Un attimo della potenza degli elementi» – si legge nella relazione del Senato del Regno – «ha flagellato due nobilissime province (…) abbattendo molti secoli di opere e di civiltà. Non è soltanto una sventura della gente italiana; è una sventura della umanità, (…). Forse non è ancor completo, nei nostri intelletti, il terribile quadro, né preciso il concetto della grande sventura, né ancor siamo in grado di misurare le proporzioni dell’abisso, dal cui fondo spaventoso vogliamo risorgere. Sappiamo che il danno è immenso, e che grandi e immediate provvidenze sono necessarie».

Ma la Calabria, come è arcinoto, è terra assai ballerina. E a partire dall’anno 1.000 si sono avuti numerosissimi terremoti distruttivi: nel 1188 il terremoto (IX-X grado della scala Mercalli, Cfr. D. Postpischl, 1984) nella valle del Crati, provocò danni gravissimi a Cosenza, dove crollò la cattedrale, a Bisignano, San Lucido e Luzzi; nel marzo del 1638, un altro violento terremoto d’intensità stimata del grado XI della scala Mercalli, colpì particolarmente la zona di Nicastro (CZ), dove i morti furono diverse migliaia. E il 9 giugno dello stesso anno, un nuovo terremoto provocò danni pure nel crotonese. Il 5 novembre del 1659, un forte terremoto del IX-X grado della scala Mercalli, interessò nuovamente la Calabria centrale, colpendo l’area compresa fra i golfi di Sant’Eufemia e di Squillace; le vittime furono oltre 2mila. Nel 1783, tra febbraio e marzo, uno sciame sismico interessò Calabria meridionale e il messinese, provocando la completa distruzione di moltissime località e gravissimi danni in tante altre; e le tantissime repliche che si ebbero nei mesi successivi provocarono oltre 30.000 morti.

L’8 marzo del 1832, un altro terremoto, con intensità stimata del X grado Mercalli, provocò danni gravi ad una cinquantina di località, prevalentemente nel crotonese; più di 200 le vittime. E quattro anni più tardi, il 25 aprile del 1836, un terremoto colpì il versante ionico della Calabria settentrionale, provocando danni a Crosia e Rossano, in provincia di Cosenza e duecento vittime. Nel febbraio del 1.854, ancora un terremoto causò distruzione e morte nell’alta valle del fiume Crati e danni gravi a Cosenza; le vittime, in quell’occasione, furono circa 500.

Sedici anni dopo, a ottobre, si verificò un ulteriore terremoto nell’area cosentina, fra le alte valli dei fiumi Savuto e Crati: altre cento vittime si sommarono alla conta dei morti. E, sempre nel 1870, “u terremuoto”, perché è così lo chiamavano in dialetto, colpì nuovamente la Calabria centrale, ma fu avvertito in tutta l’Italia meridionale e nella Sicilia orientale: pure in quel caso, ci furono danni gravissimi e più di 500 persone persero la vita. L’8 settembre del 1905, il terremoto colpì numerosi paesini nell’area di Vibo Valentia e Nicastro facendo risentire i suoi effetti anche nelle provincia di Cosenza e in quella di Reggio Calabria (intensità molto forte stimata del X-XI grado della scala Mercalli, Cfr. GNDT, D. Postpischl (a cura di), 10 domande sul terremoto, 1994). Nel 1908, il 28 dicembre, il violento terremoto e uno tsunami colpirono Reggio e Messina che risultarono completamente distrutte.

Moltissimi eventi meno importanti si verificano quasi ogni giorno in questa regione. Basta andare sul sito dell’INGV per rendersi conto di quanti terremoti avvertiti solo dagli strumenti vengano mediamente registrati in Calabria ogni mese.

Testimoniano tutti che la Calabria è una regione che, spesso, è stata distrutta da eventi sismici importanti.

In una regione come la nostra, in una terra con una così elevata frequenza di terremoti e conseguente elevata pericolosità sismica, sapendo che l’unico modo di difendersi dal terremoto – come sanno bene in Giappone – è quello di costruire edifici in grado di resistere alle scosse, è evidente quanto importante sarebbe diminiure il rischio (che è costituito sempre dalla casa che ti crolla in testa) investendo in un grande censimento della vulnerabilità sismica delle strutture pubbliche che, come il caso dell’Ospedale aquilano ha dimostrato nel 2009, non sempre sono costruite in maniera adeguata, nonché nell’adeguamento antisismico e/o nella rottamazione della fatiscente edilizia postbellica.

Scuole, ospedali, edifici comunali, prefetture eccetera. Il 65 per cento delle strutture pubbliche calabresi, dal censimento realizzato dalla protezione civile nel 1999, risultava ad elevata vulnerabilità sismica.

Quante di queste sono state adeguate o ricostruite? E c’è il patrimonio edilizio privato, spesso costruito abusivamente negli anni e poi condonato, che non è in grado molto spesso di resistere alle scosse. Servirebbe quantomeno censirne la vulnerablità e prevedere un sistema di incentivazione fiscale affinché anche i privati trovino conveniente investire nel miglioramento e nell’adeguamento antisismico dei propri edifici. Si potrebbe addirittura prevedere che, al momento dell’acquisto di un immobile, assieme al certificato energetico, sia necessario riportare pure quello della “vulnerabilità sismica” dell’edificio. Purtroppo abbiamo dimostrato più volte di essere il Paese che fa le cose, se le fa, ma solo dopo, a disastro avvenuto.

Per programmare interventi di prevenzione” – scriveva nel 1999 il Prof. Barberi allora a capo della Protezione Civile – “occorre tenere conto del fatto che non ci troviamo di fronte a un territorio vergine nel quale cominciare a costruire con una politica antisismica, ma che si tratta invece di un territorio nel quale si è costruito per secoli con tecniche che non offrono apprezzabile sicurezza nei riguardi dei terremoti. Vi è dunque in Italia, come del resto in moti altri paesi, un debito arretrato di investimenti anti-sismici che si è accumulato nel tempo e che comporta fra l’altro una macroscopia sperequazione fra cittadini che vivono in case nuove e vecchie. Questi problemi, con le stesse parole, furono comunicati al Presidente della Repubblica, al Governo e al Senato, dal Progetto Finalizzato Geodinamica del CNR, più di dieci anni fa, all’indomani del terremoto dell’Irpinia”.

Abbiamo una priorità non solo in Calabria? Alberto Ronchey, scrittore, due volte Ministro dei beni e attività culturali, in un articolo pubblicato su La Repubblica nel 1991, scriveva che

“Malgrado lo smisurato debito pubblico nazionale, la spesa pubblica trascura da quaranta anni le opere di prioritaria necessità. Eppure, impegnare più risorse materiali e tecniche per evitare disastri costerebbe di gran lunga meno che riparare e risarcire i danni, migliaia di miliardi l’anno. Troppi ministri e legislatori favoriscono spese anche dissennate, che assicurano immediati vantaggi clientelari o elettorali, mentre non si curano delle opere a utilità differita benché fondamentali e vitali. La loro idea di manutenzione pare simile a quella che in India ispira gli amministratori discendenti dalla casta dei Marwari, o strozzini: si cambia la corda all’ascensore solo quando s’è spezzata”.

Tra il ’44 e il 1990 in ben 156 eventi calamitosi censiti, tra terremoti, fenomeni idrogeologici, bradisismo flegreo, inquinamento acquifero ed eruzioni vulcaniche, sono stati spesi circa 127 miliardi di euro. Ovviamente, la principale voce di spesa riguarda proprio i terremoti: oltre 95 miliardi di euro – rivalutati ad oggi secondo i parametri ISTAT – di risorse stanziate tra il 1944 e il 1990.

Cosa fare per uscirne? Personalmente, a chi ha responsabilità di governo del territorio, consiglio vivamente di leggere ciò che suggeriva, già nel 1993, il professor Vincenzo Petrini, nel presentare il volume Rischio sismico di edifici pubblici:

“La risposta più ovvia alla constatazione della presenza di situazioni notevolmente a rischio è l’avvio di specifici programmi di adeguamento del patrimonio edilizio ai livelli di sismicità delle varie zone del paese (…). L’abbassamento dei livelli di rischio può essere uno degli obiettivi della programmazione di investimenti della pubblica amministrazione e può, in alcuni casi, contribuire a qualificare la spesa pubblica, (…) programmi pluriennali di interventi di riduzione del rischio, … distribuiti nello spazio e nel tempo secondo priorità definibili in anticipo, possono avere, nella situazione attuale, positivi effetti collaterali in termini di sviluppi non drogati dell’occupazione”.

Ma ad oggi aspettiamo ancora.

Ricordiamolo fino alla noia, non è mai il terremoto ma la casa che ti crolla in testa ad uccidere, a provocare stragi di popoli. Bisogna abolire la vulnerabilità sismica dei nostri edifici, partendo da quelli pubblici, per adeguarli a resistere alle scosse o rottamandoli, quando invece si tratta di vera e propria “spazzatura edilizia”. Una proposta che i Radicali sostengono da anni col prof. Aldo Loris Rossi, su questo, impegnato in prima linea. E per quelli privati si protrebbe incentivarne il censimento della vulnerabilità e il miglioramento delle strutture in modo da metterle in condizioni di resistere alle scosse o, in alternativa, rottamandole del tutto. Serve un piando di messa in sicurezza sismica, idrogeologica e ambientale, nazionale e regionale, integrato con i fondi europei: sarebbe un volano per la ripresa dell’economia e, alla lunga, farebbe risparmiare un sacco di soldi in termini di emergenze e ricostruzioni, oltreché in termini di vite umane.

 

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Piove, #Governo ladro?

Mezza Italia è sotto una bomba d’acqua. In Calabria piove da ventiquattro ore e le previsioni meteo non lasciano prevedere miglioramenti per le prossime 24 ore. Le scuole sono chiuse in molti Comuni calabresi: i sindaci, infatti, hanno preferito non rischiare. Giovedì sei novembre, l’ArpaCal, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente calabrese, attraverso il centro funzionale multirischi, con un comunicato a firma dell’ing. Roberta Rotundo, ha diramato a tutte le cinque prefetture calabresi e per conoscenza alla protezione civile nazionale, l’avviso di “criticità per possibili precipitazioni intense” con livello di allerta 2 caratterizzato da ‘criticità elevata’. Tradotto: rischio frane e alluvioni a go-go.
Nella descrizione dello scenario di rischio diramato alle 5 prefetture calabresi e, da queste, a tutti i Comuni, si legge che “Nelle aree a rischio di frana e/o a rischio di inondazione e in particolare in quelle classificate dal PAI (aree a rischio di inondazione, aree di attenzione, zone di attenzione, punti di attenzioe, aree a rischio elevato o molto elevato di frana) sono attese precipitazioni che potrebbero determinare fenomeni di dissesto diffusi e di intensità da media ad elevata”.
E si specifica che, “fenomeni di questo tipo possono costituire pericolo per la incolumità delle persone che si trovano nelle aree a rischio”.
A leggere il comunicato dell’ArpaCal viene spontaneo domandarsi se ‘le persone che si trovano nelle aree a rischio’, quelle, per intenderci, delimitate dal PAI dal 2001 e a cui il comunicato dell’ArpaCal fa esplicito riferimento, sono consapevoli di vivere in aree di rischio o di trovarsi vicini a zone o a specifici punti d’attenzione. E viene da chiedersi pure se per tali zone rese note dall’Autorità di Bacino Regionale a tutti i comuni già dal 2001 con l’invio di mappature del rischio, i sindaci dei comuni interessati abbiano predisposto adeguati sistemi di allerta specifici per avvisare le popolazioni coinvolte del rischio o se, invece, ci si limiti a una generalizzata, seppur doverosa, chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, ogni qual volta che viene diramato l’allerta meteo.
Se le zone, le aree e i punti di attenzione per rischio inondazione e quelle a rischio frana sono state delimitate sulle carte del PAI, perché non si realizza uno specifico sistema di informazione e di allerta per le popolazioni residenti in tali aree? Perché non si effettuano prove di evacuazione periodiche? Ogni volta che una perturbazione si scatena sullo sfasciume pendulo, frane e alluvioni non si contano e, sistematicamente, ci tocca assitere a fatti luttuosi. Fatti luttuosi che presi singolarmente sembrano pochi, ma se si tiene il conto delle vittime negli ultimi cinquanta anni ci si accorge che, per sole frane e alluvioni, quasi tremila persone sono morte. Sfollati centinaia di migliaia di persone e miliardi di euro di danni alle cose. Le persone muoino perché escono per strada, perché passano da un punto d’attenzione non segnalato (ad esempio una strada che interseca un corso d’acqua minore che, però, in occasione delle bombe d’acqua divengono tumultuosi ecc.).
Nelle altre parti del mondo, in queste condizioni, periodicamente si effettuano simulazioni, la popolazione è informata dei rischi e dei comportamenti da tenere nelle verie situazioni di rischio.
In Calabria come nel resto del bel Paese, invece, ci si limita a chiudere le scuole. La gente non ha conoscenza di dove siano le aree di rischio nel proprio comune e i punti di attenzione non sono neanche segnalati.
Mentre scrivo piove. La pioggia continua a cadere in maniera copiosa. Incessantemente batte sui vetri della finestra sospinta da un vento teso e burrascoso di Mezzogiorno che, per il Golfo di Squillace, significa mareggiate che tendono ad impedire il naturale deflusso verso mare dei corsi d’acqua. Ma non sarà come nel 1973 quando precipitazioni abbondanti coinvolsero la fascia ionica ove alla fine si registrarono 1500 mm di pioggia, un valore che uguaglia il valore medio di un anno. Allora innumerevoli furono i crolli e gli allagamenti, per non parlare delle frane che isolarono parecchi Comuni della provincia di Reggio Calabria, obbligando i loro abitanti all’evacuazione. Careri e Bovalino vennero evacuati mentre risultarono sinistrate Catanzaro Lido invasa dalle acque del Fiume Corace e Marina di Gioiosa da quelle di una mareggiata. La storia dei luoghi ci dovrebbe mettere in guardia, ma gli eventi non si ripetono mai uguali, mai negli stessi luoghi.
Quello che come allora si ravvisa, difronte al dissesto idrogeologico nazionale e in particolare di quello della Calabria, è l’erroneo, distorto e speculativo uso del suolo la causa prima dello ‘sfasciume idrogeologico, delle alluvioni, delle frane’. Ricordare le parole di un comunicato del Consiglio Nazionale dei Geologi del 1973 aiuta forse a comprendere meglio:
L’aver sempre trascurato la natura del suolo, la consistenza e la distribuzione delle risorse naturali”, – scrivevano oltre 40 anni fa i geologi – “ha portato a scelte economiche, urbanistiche e di assetto che sono presto entrate in contraddizione con il territorio stesso, innescando quel vasto processo di rigetto le cui manifestazioni più vistose sono appunto frane e alluvioni”.

Come ancora attuali e significative appaiono pure le parole di Alberto Ronchey che nel 1991 dalle colonne di Repubblica sosteneva come, “malgrado lo smisurato debito pubblico nazionale, la spesa pubblica trascura da quaranta anni le opere di prioritaria necessità. Eppure, impegnare più risorse materiali e tecniche per evitare disastri costerebbe di gran lunga meno che riparare e risarcire i danni, migliaia di miliardi l’anno. Troppi ministri e legislatori favoriscono spese anche dissennate, che assicurano immediati vantaggi clientelari o elettorali, mentre non si curano delle opere a utilità differita benché fondamentali e vitali. La loro idea di manutenzione – aggiungeva Ronchey – pare simile a quella che in India ispira gli amministratori discendenti dalla casta dei Marwari, o strozzini: si cambia la corda all’ascensore solo quando s’è spezzata”.
Prevenire sarebbe meglio che curare, e anche più economico.
Allora le parole che forse meglio aiutano a capire a che punto sia la prevenzione idrogeologica in questo Paese, sono ancora una volta i versi di Eugenio Montale:
Piove
non sulla favola bella di lontane stagioni,
ma sulla cartella esattoriale,
Piove su gli ossi di seppia e sulla greppia nazionale
”.

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#Peschici e San Marco in Lamis: dissesto non solo “idrogeologico” ma soprattutto “ideologico

Il disastro di San Marco in Lamis (FG)
di Carlo Tansi (1)

I morti in Puglia di questi giorni sono le ennesime vittime della “strage di popoli” di cui Pannella parla da anni. Sarò al congresso dell’associazione Luca Coscioni per proporre a Marco di riprendere la sua antica e quanto mai attuale battaglia per proporre un Geologo in ogni comune.
Sono anni che i geologi dicono le stesse cose. Più volte ho scritto, come noi tutti geologi, non solo calabresi, affermiamo ormai da anni, che oltre alle vicissitudini geologiche che ne hanno reso i terreni della nostra penisola particolarmente “fragili” e predisposti al dissesto, assieme alla scarsa manutenzione dei fiumi e dei torrenti, le cause del rischio idrogeologico in Puglia come in Calabria e in altre parti del Paese, sono da attribuire principalmente a un’arrembante e incauta edificazione che, sia per l’abusivismo e sia per il superficiale controllo dei progetti negli uffici tecnici preposti (ex-Genio Civile) consentito da una assurda normativa, ha consentito per decenni di costruire sulle frane e nei fiumi. E le calamità naturali, aggravate dal mal governo del territorio, continuano a pesare come un macigno sullo sviluppo socio-economico dell’intero Paese. Anche quello di San Marco in Lamis, infatti, non è altro che l’ennesima catastrofe annunciata, conseguenza di un dissesto non solo “idrogeologico” ma soprattutto “ideologico” di un sistema partitocratico che, asservito a logiche clientelari, ha consentito di costruire in aree a bollino rosso.
Molti credono di poter aggirare le leggi degli uomini, ottenendo magari una concessione in una zona a rischio R3 o R4; uomini ignari e sciocchi, che scappano alle leggi degli uomini, ma che però non scappano alle inesorabili leggi della natura: la natura, prima o poi, si riprende ciò che le appartiene, senza mezzi termini, senza fare sconti a nessuno.

Purtroppo, nella “strage di leggi” – che il volume “La peste ecologica e il caso Calabria” di Giuseppe Candido ripercorre con dovizia di particolari – nonostante le varie catastrofi di Maierato, Cavallerizzo, Soverato, Vibo, degli scavi di Sibari …, imperterriti, di fronte a scenari anche più drammatici di San Marco in Lamis, in queste ore, da qualche parte in Italia, si continua ancora a costruire sulle frane e nei fiumi, anche mentre scrivo queste ennesime righe dell’ennesimo “deja vu”. In 50 anni di storia dell’Ordine dei Geologi italiani, istituito nel 1963, l’anno della tragedia del Vajont, le catastrofi idrogeologiche e gli eventi sismici nel nostro Paese si sono ripetuti a ritmi incessanti. Ma quanto costa all’Italia intervenire per le emergenze, siano esse legate ad eventi idrogeologici o sismici, anzichè investire in prevenzione? L’annuario dei dati ambientali elaborato dall’ISPRA, stima con la cifra di 52 miliardi di euro, il costo complessivo dei danni per i soli eventi franosi ed alluvionali, nel periodo dal 1951 al 2009, corrispondenti, in moneta corrente, a ottocento milioni di euro all’anno circa. Secondo gli studi redatti dallo stesso Consiglio Nazionale dei Geologi, il quadro dei costi complessivi, tra il 1944 e il 2009, del dissesto idrogeologico e del rischio sismico, sono compresi “tra un valore minimo di 176 miliardi di euro e uno massimo di 213″.

Non tutti sanno – anch’io l’ho scoperto da poco – che il Partito Radicale e Marco Pannella, sin dagli anni ’80, da quando era consigliere comunale a Napoli, proponeva la presenza del Geologo in ogni comune.

Il Geologo in ogni comune, uno stipendio in più, tra i tanti architetti, geometri e ingegneri. Il Geologo che però farebbe risparmiare moltissimo alla collettività, proprio in termini di prevenzione dai rischi geologici, anche quelli di tipo ambientali, valutando bene i progetti e gli interventi che si effettuano sul territorio di propria competenza, specialmente in regioni ad alto rischio e rappresentando un indispensabile punto di riferimento nella gestione delle fasi emergenziali in caso di calamità naturali. Uno stipendio in più in ogni comune che, però, avrebbe fatto risparmiare una buona parte di quei miliardi. Ricordo che, nel 2007, quando fui vice presidente dell’Ordine dei Geologi della Calabria, prima che mi dimettessi proprio per la mancata “considerazione” del Geologo da parte delle istituzioni, avevo fatto questa proposta alla classe politica locale e nazionale: un Geologo assunto in tutti i comuni della Calabria in cui è presente un rischio idrogeologico R3 o R4. “Con questi chiari di luna?” mi dissero in molti, sarcasticamente. Ma questa proposta deve invece essere vista in un’altra prospettiva che la “Peste ecologica” documenta molto chiaramente: quanti soldi avrebbe risparmiato la collettività – in termini di prevenzione – se ci fosse stato un Geologo in ogni comune?

Per parlare di questi argomenti, per “strutturare” assieme questa battaglia e riportare, con Marco Pannella all’attenzione dei media questi temi, trovo assai lodevole l’iniziativa del Partito Radicale di convocare una conferenza-convegno proprio a Foggia al quale, però, non potrò partecipare per impegni presi in precedenza. Preannuncio però che, pur non essendo iscritto al Partito Radicale, proprio per discutere, con un approccio scientifico, di argomenti drammaticamente attuali – avendo come interlocutore una persona più che mai lungimirante come Marco Pannella – sarò onorato di partecipare al prossimo convegno dell’associazione Luca Coscioni.
____
1) Carlo Tansi è Ricercatore presso l’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del C.N.R., docente presso il Dipartimento di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università della Calabria è stato vice presidente dell’Ordine Regionale dei Geologi della Calabria

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#Dissesto idrogeologico: lettera aperta dei geologi della Calabria a Renzi

Riceviamo e pubblichiamo la:
Lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi
Disponibile al link:
http://www.ordinegeologicalabria.it/schede.php?id=1854

Pregiatissimo Presidente del Consiglio dei Ministri,

scriviamo proprio nel momento in cui, purtroppo, nel trevigiano si contano le vittime e i danni provocati dall’ennesimo evento di dissesto idrogeologico. Quest’ultimo evento disastroso testimonia, per l’ennesima volta, come non sia proprio più possibile continuare ad affrontare il rischio idrogeologico nel nostro Paese senza una politica che preveda una seria programmazione per la messa in sicurezza del territorio.

I rischi geologici, com’è noto, interessano in maniera profonda anche il territorio calabrese.

Dagli organi di stampa apprendiamo che nei prossimi giorni la S.V. sarà in visita in Calabria e, probabilmente, avrà modo di constatare personalmente quanto sia esposto il territorio regionale rispetto al rischio idrogeologico, e rendersi conto come la difesa del suolo rappresenti una priorità dalla quale non si possa prescindere per lo sviluppo di questa regione.

In Calabria, nel novembre 2010, veniva siglato dalla Regione Calabria e dal Ministero dell’Ambiente un accordo di programma finalizzato a fronteggiare il rischio idrogeologico, mediante la realizzazione di interventi urgenti di mitigazione, per un importo complessivo di 220 milioni di euro, cofinanziato per il 50% dalla stessa Regione Calabria, che prevedeva la realizzazione di 185 interventi.
Attualmente, a distanza di quasi quattro anni dalla stipula dell’accordo, pochissimi interventi tra quelli programmati risultano in corso di esecuzione, nonostante lo stesso accordo di programma, considerata la particolare urgenza connessa alla necessità di intervenire nelle situazioni a più elevato rischio idrogeologico, avesse previsto l’istituzione di una Struttura commissariale autonoma (DPCM 21/1/2011) avente lo scopo di accelerarne le procedure per la loro realizzazione.

L’attuazione degli interventi, invece, risulta in fortissimo ritardo: pochissime attività sono state avviate in concreto, mentre il territorio calabrese, ad ogni evento piovoso intenso, continua a “rompersi a pezzi”, esponendo a serio rischio gli abitanti. Ciò rappresenta una condizione inaccettabile che segna pesantemente la nostra regione non soltanto in termini ambientali, ma anche in termini di impatto economico, sociale e, naturalmente, di salvaguardia della vita umana.

Si auspicava nella celere attuazione delle attività previste dall’accordo di programma, che, oltre a rappresentare la continuazione della politica di “sicurezza geologica” iniziata con gli interventi di mitigazione previsti dal Piano di difesa del suolo (Ia Fase) predisposti dalla Regione Calabria, avrebbero anche rappresentato una possibilità di rilancio dell’economia locale con ricadute occupazionali non trascurabili per i lavoratori del settore.

Il recente DL “Ambiente” n. 91/2014, al fine di snellire le procedure e considerata la necessità immediata di mitigare il rischio idrogeologico, all’art.10 stabilisce che i Presidenti delle Regioni subentrano ai Commissari straordinari delegati per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, individuati negli Accordi di programma. Lo stesso DL 91/14 stabilisce che i Presidenti delle Regioni inviano un’informativa al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) relativa all’allocazione dei finanziamenti già trasferiti alla gestione commissariale con riferimento agli interventi immediatamente cantierabili, assieme allo stato di avanzamento delle attività.

Tuttavia in Calabria, com’è noto, il Presidente della Regione è dimissionario da qualche mese e sembrerebbe che da qualche giorno sia stato nominato un nuovo Commissario come delegato per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico: auspichiamo che il nuovo Commissario riesca ad accelerare i lavori per la messa in sicurezza del territorio, scongiurando il rischio di far perdere i finanziamenti previsti.

Siamo consapevoli che le somme destinate dall’Accordo di programma, per quanto importanti, non possano risolvere tutte le criticità geologiche presenti sul nostro territorio, che è notorio sono di ben altra entità e complessità.

Pregiatissimo Presidente, proprio a causa del quadro generale delle criticità idrogeologiche presenti in Calabria, chiediamo che si provveda in tempi rapidi a pianificare maggiori investimenti nella prevenzione rispetto al rischio idrogeologico: il ripristino delle condizioni di sicurezza di numerosi centri abitati, oltre a salvaguardare la vita umana, contribuisce sicuramente anche al rilancio economico, occupazionale e sociale del territorio calabrese.

Certi di un positivo riscontro, porgiamo Distinti saluti.

Catanzaro, 5 agosto 2014

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“La peste ecologica e il caso Calabria”. L’introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella, la nota di Valerio Federico e Paolo Farina

La peste ecologica e il caso Calabria di Giuseppe Candido, prefazione di Carlo Tansi, introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella
Prefazione di Carlo Tansi, introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella

E’ andato in stampa il volume di Giuseppe Candido, con una prefazione di Carlo Tansi, la postfazione di Franco Santopolo, una nota di Valerio Federico e Paolo Farina e l’introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella che di seguito pubblichiamo.

Uscirà a breve, nella prossima settimana, per i tipi di Non Mollare edizioni, la casa editrice dell’associazione di volontariato culturale Non mollare che edita on line anche Abolire La Miseria della CalabriaLa Peste ecologica e il caso Calabria, l’ultimo libro di Giuseppe Candido.


 

Nell’Abstract del volume si legge che …

Dove c’è strage di leggi c’è sempre strage di popoli. Rischio sismico, idrogeologico e ambientale, mal governo del territorio, rifiuti tossici interrati, mala depurazione e un’emergenza rifiuti infinita per alimentare clientele e “fare progetti”; storie (vere) di frane, alluvioni, terremoti e disastri ambientali aventi tutti come denominatore comune il disastro politico che li ha causati!La peste ecologica e il caso Calabria, è un libro-dossier in cui si ripercorrono fatti, eventi spesso tragici sul dissesto idrogeologico, sui rischi sismici e su quelli ambientali del nostro Paese con particolare rifermento, per quest’ultimo aspetto, al caso dei veleni e dei rifiuti in Calabria. Cos’hanno in comune rischi, mal governo del territorio, dissesti e veleni? La peste ecologica è la violazione sistematica delle leggi che ha, per conseguenza, una strage di popoli.


La peste ecologica e il caso Calabria, di Giuseppe Candido. Prefazione di Carlo Tansi, introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella, postfazione di Franco Santopolo e una nota di Valerio Federico e Paolo Farina – Non Mollare edizioni, euro 18,00; Pagine 394 – ISBN 9788890504020 – Per prenotarne una copia è sufficiente inviare una mail all’indirizzo associazionenonmollare@gmail.com


L’Introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella

Con il suo bel libro Giuseppe Candido presenta al lettore una seria e documentata proposta che, affondando le sue radici nello specifico calabro, rafforza la complessiva urgenza nazionale (e non solo!) di contrastare i connotati illiberali e ormai anti-democratici dello Stato italiano –renziano– arroccato in accanita difesa proprio di ciò che è oggetto, da decenni, delle massime imputazioni e condanne delle giurisdizioni europee. Imputazioni e condanne seriali richiamate dal “Massimo Magistrato” italiano, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con il suo messaggio costituzionale alle Camere, una straordinaria testimonianza, completa di “obblighi” e di proposte indirizzate al nostro Paese e, non a caso, trattata in modo indegno dal Parlamento, suo naturale destinatario.

Gli “obblighi” che l’Italia disattende, e che derivano anche dal Diritto comunitario da anni costituzionalizzato, riguardano altresì – in grandissima parte – l’ambiente sfregiato dei nostri territori. Grazie alla visione transnazionale del Partito Radicale, questi “obblighi” verso l’ambiente non hanno confini e ci costringono a farcene carico, studiandolo per ciò che è: una “funzione” vitale del pianeta, che nessuno può permettersi di sacrificare.

Citando Aldo Loris Rossi, Marco Pannella lo ripete in modo assillante: “Il genere umano ci ha messo due milioni di anni per arrivare – nel 1830 – al primo miliardo; cento anni per arrivare al secondo, 30 per il terzo, 15 per il quarto, 13 per il quinto, 12 per il sesto, e ancora 13 anni per il settimo miliardo.

Mentre scrivo, un sito internet (http://www.worldometers.info) ci conta e censisce, a noi umani, in tempo reale. Girando vorticosamente, ci informa che in questo preciso istante siamo 7 miliardi 243 milioni 471.433 e che fino a questo momento in questa giornata sono nate 328.443 persone e ne sono morte 135.528. Molto probabilmente questo contatore, grazie a un’elaborata formula matematica, ci azzecca. Non dico all’unità, ma quasi. E allora mi chiedo se nell’implacabile calcolo offertoci in diretta ci siano già finiti i morti di cui ho avuto notizia poco fa: due detenuti suicidati; un altro, morto per malattia incompatibile con lo stato di detenzione, mentre – infine – un agente di polizia penitenziaria di 42 anni e un suo amico sono morti per overdose di eroina.

Certamente, nel contatore sono finiti i morti che ci segnala Giuseppe Candido: morti per alluvione, frane, tumori causati dai rifiuti tossici o dai veleni industriali o per micidiali concessioni edilizie rilasciate senza rispetto delle leggi. Ci sono anche i morti censiti dai libri di Maurizio Bolognetti e Massimiliano Iervolino. Via via, il contatore ingloberà anche i morti delle analoghe stragi, che fin da oggi si possono tranquillamente prevedere senza che nulla venga fatto per fermarle nonostante le denunce e le soluzioni prospettate da quella che Pannella definisce “letteratura militante”.

Se puntiamo l’implacabile strumento su questo o quello dei continenti del pianeta, osserveremo che la velocità del fenomeno varia: sarà molto più lento in Europa, più veloce nell’America del sud, velocissimo in Africa o in Asia. Ma quel che è certo è che il dilagante aumento della popolazione mondiale sta facendo crescere il consumo dei suoli, dell’acqua e di energia, per sopperire a esigenze non solo alimentari in crescita esponenziale. Fulco Pratesi ci spiattella un altro ferma-immagine impressionante: visto che siamo oltre 7 miliardi e 200 milioni, ciascuno di noi umani ha a disposizione – contando anche luoghi invivibili come deserti, ghiacciai, montagne – poco più di due ettari a testa, corrispondenti a quattro campi di pallone. Se però prendiamo in considerazione le sole terre arabili, ogni umano ha a disposizione meno della metà (il 40%) di un solo campo di pallone. Ma i Paesi ricchi, in primis la Cina, si stanno muovendo da anni per acquistare e occupare terreni nel sud del mondo, in particolare in Africa: dovendo prevedere necessità energetiche e alimentari che, con il consumo e distruzione dell’ambiente in casa loro, rischiano di non poter più affrontare e governare, si recano altrove per continuare a consumare (e distruggere) suolo e risorse.

Da una parte quel contatore corre veloce, ammonendoci che la crescita vertiginosa della popolazione mondiale è insostenibile; dall’altra ci segnala anche morti – troppo spesso vere e proprie stragi – che potrebbero essere evitate se solo si rispettasse la legalità democratica, dove c’è. Dove non c’è, dovrebbe essere urgenza impellente di tutti i paesi democratici, di ciascun democratico, promuoverla e instaurarla.

Quel che il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito sta cercando di promuovere da più di vent’anni (con solide radici nel passato) è che nessun fenomeno del nostro tempo può essere più governato con una visione localistica e dunque occorrono istituzioni transnazionali democratiche per affrontare il futuro. Futuro che è destinato a divenire un incubo se si considera quanto straordinariamente spiegato nel documento politico, coordinato dal Prof. Aldo Loris Rossi, che il Partito Radicale ha presentato all’ONU in occasione del World Urban Forum 6 svoltosi a Napoli dall’1 al 7 settembre 2012: “dal dopoguerra – così esordisce e successivamente documenta – la terza rivoluzione industriale fondata sull’energia atomica, l’automazione, l’informatica, ha ristrutturato l’intero ciclo produttivo in senso post-fordista e spinto impetuosamente verso la globalizzazione, l’economia consumista e le megalopoli,provocando la più grande espansione demografica e urbana della storia”.

Anche se l’idea dello sfruttamento illimitato delle risorse è il modello di sviluppo oggi considerato normale, occorre tentare di sventare il conseguente ecocidio planetario, come si deve fare con una persona che si sta per suicidare. Impossibile? «Non è perché le cose sono difficili che noi non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili»: questo ci dice Aldo Loris Rossi, citando Seneca. E la sostanza di questa verità ci dice – con tutta la sua vita di dialogo nonviolento -Marco Pannella.

Di fronte alla bomba demografica, che va governata così come va governato il consumo dissennato di terra, acqua, aria, occorre concepire con amore il nuovo possibile. Per questo il Partito Radicale – con i suoi connotati di nonviolenza, transnazionalità e transpartiticità – cerca il dialogo: anche e soprattutto con i “lontani”, come i cinesi tra gli altri. Perché sa come sia un’illusione il chiudersi nelle proprie mura nazionali e pensare di risolvere i problemi nell’egoismo isolazionista. I nazionalismi sono un cancro che uccide, ed è necessario contrapporgli la concezione di istituzioni federaliste, autonome e democratiche, che abbiano come regola etica il rispetto dei Diritti Umani fondamentali consacrati nella Dichiarazione Universale dell’ONU.

Dal transazionale si passerà poi, con una logica conseguente, al locale, ai “casi” Campania, Basilicata, Roma, fatti emergere dalla letteratura e dall’evidenza di compagni radicali che da sempre, in tutti i campi, producono letteratura ed evidenza del dissesto, innanzitutto democratico, che sta avvenendo nei loro paesi, nel nostro Paese.

Il libro di Giuseppe Candido è un altro bel tentativo, che partendo dalla realtà calabrese fornisce elementi di verità e di conoscenza per cambiare rotta in Italia, e non solo.

Rita Bernardini è Segretaria Nazionale di Radicali Italiani, Deputata radicale XVI legislatura (2008-2013), Membro Assemblea dei legislatori del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito


 

La “pillola” di un “ambientalista”

di Paolo Farina e Valerio Federico1

Questo poderoso volume, frutto dell’ammirevole lavoro di Giuseppe Candido, ci lascia spiazzati davanti alla conclamata e quasi scientifica devastazione di un territorio nonché alle cause e ragioni (o S-ragioni) che hanno portato a questa distruzione di un patrimonio naturale, umano e civile.

Quanto accaduto, capace di segnare indelebilmente i territori coinvolti e l’Italia in generale, non può non essere che l’esito dell’azione e della non azione delle maggioranze e delle opposizioni che hanno governato questa parte del Paese. Il prodotto della contemporanea inadempienza dei governanti e dei cosiddetti oppositori. Inadempienti rispetto al patto sociale che le forze politiche stipulano “naturalmente” con i cittadini.

Si tratta davvero, e bene ha fatto Candido a stigmatizzarlo già nel titolo del libro, di una “peste”, che distribuisce i suoi sintomi, i suoi effetti, in modo ramificato e distrugge oltre all’ambiente naturale anche i più diversi aspetti che regolano il diritto alla libertà, alla giustizia e alla conoscenza di una o più comunità umane. Il lavoro serio e scrupoloso, oltreché documentato, di Candido ha il pregio di fornire un contributo tanto scientifico quanto divulgativo. Scritto da un Geologo, ovvero da uno scienziato, e non semplicemente da un pur bravo giornalista d’inchiesta.

Un Geologo, appunto. Nella migliore delle semplificazioni oggi i geologi vengono definiti genericamente “ambientalisti” nel senso più negletto del termine. Spesso, attraverso uno scientifico lavoro di disinformazione e mistificazione, essi vengono privati del loro contributo dal carattere scientifico attribuendogli una fastidiosa etichetta di “ambientalisti” mossi da una sorta di frenesia ideologica. Ascoltando o leggendo i frutti dei loro lavori, si arriva a considerarli come figure di esaltati millenaristi che ci terrorizzano con i loro allarmistici scenari apocalittici di piaghe terribili ed irrimediabili distruzioni.

Questo è il primo effetto della “peste”, che inizia offuscando le coscienze e arriva ai risultati distruttivi quanto imbarazzanti ben descritti nel libro di Candido. Imbarazzanti perché? Non vi è nulla di più evidente e sperimentabile degli eventi naturali quali sono il dissesto idrogeologico di un territorio, inondazioni, terremoti, inquinamento e, non da ultimo, malattie concrete e gravissime che colpiscono la popolazione.

Eppure pervicacemente si prosegue in quest’opera di distruzione, frutto del malaffare, della distribuzione e gestione del potere fine a se stesso, a fini di lucro e in cui sono da sempre coinvolte le maggioranze politiche che amministrano regioni e territori ma anche le stesse minoranze che partecipano al banchetto. Un sistema clientelare partitocratico che non distingue maggioranze e opposizioni e che nutrono la metastasi di questa “peste” a loro esclusivo vantaggio.

La convergenza di interessi di un sistema dove gli insider, nel gioco delle parti di un impotente e apparente confronto, operano da un palcoscenico dove le repliche dello spettacolo si ripetono giorno dopo giorno lasciando inermi gli spettatori, indifferenti i cittadini. Quasi che i rischi di cui scrive Candido non li riguardino. Gli outsider, pochi, si oppongono e propongono, ma lo spazio di tribuna a loro non viene dato, e il palcoscenico, quel palcoscenico non è per loro. Vi sono, appunto, i Geologi come Candido che non si rassegnano allo status quo e si impegnano in lavori preziosi quale il suo libro ne è un esempio.

Dunque, se il conclamato ed evidente prodotto finale di questa “peste” è la devastazione di regioni e territori, nonché gli effetti sull’ambiente, sulla salute dei cittadini, sulla strage di legalità e il depauperamento di quel “contratto sociale” tra politica e cittadinanza, di contratto “naturale” tra politica-legalità-cittadinanza, allora i primi sintomi di questa “peste” si avvertono e si verificano anche per il diritto negato alla conoscenza.

Il “diritto alla conoscenza” è un’estensione delle facoltà di scelta, di controllo e di partecipazione del cittadino nell’amministrazione dello Stato e delle sue articolazioni regionali e locali, è un elemento di democratizzazione della società. Quanti atti pubblici avrebbero dovuto o hanno lasciato traccia di quanto stava avvenendo di quanto esposto da Candido?

E’ urgente attuare in pieno riforme che si ispirino al Freedom of Information Act (FOIA) statunitense per il quale il cittadino può accedere a tutti i documenti della Pubblica Amministrazione senza che debba dimostrare un interesse diretto. La trasparenza e la conseguente possibilità di controllo per il cittadino dell’attività delle pubbliche amministrazioni è il mezzo utile, tra un’elezione e l’altra, per esercitare effettivamente quella sovranità popolare dal basso promossa dalla Costituzione.

La “peste”, dunque, avanza, devasta e distrugge. Eppure potremmo disporre della cura che porterebbe alla guarigione, allo stato di diritto, al ripristino della legalità.

Il libro di Candido ne è, per esempio, una pillola. Utile, preziosa e salutare.

1 Valerio Federico è consigliere di Zona del comune di Milano, tesoriere di Radicali Italiani

 

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Rifiuti e veleni in Calabria, Candido (#Radicali): Europa ci condanna per quella che è diventata vera peste ecologica

rifiuti a botricello
Calabria, rifiuti davanti una scuola (febbraio 2014)
Lo scorso 3 giugno la Commissione Europea ha chiesto alla Corte di Giustizia di condannare l’Italia a versare somme stratosferiche per le infrazioni riguardanti le discariche abusive di rifiuti pericolosi. La denuncia riguarda oltre 200 discariche abusive disseminate in tutte le regioni italiane che reiteratamente violano le direttive europee a salvaguardia della vita e della salute dei cittadini e tra cui, ovviamente, c’é la Calabria.

Dopo una legislatura regionale iniziata male con gli arresti per voto di scambio di consiglieri regionali e finita anche peggio tra rimborsopoli e dimissioni anticipate per la condanna in primo grado di Scopelliti, e dopo che lo scorso mese di febbraio le città della Calabria sono state letteralmente sommerse dai rifiuti per la chiusura della discarica di Pianopoli, unica ancora attiva per poco nella regione, la partitocrazia calabrese sembra non curarsene e – dopo aver modificato unilateralmente la legge elettorale a pochi mesi dal voto introducendo tra l’altro uno sbarramento al 15% – si prepara adesso per la corsa alla riconquista delle poltrone in Consiglio regionale, quasi come se il fallimento di tutto il sistema non fosse dipeso da loro.

SIN CROTONE
I SIN di Crotone. Dismesso dalle imprese nel 92, le bonifiche per i siti inquinati di Crotone si attendono dal 2001 (sic!)

Dopo oltre 17 ani di emergenza rifiuti che – come ha sottolineato lo stesso assessore Pugliano – “hanno fatto comodo a tutti” per spendere senza controlli enormi capitali, ma senza risolvere i problemi e dopo quattro anni e mezzo di amministrazione Scopelliti che hanno addirittura aggravato la situazione, la Calabria è oggi una regione martoriata dalle discariche abusive, da quelle non a norma che continuano a rilasciare percolato, da depuratori mal funzionanti spesso “fatti solo per fare progetti” e da siti inquinati d’interesse nazionale (SIN) come quello di Crotone che non interessano più a nessuno e dove la gente continua a morire per i veleni industriali e politici disseminati nei suoli e nelle acque. Le bonifiche sono rimaste un miraggio.

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La peste ecologica e il caso Calabria. Rischio sismico, idrogeologico e ambientale. Il volume è in corso di pubblicazione.

Una vera e propria “peste ecologica” alimentata dal virus partitocratico che, come Radicali, stiamo minuziosamente documentando in un libro dossier: continue e decennali violazioni del diritto italiano e comunitario che espongono i cittadini a rischi enormi per la salute, come dimostrano le vicende crotonesi.

Come per le carceri inumane e degradanti per le quali il governo cerca ora di graduare la tortura in corso, e come pure per l’irragionevole durata dei processi per la quale l’Italia è pure condannata da oltre trentanni, la mancanza di legalità e la deroga continua della norma, perpetuata con il mantenimento dell’emergenza, anche per i veleni e per i rifiuti disseminati sui territori si assiste a comportamenti pubblici, non solo dello Stato, irresponsabili che mettono a rischio fondamentali diritti umani.

Anche per la Calabria, come per l’Ilva di Taranto e come per la Lucania avvelenata, il problema – come troppo spesso in solitudine ricorda Marco Pannella – è che in uno Paese come l’Italia, dove le regole democratiche sono ormai diventate carta straccia, queste denunce rischiano di restare nel silenzio “se – attraverso il ricorso alle giurisdizioni italiane e internazionali che Partito Radicale e Radicali italiani stanno organizzando in modo massiccio – “i responsabili dello sfascio continuano a rimanere sconosciuti oltre che impuniti, facendo pagare il conto ai cittadini e abitanti del territorio, sin d’ora ipotecando la vita e la sopravvivenza stessa delle future generazioni degli esseri viventi”. In fondo, anche questa è una questione di diritti umani.

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La Pasqua con Pannella: la “democrazia reale” si sta sostituendo alla democrazia. Ecco cosa faranno i #Radicali che non si presentano alle elezioni

Pasqua con Pannella1: La democrazia reale si sta sostituendo alla democrazia.

Marco Pannella, Natale 25 dicembre 2013, Roma - III Marcia per l'Amnistia!
Marco Pannella, Natale 25 dicembre 2013, Roma – III Marcia per l’Amnistia!

C’è il bombardamento di Renzi in TV. … Uomo apparentemente agile perché non hai il peso delle convinzioni.Stanno pompando Alfano, che rischia di non superare la soglia del 4%”, ma “Si sta sicuramente cercando di fare stravincere il leader attuale dell’Italia. Sappiamo il collegamento che c’è tra ascolti e dato elettorale”.

I Radicali? … È venuto sempre più formandosi un convincimento: Questi qua non conviene farli parlare. … In questo regime c’è una forza politica alla quale all’opinione pubblica non è consentito di giudicarla.

Dobbiamo dare un contributo a noi stessi, ma a tutto il mondo, alla scienza, per analizzare quello che accade. … sempre di più la democrazia reale si sta sostituendo alla democrazia”. Non ci candidiamo perché riteniamo più importante poter dare, scientificamente, informazioni sul corpo malato della democrazia.

A questo punto, abbiamo un Presidente delle Repubblica che deve, per prudenza, sottostare a situazioni oggettivamente ricattatorie di questo nuovo astro italiano che c’abbiamo che, in sei mesi, da sindaco di Firenze viene plebiscitato come grande. … Lui (Renzi) sta nelle televisioni ed ha ascolti complessivi da periodo franchista … abita costantemente a casa degli italiani.

Cosa faranno i Radicali che non si candidano alle elezioni?

Dopo la conversazione settimanale di domenica con Massimo Bordin a Pasqua, Marco Pannella lunedì sera si è sentito male e, martedì 22 aprile, come c’ha fatto sapere Rita Bernardini, nella prime ore della mattina è stato operato all’aorta addominale.

Poiché dall’ospedale Gemelli di Roma dov’è ricoverato Marco, Rita Bernardini ci fa sapere attraverso Radio Carcere che Pannella sta meglio, che – addirittura – chiede i suoi sigari e raccomanda di non mollare le lotte in corso, per una sua pronta guarigione oltreché per i prossimi 84 anni che compirà il prossimo 2 maggio, sapendo di fargli cosa gradita non trovo niente di meglio per fargli gli auguri che trascrivere, per grosse linee, quanto il leone della politica italiana ha detto durante la tradizionale conversazione settimanale. Pannella se la prende con Matteo Renzi e, soprattutto, con la televisione italiana “di regime”, il sistema, cioè, della disinformazione radiotelevisiva che non consente ai cittadini di far conoscere la proposta politica dei Radicali e che non gli da’ spazio se non quando, appunto, rischia di tirare le cuoia.

Gli argomenti di riflessione politica sono molti, ma ovviamente Massimo Bordin, nel giorno della resurrezione, parte dalle parole del Papa per dare l’incipit alla conversazione con Pannella.

Le parole che Papa Bergoglio ha pronunciato Venerdì durante la via crucis, durante la sesta stazione, “dove ha parlato di condizione dei detenuti, del sovraffollamento nelle carceri citando i detenuti e gli immigrati come delle persone che soffrono oggi”, aggiunge Bordin, “sono un elemento che si ritrova valorizzato da RadioRadicale più che dal resto dell’informazione italiana”.

Pannella preferisce, però, parlare dell’atro argomento che pure Bordin propone: “quello più prettamente politico che riguarda, invece, il governo Renzi, gli 80 euro promessi a bonus e quello che ne consegue: il che fa il governo”, insomma. “L’uovo di Pasqua”, secondo Bordin che stuzzica Pannella, “Renzi lo mangia sereno perché tutto sommato le cose sembrano andargli abbastanza bene”.

In realtà, però, i due temi non sono del tutto slegati perché di fondo c’è l’informazione del regime italiano.

Marco Pannella, Emma Bonino e Ignazio Marino durante la III marcia per l'amnistia (Natale 2013)
Marco Pannella, Emma Bonino e Ignazio Marino durante la III marcia per l’amnistia (Natale 2013)

Abbiamo i dati del centro d’ascolto”, esclama Pannella.

Per chi si occupa della politica e delle dinamiche della politica li troverà interessanti. … Ci sono autorevoli parlamentari che si occupano di questi aspetti per motivi istituzionali e usano in genere i dati dell’osservatorio di Pavia per avere i dati sulla comunicazione.
Noi abbiamo un criterio del tutto nuovo.
Gli altri fanno (le statistiche, ndr) in base ai minuti e ai secondi che appaiono in tv o in radio. Innovazione del centro di ascolto è, invece, di dire a quanti cittadini italiani offerta la possibilità di ascoltare giudicare; … Attraverso il centro di ascolto non riusciamo a dimostrare che per esempio negli ultimi 12 13 giorni dall’inizio di aprile ad oggi il centro di ascolto può già dare indicazioni di voto! Perché abbiamo l’esperienza passata. Abbiamo questi dati: analisi degli ascolti dei tempi in voce nei telegiornali Rai. E viene questo: partendo dagli ascolti e non dai minuti, si monitora quanto ha potuto l’opinione pubblica giudicare l’uno o l’altro evento. (…) Dal 15 aprile ci sono 90 edizioni di TG della Rai TV e su questi gli ascolti avuti sono in totale un miliardo e 763 milioni. Non potenziali, ma ascolti reali. Questa – dice Pannella – è la novità rispetto agli altri dati. … Si può fare un rapporto (delle presenze) e con questo fare delle previsioni di voto precise”.

 In realtà, i dati cui fa riferimento Pannella durante la conversazione con Bordin sono pubblicati non sul sito ma sul blog del Centro d’Ascolto per l’informazione Radiotelevisiva.

E i dati pubblicati sono impietosi. Rivelano infatti la diversità di trattamento delle varie forze politiche e la non democraticità del sistema che – come pure evidenziava Vincezo Vita qualche giorno fa su Il Manifesto – di par condicio non ha nulla.

Nei telegiornali RAI, infatti, di un miliardo e 763 milioni di ascolti, dal primo al 15 di aprile, con ben 316 milioni di ascolti consentiti il PD svetta con il 17,9% seguito a ruota, nella scaletta della dispar condicio, dal Movimento 5 Stelle e Beppe Grillo con 291 milioni di ascolti pari al 16,5% del totale. Beppe Grillo non ha da lamentarsi come presenze in TV.

Seguono poi il governo, nella sua compagine dei ministri e sottosegretari, che hanno avuto nei primi 15 giorni di aprile 269 milioni di ascolti pari al 15,3%. Con 251 milioni di ascolti, pari al 14,2% del totale, nella classifica degli ascolti consentiti durante i telegiornali c’è Forza Italia.

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, lui da solo, ha totalizzato altri 134 milioni di ascolti pari al 7,6% del totale che lo collocano al 5° posto della classifica.

Seguono poi Lega Nord (62 milioni di ascolti, pari al 3,5%), Sinistra Ecologia e Libertà (56 milioni di ascolti, 3,2%), Nuovo Centro destra di Alfano (55 milioni di ascolti, 3,1%), Fratelli d’Italia è al decimo posto (45 milioni di ascolti, 2,5%).

Per ritrovare i Radicali nella classifica della non democrazia italiana o, se vogliamo, della dispar-condicio, bisogna scendere molto più in giù nella classifica, arrivare sotto Scelta civica (32 milioni di ascolti, 1,8%), dell’Unione di Centro (23 milioni di ascolti, 1,3%) e del Centro Democratico (9 milioni di ascolti, 0,5%), sotto ancora a La Destra di Storace e Futuro e Libertà, rispettivamente con 5 milioni di ascolti (0,3%). Al 20 posto della classifica, finalmente, ci sono i Radicali cui, dal 1 al 15 aprile, sono stati dati solo 50 secondi durante le edizioni più notturne e consentendo così solo a 4 milioni di cittadini (0,2% degli ascolti totali) di ascoltarne e giudicarne la proposta politica.

Per Marco Pannella, il sistema dell’informazione radiotelevisiva italiana è totalmente anti democratico e di regime: “Valgono, tranne eccezioni, lo stesso tipo di comportamenti, lo stesso tipo di esclusioni e lo stesso tipo di inclusioni, magari anche ossessive come quella di Renzi”.

Con il Centro d’Ascolto dell’informazione Radiotelevisiva, dice Pannella,

Siamo in grado di dare un apporto alla teorica delle analisi dei movimenti politico elettorali e, dal punto di vista istituzionale, può essere importante. E allora diciamo che è evidente, che in questi ultimi giorni c’è il problema di far avere il 4% ad Alfano. È pacifico, perché ormai si da che quando c’è quel bombardamento in tutte le reti, si riesce a valutare chiarissimamente come l’ascoltatore, molto spesso, se non ha voglia di Grillo o Renzi, se ha sentito le cose che quel giorno dicono, poi dice basta e cambia canale.

(…) Sappiamo il collegamento che c’è tra ascolti e dato elettorale. (…) Uno studio del Centro relativo agli ultimi due anni tra agli ascolti consentiti ed esiti elettorali”, dimostrerà il nesso che c’è tra le due cose, “così si finisce con la questione della rete-non rete. Non importa se la gente ha visto il telegiornale in rete o, invece, direttamente in TV.

(…) Oggi, io che guardo quelle cose, finisce che potrei dire che in questo momento si sta sicuramente cercando di fare stravincere quanto possibile il leader attuale dell’Italia, perché è così che si muovono lor signori. Poi, appunto, quelli che devono venire più o meno dopo. Il movimento cinque stelle che, dai dati del Centro d’ascolto, è quasi a pari grado con le forze di governo complessivamente.

Dopo varie elezioni che si fa questo lavoro (il confronto, cioè, tra ascolti consentiti alle diverse forse politiche e successivo dato elettorale, ndr) puoi cominciare a fare delle ipotesi sull’11ª che farai domani, su quello che può con qualche probabilità avere come conseguenza elettorale”.

Tutto questo, per Marco Pannella,

“Non viene mai fuori nei dibattiti, a meno che non ci sia una presenza Radicale”

Massimo Bordin, a questo punto, è costretto a riassumere:

Stanno pompando Alfano, che rischia di non superare la soglia del 4%, però – cosa che appare contraddittoria – stanno pompando molto anche i 5 Stelle che è anch’esso con una volata, non sulla soglia ampiamente superata nei sondaggi che lo danno largamente sopra al 20%, ma perché molto vicino a Berlusconi”. In pratica, “Renzi pompato perché Presidente del Consiglio (i potenti, quelli non si sa mai. Si pompano sempre. È la ragione sociale della Rai. Più singolare che lo faccia Mediaset)”.

 Per Marco Pannella:

Ciò che si vede è che Grillo da anni (prima del semestre che precede le elezioni 2013, ndr) – stava a una certa quantità d’ascolti. A un certo punto accade che tutte le televisioni, le principali testate, quelle che hanno milioni di ascolto, questo è importante, a un certo punto Grillo continua a non andare perché non ama i dibattiti, ma tutte queste televisioni vanno da Grillo. E poi che uso ne fanno? Pigliano i due minuti e mezzo oratoriamente più efficaci e li sparano lì. È indubbio. Perché se accadesse – dice ancora Pannella – che sparano lui perché lui va bene, guadagnano ascolti con lui, sarebbe assolutamente un criterio doveroso, ma il problema è un altro: se tu lo metti in un posto che sai già che c’hai 4milioni d’ascolto, evidentemente. E infatti la “sorpresa Grillo” è una sorpresa – per chi studiasse queste cose con un po’ di serietà – assolutamente ingiustificabile come “sorpresa”.

Perché se guardiamo che cosa è successo nei quattro mesi prima delle elezioni dal punto di vista posizioni a questo punto sappiamo come, in che ordine di grandezza, potranno arrivare i leader politici, e questo diventa fondamentale.

(…) Per esempio quando Renzi e diventato uno dei cinque candidati delle primarie del PD i suoi ascolti erano quelli che erano, nel senso anche della frequenza. Poi quello che diventa interessante e che corrisponde la quantità di ascolti che sono stati consentite agli italiani di sentire Renzi con la “sorpresa” Renzi così come corrisponde la “sorpresa” Grillo. E quando dico sorpresa dico “sorpresa” dico sempre tra virgolette”.

Perché, per Pannella,

C’è un rapporto fisso da questo punto di vista. Quando noi diciamo che sono vent’anni che il trattamento dei Radicali è identico, sia che noi abbiamo parlamentari sia che ci troviamo a livello istituzionale, attenzione, come “quelli” che ponevano l’urgenza del problema del debito pubblico quando ancora non era neanche divenuto tema del dibattito, … dopo un mese allo 0,3 siamo passati a zero di ascolti consentiti. Poi continuiamo a seguire il problema “fame nel mondo” e, su questo, vorrei dire che forse il Papà si è un po’ sbagliato. Oggi Lui ha parlato della fame, mentre invece sui prigionieri e sul diritto … il termine non è stato evocato. Ed è noto che noi abbiamo coinvolto i Papi, i Presidenti della Repubblica, premi Nobel in quell’evento e, torno a dire, da soli. (…) Si può documentare che noi siamo andati, semmai, un po’ meno del pochissimo nel quale andavamo prima che iniziassimo, dopo la fame nel mondo, questa campagna, diciamo, del debito pubblico. È venuto sempre più formandosi un convincimento: Questi qua non conviene farli parlare”.

Poi Pannella spiega, ancora una volta, la posizione dei Radicali che alle prossime elezioni europee non sono candidati:

Noi dobbiamo dare un contributo a noi stessi, ma a tutto il mondo, alla scienza, per analizzare quello che accade. … Sono 20-25 anni che pure sulle cose per le quali accadeva che coinvolgevamo l’opinione pubblica internazionale, spessissimo il Parlamento europeo, spessissimo le giurisdizioni internazionali come all’ONU, corrispondevano quelle nei momenti di ulteriore compressione della possibilità di essere ascoltati che abbiamo avuto.

Allora quando questo accade per venti o trent’anni di seguito, significa che in questo regime c’è una forza politica alla quale all’opinione pubblica non è consentito di giudicarla … Se la quantità di ascolti è zero, beh allora sei zero”.

Per chiarire il concetto Massimo Bordin ringrazia l’intervento dal web di un ascoltatore che segnala, addirittura, “una formulazione precisa degli ascolti consentiti” di cui si parla.

Una formula semplice, perfetta”, dice Massimo Bordin ironizzando, “tanto che la capisco perfino io”.

La formula suggerita dall’ascoltatore è la seguente:

“tempo di parola per utenza raggiunta uguale ascolti consentiti, che è poi”, aggiunge Bordin, “quello che dici tu, tradotto in formula”.

Per avvalorare le sue affermazioni sull’esclusione dai media dei Radicali, Pannella fa esplicito riferimento alle condanne della Rai e dell’Autorità di vigilanza ottenute in riparazione delle violazioni dei mancati tempi televisivi.

Da 20 anni abbiamo la dimostrazione, di condanne date dall’autorità di vigilanza, dalla magistratura amministrativa e via dicendo, proprio per il comportamento (della Rai, ndr) nei confronti, guarda caso, proprio dei Radicali”.

Bisogna ricordare a chi legge e non segue direttamente le vicende Radicali che, dopo una battaglia legale durata 3 anni, lo scorso 2 maggio 2013, proprio quando Marco compiva i suoi 83 anni, il TAR Lazio ordinava “perentoriamente” all’Agcom di adempiere entro 30 giorni, proprio per l’assenza dalle trasmissioni politiche, altrimenti avrebbe nominato un Commissario ad acta. L’Agcom non ha, com’era prevedibile, adempiuto, ma la cosa grave è che neanche il commissariamento c’è stato, per cui il Tar ha smentito sé stesso.

Ricorderò che gli ascolti consentiti di Emma Bonino: nell’ordine dei soggetti politici analizzati, Emma, mi pare, è la cento …, non la seconda, la decima o la ventesima. La centosessanta o centocinquantesima, ecco. E continua ad essere questo. Io, per quel che mi riguarda, batto persino Emma; vado cioè più sotto in ascolti consentiti”.

Suggerirei anche ai ricercatori, per non dire ai giornalisti, di documentarsi un tantino di più di queste costanti. Su che cosa non é stato consentito alla gente di farsi un’opinione?

Per Pannella, “oltre al debito pubblico anche su tutte le cose che il Papa oggi dice, il problema del terzo quarto mondo, la miseria e via dicendo, anche su queste nessuno mette in dubbio che noi abbiamo fatto molto. Dal Parlamento europeo ai 130 Nobel, dalle quantità di denaro che abbiamo fatto dedicare alla campagna precise sullo sterminio della fame del mondo. Ma venendo poi al finanziamento pubblico dei partiti. Oggi si torna a discutere, al rimproverarsi, ma il popolo italiano si è pronunciato 15 18 anni fa, con solo noi a sostenere il referendum.

E sono state cose plebiscitarie. .(…)

È indubbio che noi abbiamo avuto per vent’anni il monopolio del mettere questo al centro della realtà politica italiana istituzionale e appunto lì è dimostrato che in quei momenti non è che c’è stato il risultato di una nostra situazione privilegiata nella comunicazione. (…)

Il problema grave oggi qual’è?

È che dopo 20 25 anni noi riteniamo di poter proporre qualcosa che, adesso, non diciamo più solo noi: c’è una democrazia reale che si sta sostituendo alla democrazia.

Cioè l’anti democrazia, via via, continua a serbare, per essere più efficace, alcune forme liturgiche di tipo democratico. È quello che, oggi, possiamo appunto documentare e che in quei casi la stretta informativa si è confermata e non cessa ancora, adesso, quando passano messi a divenire, s’è possibile, ancora più sapiente.

È importante che ci sia una forza politica come la nostra che fornisca, prima che arrivi il corpo sul quale si fa l’autopsia, nel decorso della malattia antidemocratica, di indicare quotidianamente le motivazioni patologiche che si stanno sviluppando su questo corpo sociale e, non è un caso, lo ripeto, che tutte le forze politiche adesso per esempio (lo denuncino, ndr).

Noi abbiamo deciso che cosa? Che noi non vogliamo essere assenti quando ci sono elezioni truffaldine espressioni gravissime dell’anti-democrazia. E allora cosa facciamo?

Facciamo come magari adesso mi fa piacere per loro i verdi che possono senza raccogliere le firme andare alle elezioni?

E devo dire su questo ci sarebbe da fare qualche osservazione direi quasi un pochettino ironica sulla corte costituzionale. Perché lo stesso ufficio della corte costituzionale che, meno di un anno fa, a proposito dei referendum radicali praticamente non ha riconosciuto le firme che avevamo depositate. È lo stesso ufficio. Mi viene da sorridere … la Cassazione, come si sono espressi sui referendum e (sull’ammissione della lista dei Verdi) che il partito sia europeo.

Noi riteniamo più importante poter dare, scientificamente, informazioni sul corpo malato della democrazia, mano mano che lo individuiamo, lo illustriamo e lo documentiamo; sicché non bisogna aspettare come col nazismo, di avere l’autopsia del corpo morto di quello Stato.

Siccome ho sentito, per esempio, Bonelli dire, “Noi, verdi, con le grandi battaglie che stiamo facendo”. Io devo dire, sarò distratto, ma proprio queste grandi battaglie dei compagni verdi, semmai io posso immaginare le posizioni ecologiste, insomma dell’impronta ecologica, sulla quale radio radicale fa anche, ormai da un semestre, delle informazioni purtroppo quasi in regime di monopolio, perché su queste cose è noto … ah … oggi, per esempio, comincia a esserci (su giornali, ndr) la cosa che scoppia sull’adriatico e altrove sul “NO TRIV”. Siccome in Italia s’è sentito parlare solo i No Tav; i NO TRIV, sui quali sono interessati l’Eni, l’Agip, e tutto questo tipo di (aziende, ndr) ufficialmente, allora viene fuori che, adesso, possono essere prese in considerazione tesi scientifiche che venivano ignorate, che mettevano in rapporto, in alcune realtà territoriali, le estrazioni e il regime di estrazioni, anche in mare, e il favorire o rendere più gravi i fenomeni sismici. Ma su questo, noi abbiamo continuato e continuano a documentare, così a rendere più gravi, anche, le condizioni ambientali in rapporto ai tumori. Per quel che riguarda, in particolare in Basilicata, parliamo dei dati (scientifici) che si sono cercati di occultare …, su Taranto città anche e non veniva fuori, i Verdi non se ne erano accorti. Noi si. E adesso devo dire le stesse cose sulla Campania, Vesuvio e altre questioni, ma anche in connessione con, appunto, le attività estrattive. E adesso, questo, viene fuori in Abruzzo. Non sono io che me l’invento. C’è il dubbio, a livello ufficiale, e noi lo dicevamo. A questo punto è venuta fuori la notizia sorprendente: le autorità, lo Stato praticamente, constata che queste attività estrattive stanno creando seri problemi che, da una parte, addirittura per trent’anni, hanno inquinato le acque minerali d’Abruzzo e l’abbiamo scoperto adesso. Come dire, Bussi e d’intorni. Parlo di cose accertate. Ma adesso, invece, creano dei problemi, l’abbiamo letto sui giornali, e i comportamenti dello Stato, da questo punto di vista, sono quelli che sono e noi possiamo dire che abbiamo sicuramente sollecitato la giurisdizione internazionale e sovranazionale superiore, finalmente noi avremo in una di queste settimane giudizi sul Vesuvio, sui Campi Flegrei, e via dicendo, proprio da parte della giurisdizione europea (della CEDU) oltreché italiana. Nel senso che, sappiamo, è stata costituzionalizzata la sede CEDU ed è anche organo di giurisdizione superiore anche in Italia. E le battaglie, devo dire di Bolognetti, e anche più di recente in Calabria.

E poi devo anche dire, non bisogna dimenticare, non solo in Campania ma anche qui nel Lazio, dove tante storie si sentivano sui rifiuti, Malagrotta eccetera, e adesso mentre Massimiliano Iervolino che faceva anche libri, ma il silenzio anche degli intellettuali specifici non è stato mai molto soddisfacente. E quindi diciamo, allora, il non ignorare il fatto che, dopo venti o trent’anni di questo Regime, le componenti che, secondo tutte le giurisdizioni internazionali, consentono di riconoscere come elezioni democratiche e non elezioni di copertura, importantissimo delle dittature, l’abbiamo sempre ricordato che nelle dittature tradizionali non votare era reato, c’era l’obbligo di votare, in quelle democratiche andare a votare, a firmare, eccetera, è una facoltà e non un obbligo. E anche questo, mi pare, dobbiamo metterlo nel conto. Perché andare a presentarsi quando non ti presenti a niente, perché che mandi, il biglietto da visita a casa dei 40 o 35 milioni di elettori italiani?

Queste cose sono illusorie. Perché ogni volta, come dire, ma forse due o tre o quattro, forse riusciamo ad eleggerli. Per carità, magari ne avrà cento, Bonelli o Ingroia. In fondo lo stimolo maggiore è questa, comprensibile, speranza di entrare in organismi parlamentari. Poi che cosa, pochissimi eletti, servono? Beh, credo che nel Parlamento italiano o in quello europeo un po’ ovunque, anche gli avversari riconoscono che pochi elettori radicali comunque hanno una funzione e restano nella Storia di quegli organismi. Mentre altri no.

A questo punto, Massimo Bordin riassume:

In effetti, tutte queste cose che tu hai notato, tutti questi avvenimenti, che sono diversi: da un lato c’è la siderurgia, dall’altro le estrazioni petrolifere, però un minimo denominatore ce l’hanno. Ed è il rapporto, poco trasparente, fra imprese e istituzioni locali. Cioè a dire: sono le istituzioni locali a mettersi d’accordo con le imprese e a mettere a tacere alcuni aspetti sui controlli. Lì è evidente che c’è anche il ricatto occupazionale delle imprese …

 Pannella:

“Hai ragione Massimo. Va aggiunta una cosa: che all’interno dei partiti che poi sono quelli che diventano partiti regionali, provinciali eccetera, a monte, sui grossi problemi dei settori produttivi delle imprese eccetera, io per tre anni ho avuto una contrapposizione che non diveniva ufficiale, con la maggioranza degli analisti politici di ispirazione non certo Crociana o Liberale, operanti in Italia, ma per cercare di far riflettere se per caso, il terzo stato italiano come quantità anche, quindi non solo qualità, fosse determinato da i luoghi di produzione di forte presenza sindacale, in genere, vicina al metalmeccanico o, invece, se non in tutto il lavoro impiegatizio statale, parastatale provinciale e via dicendo, (…).

E … Bordin: i Radicali non si presentano, ma secondo loro per chi dovrei votare?

Pannella:

“Secondo noi, andare all’ammasso del voto, in queste condizioni pregiudicate strutturalmente quanto ad anti democraticità, il problema è quello: secondo vecchi schemi rivoluzionari di finanziare di armi quelli che non sono del regime. Oggi, invece, quello che abbiamo detto, e ripetuto adesso, di iscriversi al Partito Radicale così che noi che ci troviamo in una situazione che si aggraverà sempre di più, di ristrettezze gravi, totale, di mezzi, e se non ci presentiamo per nulla e, quindi, di conseguenza, non si avrà magari il rappresentante che sarebbe eletto, la situazione è tale che non solo non hai i quattrini del finanziamento pubblico, ma tutte le esenzioni di servizi che consentono un minimo di agibilità civile, non politica, vengono a mancare. … i Radicali hanno constatato, constatano e documentano, dopo vent’anni di polemiche e di smentite, che c’è da cogliere l’occasione di queste elezioni per far conoscere sempre di più, a studiosi e cittadini, che quello che loro sentono, “tanto è sempre la vecchia solfa”, “sono tutti uguali”, e via dicendo, ha un fondamento oggettivo. E che, quindi, queste elezioni sono la naturale estrema risorsa dell’anti-democrazia e del suo fallimento rispetto al credito che si fa agli ideali democratici. (…)

È indubbio che noi rischiamo di mettere fine a questa storia del Partito Radicale. Vent’anni di fascismo con le tecnologie di allora, quarant’anni, o cinquanta, di anti democrazia antifascista invece che fascista, producono disastri territoriali di tutti i tipi. Quelli per i quali l’Italia è davvero, comunque, su tutti i temi: ambiente, giustizia, è sempre o nei primissimi posti o negli ultimissimi posti, ogni volta che si pongono problemi di diritto, di diritti e, quindi, di correttezza istituzionale. … A questo punto, noi abbiamo un Presidente delle Repubblica che deve, probabilmente per prudenza doverosa ma costosa anche, sottostare a situazioni oggettivamente ricattatorie di questo nuovo astro italiano che c’abbiamo che, in sei mesi, da sindaco di Firenze viene plebiscitato come grande. Lui sta, almeno nelle televisioni ed ha ascolti complessivi da periodo franchista. Allora raggiungevano forse meno di un decimo di ascolti possibili di quelli che oggi riceve Renzi che abita costantemente a casa degli italiani. … All’improvviso Lui come candidato (alle primarie, ndr) è scattato ad essere il secondo in assoluto anche rispetto al Presidente del Consiglio che c’era. … Sta accadendo lo stesso, in realtà, per quelli che devono fare il 4%. C’hanno un’esperienza ormai e, quindi, noi diciamo che oggi noi dobbiamo prendere l’occasione di queste elezioni per cercare di cambiare qualcosa in Italia. (…)

Di Bolognetti (Maurizio, ndr) hanno acquisito lì (in Basilicata, ndr) una fiducia e una stima di tipo personale rispetto al loro conterraneo che da trent’anni loro conoscono; quando poi vedo che se lui va a Taranto, due anni fa ci è andato, e aveva già a Taranto compreso quale fosse la situazione che si stava sviluppando e la funzione del grande Nichi, il governatore di lì, rispetto ai proprietari dell’ILVA e del disastro assassino Tarantino perché di questo si tratta. Allora adesso io o anche un libro, l’ho già accennato, quello di Giuseppe Candido che sta per uscire, direi, su quel tipo di analisi radicale che quella, qui a Roma, di Massimiliano Iervolino ecc.

C’è quello di Bolognetti in Lucania e, appunto, questo di Giuseppe Candido importante, bello, anche per la Calabria. E a questo punto, torno a dire, bisogna cercare di chiarire, lo chiedo, perché la Bonino, la ministra degli esteri in Lucania arriva lei, lì dove la gente quando non l’ha mai vista gli da’ il 2% in più del plebiscito nazionale, e poi (alle regionali, ndr) ci sono 40 voti preferenziali su 40.000! Mi volete da’ una spiegazione? (…)

Radicali in altre liste? Quando Massimo Bordin chiede se c’è la possibilità che qualche radicale sia presente in qualche lista Pannella risponde:

“Mi pare che sarebbe logico! Perché corrisponde a quello che accadrebbe in molti partiti in casi numerosi. Io non credo che ci saranno casi numerosi ma credo che ce ne saranno di sicuro. … E so che significa, magari, poter essere letti, sappiamo l’importanza di essere nelle istituzioni perché sappiamo usarla non solo per sgovernarle o per fare quella politica che ci porta – in questi 40 cinquant’anni – nella situazione fallimentare del nostro territorio.

(…) È cosa automatica che, se non si verificasse poi se non con eccezioni che confermano la regola, sarebbe un’ulteriore dimostrazione del permanere della diversità radicale come diversità alternativa, socialmente, alle altre.

È naturale e di conseguenza, ho detto, se accadrà il modo eccezionale dimostra in modo positivo la diversità Radicale perché questi naturali istinti dovrebbero fare presenza ancor più evidente nella condizione della “fame” Radicale, concretamente delle difficoltà eccetera.

Quindi fornendo non sono più alibi ma più ragioni non da condividere magari ma ragioni. Però qui mi corre l’obbligo di dire noi una volta abbiamo avuto quando ancora in televisione qualche volta c’andavo una volta che abbiamo avuto 42.000 persone che si sono iscritti; allora mi pare costasse 200mila lire la tessera. …

Siamo molto attenti mi pare che oggi dobbiamo pur sapere che da radio radicale c’è il rischio di saturazione, … diventa un imbuto. Non c’è, attorno, la conoscenza di queste cose.

Io invece voglio credere che proprio questa nostra richiesta, questo nostro preannuncio, quello di fare una cosa più importante che, al limite, fare concorrenza Bonelli, Ingroia o altre cose del genere; e cioè fornire una forza anche di documentazione, che significa ricerca, e ci vuole tempo; perché ci vuole tempo in quanto non ci sono fondazioni che lavorino per noi per far sì che le nostre presenze sulle giurisdizioni internazionali e nazionali possono rappresentare un salto di qualità che faccia conoscere la forma di democrazia reale di adesso rispetto a quella di cinquant’anni fa.

Cioè di fare non, appunto, l’autopsia del corpo, ma fare l’anatomia e vedere quali sono i germi i virus che attaccano la salute e quali la difendono. E può avvenire appunto attraverso anche la sottovalutazione che si ha dell’importanza di riuscire.

(…) Era Loris fortuna che mi aveva colpito quando dicevano i radicali extraparlamentari e lui diceva testualmente: «Io non ho mai conosciuto una forza politica e culturale che abbia tanta capacità di occuparsi delle istituzioni, di nutrirle, di alimentarle, comunque, anche in termini critici di sostegno» e credo che, in effetti, questo ci rappresenti in modo positivo; se pensiamo poi anche le cose che convincevano, oltre a Loris Fortuna, anche Altiero Spinelli, per esempio, nei nostri confronti, ma che in questo momento (tornano d’attualità, ndr); ho detto che sono grato a Radio Radicale che credo l’abbia data due volte questa cosa singolare: vado a Monaco a ribadire, parlo in italiano agli uiguri, per ribadire la nostra posizione, quella del Dalai Lama e di Rebia Kader, in termini durissimi, chiarissimi e, mi pare, anche adesso stiamo vedendo essere accettata dai 50 rappresentanti che erano presenti a questo che era un loro consiglio nazionale e non già un congresso. L’elemento di afflato comune, di comprensione, è stato proprio quando dicevamo che dobbiamo aiutare la Cina a prendere più democratica la situazione anche degli Han oltre che di Pechino. …

Per Pannella, in Italia …

(…) Il processo di putrefazione di questi regimi non democratici che dal 1920, grosso modo con una breve pausa hanno governato il territorio italiano.

Abbiamo oggi un territorio che, in tutte le parti, parla in modo eloquente nel senso che esprime le situazioni patologiche che vengono solo da noi, magari, individuate per curarle mentre abbiamo comportamenti dei vari governatori che avvolte ci sembrano vecchi di quarant’anni. E devo dire c’è una cosa che mi pare importante: intanto questo fatto, veramente, di questa scorpacciata in posta di un uomo, non importa quale; da un mese, nei confronti di uno: il presidente del consiglio. Mentre dibattiti ci sono solo di quelli miseri o miserabili dibattitucci, di liti interne fra loro signori, cioè fra componenti di un’associazione che litigano enormemente. Ho sentito che viene la nostra vecchia osservazione, che avevo fatta già a proposito del peculato, ma abbiamo ridetto poi del falso in bilancio vengono oggi vi evidenziati come – anche tecnicamente – un crimine mentre era stato sostanzialmente depenalizzato di fatto.

Quello a cui assistiamo sono tipiche di chi di un direttivo di Associazioni. Non c’è mai una visione riformatrice che si contrappone. Come nel caso del voto di scambio sul quale c’è un dibattito scandaloso. Gli italiani assistono ad dissensi violenti costantemente come ne condomini votano contro ma governano e sgovernano assieme.

Riferendosi ai grillini, dice:

La partitocrazia ha capito che questi non sono pericolosi perché sul piano della protesta, della denuncia e anche dell’onestà che continua ad esserci dietro, ma non rappresentano un pericolo nella durata perché non sono propositivi. Perché non hanno un’idea del tipo di Stato, diciamo, anglosassone, europeo.

Ignorano i nessi e ci stanno, adesso, tra Stati vecchi all’anglosassone, come punto di riferimento, e il benessere sociale ufficiale anche spesso in buona parte tenendo presente le fasce più povere più umili.

(…) Una cosa mi ha colpito di Renzi: che essendo fiorentino e toscano, Toscana che ha sempre prodotto delle posizioni religiose e ti ha espressa nella storia da quelle savonaroliane a quelle di La Pira o cattolici-liberali o quelle che hanno portato la Toscana a essere una regione governata dal Pci e dai succedanei (…), non ho trovato nessuno tra quanti lo conoscono o hanno conosciuto che abbia detto: “aveva un periodo in cui era convinto …”. Mi pare una caratteristica: è uomo apparentemente agile perché non hai il peso delle convinzioni. La sua convinzione e che è possibile con abilità avere successo”.

Bordin: (…) In Vaticano c’è invece una formula: si trema e si trama.

Pannella: C’è una resistenza contro le riforme di Papa Francesco. (…) Lui non si rende conto che Giovanni Paolo II era andato in Parlamento perché aveva la saggezza per evitare che si accumulassero processi.

Lui non si rende evidentemente conto.

(…) Io dico che noi abbiamo al centro la mobilitazione dell’opinione se esistesse intellettuale dell’opinione conta ma diciamo dell’opinione dando fiducia nella gente comune ma so che a quelli noi non riusciamo in questo momento a corromperli con le nostre cose. Beh, la cosa di Emma Bonino e la cosa del parere del Presidente della Repubblica riuscirei a dirli in tre minuti; è quello che loro, adesso, non vogliono più aprirmi la possibilità di fare questo.

Però, … quello che è essenziale adesso e far udire, scrivere, l’essenziale delle cose che vengono negate in patente violazione del diritto italiano del diritto internazionale che connoti quindi in modo chiaro quello che, purtroppo, il Papa ritiene che sia già chiaro. Invece non è chiaro. (…)

Tendono a distrarre il problema del diritto e dei diritti che poi include quello penitenziario, ma se quello penitenziario non lo inquadri dicendo: guardate che tutti questi, alla fine con noi, adesso, riconoscono che è una misura strutturale che già costringe alla ri-forma. È un fatto che, di per sé è già riforma che non può più essere abbandonata. E questo è quello che non deve essere detto, è questo che non deve essere sentito. Magari preferiscono dibattere su Stefano Rodotà Presidente della Repubblica al posto di questo nostro. (…) Temo, però, che non potremo permettercelo alla lunga che li nostro territorio continui ad essere massacrato, con tutto il suo popolo, come lo è proprio perché un problema di diritto e di diritti negati che si traducono in morti ammazzati, tutto qua. Perché la percentuale, appunto, di malattie dovute, e in modo accelerato, al deterioramento delle possibilità di vita sui territori che noi abbiamo nel nostro Paese; è cosa che può avere l’eloquenza se, a un certo punto, qualche giornale di alta tiratura mostri le percentuali di tumori nei bambini. Queste sono le cose che dobbiamo fare ….

Assieme, aggiunge Massimo Bordin, a una campagna affinché tutti i territori che ne sono ancora sprovvisti, la Campania in primo luogo, si doti di un registro tumori regolarmente accreditato e che, periodicamente, rendano pubblici i dati di mortalità per ciascuna patologia oncologica.

Limk AIRTUM

1 Testo estrapolato dalla Conversazione settimanale di Massimo Bordin con Marco Pannella del 20.04.14 – Trascrizione a cura di Giuseppe Candido

Il link della conversazione settimanale integrale è il seguente: http://www.radioradicale.it/scheda/409096

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