Archivi categoria: canzoni

Estate 1968

di Maria Elisabetta Curtosi

Che estate quella del ’68.

Si apriva un decennio che, iniziato con il ’63, continuava con gli anni ’70: per loro la grande battaglia a quel tempo erano i pantaloni lunghi perché sanzionavano la fine dell’infanzia assieme all’esame di Licenza Media. Iniziavano le masturbazioni mentali .

Uno sguardo, una fotografia, una voce che racconta quel tempo: raccontare di fatti, personaggi e situazioni che hanno determinato la vita della nostra comunità ha oggi un significato importante: un modo nuovo di leggere il nostro quotidiano che parla di Europa, di storie di donne e di uomini che giocoforza debbono avere un doppio sguardo sull’Italia,  sul mondo e sull’Europa. Queste immagini fotografiche, affascinanti e nostalgiche rievocano, attraverso la memoria, la straordinaria avventura di quei ragazzi  che furono  “ i ragazzi col ciuffo”. Il linguaggio usato, quello fotografico, si sa  è strumento importante capace di parlare non tanto alla testa ma al cuore delle persone senza distinzioni di censo e culture. Speriamo che l’anello non si spezzi e che i paesi non diventino come diceva Giovanni Paolo II” deserto senza storia, senza linguaggio e senza identità, con conseguenze gravissime” . Coloro che amarono,  idolatrarono ed imitarono a modo loro i vari Elvis, Donavan,  Dylan e Joan Baez:  insomma “ i sacerdoti”  della musica folk in Inghilterra ed in America, mentre qui da noi erano Morandi, Equipe 84, Battisti, Little Tony, Celentano, Rita Pavone o l’eterea Francoise Hardy, I Giganti: inossidabili icone del rock casereccio che riportavano alla luce  vecchie ballate, canti di protesta o di ribellione nati nelle miniere, nelle piantagioni e sui campi di battaglia, storie d’amore e leggende ricoperte dalla polvere degli anni. “ Lo sai tu chi erano i Beattles ed i Rolling Stones? Questo il refrain di una canzone di Gianni Morandi che assieme a Lucio Dalla, rappresentava la famosa” via Emilia” della canzone nostrana. Insomma per capire quegli anni, per “ rivivere” ogni epoca e soprattutto “ l’epoca “ per antonomasia, quella del beat, del rhythm and blues importato in quanto da noi non esiste un patrimonio popolare come quello americano ma esiste il folk inteso come suggestive canzoni del Sud, lamenti di donne, grida di pescatori: basta pensare ad Otello Prefazio: un caso simile al “ fenomeno” Belafonte. “U ciucciu” il lamento dell’asino rappresenta una sorta di “cult” del folk singer calabrese.

Share

L’oro nero

di Maria Elisabetta Curtosi

<<L’effendi è quel signore che consuma, abitualmente, una tazza di petrolio alle cinque del pomeriggio >> trent’anni fa Rino Gaetano affermava ciò.

I tempi sono oramai maturi, ho perfino sentito: “d’ ora in avanti per far benzina dovrai chiedere un mutuo alla banca”, e credo non sia poi tanto sicuro che lo concedano, visto che nemmeno loro se la passano così bene.

Il prezzo di questo prodotto distillato è salito alle stelle, in Italia soprattutto, e noi però siamo arrivati alle stalle, con quel che ci costa.

Purtroppo conviviamo con “La Crisi”, oltre che economica magari presto risolta con una manovra del governo, la definirei pscicologica; poiché noi italiani finiamo per abituarci alle cose.

Come diceva Leopardi nello Zibaldone: <<  I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto>>.

Resta il fatto che il petrolio è il motore dell’economia mondiale utile a riempire le tasche di pochi, assoggetta popoli interi, crea guerre e povertà, fame e violenza.

La forza di cambiamento deve nascere nella coscienza collettiva di tutti noi, se questa dovesse venir meno a causa delle leggi bavaglio, ad esempio, i diritti dell’uomo sarebbero messi in serio pericolo.

Concludo con un testo ad hoc del grande cantautore crotonese, Rino Gaetano, una delle voci più nuove e originali della musica italiana degli anni ’70, estroverso ed ironico nei suoi testi che  apparivano surreali, con un nonsene come sfondo. Scrisse questa canzone, si dice, prendendo ispirazione dal fatto che lui, andava in giro nelle vie di Roma  con il maggiolino  di Antonello Venditti e con qualche altro amico a turno pagavano la benzina, anche se questo fu una sorta di incipit per parlare poi di affari finanziari e sociali legati all’uso del petrolio.

 

“Essence benzina e gasolina
soltanto un litro e in cambio ti do Cristina
se vuoi la chiudo pure in monastero
ma dammi un litro di oro nero…

Ti sei fatto il palazzo sul Jumbo
noi invece corriamo sempre appresso all’ambo
ambo terno tombola e cinquina
Spendi spandi spandi spendi effendi
spendi spandi spandi spendi effendi

se vinco mi danno un litro di benzina..

 

[…] pace prosperità e lunga vita al sultano”.

Inoltre ricordiamoci che Rino disse “vogliono mettermi il bavaglio ma non ci riusciranno”; e disse anche che le sue canzoni sarebbero state capite un giorno, quando la gente si sarebbe domandata cosa succedeva sulla spiaggia di capocotta.
A cosa alludeva Rino?

Share

CANZONE DI PROTESTA

di Maria Elisabetta Curtosi

“Mi han detto
che questa mia generazione ormai non crede
in ciò che spesso han mascherato con la fede,
nei miti eterni della patria o dell’ eroe
perchè è venuto ormai il momento di negare
tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura,
una politica che è solo far carriera,
il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto,
l’ ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto ”

Anche se sono cambiate molte cose da quando fu scritta questa canzone, era il 1965, rimase comunque come un punto fermo nella produzione di Guccini e di tutta la canzone d’ autore in Italia.

Fu perfino censurata dalla Rai che pensò al titolo (di carattere nietzschiano) come blasfemo e non capì il testo della canzone, evidentemente interpretato in maniera erronea.

Ma è lo stesso Guccini che chiarisce i contenuti: << E’ una canzone di protesta, italiana a temi ulteriori rispetto a quello del pacifismo, e più precisamente veicola un’opposizione radicale all’autoritarismo, all’arrivismo, al carrierismo, al conformismo >>.

Alla fine la speranza di un futuro migliore rimane, e a questa speranza ci aggrappiamo anche noi giovani, sebbene le possibilità di trovare un lavoro stabile siano poche e incerte, dobbiamo rimanere nella nostra terra, nella nostra patria del sé;  e credere di migliolarla con i saperi e la cultura perché è necessaria una nuova rinascita spirituale e morale contro il consumismo, il falso moralismo e l’imperante ipocrisia.

Così  conclude:

“ Ma penso
che questa mia generazione è preparata
a un mondo nuovo e a una speranza appena nata,
ad un futuro che ha già in mano,
a una rivolta senza armi,
perchè noi tutti ormai sappiamo
che se dio muore è per tre giorni e poi risorge,
in ciò che noi crediamo dio è risorto.”

<< Una  spallata “pre-sessantottoesca”, tutto sommato, perché sentivamo che tante cose dovevano essere cambiate>>   in questo modo definì il brano il  Guccini poeta.

 

 

Share

Libero come un uomo

di Maria Elisabetta Curtosi


“La libertà non è star sopra un albero

non è neanche il volo di un moscone

la libertà non è uno spazio libero

libertà è partecipazione.

 

Vorrei essere libero, libero come un uomo.

 

Come l’uomo più evoluto

che si innalza con la propria intelligenza

e che sfida la natura

con la forza incontrastata della scienza

con addosso l’entusiasmo

di spaziare senza limiti nel cosmo

e convinto che la forza del pensiero

sia la sola libertà.”

 

Quasi quarant’anni orsono, così cantava il signor G, per gli amici estimatori delle sue note, ed era solo il 1973. C’è da dolersene se canticchiandola magari rabbrividiamo? Magari con questo repentino arrivo d’autunno per l’aria fresca questo è normale.

O magari invece viene da porsi qualche domanda, tra un “ddl” e l’altro, non siamo tanto sicuri che la nostra libertà sia veramente protetta e preservata, quasi come fosse la foca monaca dei caraibi ormai in via d’estinzione. La Natura è equilibrio e l’uomo non fa altro che metterlo in serissimo pericolo.

E per questo possiamo permetterci di dubitare di essere liberi per natura. Magari dobbiamo sottometterci al fato come  il “pius” Enea o chissà abbiamo la fortuna di essere noi gli artefici: homo faber fortunae suae.

Io so questo: che chi pretende la libertà, poi non sa cosa farsene. Dixit Pasolini.

 

 

Share