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Carta sismo-tettonica e franosità della Valle Crati

Presentazione della Carta sismotettonica e della franosità della Valle del Fiume Crati con Carlo Tansi.
Concluderà i lavori il Governatore della Calabria. Interverranno i Sindaci e gli Ordini Professionali Continua la lettura di Carta sismo-tettonica e franosità della Valle Crati

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Rischio sismico (e idrogeologico): la storia ci avverte. Serve un piano di messa in sicurezza

La straordinaria coincidenza del terremoto in Sila di ieri, 28 dicembre 2014 (che per fortuna non è stato di forte intensità) ci riporta alla memoria quello – assai più funesto – del 28 dicembre del 1908 quando persero la vita dalle 90 alle 120mila persone, e ci deve mettere in guardia.
In occasione di quel tragico evento, infatti, ai danni provocati dalle scosse sismiche e agli incendi che ne seguirono, si aggiunsero i morti cagionati da un maremoto di “violenza impressionante”, che colpì le coste dello Stretto con ondate devastanti stimate, nelle varie località, da 6 a 12 m di altezza (fino a 13 metri a Pellaro, frazione di Reggio). Il maremoto provocò molte vittime proprio fra i sopravvissuti alle scosse che si erano ammassati in riva al mare, alla ricerca di un’ingannevole protezione. Anche Gaetano Salvemini, docente di storia contemporanea all’Ateneo di Messina, nel 1908 perse in Calabria moglie, cinque figli e la sorella, rimanendo unico sopravvissuto della sua famiglia.La Calabria è notoriamente un’area della penisola con un elevato livello di sismicità, tra i più alti d’Italia. Disastrosi e ricorrenti sono stati i terremoti che, nei secoli, l’hanno sconvolta.

di Giuseppe Candido

Monteleone Via Forgiari demolita dal terremotoTre anni prima del 1908 il disastroso terremoto del 1905 l’aveva già sconvolta: la notte tra il 7 e l’8 settembre una scossa poderosa funestò la Calabria. I giornali dell’epoca diedero grande risalto e inviarono cronisti, illustratori e fotografi per raccontare i disastri accaduti: “Il gravissimo terremoto in Calabria e in Sicilia” titolava Il Giornale d’Italia: “Scene angosciose, una notte di terrore, morti e feriti, paesi distrutti” l’occhiello.

Poi, a soli tre anni di distanza, l’apocalisse vera cui faceva riferimento dalle Cronache del Garantista di Cosenza, Alessia Principe, e che – letteralmente – devastò Reggio Calabria e Messina:

«Un attimo della potenza degli elementi» – si legge nella relazione del Senato del Regno – «ha flagellato due nobilissime province (…) abbattendo molti secoli di opere e di civiltà. Non è soltanto una sventura della gente italiana; è una sventura della umanità, (…). Forse non è ancor completo, nei nostri intelletti, il terribile quadro, né preciso il concetto della grande sventura, né ancor siamo in grado di misurare le proporzioni dell’abisso, dal cui fondo spaventoso vogliamo risorgere. Sappiamo che il danno è immenso, e che grandi e immediate provvidenze sono necessarie».

Ma la Calabria, come è arcinoto, è terra assai ballerina. E a partire dall’anno 1.000 si sono avuti numerosissimi terremoti distruttivi: nel 1188 il terremoto (IX-X grado della scala Mercalli, Cfr. D. Postpischl, 1984) nella valle del Crati, provocò danni gravissimi a Cosenza, dove crollò la cattedrale, a Bisignano, San Lucido e Luzzi; nel marzo del 1638, un altro violento terremoto d’intensità stimata del grado XI della scala Mercalli, colpì particolarmente la zona di Nicastro (CZ), dove i morti furono diverse migliaia. E il 9 giugno dello stesso anno, un nuovo terremoto provocò danni pure nel crotonese. Il 5 novembre del 1659, un forte terremoto del IX-X grado della scala Mercalli, interessò nuovamente la Calabria centrale, colpendo l’area compresa fra i golfi di Sant’Eufemia e di Squillace; le vittime furono oltre 2mila. Nel 1783, tra febbraio e marzo, uno sciame sismico interessò Calabria meridionale e il messinese, provocando la completa distruzione di moltissime località e gravissimi danni in tante altre; e le tantissime repliche che si ebbero nei mesi successivi provocarono oltre 30.000 morti.

L’8 marzo del 1832, un altro terremoto, con intensità stimata del X grado Mercalli, provocò danni gravi ad una cinquantina di località, prevalentemente nel crotonese; più di 200 le vittime. E quattro anni più tardi, il 25 aprile del 1836, un terremoto colpì il versante ionico della Calabria settentrionale, provocando danni a Crosia e Rossano, in provincia di Cosenza e duecento vittime. Nel febbraio del 1.854, ancora un terremoto causò distruzione e morte nell’alta valle del fiume Crati e danni gravi a Cosenza; le vittime, in quell’occasione, furono circa 500.

Sedici anni dopo, a ottobre, si verificò un ulteriore terremoto nell’area cosentina, fra le alte valli dei fiumi Savuto e Crati: altre cento vittime si sommarono alla conta dei morti. E, sempre nel 1870, “u terremuoto”, perché è così lo chiamavano in dialetto, colpì nuovamente la Calabria centrale, ma fu avvertito in tutta l’Italia meridionale e nella Sicilia orientale: pure in quel caso, ci furono danni gravissimi e più di 500 persone persero la vita. L’8 settembre del 1905, il terremoto colpì numerosi paesini nell’area di Vibo Valentia e Nicastro facendo risentire i suoi effetti anche nelle provincia di Cosenza e in quella di Reggio Calabria (intensità molto forte stimata del X-XI grado della scala Mercalli, Cfr. GNDT, D. Postpischl (a cura di), 10 domande sul terremoto, 1994). Nel 1908, il 28 dicembre, il violento terremoto e uno tsunami colpirono Reggio e Messina che risultarono completamente distrutte.

Moltissimi eventi meno importanti si verificano quasi ogni giorno in questa regione. Basta andare sul sito dell’INGV per rendersi conto di quanti terremoti avvertiti solo dagli strumenti vengano mediamente registrati in Calabria ogni mese.

Testimoniano tutti che la Calabria è una regione che, spesso, è stata distrutta da eventi sismici importanti.

In una regione come la nostra, in una terra con una così elevata frequenza di terremoti e conseguente elevata pericolosità sismica, sapendo che l’unico modo di difendersi dal terremoto – come sanno bene in Giappone – è quello di costruire edifici in grado di resistere alle scosse, è evidente quanto importante sarebbe diminiure il rischio (che è costituito sempre dalla casa che ti crolla in testa) investendo in un grande censimento della vulnerabilità sismica delle strutture pubbliche che, come il caso dell’Ospedale aquilano ha dimostrato nel 2009, non sempre sono costruite in maniera adeguata, nonché nell’adeguamento antisismico e/o nella rottamazione della fatiscente edilizia postbellica.

Scuole, ospedali, edifici comunali, prefetture eccetera. Il 65 per cento delle strutture pubbliche calabresi, dal censimento realizzato dalla protezione civile nel 1999, risultava ad elevata vulnerabilità sismica.

Quante di queste sono state adeguate o ricostruite? E c’è il patrimonio edilizio privato, spesso costruito abusivamente negli anni e poi condonato, che non è in grado molto spesso di resistere alle scosse. Servirebbe quantomeno censirne la vulnerablità e prevedere un sistema di incentivazione fiscale affinché anche i privati trovino conveniente investire nel miglioramento e nell’adeguamento antisismico dei propri edifici. Si potrebbe addirittura prevedere che, al momento dell’acquisto di un immobile, assieme al certificato energetico, sia necessario riportare pure quello della “vulnerabilità sismica” dell’edificio. Purtroppo abbiamo dimostrato più volte di essere il Paese che fa le cose, se le fa, ma solo dopo, a disastro avvenuto.

Per programmare interventi di prevenzione” – scriveva nel 1999 il Prof. Barberi allora a capo della Protezione Civile – “occorre tenere conto del fatto che non ci troviamo di fronte a un territorio vergine nel quale cominciare a costruire con una politica antisismica, ma che si tratta invece di un territorio nel quale si è costruito per secoli con tecniche che non offrono apprezzabile sicurezza nei riguardi dei terremoti. Vi è dunque in Italia, come del resto in moti altri paesi, un debito arretrato di investimenti anti-sismici che si è accumulato nel tempo e che comporta fra l’altro una macroscopia sperequazione fra cittadini che vivono in case nuove e vecchie. Questi problemi, con le stesse parole, furono comunicati al Presidente della Repubblica, al Governo e al Senato, dal Progetto Finalizzato Geodinamica del CNR, più di dieci anni fa, all’indomani del terremoto dell’Irpinia”.

Abbiamo una priorità non solo in Calabria? Alberto Ronchey, scrittore, due volte Ministro dei beni e attività culturali, in un articolo pubblicato su La Repubblica nel 1991, scriveva che

“Malgrado lo smisurato debito pubblico nazionale, la spesa pubblica trascura da quaranta anni le opere di prioritaria necessità. Eppure, impegnare più risorse materiali e tecniche per evitare disastri costerebbe di gran lunga meno che riparare e risarcire i danni, migliaia di miliardi l’anno. Troppi ministri e legislatori favoriscono spese anche dissennate, che assicurano immediati vantaggi clientelari o elettorali, mentre non si curano delle opere a utilità differita benché fondamentali e vitali. La loro idea di manutenzione pare simile a quella che in India ispira gli amministratori discendenti dalla casta dei Marwari, o strozzini: si cambia la corda all’ascensore solo quando s’è spezzata”.

Tra il ’44 e il 1990 in ben 156 eventi calamitosi censiti, tra terremoti, fenomeni idrogeologici, bradisismo flegreo, inquinamento acquifero ed eruzioni vulcaniche, sono stati spesi circa 127 miliardi di euro. Ovviamente, la principale voce di spesa riguarda proprio i terremoti: oltre 95 miliardi di euro – rivalutati ad oggi secondo i parametri ISTAT – di risorse stanziate tra il 1944 e il 1990.

Cosa fare per uscirne? Personalmente, a chi ha responsabilità di governo del territorio, consiglio vivamente di leggere ciò che suggeriva, già nel 1993, il professor Vincenzo Petrini, nel presentare il volume Rischio sismico di edifici pubblici:

“La risposta più ovvia alla constatazione della presenza di situazioni notevolmente a rischio è l’avvio di specifici programmi di adeguamento del patrimonio edilizio ai livelli di sismicità delle varie zone del paese (…). L’abbassamento dei livelli di rischio può essere uno degli obiettivi della programmazione di investimenti della pubblica amministrazione e può, in alcuni casi, contribuire a qualificare la spesa pubblica, (…) programmi pluriennali di interventi di riduzione del rischio, … distribuiti nello spazio e nel tempo secondo priorità definibili in anticipo, possono avere, nella situazione attuale, positivi effetti collaterali in termini di sviluppi non drogati dell’occupazione”.

Ma ad oggi aspettiamo ancora.

Ricordiamolo fino alla noia, non è mai il terremoto ma la casa che ti crolla in testa ad uccidere, a provocare stragi di popoli. Bisogna abolire la vulnerabilità sismica dei nostri edifici, partendo da quelli pubblici, per adeguarli a resistere alle scosse o rottamandoli, quando invece si tratta di vera e propria “spazzatura edilizia”. Una proposta che i Radicali sostengono da anni col prof. Aldo Loris Rossi, su questo, impegnato in prima linea. E per quelli privati si protrebbe incentivarne il censimento della vulnerabilità e il miglioramento delle strutture in modo da metterle in condizioni di resistere alle scosse o, in alternativa, rottamandole del tutto. Serve un piando di messa in sicurezza sismica, idrogeologica e ambientale, nazionale e regionale, integrato con i fondi europei: sarebbe un volano per la ripresa dell’economia e, alla lunga, farebbe risparmiare un sacco di soldi in termini di emergenze e ricostruzioni, oltreché in termini di vite umane.

 

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@RitaBernardini e @MarcoPannella a #Catanzaro sabato 22 novembre per presentare ‘la peste ecologica e il caso Calabria’, il #libro di Giuseppe Candido

Care amiche e cari amici lettori di Abolire la miseria,

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La copertina

  l’Associazione di volontariato culturale Non Mollare, ha il piacere di annunciare la prima presentazione del libro La peste ecologica e il caso Calabria di Giuseppe Candido che si terrà sabato 22 novembre 2014, alle ore 18:00 presso la Sala della Giunta Provinciale di Catanzaro (Piazza Luigi Rossi, 1 – Catanzaro).
A seguire si aprirà un dibattito sul ‘Rischio idrogeologico, sismico e ambientale’ in Calabria (e non solo) al fine di promuovere, da subito, una diversa politica per il territorio.

Alla presentazione del libro interverranno l’On. Rita BERNARDINI Segretaria di Radicali Italiani e l’On. Marco PANNELLA, presidente Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito, autori dell’introduzione al volume, l’Avv. Filippo CURTOSI, presidente dell’Associazione di volontariato culturale Non Mollare e direttore responsabile di Abolire la miseria della Calabria, il Prof. Carlo TANSI, geologo ricercatore presso il CNR-IRPI, autore della prefazione, il Dott. Francesco FRAGALE presidente dell’Ordine dei Geologi della Calabria che, lo scorso mese di agosto, ha inviato una lettera aperta al Presidente del Consiglio Matteo Renzi proprio su questi temi, e lo scrivente, autore del volume.

Il dibattito sarà condotto e moderato da Antonio GIGLIO, consigliere comunale di Catanzaro. La partecipazione è aperta a tutti.


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#RischioIdrogeologico: ‘La peste ecologica e il caso Calabria’, un libro da far leggere nelle scuole

Perché l’educazione dei nostri bimbi comprenda la drammatica consapevolezza di cosa è successo nel nostro povero Paese

di Antonio Biamonte*

Oggi è il 14/11/2014 e da almeno 20 giorni le cronache riportano gli ennesimi disastri e terribili lutti: Maremma, Genova, Chiavari, Crema.

La peste ecologica e il caso Calabria, il nuovo libro di Giuseppe Candido, con la prefazione di Carlo Tansi, l'introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella e una nota di Valerio Federico

Li cito in ordine sparso dimenticando sicuramente qualche evento, oggi penosamente e sistematicamente troppo spesso “giustificato” dalle piogge eccezionali, dovute al cambiamento climatico ormai in atto.

L’unica verità è che da qualche anno sono più frequenti, ma il libro di Giuseppe è un impietoso, straordinariamente documentato, j’accuse, una spaventosa e poderosa opera di verità. È un libro drammatico nella sua intensa e copiosa rassegna di alluvioni, frane, terremoti, scempi ambientali dovuti a mala o criminale gestione di rifiuti.

Un libro da far leggere nelle scuole perché l’educazione dei nostri bimbi comprenda la drammatica consapevolezza di cosa è successo nel nostro povero Paese. Ma non è finita qui ovviamente, il territorio è devastato da decenni di scempi urbanistici e edilizi, dai quali in ben pochi possono “tirarsi fuori”.

Politici, tecnici, imprenditori, semplici cittadini, quasi nessuno è immune da colpe. Un territorio fragile, troppo fragile, per essere “trattato” così male. A nulla nei decenni sono serviti i peana dei geologi, visti sempre come dei menagrami e inguaribili pessimisti.
Al caro “vecchio” amico Giuseppe, appassionato e preparato collega, va il mio e nostro ringraziamento per questa opera di verità e impegno civile, autentico esempio di come la competenza tecnica si possa e debba coniugare con le proposte concrete, il rispetto della dignità umana e la proposta politica.
Chiudo con un bellissimo pensiero di M. Pannella che non conoscevo e che devo, anche questo, a Giuseppe:


“Dove c’è strage di legalità (e delle leggi naturali) che c’è sempre, come corollario, strage di popoli”

 

* Antonio Biamonte è geologo, dipendente presso Uff. Geol. regionale Regione Toscana

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