Il giudice, politico e alto magistrato è intervenuto, in occasione del 70° della Liberazione ad un convegno organizzato da un’associazione di docenti ha lanciato un vero e proprio appello a Matterella contro la riforma della scuola proposta da Renzi. Di seguito ripubblichiamo quelle parole, trascritte da qualche volontario e che rappresentano un vero e proprio manifesto di resistenza e difesa della scuola pubblica statale. E noi le condividiamo.
Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti. È con questo titolo che lo scorso 27 marzo è stato depositato alla Camera (A.C.2994) il progetto di legge di riforma della scuola (140 pagine). Il provvedimento reca le firme del Ministro dell’Istruzione Giannini, di quello della semplificazione e della pubblica amministrazione Madia e quella del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Padoan. Assieme, il 1° di aprile quasi come fosse una burla, è stata presentata pure una scheda di lettura di altre 167 pagine. Dopo aver distratto per due mesi con il documento la Buona Scuola messo in consultazioni, e dopo aver presentato in 22 pagine i 24 articoli i primi di marzo, adesso è spuntato fuori, come un pesce d’aprile, appunto, il disegno di legge vero e proprio. E il tutto deve essere discusso e approvato entro il mese di maggio, dicono dalle stesse fonti governative, se si vuole garantire le assunzioni dei precari a settembre. Di fretta.
Dalla metà del mese di settembre 2014 il Governo sta promuovendo il progetto #labuonascuola, utilizzando tutte le principali tecniche di marketing oggi sul mercato. Tuttavia, come sanno perfettamente tutti gli esperti del settore, se il prodotto non ha sostanza non c’è pubblicità che tenga.
In effetti due lunghi mesi di consultazione virtuale sul sito del MIUR, conferenze di servizio coatte, dibattiti semi-deserti hanno portato ad altri due mesi nei quali il mondo della scuola, e l’opinione pubblica, hanno assistito attoniti ad una serie di tentativi di rielaborazione dei risultati, nella migliore delle ipotesi, fallimentari.Continua la lettura di #LaBuonaScuola, e la vecchia concezione aziendale dell’istruzione →
Il Mediterraneo continua a restituire corpi. Corpi di uomini, donne, ragazzi bambini morti annegati o assiderati.
È una tragedia in corso che non può essere attribuita al solo cinismo di coloro che fanno imbarcare vite umane nonostante il freddo invernale e le condizioni proibitive del mare. La banalità del male, dice qualcuno, bussa oggi alla porta Sud del Mediterraneo.
Ma alle stragi di migranti si risponde con la paura dell’altro, con la minaccia dell’Isis.
Non si discute – come ha ricordato Emma Bonino a Ballarò- delle lotte tra shiti e sunniti che agitano quel mondo che sta alle nostre porte e si banalizzano le lotte intestine, ancor più violenti tragiche, tra sunniti e sunniti! Lotte e violenze dalle quali fuggono donne, uomini e bambini.
Ma quella in corso nel Mediterraneo è tragedia che non può essere attribuita al solo cinismo di chi li fa imbarcare nonostante il gelo invernale e le proibitive condizioni del mare. Nel mare nostro si muore.
Dopo il naufragio ennesimo del 3 ottobre 2013, il governo italiano aveva avviato l’operazione “Mare Nostrum” che era riuscita a salvare, attraverso il pattugliamento, 170.000 persone migranti.
Oggi però non si pattuglia più, non si ricerca. Con l’operazione Triton si sorvegliano le frontiere e, casomai qualche gommone sbatte sulla chiglia di una nave li soccorriamo con Salvini che, dai Tg, strilla: “fuori i clandestini con gli scafisti“.
Per questo alcuni cittadini e alcune associazioni hanno lanciato un petizione online su una famosa piattaforma per chiedere al Governo italiano e al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, di riattivare Mare Nostrum e fare pressione sull’Unione Europea per la condivisione di questa responsabilità che riguarda le frontiere comuni dell’Unione.
Io l’ho firmata (la petizione) e mi auguro che Renzi provveda senza timore di perdere voti con Salvini. Perché si tratta di vite umane, di donne, bambini e uomini che fuggono le miserie del mondo.
Riceviamo e pubblichiamo la:
Lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi
Disponibile al link:
http://www.ordinegeologicalabria.it/schede.php?id=1854
Pregiatissimo Presidente del Consiglio dei Ministri,
scriviamo proprio nel momento in cui, purtroppo, nel trevigiano si contano le vittime e i danni provocati dall’ennesimo evento di dissesto idrogeologico. Quest’ultimo evento disastroso testimonia, per l’ennesima volta, come non sia proprio più possibile continuare ad affrontare il rischio idrogeologico nel nostro Paese senza una politica che preveda una seria programmazione per la messa in sicurezza del territorio.
I rischi geologici, com’è noto, interessano in maniera profonda anche il territorio calabrese.
Dagli organi di stampa apprendiamo che nei prossimi giorni la S.V. sarà in visita in Calabria e, probabilmente, avrà modo di constatare personalmente quanto sia esposto il territorio regionale rispetto al rischio idrogeologico, e rendersi conto come la difesa del suolo rappresenti una priorità dalla quale non si possa prescindere per lo sviluppo di questa regione.
In Calabria, nel novembre 2010, veniva siglato dalla Regione Calabria e dal Ministero dell’Ambiente un accordo di programma finalizzato a fronteggiare il rischio idrogeologico, mediante la realizzazione di interventi urgenti di mitigazione, per un importo complessivo di 220 milioni di euro, cofinanziato per il 50% dalla stessa Regione Calabria, che prevedeva la realizzazione di 185 interventi.
Attualmente, a distanza di quasi quattro anni dalla stipula dell’accordo, pochissimi interventi tra quelli programmati risultano in corso di esecuzione, nonostante lo stesso accordo di programma, considerata la particolare urgenza connessa alla necessità di intervenire nelle situazioni a più elevato rischio idrogeologico, avesse previsto l’istituzione di una Struttura commissariale autonoma (DPCM 21/1/2011) avente lo scopo di accelerarne le procedure per la loro realizzazione.
L’attuazione degli interventi, invece, risulta in fortissimo ritardo: pochissime attività sono state avviate in concreto, mentre il territorio calabrese, ad ogni evento piovoso intenso, continua a “rompersi a pezzi”, esponendo a serio rischio gli abitanti. Ciò rappresenta una condizione inaccettabile che segna pesantemente la nostra regione non soltanto in termini ambientali, ma anche in termini di impatto economico, sociale e, naturalmente, di salvaguardia della vita umana.
Si auspicava nella celere attuazione delle attività previste dall’accordo di programma, che, oltre a rappresentare la continuazione della politica di “sicurezza geologica” iniziata con gli interventi di mitigazione previsti dal Piano di difesa del suolo (Ia Fase) predisposti dalla Regione Calabria, avrebbero anche rappresentato una possibilità di rilancio dell’economia locale con ricadute occupazionali non trascurabili per i lavoratori del settore.
Il recente DL “Ambiente” n. 91/2014, al fine di snellire le procedure e considerata la necessità immediata di mitigare il rischio idrogeologico, all’art.10 stabilisce che i Presidenti delle Regioni subentrano ai Commissari straordinari delegati per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, individuati negli Accordi di programma. Lo stesso DL 91/14 stabilisce che i Presidenti delle Regioni inviano un’informativa al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) relativa all’allocazione dei finanziamenti già trasferiti alla gestione commissariale con riferimento agli interventi immediatamente cantierabili, assieme allo stato di avanzamento delle attività.
Tuttavia in Calabria, com’è noto, il Presidente della Regione è dimissionario da qualche mese e sembrerebbe che da qualche giorno sia stato nominato un nuovo Commissario come delegato per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico: auspichiamo che il nuovo Commissario riesca ad accelerare i lavori per la messa in sicurezza del territorio, scongiurando il rischio di far perdere i finanziamenti previsti.
Siamo consapevoli che le somme destinate dall’Accordo di programma, per quanto importanti, non possano risolvere tutte le criticità geologiche presenti sul nostro territorio, che è notorio sono di ben altra entità e complessità.
Pregiatissimo Presidente, proprio a causa del quadro generale delle criticità idrogeologiche presenti in Calabria, chiediamo che si provveda in tempi rapidi a pianificare maggiori investimenti nella prevenzione rispetto al rischio idrogeologico: il ripristino delle condizioni di sicurezza di numerosi centri abitati, oltre a salvaguardare la vita umana, contribuisce sicuramente anche al rilancio economico, occupazionale e sociale del territorio calabrese.
Certi di un positivo riscontro, porgiamo Distinti saluti.
Interessante intervista di Silvia Truzzi (@silviatruzzi1) al costituzionalista Alessandro Pace pubblicata oggi, 10 luglio, su il Fatto Quotidiano. Bersani nei giorni scorsi aveva preso pubblicamente le distanze dall’impostazione data da Renzi alle riforme con l’italicum e la riforma del Senato:
“L’italicum va modificato, lo capisce anche un bambino. … Le democrazie che funzionano non sono quelle padronali. … Un capo, chiuso in una stanza nomina i deputati dell’unica camera elettiva e i consiglieri regionali indirettamente. Attraverso il premio di maggioranza nomina il presidente della Repubblica, i membri della corte costituzionale, il CSM. … Vogliamo scherzare?”,
aveva detto l’ex segretario PD.
Ora pure i prof di diritto cercano di spiegare al “piccolo balilla” che dalla sua riforma del Senato combinata con la legge elettorale italicum risulta un disposto che ci avvia a una democrazia lontana da quelle liberali. Per il costituzionalista Alessandro Pace,
Questa concentrazione di potere in capo a un solo organo e a una sola coalizione (per non dire a un solo partito e al suo leader) è impensabile in una democrazia liberale.
Ma andiamo con ordine. Secondo il docente emerito di diritto costituzionale alla Sapienza, a RenI “è ben chiara l’idea di concentrare i poteri nella Camera dei deputati e, in definitiva, nella coalizione di maggioranza“.
“L’Italicum, con l’abnorme premio di maggioranza, riproduce nella sostanza il porcellum bocciato dalla Consulta. L’altro aspetto, unanimemente criticato, riguarda la disparità di trattamento dei partiti rispetto alle coalizioni, che si risolve di fatto nell’impedimento alla partecipazione alle elezioni dei partiti che non raggiungano l’8%. Non solo: la trasformazione dei voti in seggi non si produce nelle circoscrizioni dove si vota, ma nell’ufficio centrale circoscrizionale, per cui sarà un diverso candidato a beneficiare di quel voto. Detto ciò, se analizziamo il ddl Renzi-Boschi alla luce dell’Italicum, che garantisce il premio di maggioranza (pari a 340 deputati) a una coalizione ancorché assai lontana da quel traguardo, ci avvediamo della gravità delle conseguenze.
(…) non sarebbe affatto difficile, per la coalizione di governo, riuscire a eleggere tutti i cinque giudici costituzionali, date le maggioranze politiche attualmente esistenti nei consigli regionali. Infatti l’articolo 31 del ddl Renzi-Boschi (diversamente dall’attuale articolo 135 della costituzione) non prevede esplicitamente che i giudici costituzionali debbano essere eletti dal Parlamento in seduta comune. Per cui, … Basterebbe la maggioranza relativa per la loro condizione sia alla camera (tre giudici) sia al Senato (due giudici).”
E quando la giornalista chiede qual è il disegno di Matteo Renzi, il docente intervistato non ha dubbi:
il disegno iniziale portato avanti da Renzi-da un lato una camera dei deputati al centro del sistema dominata dalla coalizione di governo grazie all’italico, dall’altro in Senato non eletto dal popolo, i cui componenti sarebbero sindaci e consiglieri regionali part-time-ha trovato qualche ostacolo in commissione.
Aggiungendo che,
il ddl Renzi – Boschi viola un principio basilare dello Stato di diritto secondo il quale le leggi le fanno i rappresentanti diretti del popolo e non delle persone elette ad altri incarichi che fanno i senatori part-time. Né l’elezione indiretta da parte dei Consigli regionali risolve il problema. Ma c’è dell’altro …
Cioè?, chiede la giornalista …
il secondo comma del primo articolo della Carta dice che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione. Ne discende che i poteri pubblici sono sempre essenzialmente limitati. Diminuire radicalmente le funzioni del Senato oltre a eliminarne l’eleggibilità significa che il Senato non potrà più svolgere il suo ruolo di contropotere della camera. E ciò urta contro un’auto principio fondamentale, proprio delle democrazie pluraliste, la necessità dei contropoteri. Una siffatta concentrazione di poteri in capo a un solo organo è una sola coalizione (per non dire in capo ad un solo partito e al suo leader cosa parentesi e impensabile in una democrazia liberale. Lo affermò esplicitamente lo stesso presidente Napolitano nel suo bellissimo discorso per il 60º anniversario della Costituzione, allorché prese le distanze dal semipresidenzialismo francese, di cui lamentava l’assenza di contropoteri. Ebbene una delle caratteristiche di quel sistema e il criticatissimo “voto bloccato”, che -guarda caso!- è stato previsto, ciò nondimeno, nel ddl Renzi-Boschi.
Poi la giornalista domanda al docente emerito di Diritto costituzionale cosa pensa della proposta di innalzare la soglia minima delle firme necessarie per la legge d’iniziativa popolare da 50mila a 250mila. Alessandro Pace su questo è altrettanto drastico:
È sbagliata. Si giustifica tale restrizione sostenendo che verrebbero garantiti a tali proposte di legge, “tempi, forme e… Limiti”. Michele è uno specchietto per le allodole, in quanto serve nel frattempo al nonno agevolare(come dovrebbe) ma a limitare l’iniziativa legislativa popolare, violando così, ulteriormente, l’articolo uno della costituzione che proclama la sovranità popolare.
La giornalista chiede: “Ma se questa cosa l’avesse fatta Berlusconi?
Saremmo tutti quanti salutati per aria. Renzi ragiona come se le maggioranze siano destinate a rimanere invariate per l’eternità. Ma sbaglia, questo non lo può non sapere.
Non è più tollerabile che sia a rappresentare il governo italiano, oggi, proprio coloro che sono mobilitati contro la CEDU
La riunione è stata convocata dai Radicali, proprio il 28 maggio quando è scaduto l’ultimatum della Corte europea dei Diritti dell’Uomo sulla sentenza Torregiani, per discutere se “sollecitare le dimissioni da Presidente del Consiglio il grande Renzi”.
Per Marco Pannella che aveva preannunciato la riunione alle 10 e 30 dai microfoni di Radio Radicali, il motivo è molto semplice:
Abbiamo, adesso, un Presidente del Consiglio italiano che rappresenta ufficialmente una posizione anti CEDU, perché la CEDU ci ha indicato termini ma anche obiettivi precisi e, soprattutto, anti Presidente della Repubblicae i suoi atti formali come grande magistrato, il più alto magistrato della Repubblica italiana in termini di diritto. Credo che dovremo svolgere -aveva aggiunto Pannella- anche i motivi formali per i quali non è più tollerabile che sia a rappresentare il governo italiano, oggi, proprio coloro che sono mobilitati contro la CEDU e contro le posizioni e le statuizioni del nostro presidente della Repubblica
In realtà, poi, quello che viene realmente discusso è se chiamare in causa Presidente del Consiglio e Ministro della Giustizia (anche precedenti) per danno erariale provocato dalle continue omissioni e non azioni, relativamente all’altro aspetto delle violazioni dei diritti umani per cui l’Italia è pluri condannata: l’eccessiva lentezza dei processi e la conseguente (e ormai anche questa sistemica) violazione del diritto ad avere un processo in tempi ragionevoli.
I risarcimenti ottenuti dai cittadini italiani negli anni, in virtù della ex legge Pinto (Legge 24.03.2001 n° 89) per l’eccessiva durata dei processi prevedendo norme per l’adeguata riparazione economica da parte dello Stato che non è in grado di garantire una giustizia tempestiva.
La legge dice chiaramente, all’articolo 1, che ”
chi ha subìto un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione, ha diritto ad una equa riparazione
Eque riparazioni che, annualmente, costano ai cittadini italiani la bellezza di 500 milioni di euro.
Dopo l’annuncio, nel pomeriggio, poi, durante la riunione al Partito Radicale sull’eventuale richiesta di dimissioni da presidente del consiglio Renzi, l’avvocato Deborah Cianfanelli della Direzione Nazionale spiega il perché, secondo il suo parere, questa iniziativa sia estremamente importante (intervista andata in onda su Radio Radicale nella serata alle 21) e, per farlo, cita la risposta ottenuta alla richiesta di uno specifico parere, dal Procuratore capo della Sez. Regionale Lazio della Procura generale della Corte dei Conti del Lazio, Raffaele De Dominicis: i danni erariali causati da comportamenti di malagiustizia saranno oggetti di attenta valutazione e potranno determinare l’apertura di un’inchiesta giudiziaria.
“Innanzitutto -spiega Cianfanelli anche in risposta a chi obietta la comprensibilità da parte dei cittadini dell’iniziativa che, in pratica, vuol citare Renzi e il governo per il danno erariale arrecato alle casse dello Stato- quest’iniziativa non vedo perché non dovrebbe essere comprensibile dalla maggior parte dei cittadini. Non sottovalutiamoli. Le cose basta spiegarle nel modo più chiaro possibile e in termini meno tecnici e giuridichesi. Il danno erariale non è altro che un danno che viene causato all’economia nazionale, e quindi riguarda tutta la collettività. Non è che dobbiamo considerare i cittadini italiani come li considerano gli altri partiti ossia degli stupidi cui gli diamo € 80 in busta paga di elemosina e si scorgono tutto e tutti gli altri problemi.
Stiamo parlando di danni economici enormi. Quindi, si spieghiamo alle persone che vogliamo denunciare i responsabili dello Stato, a partire, appunto, dal presidente del consiglio al ministro della giustizia, ai ministri della giustizia anche precedenti e ai presidenti del consiglio precedenti, e chiunque per la sua competenza di partecipazione alla reiterazione costante di recidiva di questi comportamenti che hanno portato l’Italia ad essere il paese più condannato in Europa con la Turchia e la Serbia per quanto riguarda le carceri. Non vedo perché non dovrebbero comprendere che gli vengono offerti € 80 come elemosina mentre gli vengono rubati miliardi, in quanto, come abbiamo avuto modo di evidenziare già nel 2007, la commissione tecnica per la finanza pubblica indicava in 500 milioni di euro all’anno il rischio economico dello Stato per le future e probabili condanne ex legge Pinto.
Quindi questa stima di 500 milioni di euro annui che è già superata di per sé dai calcoli fatti dalla Banca d’Italia che ne stima il danno economico di questi risarcimenti nella misura dell’1% del Pil; non vedo per quale motivo i cittadini non dovrebbero immediatamente recepirla nella sua gravità. E questi erano dati che già venivano diffusi nel 2007. Dopodiché sappiamo che hanno chiuso la possibilità di accedere a questi dati e sappiamo che queste future e probabili condanne così definiti allora sono stato altro che probabili. Sono attuali e a questi si vanno a sommare anche tutti i procedimenti conseguenti risarcimenti sulla situazione delle carceri. Quindi, quello che c’è da spiegare i cittadini per rendere comprensibile e ritengo molto popolare quest’iniziativa è proprio che questo danno va ad influire sull’economia di tutti.
È uno dei motivi per cui l’economia dell’Italia non può rilanciarsi.
In riferimento alla coesione del partito, chi ritiene che prima di fare una qualunque iniziativa sarebbe necessario di dare coesione al partito io dico che ritengo che proprio su quest’iniziativa potrà essere ritrovata la coesione del partito perché può riunire la collaborazione dei due fronti. Stiamo discutendo e perdendo energie, ribadisco, da troppo tempo e da troppi anni su chi, come me, è più propenso a vedere come la battaglia, come lotta principale, quella della giustizia, probabilmente anche perché per mie competenze personali sono più portata ad affrontare un’analisi che uno studio su questi settori e altri che, per loro competenze e preparazioni, sono più propensi e portati ad analizzare la situazione del nostro paese, dello specifico del nostro paese, da un punto di vista più strettamente economico. Io non ho mai denigrato queste battaglie. Posso dire che magari posso parteciparvi più a traino. Non posso essere io motrice di queste però l’apporto anche per la stesura di questo esposto che mi accingo a. Predisporre e che limiterò al più presto a disposizione sia importante l’apporto anche di chi ha maggiori competenze dal punto di vista dell’economia. Perché questa racchiude veramente tutto e della dimostrazione di come la mala giustizia interagisca, preferisca e causi un danno economico e può essere analizzato anche da un punto di vista di esperti più economici e giuridici. Quindi ritengo che possa essere anche e proprio questa la lotta che possa ridare commissioni al partito.
Volevo rileggere per rendere ridotti anche i partecipanti a questa riunione allargata e magari non hanno sentito, non hanno vinto ancora questa notizia in merito all’esposto alla procura generale della corte dei conti. Sia io che Marco abbiamo scritto e preso contatti con Angelo Raffaele de Dominicis e il procuratore capo della sezione regionale Lazio presso la corte dei conti e illustrato, personalmente gli ho mandato una sintesi più sintesi che potessi, l’idea dell’esposto che intendiamo fare. E ha risposto oggi. Io gli ho riscritto chiedendo di poter divulgare e rendere pubbliche queste sue parole che ritengo molto importanti e che vorrei rileggere. Non ho ancora avuto una sua autorizzazione a prenderli ovviamente per la stampa però nella nostra riunione penso che sia necessario.>>
Rita Bernardini a questo punto la interrompe dicendole che la riunione allargata e anche in diretta da RadioRadicale.
<< E allora per il momento magari evito. Però diciamo che alla richiesta di un parere ha fatto sapere che non ritiene fondato e che potrebbe quindi aprirsi un’inchiesta giudiziaria in questo senso. Abbiamo una forte possibilità di poter far scoppiare finalmente questo grandissimo scandolo. Non so se è l’ultima, magari ce ne inventeremo tutti quanti insieme anche delle altre. Cronologicamente è l’ultima idea. Personalmente mi è venuto questo flash>>
A questo punto interviene Pannella per dare a Deborah Chan fanelli un’importante informazione: << il comunicato -dice Pannella- che tu per il momento ritenevi opportuno non leggere in realtà attraverso RadioRadicale e stato letteralmente reso pubblico e di conseguenza vorrei invitarti visto che questo è accaduto visto che sono poche righe di grande chiarezza se mai di ripeterle. Credo che non sia solo opportuno ma anche corretto.>>
L’avvocato Debora Cianfanelli allora legge la mail ricevuta da De Dominicis in richiesta di un parere:
<<I motivi che anticipano il contenuto dell’esposto per danno erariale causato da comportamenti di malagiustizia saranno oggetti di attenta valutazione e potranno determinare l’apertura di un’inchiesta giudiziaria. L’onorevole Marco Pannella mi ha trasmesso un voluminoso dossier che tratta la stessa materia. Spero di poter agire nell’interesse della giustizia e del nostro non molto fortunato paese. Molti Cordiali saluti, Raffele de Dominicis>>.
Poi l’avvocato Cinfanelli si rivolge a Marco:
<<Il dossier che marco ha allegato, non so bene se si tratti di quello sulla giustizia o quello sulle carceri che è stato inviato a Strasburgo …>>
E Pannella interrompendola le dice: <<Tutti e due. Per non sbagliare…>>.
Debora Cianfanelli, allora prosegue:
<< Perfetto, perché saranno le sintesi di entrambi questi dossier che formeranno le basi di questo esposto. Tutti i dati che sono lì contenuti dimostrano la flagranza criminale del nostro Stato, la reiterazione e il menefreghismo di tutti i massimi vertici che andremo a citare, di fronte a tutti gli auspici, gli interventi, gli inviti più o meno formali provenienti dalle giurisdizioni internazionali, dalle giurisdizioni nazionali e dallo stesso presidente della Repubblica. Ritengo che non ci sia da aver timore di stuzzicare un conflitto tra le istituzioni dello Stato, ma che questo sia proprio il momento in cui un conflitto tra queste istituzioni vada sollecitato proprio per far tornare queste istituzioni, che sono ormai sono soltanto istituzioni criminali, e lo dico anche in diretta radio radicale, perché hanno causato e stanno causando con questi malfunzionamenti, con il menefreghismo, con il mancato rispetto della legalità, della giustizia, del diritto del nostro Paese che è sempre stato la culla della diritto da Beccaria in poi.
E il caso Italia è collegato a questo. Quindi io la ritengo -proprio questa idea- riassuntiva, il concentrato di Ianni delle nostre lotte e di quelle future. Un estremo tentativo di urlare la necessità di riportare le istituzioni, tutte quante, nella legalità, nel rispetto della legalità. Pertanto se è per arrivare questo, a provocare uno scontro tra queste istituzioni, ben venga! E quindi penso che non dovremmo avere nessun timore di affrontare questo che può essere coesivo per il partito >>
Per Giuseppe Di Leo, giornalista vaticanista di Radio Radicale, prima ancora dei “conflitti istituzionali tra i poteri, in politica c’è un momento che precede questo potenziale conflitto istituzionale di poteri. Ed è il conflitto di concezioni sul Potere”.
Per il vaticanista radicale, la proposta di Marco Pannella di chiedere le dimissioni di Renzi e di denunciare il danno erariale arrecato per le non azioni e le omissioni del governo e dei governi precedenti, “si incunea in una ferita molto aperta e ancora sanguinante, perché” – spiega ancora Di Leo – “quando lui (Marco Pannella, ndr) chiede le dimissioni al recentissimo trionfatore – almeno secondo i dati apparenti – … non è riducibile, a mio modo di vedere, soltanto al fatto di lasciare una poltrona, quanto piuttosto – ed è qua il significato dirimente lancinante della denuncia di Marco – quanto la disponibilità a dismettere quella visione della politica che tradisce la stessa formazione di Renzi. Perché nell’analisi di queste ultime quarantotto ore del successo di Renzi mi hanno colpito quelle tre, quattro analisi fatte da esponenti che provengono da storiche culture politiche del ‘Novecento. Ieri è uscita – prosegue Di Leo – un’analisi di Cirino Pomicino (sul Foglio, ndr) il quale ha detto che il giovane Renzi deve dimostrare di essere erede della cultura politica di (Giorgio, ndr) La Pira e di Giuseppe Lazzati“.
Lasciando perdere per un momento La Pira, Giuseppe Di Leo si sofferma a notare che Lazzati è lo storico Rettore della Università Cattolica che Marco (Pannella, ndr) conosce bene e di cui è avviato anche il processo di beatificazione e che al suo 75° compleanno i suoi allievi hanno scritto un volume in onore di; trent’anni fa:Paradoxa Politeia, il modo paradossale della Politica. Un volume in cui, per Di Leo,
<< Si mette in sintesi il punto di vista di Lazzati che era uno studioso di Sant’Agostino, della Patristica (la filosofia degli antichi patres, ndr) del pensiero politico della tarda latinità e in cui si dice: la crisi dei sitemi politici deriva nel momento in cui, come insegnava Agostino d’Ippona, i regimi politici non rispettano la legge che si sono dati e diventano “magna latrocinia”. Questa è l’espressione di Sant’Agostino>>.
Poi Di Leo conclude il suo intervento dicendo che:
“Lo sforzo del partito più anziano del panorama politico italiano non sia tanto quello di occuparsi della teoria dell’organizzazione, perché allora ci limiteremmo soltanto a una visione di conflitto di poteri. Che di per sé può essere utile, ma secondo me in questo momento può essere anche solo riduttivo, quanto alla teoria del fatto. E cioè, sfidare Renzi a riscoprire la propria cultura politica”.
Testo a cura di Giuseppe Candido.
A questo link, le opinioni di alcuni costituzionalisti intervistai da Radio Radicale
Trascrizione del testo e sintesi a cura di Giuseppe Candido (*)
Si è svolta a Salerno, lo scorso sedici maggio l’assemblea dei delegati nazionali della Gilda degli insegnanti.
Assemblea nazionale NO STOP, è il titolo dato alla tre giorni di dibattito e di critiche verso le recenti scelte del governo.
Rino Di Meglio, coordinatore nazionale del sindacato dei docenti e dei lavoratori del comparto scuola “Federazione Gilda-Unams“, ha chiaramente denunciato il cambiamento di rotta del governo di Matteo Renzi intenzionato ad azzerare le relazioni sindacali.
“..La situazione dei rapporti sindacali con il ministero, – ha spiegato Di Meglio – siamo difronte a un grande cambiamento sia da parte del governo in generale, sia da parte della politica all’interno del ministero dell’istruzione. Qual’è il cambiamento? Il nuovo governo ha annunciato e attuato la fine della concertazione sindacale. E questo sta succedendo un po’ da per tutto (nei diversi comparti, ndr). … Non c’è più convocazione pubblica delle parti sociali da parte del ministro“.
Poi Di Meglio ha parlato del suo recente incontro, in qualità di rappresentante della Confederazione, col ministro della funzione pubblica, Madia:
Un incontro informale in cui ci siamo presentati, abbiamo scambiato le nostre idee. …
Il coordinatore Rino di Meglio spiega ai delegati di aver proposto al ministro della funzione pubblica una “rivoluzione della prevista riorganizzazione dei comparti del pubblico impiego. In pratica, la proposta della Gilda, oggi trasposta anche a livello di confederazione rappresentativa nei vari comparti del pubblico impiego, è quella dell’istituzione di un comparto unico della docenza in cui far confluire tutti i docenti di ogni ordine e grado:
“Siccome c’è in ballo … la riduzione dei comparti del pubblico impiego voluto da Brunetta” – spiega ancora Di Meglio – “ne ho approfittato anche a livello di confederazione e ho detto al ministro: visto che dovete fare solo quattro comparti, è l’occasione buona per una rivoluzione vera e logica. E cioè: fate un comparto dove stanno quelli che insegnano nella scuola, nell’Università, negli altri enti (di formazione, ndr); un comparto dei “tecnici” dove ci mettete dentro i tecnici delle varie amministrazioni e un comparto per gli impiegati (oltre a quello della sanità, ndr). Cioè, visto che bisogna fare questa riduzione, invece di farla in base al luogo dove uno lavora, fatela in base alle funzioni che uno esercita”.
Poi Di Meglio ricorda come, ogni volta che qualche governo si è mostrato favorevole alla proposta di un contratto specifico per gli insegnanti (che la Gilda in realtà propone come federazione di comparto da molti anni), poi le cose sono andate diversamente. Questa proposta, ribadisce Rino Di Meglio, sarà sostenuta anche a livello di confederazione, fino all’ultimo e, ha aggiunto:
“Vi garantisco che anche a livello di confederazione non firmerò nessun accordo che sia diverso da questa proposta che ci porti a ottenere il comparto della docenza”.
Poi, durante il corso della tre giorni, si è parlato di precariato, politiche sindacali, recupero degli scatti del 2012 e persino delle politiche sinora attuate per gli alunni con bisogni educativi specifici (BES).
(*) Giuseppe Candido è dirigente provinciale Gilda insegnati Catanzaro, Fed. Gilda Unams-Calabria
Beppe Grillo, in conferenza stampa alla camera il 15 aprile scorso, partendo dall’abolizione di equitalia, ha fatto un’analisi sull’informazione coincidente – per molti versi – con quella da anni fatta da Marco Pannella che, proprio per documentare tutto ciò, ha addirittura creato – nell’ambito della galassia di associazioni radicali – il “Centro di Ascolto per l’informazione radiotelevisiva” diretto da Gianni Betto. Quando Grillo parla di democrazia in pericolo e di libertà della menzogna che in questo Paese vige “grazie ad una stampa” che, testualmente, definisce “di regime”, non ha tutti i torti e non c’è differenza con quella “esagerata” e “pannelliana” che da anni è l’analisi dei radicali.
“Se siamo ridotti ad essere al 70° posto nelle classifiche mondiali per la libertà di stampa, una parte della colpa ve la dovete assumente anche voi“, tuona Grillo ai giornalisti.
Non sarà un casose, per l’attento Massimo Bordin, il 16 di aprile, la prima pagina di Stampa e Regime, la rassegna stampa che da anni conduce da radio radicale, la faccia l’articolo Dispar-Condicio sulla rubrica Ri-Mediamo curata per Il Manifesto da Vincenzo Vita, senatore del PD, giornalista e già sottosegretario presso il ministero della comunicazione. Ve lo riportiamo di seguito, integralmente.
Dispar Condicio di Vincenzo Vita
(pubblicato nella rubrica RI-MEDIAMO de Il Manifesto del 16 aprile 2014)
Dura lex, sed lex. Almeno, dovrebbe. Sempre per usare il latino, il monito dovrebbe valere anche per la “par condicio”. Vale a dire il rispetto delle pari opportunità tra i diversi soggetti nelle presenze radiotelevisive, soprattutto in campagna elettorale. Ora che si avvicinano scadenze delicate come il voto europeo e quello amministrativo, lanciare un grido di allarme è doveroso. “É tutto sbagliato, è tutto da rifare”, diceva il compianto Gino Bartali. Appunto.
Partiamo dalla esagerata esposizione del presidente del consiglio che, come emerge dall’accurato monitoraggio svolto dal Centro d’Ascolto dell’Informazione Radiotelevisiva assomma – nel solo mese di marzo – il 18,1% del tempo in voce nei telegiornali della Rai. Tempo che si dilata, secondo la società di rilevazione “Geca Italia”, a quasi cinque ore al giorno nel periodo che va dal 17 al 31 marzo: se si considera l’intero spettro, pubblico e privato, digitale e satellitare. É vero che siamo agli atti iniziali del nuovo governo, tuttavia è bene suggerire a Matteo Renzi di non emulare il vecchio tycoon Berlusconi. Anzi.
L’altra evidente anomalia, se si prendono in esame le ricerche fatte dalla stessa “Geca” nel mese di marzo per l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, è il costante sostegno privilegiato offerto dalle reti Mediaset al partito del proprietario, con oltre il 36% del tempo di parola. E pure il servizio pubblico non scherza. E mette in luce il Centro d’Ascolto, che opportunamente calcola la fruizione piuttosto che il mero minutaggio, il divario crescente tra i i due partiti del passato bipolarismo imperfetto italiano e il resto del mondo. 5 Stelle segue con meno del 10%, precipita a uno scarso 4% Sinistra, ecologia e libertà, impropriamente conteggiata come l’intera “Lista Tsipras”. Fino allo 0,2% dei radicali, che pure stanno facendo battaglie importanti e significative sulle carceri, la droga, il funzionamento della giustizia.
In verità, emerge un vizio di fondo del e nel rapporto tra media e politica, che si accompagna allo storico tema del conflitto di interessi dell’ex cavaliere, apparentemente uscito di scena, ma tuttora protagonista diretto o indiretto. Lo schema cui si ispira larga parte dell’informazione politica è ancorato al sogno bipolare, che nella realtà non esiste da tempo. Alla crisi della tradizionale nomenclatura dei partiti è seguito un universo assai disarticolato, un arcipelago cui dare – comunque – rappresentanza e rappresentazione. La comunicazione radiotelevisiva insiste su di un bene comune, l’etere, che deve essere libero e aperto. Senza discriminazioni. É il senso ultimo della legge n.28 del 2000 sulla citata ”par condicio”, ingiustamente appesantita dai suoi mille regolamenti applicativi, ultimo dei quali il testo della delibera 138/14/Cons della medesima Agcom. Quest’ultima, tra l’altro, appare troppo ancorata ai vecchi rapporti di forza, mentre le pari opportunità riguardano allo stesso modo tutti.
Il discorso si allarga ai talk show, che hanno letteralmente invaso l’informazione politica, come ha sottolineato in uno studio recente Alberto Baldazzi, riprendendo un’analisi di Francesco Siliato. Arena ormai prelibata della narrazione politica, i talk andrebbero verificati per il loro specifico, che sfugge al “minutaggio”. Basti un dato: nella stagione 2013 su 833 ospiti, 93 hanno raggiunto quasi la metà delle presenze totali. Si tratta di 48 personalità politiche e di 37 giornalisti, che accompagnano la nostra dieta mediatica, dal risveglio al sonno. La televisione come Nirvana, scriveva anni fa Hans Magnus Enzensberger.