Archivi tag: frane

#RischioIdrogeologico: ‘La peste ecologica e il caso Calabria’, un libro da far leggere nelle scuole

Perché l’educazione dei nostri bimbi comprenda la drammatica consapevolezza di cosa è successo nel nostro povero Paese

di Antonio Biamonte*

Oggi è il 14/11/2014 e da almeno 20 giorni le cronache riportano gli ennesimi disastri e terribili lutti: Maremma, Genova, Chiavari, Crema.

La peste ecologica e il caso Calabria, il nuovo libro di Giuseppe Candido, con la prefazione di Carlo Tansi, l'introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella e una nota di Valerio Federico

Li cito in ordine sparso dimenticando sicuramente qualche evento, oggi penosamente e sistematicamente troppo spesso “giustificato” dalle piogge eccezionali, dovute al cambiamento climatico ormai in atto.

L’unica verità è che da qualche anno sono più frequenti, ma il libro di Giuseppe è un impietoso, straordinariamente documentato, j’accuse, una spaventosa e poderosa opera di verità. È un libro drammatico nella sua intensa e copiosa rassegna di alluvioni, frane, terremoti, scempi ambientali dovuti a mala o criminale gestione di rifiuti.

Un libro da far leggere nelle scuole perché l’educazione dei nostri bimbi comprenda la drammatica consapevolezza di cosa è successo nel nostro povero Paese. Ma non è finita qui ovviamente, il territorio è devastato da decenni di scempi urbanistici e edilizi, dai quali in ben pochi possono “tirarsi fuori”.

Politici, tecnici, imprenditori, semplici cittadini, quasi nessuno è immune da colpe. Un territorio fragile, troppo fragile, per essere “trattato” così male. A nulla nei decenni sono serviti i peana dei geologi, visti sempre come dei menagrami e inguaribili pessimisti.
Al caro “vecchio” amico Giuseppe, appassionato e preparato collega, va il mio e nostro ringraziamento per questa opera di verità e impegno civile, autentico esempio di come la competenza tecnica si possa e debba coniugare con le proposte concrete, il rispetto della dignità umana e la proposta politica.
Chiudo con un bellissimo pensiero di M. Pannella che non conoscevo e che devo, anche questo, a Giuseppe:


“Dove c’è strage di legalità (e delle leggi naturali) che c’è sempre, come corollario, strage di popoli”

 

* Antonio Biamonte è geologo, dipendente presso Uff. Geol. regionale Regione Toscana

Share

Ancora frane in provincia di Vibo Valentia

di Franco Vallone

Fessura da frana
Fessure da frana nei paesini del vibonese in Calabria

Ancora importanti eventi franosi stanno interessando la provincia di Vibo Valentia. Si sono aperte in questi giorni vere e proprie fenditure che squarciano il terreno, le strade, i muri e le case.

Il fatto inedito che emerge in queste ore è veramente inquietante: gli squarci, le ferite della terra, sono lunghi molti chilometri e passano da un paese all’altro sulla stessa linea.

Questo lo si può notare, ad esempio, tra i paesi di Pannaconi di Cessaniti e Potenzoni di Briatico. Il cedimento di metà carreggiata stradale a Pannaconi, sulla via che porta a Cessaniti, scende e continua per tutta la vallata per poi risalire ed arrivare a Conidoni, dove sono scesi a valle, verso la fiumara, terra e alberi interi. Il movimento franoso riprende e si manifesta sulla stessa linea poco più avanti, con uno sprofondamento che ha inghiottito, per un fronte di circa cento metri, la strada San Cono di Cessaniti – Briatico da un lato e la strada San Cono di Cessaniti – Potenzoni di Briatico dall’altro. Poco più sopra, nei pressi delle cave di Cessaniti, a dieci metri dal metanodotto, la strada che dal Campo d’Aviazione conduce alla strada ex 522 si è abbassata pericolosamente. Dall’altro versante, poco più sopra l’abitato di San Leo di Briatico, una grossa frana ha inghiottito per centinaia di metri la strada che porta a San Costantino di Briatico. In questo caso è stato necessario scavare e bypassare a titolo precauzionale un intero tratto della rete gas del metanodotto.


Share

Maierato e la sua “terra ferita”

di Franco Vallone

Maierato, nicchia di distacco della frana – foto: Franco Vallone

Frana o non frana? Questo il dilemma che da giorni perseguita tanti calabresi che vivono e condividono una regione sempre più violata che reagisce con improvvisi distacchi della sua terra ferita. A Maierato questa mattina non c’era nessuno in giro per le sue strade, per i suoi vicoli.

Un vero paese fantasma con vecchiette, avvolte nello scialle più scuro, traslocate con poveri fardelli e sguardi persi nel vuoto, materassi spostati dalla più solida staticità quotidiana. Un paese oggi ripieno di simboli di svuotamento e annullamento e da tanti mezzi di soccorso che illuminano di lampeggianti blu le belle stradine del centro storico, le chiese arroccate sulle scalinate e le case con il basilico nelle lattine dei pelati sull’uscio. Sono proprio tanti i lampeggianti blu accesi di tutte le forze di polizia, di vigili del fuoco, protezione civile e arpacal, polizia municipale e provinciale, di ambulanze e mezzi della croce rossa… La “terra ferita” maieratana, ripresa in diretta nel suo orribile moto dallo sguardo e dalla telecamera della giornalista Patrizia Venturini, è passata su tutti i canali televisivi di tutto il mondo ed ora è proprio davanti agli occhi di poche anime erranti di Maierato, di quei pochi rimasti in cerca delle proprie case per prendere le proprie cose, accompagnate rigorosamente da uomini dei vigili del fuoco e dalle tute fosforescenti degli uomini della protezione civile. Un troppo noto nastro rosso e bianco delimita, ancora una volta, le strade che finiscono improvvisamente nel nulla e nel vuoto della terra inghiottita. Accanto, poco lontano, la terra ferita si muove ancora imprevedibile, ma forse, ancora una volta, nella sua più drammatica prevedibilità. A Maierato sembra di essere tornati indietro nel tempo, a quando l’acqua piovana e le frane si portarono via Papaglionti di Zungri, altro paese calabrese ferito, centro interamente trasferito per frana, paese drammaticamente spaesato per sempre. Frana o non frana la Statale 522 a Pizzo? Frana o non frana a Vibo Marina? e a Longobardi? e Stefanaconi? e la strada di Pannaconi e quella di Sciconi, franerà o non franerà? Si può continuare a raccontare la storiella, in tema proprio con il periodo di San Valentino, della margherita e del “M’ama o non m’ama” ma non si può rischiare con un “frana o non frana”. Forse le ferite di questa “terra ferita” hanno un feritore storico che ogni giorno si può trasformare in omicida. Come dire, ancora una volta un delitto annunciato.

Share

Calabria: frane a gogo’ e ci scappano pure i morti

di Giuseppe Candido (*)

Ma non è Dio ad averli voluti. Il dissesto ideologico la vera causa del disastro idrogeologico.

Calabria imbottigliata”, “Unʼintera provincia in ginocchio”, “Morte e interrogativi”. Sono questi i titoli che hanno campeggiato sui quotidiani calabresi subito dopo lʼevento franoso che la sera del 26 gennaio scorso ha travolto e ucciso due persone sullʼautostrada Salerno Reggio Calabria. Circa 10.000 metri cubi di materiale incoerente hanno travolto e divelto come un grissino un muro di sostegno in cemento armato. Fare però qualche riflessione a mente fredda forse potrà risultare utile.

Anche se oggi mi dedico maggiormente allʼinsegnamento delle scienze nella scuola media, faccio il geologo in Calabria dal 1994 e dire che i geologi lo avevamo sempre detto mi sembra riduttivo. Non da geologo, ma da calabrese soprattutto. A sentire le parole del Presidente della Regione Agazio Loiero, recatosi sul posto, sembrava che lʼevento non fosse prevedibile e che lʼeccezionalità delle precipitazioni fosse la vera causa della tragedia. Ma non è così, la vera causa è lʼincapacità dellʼattuale classe politica e dirigente calabrese nel governare il territorio e nel passare dalla sola gestione dellʼemergenza ad una sana opera di prevenzione e mitigazione dei rischi.

Troppo facile lodare il “modo dignitoso” con cui la famiglia di Danilo Orlando ha affrontato il dramma: “Lo ha voluto Dio”. Ma la politica deve assumersi le sue responsabilità. La Calabria e i calabresi pagano oggi il prezzo di un pluriennale uso – dissennato e distorto – del territorio da parte di Sindaci, e presidenti di Province e Regione. Premesso che esiste un Piano per lʼAssetto Idrogeologico (PAI) che, dal 2001, ha bene identificato e riportato su apposite mappe le aree in frana e le relative aree a rischio e che lʼautostrada risulta più volte intersecata da dette aree in frana come facilmente verificabile da chiunque collegandosi al sito dellʼautorità di Bacino della Calabria, ci chiediamo perché non si siano eseguiti gli opportuni interventi di monitoraggio e controllo. Ci chiediamo pure come mai non si facciano interventi di consolidamento per ridurre i rischi e addirittura si arrivi ad aggravarli convogliando, come ammesso candidamente dal Sindaco di Altilia, le acque bianche proprio in corrispondenza dellʼarea in frana che, come si sa, non tanto vanno dʼaccordo con lʼacqua? Ma il male che ha ucciso in questʼoccasione due persone è un male diffuso su tutto il territorio. Più di settemila le frane rilevate dallʼautorità di bacino e segnalate a tutti gli enti interessati con apposite cartografie, rischio di alluvione esteso su molte centinaia di ettari di pianure assieme alle aree a rischio di erosione della costa forniscono lʼidea delle dimensioni e della gravità del dissesto idrogeologico della Calabria. Lo scrittore Giustino Fortunato definì la Calabria “sfasciume pendulo sul mare”. Cerzeto, Filadelfia, Favazzina, Pannaconi sono soltanto alcuni nomi dei centri abitati coinvolti con fenomeni franosi che hanno messo a rischio opere e vite umane.

Una Carta del Piano per lassetto idorgeologico della Calabria
Una Carta del Piano per l'assetto idorgeologico della Calabria

La frana sullʼA3 è quindi da considerarsi lʼepilogo di un disastro annunciato che vede nellʼincapacità della classe politica e dirigente il principale responsabile. Negli anni poco o nulla è stato fatto per una più attenta programmazione strutturale del territorio e per interventi di monitoraggio e controllo dei movimenti franosi. Si pensi a tutti i dissesti sulle provinciali e sulle statali calabresi sistematicamente invase da fango e che si verificano ogni qual volta cʼè un evento meteorico eccezionale, ma non più così tanto straordinario. E mentre per risanare il dissesto idrogeologico si spendono 300 milioni di euro lʼanno per gli stipendi dei diecimila forestali calabresi, le conseguenze del dissesto idrogeologico calabrese sono sotto gli occhi di tutti. Anche sotto quelli, piangenti, delle madri, dei padri, delle famiglie, degli amici delle vittime. Emergenza maltempo? Non cʼè periodo dellʼanno che la Calabria non sia costretta a fronteggiare una emergenza: emergenza frane, emergenza alluvioni, emergenza incendi boschivi e, paradossalmente, emergenza siccità. Per non parlare poi di emergenza rifiuti e di emergenza inquinamento che si prorogano di legislatura in legislatura, di commissariamento in commissariamento.

Un flusso di emergenze il cui intreccio costituisce la questione ambientale calabrese. Una questione ambientale che oltre ai problemi in termini di sicurezza coinvolge ogni attività economica, sociale. Una questione ambientale la cui risoluzione costituirebbe, oltretutto, un volano di sviluppo economico al quale la Calabria e i calabresi devono poter ambire. La politica calabrese per anni ha gestito il territorio e la edificabilità dello stesso con soli fini clientelari senza preoccuparsi dei problemi, neanche quando gli li hanno messi sotto gli occhi con le cartografie del PAI nel caso del rischio idrogeologico. Un dissesto idrogeologico generato, o quanto meno compartecipato, dal disastro ideologico di una classe politica calabrese volta piuttosto a preoccuparsi di fare il favore a questo o a quello che non a fare un favore alla collettività, magari mitigando i rischi con opportune opere di consolidamento o, quantomeno, predisponendo una adeguato sistema di monitoraggio delle frane non consolidate. Fiumi di denaro dei fondi europei non sono serviti a risolvere le emergenze ambientali come i milioni di euro spesi per i forestali non ha risolto né diminuito il rischio idrogeologico. La politica, invece di occuparsi di come spartirsi e spendere i soldi in clientele, con i venti di federalismo fiscale che vanno soffiando, farebbe meglio ad occuparsi di governare il territorio in maniera sostenibile mitigando i rischi idrogeologici conseguenti a quegli eventi che tanto straordinari più non sono.

(*) geologo dal 1994

Share