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Abolire la miseria. Il Congresso del 26 e 27 maggio 2018

Pubblichiamo – grazie al sito di Radio Radicale che ne ospita i contenuti indicizzati per intervento – le registrazioni video delle due giornate congressuali che si sono tenute a Lamezia Terme (CZ) presso il Grand Hotel di Lamezia Terme

Prima giornata del Primo Congresso Ordinario dell’Associazione Radicale Nonviolenta “Abolire la Miseria – 19 maggio”, in programma il 26 ed 27 maggio 2018.

La FIDU si associa alla richiesta di nominare i garanti dei detenuti e della salute in Calabria.
La FIDU si associa alla richiesta di nominare i garanti dei detenuti e della salute in Calabria.

Il Convegno riguarda la legge sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento che necessita di esser meglio conosciuta e sul fatto che in Italia manca ancora una legge per l’eutanasia.

Inoltre, in Calabria, dopo oltre dieci anni dalla istituzione per legge, non è mai stato nominato il Garante della salute. Continua la lettura di Abolire la miseria. Il Congresso del 26 e 27 maggio 2018

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UN VAGO SENSO DI CUPEZZA E INQUIETUDINE CHE NON SO FINO A CHE PUNTO SIA GIUSTIFICATO

Di Valter Vecellio

La premessa, necessaria e fondamentale, è che non bisogna tirare conclusioni affrettate; è già capitato , in passato neppure troppo passato che qualcosa di vischioso ed oscuro sia agitato ed enfatizzato per fini diversi da quelli che vengono dichiarati ufficialmente e che appaiono; e non escludiamo che ci sia una buona dose di imbecillità, a monte di tutto; per dirla tutta: può benissimo essere una enorme, ennesima, bufala; ce ne sono state parecchie di mega-maxi-inchieste poi miseramente dissolte come bolle d’aria; a me stesso e tutti ricordo, per esempio quella di quasi vent’anni fa, battezzata “Phoney Money”; vi si applicò con zelo il pubblico ministero di Aosta David Monti; si parlò anche allora di “società occulta devastante che condizionava le istituzioni”, e vi si volle infilare dentro mezzo mondo, fino alla Casa Bianca… Chi ha un po’ di memoria ricorderà poi le inchieste di indimenticabili Agostino Cordova, Alfredo Ormanni, Luigi De Magistris; e fermiamoci a questi tre. Chissà questa, “esplosa” oggi, e di cui con grande enfasi parlano telegiornali, scrivono siti e domani i giornali le riserveranno, immagino, intere paginate. Continua la lettura di UN VAGO SENSO DI CUPEZZA E INQUIETUDINE CHE NON SO FINO A CHE PUNTO SIA GIUSTIFICATO

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Onora la madre, il libro di Angela Iantosca

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Da donne che valgono meno di una mucca a donne di potere

di Giuseppe Candido

Come è cambiato il ruolo della donna nella ‘ndrangheta negli ultimi cinquant’anni? Asse portante della ‘ndrangheta perché, nei decenni, nascosta all’ombra delle case, è la donna che ha nutrito, tramandato, gestito una delle organizzazioni criminali più potenti del mondo. Onora la madre, storie di ‘ndrangheta al femminile, è l’ultimo libro inchiesta della giornalista Angela Iantosca. Un viaggio in quella Calabria poco conosciuta ma declinabile al femminile, attraverso documenti, riti, tradizioni, fede, virgolettati dei pm, di storici e nel sentito popolare della gente. Sabato 22 giugno Angela ha presentato il suo nuovo libro fresco di stampa, assieme ad Enzo Ciconte, che ha presentato il suo “Politici malandrini”, entrambi editi da Rubettino. Ad intervistarli nella saletta della libreria Ubik di Catanzaro Lido, il commercialista e amico degli autori, Roberto Garieri che subito chiarisce: due libri sulla ‘ndrangheta intesa non come prodotto! Ma la vera novità è il primo dei due volumi perché, a parere di chi scrive, tratta un tema, quello del ruolo delle donne nel fenomeno ‘ndrangheta, assai più controverso e spinoso di quello delle “convivenze tra politica e ‘ndrangheta esportate ormai in tutta Italia” e di cui numerosi autori si sono occupati.

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Angela Iantosca, Roberto Guarieri, Enzo Ciconte

Angela Iantosca continua ricordando che “Giuseppina Pesce è una donna di poco più di trent’anni cresciuta in una famiglia particolare, in un ambiente particolare che è quello della Piana di Gioia Tauro. Ma oggi c’è un elemento in più, che prima non c’era, che è internet. Una finestra sul mondo”, la definisce l’autrice. Una finestra in più tramite la quale “le donne della ‘ndrangheta possono entrare in contatto con una realtà sana che può spingerle a parlare e a raccontare le loro storie alla magistratura. Come è il caso di Giuseppina Pesce, ma anche della testimone di giustizia Facciola. Entrambe, tramite Facebook avevano conosciuto degli uomini. La cosa interessante però”, sottolinea Iantosca, “non è l’aspetto dell’attrazione sessuale per un’altra persona, quanto quello di essere viste, per la prima volta, come persone. Perché uno degli elementi che si trova all’interno della ‘ndrangheta è la violenza, sia psicologica che fisica, esercitata continuamente da padri, da fratelli e da mariti. Con la convivenza dei medici che tolgono i problemi fisici senza permettere a queste donne di denunciare”. Tramite internet, spiega ancora la Iantosca, queste donne “conoscono delle persone che le guardano, appunto, come “persone”, come donne, e “non come degli oggetti di cui si è possessori”. “La questione delle donne”, aggiunge la giornalista, è una questione “abbastanza complessa”, nel senso che “non si può parlare di un tipo di donna”. “Le donne calabresi della ‘ndrangheta, in particolare, rispecchiano perfettamente quella che è l’agiografia della Calabria. Nel senso di una terra estremamente frammentata, dove è difficile raggiungere i vari posti e la stessa cosa si vede all’interno delle diverse famiglie. Ci sono donne emancipate, donne che hanno studiato, ma ci sono ancora donne retrograde, donne vestite di nero, donne che arrivano scalze fino alla Madonna di Polsi. Ma non necessariamente, quelle donne che si vede vestite di nero, sono donne di ‘ndrangheta ma altrettanto non necessariamente quelle donne emancipate sono le donne sane”. Per l’autrice possono essere molto più ‘ndranghetiste le donne emancipate delle donne vestite di nero. Sono donne che, se fino agli anni ’70 sono rimaste all’ombra delle case, occupandosi soltanto dell’educazione dei figli, che è un compito fondamentale, in quanto sono state loro a tramandare di generazione in generazione i valori dell’“Onorata”, diciamo che dagli anni ’70 in poi, invece, le donne iniziano a diventare operative. Prima portando da mangiare alle persone sequestrate, fino a diventare, negli anni ’80 e ’90, strettamente funzionali attraverso diversi ruoli. Abbiamo visto le donne “postine”, le donne “usuraie”, le donne che si occupano anche dello spaccio della droga. Alla fine degli anni ’70 abbiamo la Ferraino che si trasferisce a Milano e usa i figli per controllare lo spaccio della droga nella città. Già negli anni ’70 parliamo della presenza della ‘ndrangheta a Milano. Adesso ne vengono fuori altre. Basti pensare al processo “All inside 3” durante il quale s’è saputo che nel 2007 una donna, che poi venne incarcerata, era a capo della famiglia e dei clan degli “Ascone” di Rosarno. Una donna che non aveva una funzione collaterale, ma è lei a prendere le decisioni. Perché moglie di un marito, evidentemente, abbastanza debole. Ed è lei che è intestataria deo beni, è lei che si occupa dell’usura, che si occupa del racket. Quindi una donna di potere. C’è solo una cosa però che, probabilmente, le pone allo stesso livello dell’uomo. È il riconoscimento di questo ruolo da un punto di vista formale. Ma la vera domanda, secondo Angela Iantosca, è se tutto questo è necessario. È davvero necessario? Ok alla struttura maschilista della ‘ndrangheta che è innegabile, ma queste donne hanno davvero bisogno di essere “tingiute” per essere riconosciute come donne d’onore? Secondo l’autrice, per queste donne !è il loro stesso essere madri, figlie, sorelle e mogli di uomini d’onore, le rende donne d’onore”. Da cui il titolo del libro: Onora la madre.

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Angela Iantosca, Roberto Guarieri durante la presentazione di Onora la madre.

E quindi Angela Iantosca risponde a quella che era la prima e più spinosa delle domande: è giusto togliere a queste donne, come per gli uomini d’onore, la patria potestà? “Se da una parte ci sono le donne della scelta negativa, donne che si sono accorte che il potere è bello, perché ti fa stare bene, perché è bene essere ricche, e probabilmente alcune di queste si rendono conto di essere più capaci di questi uomini, e vogliono dimostrarlo nei fatti, dall’altra parte ci sono le donne che stanno compiendo la loro rivoluzione attraverso le parole”. Donne che “iniziano a parlare e iniziano a collaborare”. E per questo rappresentano l’altra scelta: quella della giustizia. “Ancora pochi i casi positivi, come quello di Giuseppina Pesce e di cui i PM continuano a chiedere che ne venga raccontata la storia positiva, perché”- aggiunge Iantosca – “ Sono storie che possono innescare un effetto domino e quindi, in qualche modo, spingere e dare fiducia ad altre donne e far capire loro che una scelta è possibile. È possibile uscire da quel sistema, pur nella consapevolezza che, nel momento in cui tu parli, hai su di te una condanna a morte. I figli sono il motivo per cui queste donne cominciano a parlare. La proposta che è stata fatta, quella di sottrarre i bambini, è una provocazione e non risolve il problema assolutamente. E soprattutto, se si fa un calcolo proprio in termini numerici, sarebbero migliaia di bambini da spostare da delle famiglie. Prima di tutto, questi bambini dove verrebbero messi? E poi sarebbero altri sradicati con altre problematiche da risolvere e non risolve il problema di chi c’è. Di chi rimane. E poi non è neanche detto che queste persone non facciano altri figli. È un cane che si mangia la coda. Sicuramente, ad alcune persone è stata tolta la patria potestà come Carlo Cosco, il compagno di Pina Garofalo, cui è stata tolta la patria genitorialità della figlia Denise. Ha ammazzato la madre, anche se dice di averlo fatto per un impeto d’amore. Al di la del discorso pragmatista, il problema è un problema culturale che va al di la della ‘ndrangheta. Proprio nei giorni scorsi ho incontrato una donna della Carapogia, che è un paese che si trova nel cuore dell’Uganda. La situazione culturale e proprio la struttura della disposizione della donna rispetto all’uomo, è simile, purtroppo, ad alcuni discorsi che ho sentito in alcune zone della Calabria. Penso, appunto, alle donne della Locride, alle donne di San Luca, e una di queste è la ragazza a cui ho dedicato il libro. Anche in quel caso, nel momento in cui qualcuno dall’esterno gli ha aperto gli occhi, loro sono arrivate ad una consapevolezza e a rendersi conto del sistema sbagliato nel quale vivono dove addirittura, in quel caso, la donna è inferiore ad una mucca rispetto ad un uomo. Dove è naturale e viene, appunto, naturalmente subita perché è così da sempre. Ecco perché, ritengo che bisognerebbe fare un lavoro culturale sulle donne”.

Gli facciamo una sola domanda: mentre si parla di violenza sulle donne e di femminicidi, ha avuto modo di constatare segni dell’efferatezza criminale delle donne? La risposta è agghiacciante: se un uomo d’onore ti minaccia di morte non è sicuro che la esegua. Se lo fa una donna, quella è una sentenza.

Link alla registrazione

parte dell’intervento di Angela Iantosca

 

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‘Ndrangheta e Politica alle ultime elezioni regionali. Arrestato Zappalà (Pdl) ed altri candidati che sostenevano Scopelliti

di Giuseppe Candido

“La mia missione è di essere sempre e solo al servizio del cittadino”. È quanto si legge entrando nel blog dell’ex sindaco di Bagnara Calabra nonché Consigliere regionale eletto nelle fila del Pdl calabrese ed oggi arrestato per documentate collusioni con la cosca dei Pelle. Candidato a sostegno del Presidente Scopelliti, come Zappalà stesso scrive nel suo blog: “affinché la mia amata Calabria possa divenire la regione della libertà, della solidarietà, del progresso e… della POLITICA DEL FARE”.

E pensare che, nel mese di giugno, il sindaco Zappalà si era recato perfino in Prefettura per consegnare simbolicamente la fascia tricolore al prefetto di Reggio Calabria D’Onofrio. Come si legge nel suo blog: “Un gesto clamoroso e al tempo stesso altamente simbolico, che il primo cittadino ha voluto compiere per segnalare una situazione che a Bagnara si è fatta davvero drammatica: quella della mancanza di un controllo efficace del territorio da parte delle forze dell’ordine”.

Oggi la notizia è che Zappalà viene arrestato assieme ad altre 11 persone, tra cui altri quattro candidati alle ultime regionali, nell’ambito di un’indagine sui rapporti politica e ‘ndrangheta in Calabria. Intercettazioni ambientali e telefoniche che inchiodano.

Di seguito le agenzie della notizia (copia e incolla) che mostrano come lo strapotere delle cosche gravi sulle scelte e sulle decisioni del Consiglio Regionale calabrese.

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ROMA, 21 DICEMBRE:

(ANSA) – Un consigliere regionale, del Pdl, ed altre 11 persone sono state arrestate dai carabinieri in Calabria; l’ipotesi di accusa e’ il condizionamento da parte della ‘ndrangheta sulle elezioni regionali del 29 e 30 marzo scorsi. Con il consigliere Santi Zappalà sono stati arrestati altri quattro candidati in liste del centro destra: Antonio Manti, Pietro Nucera, Liliana Aiello e Francesco Iaria. Sono tutti sospettati di avere ottenuto il sostegno della cosca Pelle in cambio della promessa di favori.

(APCOM) – Il consigliere regionale Pdl Santi Zappalà, arrestato dai carabinieri nel corso dell’operazione “Reale 3”, è stato incastrato dalle intercettazioni ambientali a casa del boss Giuseppe Pelle, capo indiscusso dell’omonima famiglia egemone nel territorio di San Luca in provincia di Reggio Calabria. Zappalà, sulla base di quanto si evince dalle intercettazioni, andò a trovare il boss il 27 febbraio scorso e si sarebbe messo a disposizione per eventuali favori da far ottenere ai detenuti rinchiusi nei vari penitenziari italiani. Zappalà è tra le 12 persone arrestate in Calabria nell’inchiesta che ha scoperto un giro d’affari tra politica e cosche legate alla ‘ndrangheta. Al centro dell’indagine gli incontri tra il boss Pelle e alcuni candidati che in cambio di voti assicurati alla ‘ndrangheta avrebbero dovuto garantire alle imprese di riferimento della cosca l’aggiudicazione di alcuni importanti appalti pubblici e altri favori. Santi Zappalà è attuale sindaco di Bagnara Calabra. Oltre a lui i carabinieri hanno notificato anche altre quattro ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti esponenti politici calabresi, tutti del centrodestra, candidati al consiglio regionale nell’ultima tornata dello scorso marzo. Si tratta di: Antonio Manti, Pietro Nucera, Liliana Aiello e Francesco Iaria. L’accusa per tutti e di avere ottenuto il sostegno elettorale della cosca Pelle. L’appoggio, secondo gli accordi presi, avrebbe dovuto essere ricambiato facendo ottenere alla cosca favori di vario genere tra cui appalti, finanziamenti e trasferimenti di detenuti. L’indagine ha accertato il condizionamento esercitato dalla cosca Pelle di San Luca in occasione delle elezioni del 29 e 30 marzo scorsi per il rinnovo del Consiglio regionale.

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Chi vince in Calabria lo fa col sostegno delle ‘ndrine. Forse è questa la semplice chiave di lettura che si deve dare per commento dell’operazione “Reale”. Si, “Reale”! Perché reale è che, in Calabria, i Consigli regionali che si susseguono debbano essere sistematicamente “infiltrati” dalle cosche che, grazie anche al sistema elettorale vigente, riescono quasi sempre a far prevalere, all’interno delle liste, i “loro” candidati.

Quando l’On.le Angela Napoli, dalla commissione parlamentare antimafia, denunciava in solitudine che in queste ultime elezioni regionale le liste erano piene di candidati “sconvenienti” che non rispettavano neanche lontanamente il “codice etico” che la politica si era data e quando pure l’ex ministro degli interni Pisanu certifica le infiltrazioni con le sue dichiarazioni relative ad un personale politico “non degno di rappresentare nessuno”, c’è da domandarsi se forse non avessero ragione. Non serve neanche – come abbiamo fatto – che lo denuncino i Radicali a gran voce durante tutta la campagna regionale. E non bisogna credere che siano mosche bianche.

Col sistema elettorale attuale è così semplice far convergere i voti che le ‘ndrine hanno i loro eletti in maggioranza e nell’opposizione. È certo però che, nella scelta, le “famiglie” calabresi più attente sanno ben scegliere e contribuiscono a determinare chi governerà nel lustro successivo la Calabria.

Come difendersi? Il Presidente Scopelliti, se davvero volesse combattere queste infiltrazioni, avrebbe da fare immediatamente due provvedimenti: il primo relativo alla trasparenza e che preveda la tempestiva pubblicazione anche su internet di tutto ciò che già da anni doveva essere pubblico (gli interessi finanziari dei Consiglieri, degli Assessori e dei presidenti dei vari enti regionali la cui nomina è di competenza del Consiglio Regionale); una vera anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati. Il secondo provvedimento dovrebbe essere quello di cambiare l’attuale sistema di elezione del Consiglio Regionale e procedere all’elezione di ciascun consigliere in altrettanti piccoli collegi elettorali uguali in numero a quelli dai consiglieri eletti. Tale modifica avrebbe due vantaggi: avvicinare l’eletto all’elettore ed evitare che le preferenze delle ‘ndrine si coalizzino in un intera provincia così da garantire al “prescelto” l’elezione sicura.

Ovviamente a tutto ciò andrebbero affiancati, da un lato, l’obbligo di primarie nei 60 collegi e, dall’altro, una più attenta selezione della classe dirigente.

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