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Sciogliere #Radicali? Ecco perché propongo di #NonMollare

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L’articolo di Bandinelli pubblicato su Cronache del Garantista, l’11 gennaio

Ho letto con grande attenzione l’articolo di Angiolo Bandinelli pubblicato domenica 11 gennaio sulle Cronache del Garantista, nel quale – da componente della direzione di Radicali italiani – Angiolo ha affermato che, al Comitato nazionale eletto al congresso di novembre che si riunirà per la prima volta da venerdì 16 a domenica 18 gennaio, proporrà di scogliere il movimento Radicali italiani come “primo passo verso la ugualmente necessaria,” – a suo dire – “responsabile chiusura degli altri soggetti costituenti la galassia radicale”.

di Giuseppe Candido (*)

Con altrettanta attenzione ho letto la mail indirizzata ai membri del comitato e con cui Rita ha inviato le sue “osservazioni”, in attesa di “dire la sua” nella direzione nazionale; e, devo dire, ho letto anche qualcuna delle e-mail circolate in risposta a quella di Rita.

Nel suo articolo, Angiolo afferma che “la galassia Radicale non vive”. Anzi, aggiunge il termine: “sopravvive”. E scrive che non possiamo accettare come “destino inevitabile” il fatto di essere ridotti alla “sopravvivenza”; che non possiamo accettare di essere divenuti “un alibi”.

Poi, per argomentare le motivazioni, Bandinelli ricorda le campagne iscrizioni del ’72 e del 1987, titolata O li scegli o li scogli, e con le quali, il partito, – ha ricordato – “provocò uno slancio di entusiasmi” e diecimila iscrizioni tra cui premi Nobel, ex terroristi, carcerati e personalità del mondo dello spettacolo e della cultura.

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Angiolo Bandinelli

“Nei tempi in cui il messaggio alle Camere del Presidente e quello di Papa Francesco a Pannella che gli dice di avere coraggio e lo invita a non mollare, vengono ignorati spudoratamente”, Angiolo si domanda se, oggi, come nel 1987, ci sia qualcuno in grado di “immaginare una risposta ugualmente planetaria alle attuali difficoltà di Radicali italiani e dell’intera galassia”.

Chiedendo questo Bandinelli sa bene, però, che tra noi c’è Pannella che, in realtà, non solo immagina ma pre-vede che, qualora potessimo esser conosciuti nelle nostre battaglie e ri-conosciuti nelle nostre proposte, se potessimo andare in televisione per fare un appello, per spiegare – davvero – “il perché”, oggi, come nel 1987, è importante, è fondamentale questione di vita o di morte, iscriversi al Partito Radicale e agli altri soggetti della galassia, le iscrizioni arriverebbero eccome. E lo sa bene pure Angiolo che ascolta le fluviali conversazioni con Vecellio e con Bordin, per Pannella le iscrizioni arriverebbero addirittura a migliaia, se non a centinaia di migliaia, proprio dalle suore e dai preti.

Ma c’è un altro aspetto che, secondo me, rende “discutibile” e perciò assai utile l’artico di Bandinelli: è quello in cui Angiolo sottolinea come, nel 1987, e nel 1972, quelle reazioni all’appello “O li scegli oppure li scoglifurono possibili “grazie all’impegno concorde e mirato del gruppo dirigente radicale”. Impegno, ripeto, che Angiolo ricorda fu concorde e mirato a quell’obiettivo. Il raggiungimento di 10mila iscritti, nel 1987, che era l’obiettivo di allora.

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Giuseppe Candido

Non credo che quello di Angiolo sia solo il frutto di disperazione, né di assenza di speranza. Anzi. È la presa d’atto che, se non ci muoviamo concordi e mirati, non potremo più neanche essere speranza di alternativa democratica per questo Paese che non si accorge dei messaggi di Napolitano e censura persino Papa Francesco.

Tralasciando gli aspetti tecnici del non arrivare al “dopodomani” che, magari, Maurizio Turco potrà meglio spiegarci, credo che quello di Angiolo sia piuttosto un utile contributo al dibattito. Ad aprire un dibattito. O ci poniamo – come gruppo dirigente e anche come semplici militanti – l’obiettivo concreto di raggiungere una quota X di iscritti che ci consenta di pagare i debiti e arrivare al prossimo congresso, oppure non siamo in grado di arrivare neanche al dopo-domani. Credo che il passaggio fondamentale da leggere di quell’articolo sia proprio quello del richiamo all’impegno “concorde e mirato” del gruppo dirigente, che oggi non c’è. Almeno per quanto riguarda il rendersi conto che, se non facciamo qualcosa, se non ci poniamo l’obiettivo di raggiungere X iscritti nei prossimi mesi, non esistiamo più. Non credo che Angiolo abbia voluto dire che possiamo fare a meno del Partito Radicale o degli altri soggetti. Né che possiamo – noi né il Paese – fare a meno di Soggetti radicali come l’Associazione Luca Coscioni, o come Nessuno Tocchi Caino e NPWJ che, con le loro lotte, – in parte vinte in parte ancora in corso – hanno cambiato non solo il nostro Paese ma anche il resto mondo. Credo che quello di Angiolo sia uno stimolo – una sfida – per tutti noi, compagne e compagni radicali, che spesso non ci rendiamo conto; impegnati in altri obbiettivi, non concordi nello sforzo che si dovrebbe oggi compiere, crediamo – magari – di poter lavorare per elaborare questa o quella proposta politica, senza capire che stiamo cessando di esistere senza che nessuno ci sciolga.

Sentendo qualche compagna e leggendo qualche mail, mi son reso conto che, in realtà, siamo in pochi ad aver capito che la baracca sta chiudendo. Nonostante le conversazioni di Pannella e gli appelli ad iscriversi di Maurizio Turco (che continua a ripetere che “il partito radicale ha ad oggi debiti per 450mila euro … cifra pari all’intero autofinanziamento del 2014 tra iscrizioni al PR e iscrizioni a pacchetto che … ha delle sue oggettive conseguenze) e di Rita.

Credo che dovremmo imparare da Emma che ci da’ esempio di classe dirigente: annuncia il suo tumore, dice: “io non sono il mio cancro,” e chiede ai malati come lei di sostenerla iscrivendosi al Partito. Emma chiede di iscriversi a chi le vuol bene, a chi – come lei – ha una patologia, anche grave, ma lotta e non molla di lottare.

Credo che dovremmo impegnarci tutti, se non vogliamo farci scogliere, a passare da i mille che siamo a 10.000 almeno. Come? Facendo “iscrizioni porta a porta”, chiedendo all’amico di iscriversi; anche elemosinando un’iscrizione come “questione di vita o di morte “del soggetto politico che – in sede Onu – continua a coordinare lotte come quelle per la moratoria delle esecuzioni capitali e delle mutilazioni genitali femminili, o come quelle del tribunale penale internazionale.

La risposta all’articolo di Angiolo più bella che ho letto tra le mail (tante) che ho ricevuto e letto in questi giorni dai compagni non è arrivata dalla mailing del comitato, ma sia stata quella di Rocco, compagno calabrese, un “semplice” militante, che cito testualmente:

Io mi sono iscritto a Radicali italiani questa mattina. Spero tra qualche settimana di poter rinnovare la tessera anche a quella del PRNTT. Ora non c’è una lira 😛

Poi candidamente aggiunge:

Il bello è che poco dopo ho letto le parole di Emma con le quali invitava tutti ad iscriversi! Che dispiacere sapere del suo tumore. Ma è una donna forte, … pensa che splendida Presidente della Repubblica sarebbe! Noi italiani ne abbiamo passate tante, ce la meriteremmo una come lei 😀”.

E sempre dopo l’appello di Emma, il 13 gennaio, mi chiama Antonio Giglio, il consigliere comunale di Catanzaro che, lo scorso anno, aveva preso la sola tessera del PRNTT. Non posso rispondergli subito perché – quando mi chiama – sono a scuola. Allora mi manda un sms che, anche questo, consentitemi, cito testualmente:

Rinnovata iscrizione al transnazionale, e iscritto a Nessuno tocchi Caino. Il mese prossimo a Radicali italiani”.

Ecco: credo che questi due messaggi riassumano bene quello che dobbiamo fare; non mollare ed esser noi il cambiamento che vogliamo vedere. Anch’io ho rinnovato la mia iscrizione al Partito e a RI, e mi appresto a completare il pacchetto. Questo paese non può fare a meno dei radicali e di quella scossa di legalità di cui ci facciamo portatori.

Qualcuno, appena qualche giorno fa, proponendomi di collaborare all’elaborazione di una proposta politica, mi diceva che “non possiamo continuare ad occuparci solo di carceri e amnistia”. Che dovremmo “ampliare l’offerta politica”. Insomma, il ritornello che saremmo “monotematici”. Personalmente non credo sia così. Ci occupiamo solo di carceri?, ho risposto. Ricordando che, Pannella, tornato dal Niger dove era stato per conquistare un ulteriore voto contro la pena di morte, prima di rientrare a Roma, è riuscito persino ad essere presente – in Calabria – per presentare il mio libro sul dissesto idrogeologico, rischio sismico e rifiuti. Giustizia, carceri, soltanto? Moratorie ONU, legalizzazione e contro la droga delle criminalità organizzate. Abbiamo una offerta politica che fa paura, come è possibile dire a noi stessi che siamo monotematici. Le proposte ci sono. Eccome. Il problema è l’informazione. Se non ti conoscono, politicamente non esisti. Allora, come se ne esce?

Innanzitutto ponendo al comitato il mio voto contrario alla proposta di chiusura e, prioritariamente, impegnandomi come dirigente, ma anche come “semplice” militante, a far sì che, nel 2015, la mia iscrizione diventi portatrice di speranza e ne produca almeno altre 10; anche mendicando questo come “contributo alla vita” del partito radicale. Siate voi il cambiamento che volete nel Mondo, diceva Gandhi. E se i mille iscritti che siamo facessimo la stessa cosa, cominciando noi dal comitato a dare l’esempio “concorde e mirato”, oltreché dalla direzione, credo che, anche oggi, potremmo immaginare di raggiungere l’obiettivo di scegliere di continuare a far vivere il partito Radicale.

(*) Comitato nazionale di Radicali italiani

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“La peste ecologica e il caso Calabria”. L’introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella, la nota di Valerio Federico e Paolo Farina

La peste ecologica e il caso Calabria di Giuseppe Candido, prefazione di Carlo Tansi, introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella
Prefazione di Carlo Tansi, introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella

E’ andato in stampa il volume di Giuseppe Candido, con una prefazione di Carlo Tansi, la postfazione di Franco Santopolo, una nota di Valerio Federico e Paolo Farina e l’introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella che di seguito pubblichiamo.

Uscirà a breve, nella prossima settimana, per i tipi di Non Mollare edizioni, la casa editrice dell’associazione di volontariato culturale Non mollare che edita on line anche Abolire La Miseria della CalabriaLa Peste ecologica e il caso Calabria, l’ultimo libro di Giuseppe Candido.


 

Nell’Abstract del volume si legge che …

Dove c’è strage di leggi c’è sempre strage di popoli. Rischio sismico, idrogeologico e ambientale, mal governo del territorio, rifiuti tossici interrati, mala depurazione e un’emergenza rifiuti infinita per alimentare clientele e “fare progetti”; storie (vere) di frane, alluvioni, terremoti e disastri ambientali aventi tutti come denominatore comune il disastro politico che li ha causati!La peste ecologica e il caso Calabria, è un libro-dossier in cui si ripercorrono fatti, eventi spesso tragici sul dissesto idrogeologico, sui rischi sismici e su quelli ambientali del nostro Paese con particolare rifermento, per quest’ultimo aspetto, al caso dei veleni e dei rifiuti in Calabria. Cos’hanno in comune rischi, mal governo del territorio, dissesti e veleni? La peste ecologica è la violazione sistematica delle leggi che ha, per conseguenza, una strage di popoli.


La peste ecologica e il caso Calabria, di Giuseppe Candido. Prefazione di Carlo Tansi, introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella, postfazione di Franco Santopolo e una nota di Valerio Federico e Paolo Farina – Non Mollare edizioni, euro 18,00; Pagine 394 – ISBN 9788890504020 – Per prenotarne una copia è sufficiente inviare una mail all’indirizzo associazionenonmollare@gmail.com


L’Introduzione di Rita Bernardini e Marco Pannella

Con il suo bel libro Giuseppe Candido presenta al lettore una seria e documentata proposta che, affondando le sue radici nello specifico calabro, rafforza la complessiva urgenza nazionale (e non solo!) di contrastare i connotati illiberali e ormai anti-democratici dello Stato italiano –renziano– arroccato in accanita difesa proprio di ciò che è oggetto, da decenni, delle massime imputazioni e condanne delle giurisdizioni europee. Imputazioni e condanne seriali richiamate dal “Massimo Magistrato” italiano, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con il suo messaggio costituzionale alle Camere, una straordinaria testimonianza, completa di “obblighi” e di proposte indirizzate al nostro Paese e, non a caso, trattata in modo indegno dal Parlamento, suo naturale destinatario.

Gli “obblighi” che l’Italia disattende, e che derivano anche dal Diritto comunitario da anni costituzionalizzato, riguardano altresì – in grandissima parte – l’ambiente sfregiato dei nostri territori. Grazie alla visione transnazionale del Partito Radicale, questi “obblighi” verso l’ambiente non hanno confini e ci costringono a farcene carico, studiandolo per ciò che è: una “funzione” vitale del pianeta, che nessuno può permettersi di sacrificare.

Citando Aldo Loris Rossi, Marco Pannella lo ripete in modo assillante: “Il genere umano ci ha messo due milioni di anni per arrivare – nel 1830 – al primo miliardo; cento anni per arrivare al secondo, 30 per il terzo, 15 per il quarto, 13 per il quinto, 12 per il sesto, e ancora 13 anni per il settimo miliardo.

Mentre scrivo, un sito internet (http://www.worldometers.info) ci conta e censisce, a noi umani, in tempo reale. Girando vorticosamente, ci informa che in questo preciso istante siamo 7 miliardi 243 milioni 471.433 e che fino a questo momento in questa giornata sono nate 328.443 persone e ne sono morte 135.528. Molto probabilmente questo contatore, grazie a un’elaborata formula matematica, ci azzecca. Non dico all’unità, ma quasi. E allora mi chiedo se nell’implacabile calcolo offertoci in diretta ci siano già finiti i morti di cui ho avuto notizia poco fa: due detenuti suicidati; un altro, morto per malattia incompatibile con lo stato di detenzione, mentre – infine – un agente di polizia penitenziaria di 42 anni e un suo amico sono morti per overdose di eroina.

Certamente, nel contatore sono finiti i morti che ci segnala Giuseppe Candido: morti per alluvione, frane, tumori causati dai rifiuti tossici o dai veleni industriali o per micidiali concessioni edilizie rilasciate senza rispetto delle leggi. Ci sono anche i morti censiti dai libri di Maurizio Bolognetti e Massimiliano Iervolino. Via via, il contatore ingloberà anche i morti delle analoghe stragi, che fin da oggi si possono tranquillamente prevedere senza che nulla venga fatto per fermarle nonostante le denunce e le soluzioni prospettate da quella che Pannella definisce “letteratura militante”.

Se puntiamo l’implacabile strumento su questo o quello dei continenti del pianeta, osserveremo che la velocità del fenomeno varia: sarà molto più lento in Europa, più veloce nell’America del sud, velocissimo in Africa o in Asia. Ma quel che è certo è che il dilagante aumento della popolazione mondiale sta facendo crescere il consumo dei suoli, dell’acqua e di energia, per sopperire a esigenze non solo alimentari in crescita esponenziale. Fulco Pratesi ci spiattella un altro ferma-immagine impressionante: visto che siamo oltre 7 miliardi e 200 milioni, ciascuno di noi umani ha a disposizione – contando anche luoghi invivibili come deserti, ghiacciai, montagne – poco più di due ettari a testa, corrispondenti a quattro campi di pallone. Se però prendiamo in considerazione le sole terre arabili, ogni umano ha a disposizione meno della metà (il 40%) di un solo campo di pallone. Ma i Paesi ricchi, in primis la Cina, si stanno muovendo da anni per acquistare e occupare terreni nel sud del mondo, in particolare in Africa: dovendo prevedere necessità energetiche e alimentari che, con il consumo e distruzione dell’ambiente in casa loro, rischiano di non poter più affrontare e governare, si recano altrove per continuare a consumare (e distruggere) suolo e risorse.

Da una parte quel contatore corre veloce, ammonendoci che la crescita vertiginosa della popolazione mondiale è insostenibile; dall’altra ci segnala anche morti – troppo spesso vere e proprie stragi – che potrebbero essere evitate se solo si rispettasse la legalità democratica, dove c’è. Dove non c’è, dovrebbe essere urgenza impellente di tutti i paesi democratici, di ciascun democratico, promuoverla e instaurarla.

Quel che il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito sta cercando di promuovere da più di vent’anni (con solide radici nel passato) è che nessun fenomeno del nostro tempo può essere più governato con una visione localistica e dunque occorrono istituzioni transnazionali democratiche per affrontare il futuro. Futuro che è destinato a divenire un incubo se si considera quanto straordinariamente spiegato nel documento politico, coordinato dal Prof. Aldo Loris Rossi, che il Partito Radicale ha presentato all’ONU in occasione del World Urban Forum 6 svoltosi a Napoli dall’1 al 7 settembre 2012: “dal dopoguerra – così esordisce e successivamente documenta – la terza rivoluzione industriale fondata sull’energia atomica, l’automazione, l’informatica, ha ristrutturato l’intero ciclo produttivo in senso post-fordista e spinto impetuosamente verso la globalizzazione, l’economia consumista e le megalopoli,provocando la più grande espansione demografica e urbana della storia”.

Anche se l’idea dello sfruttamento illimitato delle risorse è il modello di sviluppo oggi considerato normale, occorre tentare di sventare il conseguente ecocidio planetario, come si deve fare con una persona che si sta per suicidare. Impossibile? «Non è perché le cose sono difficili che noi non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili»: questo ci dice Aldo Loris Rossi, citando Seneca. E la sostanza di questa verità ci dice – con tutta la sua vita di dialogo nonviolento -Marco Pannella.

Di fronte alla bomba demografica, che va governata così come va governato il consumo dissennato di terra, acqua, aria, occorre concepire con amore il nuovo possibile. Per questo il Partito Radicale – con i suoi connotati di nonviolenza, transnazionalità e transpartiticità – cerca il dialogo: anche e soprattutto con i “lontani”, come i cinesi tra gli altri. Perché sa come sia un’illusione il chiudersi nelle proprie mura nazionali e pensare di risolvere i problemi nell’egoismo isolazionista. I nazionalismi sono un cancro che uccide, ed è necessario contrapporgli la concezione di istituzioni federaliste, autonome e democratiche, che abbiano come regola etica il rispetto dei Diritti Umani fondamentali consacrati nella Dichiarazione Universale dell’ONU.

Dal transazionale si passerà poi, con una logica conseguente, al locale, ai “casi” Campania, Basilicata, Roma, fatti emergere dalla letteratura e dall’evidenza di compagni radicali che da sempre, in tutti i campi, producono letteratura ed evidenza del dissesto, innanzitutto democratico, che sta avvenendo nei loro paesi, nel nostro Paese.

Il libro di Giuseppe Candido è un altro bel tentativo, che partendo dalla realtà calabrese fornisce elementi di verità e di conoscenza per cambiare rotta in Italia, e non solo.

Rita Bernardini è Segretaria Nazionale di Radicali Italiani, Deputata radicale XVI legislatura (2008-2013), Membro Assemblea dei legislatori del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito


 

La “pillola” di un “ambientalista”

di Paolo Farina e Valerio Federico1

Questo poderoso volume, frutto dell’ammirevole lavoro di Giuseppe Candido, ci lascia spiazzati davanti alla conclamata e quasi scientifica devastazione di un territorio nonché alle cause e ragioni (o S-ragioni) che hanno portato a questa distruzione di un patrimonio naturale, umano e civile.

Quanto accaduto, capace di segnare indelebilmente i territori coinvolti e l’Italia in generale, non può non essere che l’esito dell’azione e della non azione delle maggioranze e delle opposizioni che hanno governato questa parte del Paese. Il prodotto della contemporanea inadempienza dei governanti e dei cosiddetti oppositori. Inadempienti rispetto al patto sociale che le forze politiche stipulano “naturalmente” con i cittadini.

Si tratta davvero, e bene ha fatto Candido a stigmatizzarlo già nel titolo del libro, di una “peste”, che distribuisce i suoi sintomi, i suoi effetti, in modo ramificato e distrugge oltre all’ambiente naturale anche i più diversi aspetti che regolano il diritto alla libertà, alla giustizia e alla conoscenza di una o più comunità umane. Il lavoro serio e scrupoloso, oltreché documentato, di Candido ha il pregio di fornire un contributo tanto scientifico quanto divulgativo. Scritto da un Geologo, ovvero da uno scienziato, e non semplicemente da un pur bravo giornalista d’inchiesta.

Un Geologo, appunto. Nella migliore delle semplificazioni oggi i geologi vengono definiti genericamente “ambientalisti” nel senso più negletto del termine. Spesso, attraverso uno scientifico lavoro di disinformazione e mistificazione, essi vengono privati del loro contributo dal carattere scientifico attribuendogli una fastidiosa etichetta di “ambientalisti” mossi da una sorta di frenesia ideologica. Ascoltando o leggendo i frutti dei loro lavori, si arriva a considerarli come figure di esaltati millenaristi che ci terrorizzano con i loro allarmistici scenari apocalittici di piaghe terribili ed irrimediabili distruzioni.

Questo è il primo effetto della “peste”, che inizia offuscando le coscienze e arriva ai risultati distruttivi quanto imbarazzanti ben descritti nel libro di Candido. Imbarazzanti perché? Non vi è nulla di più evidente e sperimentabile degli eventi naturali quali sono il dissesto idrogeologico di un territorio, inondazioni, terremoti, inquinamento e, non da ultimo, malattie concrete e gravissime che colpiscono la popolazione.

Eppure pervicacemente si prosegue in quest’opera di distruzione, frutto del malaffare, della distribuzione e gestione del potere fine a se stesso, a fini di lucro e in cui sono da sempre coinvolte le maggioranze politiche che amministrano regioni e territori ma anche le stesse minoranze che partecipano al banchetto. Un sistema clientelare partitocratico che non distingue maggioranze e opposizioni e che nutrono la metastasi di questa “peste” a loro esclusivo vantaggio.

La convergenza di interessi di un sistema dove gli insider, nel gioco delle parti di un impotente e apparente confronto, operano da un palcoscenico dove le repliche dello spettacolo si ripetono giorno dopo giorno lasciando inermi gli spettatori, indifferenti i cittadini. Quasi che i rischi di cui scrive Candido non li riguardino. Gli outsider, pochi, si oppongono e propongono, ma lo spazio di tribuna a loro non viene dato, e il palcoscenico, quel palcoscenico non è per loro. Vi sono, appunto, i Geologi come Candido che non si rassegnano allo status quo e si impegnano in lavori preziosi quale il suo libro ne è un esempio.

Dunque, se il conclamato ed evidente prodotto finale di questa “peste” è la devastazione di regioni e territori, nonché gli effetti sull’ambiente, sulla salute dei cittadini, sulla strage di legalità e il depauperamento di quel “contratto sociale” tra politica e cittadinanza, di contratto “naturale” tra politica-legalità-cittadinanza, allora i primi sintomi di questa “peste” si avvertono e si verificano anche per il diritto negato alla conoscenza.

Il “diritto alla conoscenza” è un’estensione delle facoltà di scelta, di controllo e di partecipazione del cittadino nell’amministrazione dello Stato e delle sue articolazioni regionali e locali, è un elemento di democratizzazione della società. Quanti atti pubblici avrebbero dovuto o hanno lasciato traccia di quanto stava avvenendo di quanto esposto da Candido?

E’ urgente attuare in pieno riforme che si ispirino al Freedom of Information Act (FOIA) statunitense per il quale il cittadino può accedere a tutti i documenti della Pubblica Amministrazione senza che debba dimostrare un interesse diretto. La trasparenza e la conseguente possibilità di controllo per il cittadino dell’attività delle pubbliche amministrazioni è il mezzo utile, tra un’elezione e l’altra, per esercitare effettivamente quella sovranità popolare dal basso promossa dalla Costituzione.

La “peste”, dunque, avanza, devasta e distrugge. Eppure potremmo disporre della cura che porterebbe alla guarigione, allo stato di diritto, al ripristino della legalità.

Il libro di Candido ne è, per esempio, una pillola. Utile, preziosa e salutare.

1 Valerio Federico è consigliere di Zona del comune di Milano, tesoriere di Radicali Italiani

 

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L’intelligenza ragionevole del “non mollare”. Partito Radicale a congresso

Pannella: “Sarà di coloro che si assumeranno la responsabilità di farlo loro“.

Il Partito Radicale a congresso per assumersi la responsabilità di rilanciare la battaglia del diritto dei diritti.

La notizia Marco Pannella la da’ assieme ad Alessio Falconio, direttore di radio radicale, con un breve messaggio.

Breve quanto può esserlo un messaggio di Marco Pannella, figlio non della generazione dei 120 caratteri, ma dei 120 e più minuti.

“Il senato del partito radicale riunitosi lo scorso 3 e 4 maggio ha convocato per il prossimo weekend del 23 24 25 maggio l’ottavo congresso italiano del Partito Radicale”

Partito Radicale che, ricordiamolo, è costituito da Radicali Italiani, Associazione Coscioni, Non c’è pace senza giustizia, Nessuno Tocchi Caino e tutte le altre associazioni della galassia radicale.

Pannella
Marco Pannella

 “Riuniti come Senato del partito”– spiega Marco Pannella –   “abbiamo preso unanimi questa decisione che manifestamente aveva un’alternativa ed era quella di chiudere baracca, per sottolineare che la risposta nonviolenta poteva anche essere questa dinnanzi all’affermarsi del carattere – tecnicamente – criminale, da decenni nella durata, del nostro Stato e al fatto che noi riteniamo, invece, che l’alternativa democratica federalista, anche sicuramente liberale, fosse corrispondente a una necessità non di partito, ma del nostro Paese e non solo del nostro Paese.

In questo momento il problema che abbiamo dinnanzi è quello del precipitare, di nuovo, dell’Europa e non solo, ma di gran parte del mondo, esattamente nella situazione tragica degli anni ’30, ’40 e poi ’42, ’43, ’44, ’45, avendo la “ragion di Stato”, come elemento prevalente nell’attuale potere politico, non formale, ma esistente dinnanzi a noi, allora noi giochiamo questa decisione.
Ci riuniamo in congresso italiano, per l’ottava volta, affidando l’avvenire nostro e di tanti altri alla decisione di comunità, di generazioni dei democratici di tanti italianofoni, ma non solo, per rilanciare la grande compassione, una grande generosità, con un grande obiettivo che quello del rientro immediato nella legalità, nel diritto, nell’onore, contro l’infamia, offrendo per questo la prosecuzione del rilancio del Partito Radicale che sarà quello di coloro che assumeranno la responsabilità di farlo loro, magari per un anno, semplicemente sì da garantire a se stessi a tutti che questa storia riesca, adesso, in modo sorprendente, sicuramente anche magari gioioso, quando ci si prepara a vivere un momento della storia non solo italiana ed europea nefasto e letale.

Un congresso ambizioso anche nella tempistica? Gli Chiede Alessi Falconio.

Macché ambizioso: è pazzo; e ci sono delle follie che sono ragionevoli. Non ci sono i tempi materiali per organizzarsi bene, non abbiamo i tempi per far maturare, nelle varie giurisdizioni, la legge, quella la quale il presidente della Repubblica, e da un certo punto di vista con alcuni suoi esempi da sovrano liberale anche il Papa ha indicato con l’abolizione dell’ergastolo e con l’inserimento del reato di tortura, noi sappiamo, siamo certi che la religiosità, la religiosità della libertà, del diritto in tutte le sue varie forme, possa costituire la sorpresa che venga fuori da questa follia. Che è una follia. Dobbiamo organizzare sta roba, clandestini come siamo, morti de fame come siamo e via dicendo, adesso, vediamo. Io questa carta ritengo che costituisca la manifestazione della intelligenza ragionevole del non mollare”.

La Scheda completa con l’audiovideo del messaggio al seguente link

http://www.radioradicale.it/scheda/410428

Trascrizione a cura di Giuseppe Candido

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QUEI RIVOLTOSI DI “NON MOLLARE”


di Filippo Curtosi e Giuseppe Candido

L’acqua distillata è il laicismo, il credo socialista liberale. Il cantiere è la continuità Salveminiana”

“Non ci è concessa la libertà di stampa? Ce la prendiamo”. Da ottant’anni, questo giornale e questo monito sono leggenda.

Marco Pannella ha dato un giudizio assolutamente positivo del congresso dello Sdi . Si vuole fare l’Unità socialista che non è riuscita prima. “Sembra che le cose vanno benissimo dice Pannella rispetto ad un offensiva vetero clericale”.

imageLa Rosa nel Pugno vive nello spirito. Pannella ha una storia socialista .

Il segretario dei giovani socialisti, quarta componente della Rosa dice: “Il progetto laico, liberale, radicale e socialista non muore. Vogliamo un cantiere più grosso. Volevamo farlo prima e non ci siamo riusciti, adesso dicono si può fare”. Noi vi applaudiamo continua Pannella. Questa sera è una sera di festa perché c’è un canto nel congresso dello Sdi della laicità come alternativa ad un sistema politico italiano che possiamo definire come una cosa traditrice e bastarda. Ringraziamo Enrico conclude Pannella, perché l’Unità socialista è un percorso non craxiano ma che si richiama a Zapatero, Blair e Loris Fortuna. L’acqua distillata è il laicismo, il credo socialista liberale. Il cantiere è la continuità Salveminiana” . Cosa significa ciò? Per comprendere questo passaggio bisogna andare indietro nel tempo.

Anno 1925: La pattuglia dei “salveminiani” che comprende Ernesto Rossi, i fratelli Rosselli, Carlo e Nello, Traquandi, da vita ad un giornale: “Non Mollare”.

Il titolo del giornale lo trova Nello Rosselli che, racconterà Salvemini, ha la meglio su chi propone “Il Crepuscolo”.

Ernesto Rossi di cui quest’anno si celebrano i 110 anni dalla nascita, studioso di economia e insegnante nelle scuole statali, mutilato dalla grande guerra, si professa subito “liberista”; i fratelli Rosselli, ebrei,di famiglia ricca; Tramandi di professione faceva il ferroviere. Si trattava di distinti borghesi dalle radici culturali “risorgimentali” che avevano partecipato al conflitto della grande guerra del 15-18.

Erano rivoltosi perché si mettevano contro il fascismo che aveva soppresso la libertà di stampa. “Volete che sparisca la stampa clandestina”? era la parola d’ordine che questo giornale fiorentino diffondeva. “Rispettate la libertà di stampa”. “Non ci è concessa la libertà di stampa? Ce la prendiamo”.

Da ottant’anni, questo giornale e questo monito sono leggenda. Qualunque semplificazione sta stretta, anche se, come ogni storia complessa come quella di cui “Non Mollare” si fece strada per 22 numeri clandestinamente (usciva quando poteva).

Ernesto Rossi aveva il compito di far recapitare il foglio clandestino a gente che si chiamava Camillo Berneri, Umberto Zanotti Bianco attraverso il ferroviere Traquandi.

Il bersaglio preferito era Vittorio Emanuele III, colluso con Mussolini.

La tiratura era di trentamila copie. Un giornale irriverente, di forte denuncia che veniva definito “Bollettino d’informazione durante il regimee fascista”. Simbolo autentico di resistenza al fascismo. Ernesto Rossi divenne cosi nemico giurato di Mussolini e dovette riparare in Francia in seguito al tradimento di un tipografo, Gaetano Salvemini venne arrestato a Roma prima di andare in esilio per oltre venti anni. I fascisti volevano ammazzare i fratelli Rosselli ma non li trovarono. Li avrebbero trovati dodici anni dopo.

Il “ Socialismo liberale” di Rosselli.

Scriveva Aldo Garosci nel 1967:

“L’anno 1937 si apriva sullo scenario europeo di una guerra civile che, a cinque mesi dal suo inizio, di giorno in giorno appariva come il dissidio tra due civiltà: la guerra di Spagna. In molti tra gli esuli antifascisti italiani, avevano fatto la loro scelta di campo, e tutto nell’animo e nella volontà di Carlo Rosselli lo disponeva all’intervento in questa guerra”.

Settant’anni fa venivano uccisi in Francia i due fratelli antifascisti, socialisti e liberali da tempo sotto stretta sorveglianza.

“Il maggior pericolo viene da Rosselli e, a mio modo di vedere, è assolutamente necessario sopprimerlo” cosi si esprimeva nel 1934 il capo della polizia politica che viene riportato nel volume di Mimmoo Franzinelli: “Il delitto Rosselli. 9 giugno 1937. Anatomia di un omicidi politico”.

Attraverso di esso, scrive lo storico Lucio Villari, l’autore ricostruisce la preparazione in Italia e l’esecuzione per mano francese dell’assassinio dei fratelli Rosselli. Nella prima metà del volume si seguono le trame italiane e le complicità francesi della rete dentro la quale cadrà Carlo Rosselli. “Tenga presente – scriveva Michelangelo Di Stefano numero due del capo della polizia Arturo Bocchini – che il movimento più importante, più pericoloso, più attivo è, per ora Giustizia e Libertà. Ho dovuto persuadermi che il Rosselli è, senza dubbio, l’uomo più pericoloso di tutto il fuorisciutismo (nel lingiaggio fascista si preferiva qualificare con un termine dispregiativo “fuorusciti” gli esuli antifascisti).

Egli è un “piccolo Lenin, figlio di papà” ma crede sul serio al suo ruolo rivoluzionario ed è totalmente sprovvisto di quel minimum di misticismo che spinge il rivoluzionario idealista a non imbruttire mai la propria opera. Per Rosselli tutti i mezzi sono buoni”.

I servizi segreti, scrive ancora Villari,” sapevano anche che la posizione di Rosselli era critica nei confronti dell’antifascismo all’estero e delle sue varie componenti: socialiste, comuniste, liberali, repubblicane, anarchiche, cattoliche.

Gli informatori sapevano che la lotta al fascismo condotta da Rosselli, voleva essere, rispetto a queste componenti, più profonda, più incisiva, più strategica. In una lettera, intercettata, di Rosselli al repubblicano Fernando Schiavetti era detto: “Non occorre che spieghi a te che la nostra concezione non ha nulla a che fare con il vecchio massimalismo. Siamo pronti alla lotta concreta e a tutte le concessioni tattiche, purchè resti energicamente perseguito il fine”. La guerra di Spagna, conclude lo storico” metteva alla prova queste idee. Per il regime fascista occorreva dunque agire al più presto.

Chi sapeva, se non le spie e gli intercettatori italiani del fatto che Carlo Rosselli, tornato dalla Spagna con una grave flebite alla gamba doveva curarsi ai primi di Giugno presso le terme di Bagnoles-del’Orme in Normandia?

Chi altri l’avrebbe potuto chiedere ai “cagoulards” di portare a termine l’eliminazione di Rosselli se non i massimi vertici del fascismo internazionale?

Dopo la morte di Rosselli, un altro grande antifascista italiano assunse compiti impegnativi di carattere politico e organizzativo nell’ambito di “ Giustizia e Libertà”: Bruno Trentin, padre dell’ex segretario generale della Cgil. Scrive Hans Werner Tobler:” Dall’esame del contributo teorico- sociale del Trentin negli anni trenta, visto come una delle componenti del quadro politico di “ Giustizia e Libertà”, proprio in confronto alle concezioni politiche di Carlo Rosselli, emerge la vasta gamma di opinioni che caratterizzava questo movimento.

Per quanto, nel loro tentativo di definire una propria posizione politica, sia Trentin sia Rosselli partano dalla polemica con il marxismo e col socialismo e tendono ad una nuova concezione della società, determinata anche in forma decisiva dall’esperienza del fascismo, e per quanto riconoscano entrambi la realizzazione sociale dei postulati liberali di autonomia come un’esigenza centrale, differiscono poi nel loro orientamento politico.

Le idee di Rosselli che, data la sua leaderschip nell’ambito di “Giustizia e Libertà”, vanno intese anche come espressione fondamentale dell’orientamento di questo movimento, vennero elaborate soprattutto in “ Socialismo liberale” apparso nel 1930. Per Rosselli che aveva fatto parte del partito socialista di Matteotti, Socialismo liberale aveva il significato di un distacco dal socialismo italiano tradizionale e soprattutto dal rifiuto della sua base marxista. Nella prassi politica, Socialismo liberale significava una svolta in direzione della pratica politica della socialdemocrazia europea occidentale e soprattutto inglese.

Socialismo liberale va inteso come critica fondamentale del marxismo.

“Oggi sono in causa” scrive Rosselli nella prefazione, “Le basi fondamentali della dottrina e non più soltanto della sua applicazione pratica. E’ la filosofia, è la morale, è la stessa concezione della politica marxista che non basta più a soddisfarci e ci spinge verso altre sponde, verso orizzonti più vasti”.

Influenzato dall’interpretazione di don Benedetto Croce del marxismo, Rosselli respinge soprattutto la base materialista e l’interpretazione deterministica del processo di sviluppo storico del marxismo. Rosselli critica con Croce “L’assurdo relativismo morale professato dai socialisti”, sente nel marxismo la mancanza delle “integrazioni etiche e sentimentali”, lo trova privo di “giudizi morali, entusiasmo e fede”.

Rosselli interpreta il marxismo in quanto determinismo dogmaticamente cristallizzato, non come una teoria che riesca a ispirare l’attività politica pratica, ma che, al contrario, in determinate circostanze storiche( come al tempo della presa del potere del fascismo) addirittura la paralizza. Marxismo e socialismo non gli appaiono pertanto identici, ma anzi il marxismo può rivelarsi un impedimento per il socialismo. Bisogna dunque- secondo Rosselli – liberare il socialismo dalla sua incrostazione dogmatica- marxista.

La critica del marxismo di Rosselli non è tanto una critica del marxismo genuino quale risulta dalle opere di Marx ed Engels, quanto piuttosto una polemica con la concezione del socialismo e della sua realizzazione adottata dai marxisti italiani. Socialismo non significa più per Rosselli essenzialmente una struttura socialista di produzione. Il socialismo si rivela nel concetto di Rosselli piuttosto un ideale:” Il socialismo non è né la socializzazione, né il proletariato al potere, e neppure l’uguaglianza materiale(…) Il socialismo, più che uno stato esteriore da raggiungere, è per l’individuo, la realizzazione di un programma di vita…Rosselli arriva alla sintesi di socialismo e liberalismo nel suo Socialismo liberale interpretando il nuovo socialismo come l’autentico proseguimento del liberalismo idealista ch’egli contrappone al liberalismo borghese del suo tempo, ridotto a liberalismo economico. Per “Socialismo liberale” intende quindi “una teoria politica che, partendo dal postulato della libertà dello spirito umano, afferma la libertà suo fine supremo, suo mezzo supremo, regola suprema della convivenza umana”.

In definitiva la concezione di Rosselli di un socialismo liberale corrisponde ad una politica di integrazione dell’individuo nello stato di tipo democratico occidentale, basata sui principi del liberalismo politico.

La libertà personale dell’individuo deve essere integrata da una politica di giustizia sociale fino alla compenetrazione dei postulati di socialismo e liberalismo, “giustizia e libertà”.

Quello di cui oggi l’Italia ha bisogno. Per ritornare al congresso dello Sdi possiamo dire che è rinato il Psi ed è nelle cose che Marco Pannella avrà una delle prime tessere, quella che Bettino Craxi gli ha sempre rifiutato. Il 12 maggio a Piazza Navona c’è una festa: “Rosa nel Pugno Pride”. Roma è aperta ai nuovi Garibaldi, ai nuovi laici, liberali, socialisti e radicali.

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