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La Calabria che balla? Serve abolire la vulnerabilità degli edifici
Tra le tante passerelle che si vedono in periodo pre elettorale, finalmente qualcosa di serio. Un seminario informativo organizzato dall’amministrazione comunale di Botricello, fortemente voluto dall’assessore alla cultura e all’ambiente, Salvatore Procopio e dal sindaco Giovanni Camastra.
Come possiamo difenderci da un terremoto e come si possono prevenire i danni e i morti che possono essere provocati da un sisma?
E’ a tali domande che si tenterà di fornire risposte e dare informazioni ai cittadini invitati tutti.
Al dibattito convegno che si terrà domani, martedì 15 aprile presso la casa comunale di via Nazionale dalle ore 17.30, parteciperanno Eugenio Gallo, sindaco di Martirano Lombardo, Michele Folino Gallo, dottorato internazionale in sismicità della Calabria, Ottaviano Ferrieri, perito Cineas valutazione del rischio e Rosario Pignanelli, dell’associazione di protezione civile “Amici di Gaia”.
Non potendo personalmente partecipare all’interessante forum informativo poiché impegnato coi colloqui con i genitori degli alunni prima delle vacanze di Pasqua, come docente dell’Istituto Comprensivo di Botricello e come geologo ecologista, mi sono permesso di inviare all’assessore Salvatore Procopio un mio personale contributo che riporto di seguito.
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Abolire la vulnerabilità sismica degli edifici
Contributo al seminario informativo “Calabria terra che balla” organizzato dall’amministrazione comunale di Botricello (CZ)
di Giuseppe Candido1
É da ritenersi assai lodevole e degna di nota l’iniziativa dell’Amministrazione comunale di Botricello che ha voluto proporre ai cittadini un seminario informativo sul rischio sismico dal titolo davvero esplicito: “La Calabria che balla”. Avendone ricevuto l’invito per il tramite dell’Istituto comprensivo di Botricello dove insegno, sono rammaricato di non potervi partecipare personalmente a causa di impegni di lavoro già da tempo programmati.
Sia come docente di scienze della scuola secondaria di I grado dell’Istituto comprensivo di Botricello, impegnato su questi temi con le nuove generazioni, sia come geologo e sia personalmente, ringrazio vivamente il sindaco Givanni Camastra e l’amministrazione tutta perché ha inteso promuovere questa importante iniziativa incentrata sul “come” poter prevenire, non già i terremoti, ma i danni e i morti che un sisma può avere e che, come la scienza e la storia ci dicono, non è da ritenersi improbabile a queste latitudini.
Mi permetto, quindi, di offrire qualche spunto di riflessione con questo mio contributo.
Come abbiamo visto, il 5 aprile, a 5 anni esatti (qualche ora di differenza) di distanza dal terremoto a L’Aquila, una scossa di magnitudo 5.0 con ipocentro a largo delle coste di Crotone, ha ricordato – se ce ne fosse bisogno – che la Calabria è al centro della convergenza tra la micro placca ionica e la micro placca adriatica. In particolare, secondo l’Istituto Naz. di Geofisica e Vulcanologia, una la sismicità profonda di questo tipo è attribuibile, in quest’area, al fenomeno di subduzione della litosfera ionica che comincia a flettersi sotto dell’Arco Calabro2.
Benché queste conoscenze siano disponibili a chiunque sui siti scientifici istituzionali, su come difenderci da questo rischio, sulla necessità cioè di predisporre un piano di adeguamento antisismico delle strutture pubbliche, un vero dibattito non c’è.
Che la Calabria sia un territorio ad elevata sismicità come, e anche di più, dell’Abruzzo, è storicamente noto. Allora perché non adeguare le strutture?
A partire dall’anno 1.000 si sono avuti, in Calabria, diversi terremoti distruttivi3: nel 1.188 il terribile terremoto4 nella valle del Crati, provocò gravissimi danni a Cosenza, dove crollò la cattedrale, a Bisignano, San Lucido e Luzzi; nel 1638, il 27 marzo vi fu un altro violento terremoto5 che colpì particolarmente la zona di Nicastro, dove i morti furono diverse migliaia. Il 9 giugno, dello stesso anno, un nuovo terremoto provocò danni anche nel crotonese. Poi, il 5 novembre del 1659, un altro forte terremoto6 interessò pure la Calabria centrale, nell’area compresa fra i Golfi di Sant’Eufemia e Squillace; le vittime furono più di 2000. Poco più di un secolo dopo, nel 1.783, tra febbraio e marzo, un violento sciame sismico7 interessò la Calabria meridionale e il messinese, provocando la completa distruzione di moltissime località e danni gravissimi in molte altre; moltissime repliche si ebbero poi nei mesi e negli anni successivi.
I morti, in quell’occasione, furono più di 30.000.
L’8 marzo del 1.832, il terremoto8 provocò gravi danni ad una cinquantina di località, prevalentemente nel crotonese; più di 200 le vittime. Quattro anni più tardi, il 25 aprile del 1.836, un altro terremoto9 colpì il versante ionico della Calabria settentrionale, provocando danni gravissimi a Crosia e Rossano, in provincia di Cosenza: le vittime furono oltre 200.
Nel 1.854, il 12 di febbraio, ancora un terremoto10 nel cosentino provocò effetti distruttivi nell’alta valle del fiume Crati e danni gravi si ebbero anche a Cosenza. Le vittime, in totale, furono circa 500.
Nel 1.870, il giorno 4 del mese di ottobre si verificò un terremoto11 nell’area cosentina, fra le alte valli del Savuto e del Crati, con oltre 100 vittime. Sempre nel 1.870, il terremoto colpì la Calabria centrale e fu avvertito in tutta l’Italia meridionale e nella Sicilia orientale: anche in quel caso, i danni furono gravissimi e più di 500 le vittime.
Poi, nel 1905, l’8 di settembre, il grave terremoto che colpì numerosi paesini nell’area di Vibo Valentia e Nicastro facendo risentire i suoi effetti anche nelle provincia di Cosenza e in quella di Reggio Calabria12.
Nel 1908, il 28 dicembre, l’apocalisse: un violento terremoto e uno tsunami colpirono Reggio e Messina. La Calabria, terra ballerina, quell’anno venne completamente distrutta.
In una regione come la nostra, con una così elevata frequenza di terremoti e conseguente pericolosità sismica, sapendo che – come la scienza ufficiale ci dice – l’unico modo di difendersi dal terremoto è quello di costruire edifici in grado di resistere alle scosse, è evidente quanto sarebbe importante fare seria prevenzione basata sulla conoscenza della vulnerabilità sismica delle strutture che, come il caso dell’Ospedale aquilano c’ha dimostrato tragicamente, non sempre sono costruite in maniera adeguata. Il prof. Franco Barberi, allora capo del dipartimento della Protezione Civile, già nel 1999 notava come,
“Per programmare gli interventi di prevenzione occorre tenere conto del fatto che non ci troviamo di fronte a un territorio vergine nel quale cominciare a costruire con una politica antisismica, ma che si tratta invece di un territorio nel quale si è costruito per secoli con tecniche che non offrono apprezzabile sicurezza nei riguardi dei terremoti. Vi è dunque in Italia, come del resto in moti altri paesi, un debito arretrato di investimenti anti-sismici che si è accumulato nel tempo e che comporta fra l’altro una macroscopia sperequazione fra cittadini che vivono in case nuove e vecchie. Questi problemi, con le stesse parole, furono comunicati al Presidente della Repubblica, al Governo e al Senato, dal Progetto Finalizzato Geodinamica del CNR, più di dieci anni fa, all’indomani del terremoto dell’Irpinia.13”
Dopo le notizie relative all’esistenza di un “Censimento della vulnerabilità degli edifici pubblici strategici in Abruzzo” e altre regioni, realizzato nel 1999, che aveva segnalato, come altamente vulnerabili, – affatto idonei a resistere ad un terremoto – proprio gli edifici abruzzesi che vennero giù il 6 aprile 2009, ci siamo domandati quale fosse la situazione degli edifici in Calabria.
Dopo qualche ricerca (all’invero assai breve perché sapevamo bebe cosa ricercare) ci siamo imbattuti nel sito del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT) titolare del Progetto, assieme alla Protezione Civile, per la rilevazione della vulnerabilità del patrimonio edilizio a rischio sismico e finalizzato al censimento degli edifici pubblici, strategici e speciali di oltre 1500 comuni di sette regioni, tra cui Abruzzo e Calabria.
Uno studio per la valutazione del grado di vulnerabilità degli edifici pubblici di 1.510 comuni delle sette regioni che oggi torna di cocente attualità per il fatto che, in Abruzzo, sembra averci tragicamente azzeccato.
Il 6 aprile del 2009, a L’Aquila, sono venuti giù, proprio quegli edifici pubblici che erano stati segnalati come ad alta vulnerabilità.
La risposta che abbiamo trovato è stata sconcertante: dei 3.975 edifici pubblici destinati all’istruzione, nella regione Calabria, ben 2.397 (pari al 60,3 %) erano stati classificati ad alta (1.049) o medio-alta (1.348) vulnerabilità e, cioè, non in grado di resistere alle scosse. Dei 785 edifici pubblici destinati alla sanità calabrese e censiti nel lavoro del Gruppo Nazionale per la difesa dai terremoti, 492 (il 62,7 %) erano classificati ad alta (208 edifici) o medio alta (284) vulnerabilità. E non andava meglio per gli edifici pubblici civili (sedi di comuni, province, regione, prefetture etc): dei 1.773 censiti dallo studio, 517 sono classificati con grado di vulnerabilità medio alta e 325 sono invece quelli ad alta vulnerabilità. Anche in Calabria, se si verificasse un terremoto di quella severità in superficie, si verificherebbe il crollo di numerosi edifici pubblici, perché non in grado di resistere alle scosse.
Già dal 1999, quindi, il Dipartimento della Protezione Civile in collaborazione con il GNDT e con l’ausilio dei lavoratori socialmente utili, aveva pubblicato quel “Censimento di vulnerabilità degli edifici pubblici, strategici e speciali delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia”.
Gestire l’emergenza, essere in grado di intervenire tempestivamente coi soccorsi è importante, certo. Però, lo abbiamo visto in passato: gestire bene l’emergenza, da sola non serve ad evitare morti, feriti e sfollati se la casa in cui viviamo ci crolla in testa. Visto che la situazione calabrese della vulnerabilità sismica degli edifici non è certo migliore di quella abruzzese, ci chiediamo cosa si sia fatto, dal ’99 ad oggi, ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio, mediante adeguamenti antisismici e/o ricostruzioni. Purtroppo ben poco da allora è cambiato. Troppe le scuole ancora non sismicamente adeguate e la colpa non certo può ricadere sulle locali amministrazioni che spesso non dispongono di finanze adeguate.
Sarebbe necessario, invece, fare prevenzione, programmando interventi che tengano conto che non siamo in presenza di un territorio “vergine” nel quale cominciare a costruire ex novo con una politica antisismica seria. Quello che abbiamo davanti, è un territorio stuprato, vilipeso dall’abusivismo edilizio dove, spesso, non sono a norma neanche gli edifici pubblici, nemmeno quelli strategici come Ospedali e Prefetture.
Cosa fare per uscirne? Come scriveva, già nel 1993, il professor Vincenzo Petrini, del CNR-GNDT, nella presentazione al volume “Rischio sismico di edifici pubblici14”:
“La risposta più ovvia alla constatazione della presenza di situazioni notevolmente a rischio è l’avvio di specifici programmi di adeguamento del patrimonio edilizio ai livelli di sismicità delle varie zone del paese: ma non è certo l’unica possibile. L’abbassamento dei livelli di rischio può essere uno degli obiettivi della programmazione di investimenti della pubblica amministrazione e può, in alcuni casi, contribuire a qualificare la spesa pubblica, (…) programmi pluriennali di interventi di riduzione del rischio, opportunamente distribuiti nello spazio e nel tempo secondo priorità definibili in anticipo, possono avere, nella situazione attuale, positivi effetti collaterali in termini di sviluppi non drogati dell’occupazione.15”
Sagge parole, quelle di Petrini, attuali quantomai anche dopo vent’anni, che mettono in evidenza le priorità per la Calabria, per il mezzogiorno e, forse, per l’intero Paese. Bisogna abolire la vulnerabilità sismica dei nostri edifici, adeguandoli a resistere alle scosse o rottamandoli, quando invece si tratta di vera e propria “spazzatura edilizia”.
Poi, volendo essere davvero esaurienti, un discorso a parte lo meriterebbe la questione della “micro-zonazione sismica locale”; lo stesso terremoto, infatti, in alcune aree può dare fenomeni di amplificazione locale di cui bisognerebbe tener conto in fase di progettazione ma che, spesso, vengono trascurati.
E c’è il problema del patrimonio edilizio abusivo che, in Italia e in regioni del sud come la Calabria, rappresenta una questione ancora irrisolta, intimamente collegata alla tutela del territorio, poiché, come ricordano i geologi italiani, “queste pratiche si diffondono e si radicano laddove c’è un minor controllo dell’uso del suolo”; un fenomeno, quello dell’abusivismo edilizio, che non è sempre legato a “bisogni sociali” – per l’accesso al “bene casa” – ma anche e soprattutto a “strategie di profitto come dimostrano le tante seconde case e interi villaggi turistici abusivamente realizzati e, in alcuni casi, condonati”.
Occorre ricordare – fino alla nausea – che non è mai il terremoto che uccide ma la casa, la scuola, la chiesa o l’edificio in cui ti trovi che crolla in testa. La vera causa di morti e sfollati è proprio la vulnerabilità sismica degli edifici, perlopiù costruiti durante il boom edilizio degli anni sessanta, settanta e ottanta che, frequentemente, non hanno un’adeguata struttura antisismica.
Oltretutto bisogna anche tenere a mente che la voce di spesa maggiore per le catastrofi naturali del nostro Paese è proprio quella dei terremoti: oltre 95 miliardi di euro le risorse stanziate tra il 1944 e il 1990, “pari al 75% delle risorse destinate a tutti gli eventi calamitosi censiti” da uno studio del Consiglio Nazionale dei Geologi.
Nel 2012, il rischio sismico del Paese, con il terremoto nella Pianura Padana emiliana, è tornato alla ribalta dei media che, come al solito, se ne occupano solo “a babbo morto”, quando il disastro c’è stato.
La prima scossa, con una magnitudo locale di 5.9 della scala Richter, avvenne alle ore 4.03 del 20 maggio 2012. Poi, “il 28 maggio, due nuove importanti scosse scuotono ancora i territori della provincia di Modena (…) sommando distruzione a distruzione, lutto a lutto, paura a paura16”.
Anche in quel caso, per i geologi,
“Il terremoto emiliano si è caratterizzato per alcune specificità, tutte geologiche: gli effetti di sito ed i diffusi fenomeni di liquefazione delle sabbie. È stato per certi versi un terremoto inaspettato ma non inatteso considerando la successione di terremoti storici che hanno interessato la zona del ferrarese a partire dal 1500. Gli studi per la ricerca di idrocarburi nella Pianura Padana a partire dagli anni ’60 e ’70 avevano messo in evidenza le strutture sepolte al margine orientale della catena (le cosiddette pieghe ferraresi) piegate e fagliate che risalivano a poche centinaia di metri dalla superficie. L’aggiornamento delle carte di rischio per quest’area sono datate 2003 per cui queste aree vengono (oggi, ndr) classificate sismiche. Affinché la norma trovi pratica attuazione occorre però aspettare gli anni 2008-2009 (quando si è proceduto alla riclassificazione sismica del territorio nazionale in seguito agli eventi di San Giuliano di Puglia, ndr). Nel frattempo le strutture in elevazione (case di civile abitazione, capannoni industriali) sono stati progettati come ricadenti in area non sismica. Gli effetti, soprattutto per i capannoni industriali sono stati disastrosi. Mancando dei vincoli adeguati ai pilastri molte coperture sono letteralmente collassate17”.
Alle semplici osservazioni e indagini geologiche di base si preferiscono modelli numerici. Non per il fine della mera tutela di una categoria, una casta, i geologi italiani denunciano un fatto grave:
“In Emilia-Romagna, come in altre regioni, si sta procedendo in molti comuni … agli studi di microzonazione sismica. Tali studi si prefiggono di evidenziare le aree in cui gli effetti del terremoto si faranno risentire maggiormente (una volta si usavano gli abachi di Medvedev che almeno legavano le amplificazioni direttamente alle caratteristiche idrologiche e litologiche del terreno). Oggi si fa ampio uso dei metodi geofisici che a volte mal si conciliano con la geologia di base. Sembra si sia sviluppata più la tendenza ad avere numeri (non si sa quanto attendibili) a scapito di serie indagini geologiche (geo strutturali, stratigrafiche, geomorfologiche, idrogeologiche) che evidenziano, in prima istanza, almeno dal punto di vista qualitativo le aree che possono dare amplificazione. Non nascondiamoci dietro un dito. Il problema non è quello di determinare con la massima precisione i fattori di amplificazione sismica quanto quello di operare l’adeguamento sismico del patrimonio edilizio esistente (in primis l’enorme patrimonio storico artistico del nostro Paese).
Non dimentichiamoci che la stragrande maggioranza delle abitazioni costruite post guerra sono state realizzate in assenza di alcuna normativa sismica. Anziché procedere indiscriminatamente con nuove edificazioni e distruzione di nuovo suolo è tempo di invertire la tendenza: ridurre drasticamente le nuove costruzioni e recuperare il costruito (dal punto di vista sismico, strutturale, del libretto del fabbricato, etc.). Il percorso è lungo e costoso ma le politiche territoriali si fanno dai nonni per i nipoti. Altre scorciatoie non esistono.18
Sulla base di questi numeri e di queste semplici riflessioni, per chi scrive appare evidente che l’adeguamento sismico del patrimonio edilizio, quello pubblico in primo luogo, o la sua totale rottamazione quando completamente fatiscente, rappresentano non una spesa, ma una voce di notevole risparmio e, alla lunga, un vero e proprio investimento. Senza contare le vite umane che, ovviamente, non hanno prezzo.
Vi ringrazio per l’attenzione.
Firmato
Giuseppe Candido
Note al testo _____________________________________________
1 Giuseppe Candido è docente di scienze matematiche presso l’Istituto Comprensivo di Botricello, geologo libero professionista, giornalista pubblicista, direttore editoriale di Abolire la Miseria della Calabria e autore, tra l’altro, del volume in pubblicazione La peste ecologica e il caso Calabria dal quale è estrapolato il presente testo.
2 Chiarabba et al., 2005 – “Analizzando il catalogo strumentale degli ultimi 30 anni è possibile rilevare in quest’area un certo numero di eventi a profondità subcrostale. Questa sismicità profonda è attribuibile al fenomeno di subduzione di litosfera ionica che in quest’area inizia a piegarsi al di sotto dell’Arco Calabro. – Terremoto nel Mar Ionio, M 5.0, 5 aprile 2014: approfondimento, Blog INGV Terremoti (url: ingvterremoti.wordpress.com)
3 D. Postpischl (a cura di), 10 domande sul terremoto, GNDT, 1994
4 D. Postpischl, a cura di, Sisma con intensità stimata del IX – X grado della scala Mercalli, 10 domande … Op.cit. 125
5 Intensità stimata del XI grado della scala Mercalli, ne: D. Postpischl, a cura di Op.cit. p.125
6 IX-X grado della scala Mercalli, ibidem.
7 Sciame sismico le cui intensità max XI grado della scala Mercalli, Ibidem
8 Sisma con intensità stimata del X grado della scala Mercalli, Ibidem
9 X grado della scala Mercalli, Ibidem
10 X grado della scala Mercalli, Ibidem
11 X grado della scala Mercalli, Ibidem
12 Sisma con intensità molto forte stimata del X-XI grado della scala Mercalli, D. Postpischl, a cura di, 10 domande … Op. cit. p.126
13 Franco Barberi, La difesa dai terremoti in Italia, ne: “Il rischio sismico”, Le scienze quaderni, n.59, aprile 1991.
14 Petrini V., Il Rischio sismico di edifici pubblici, Parte I, Aspetti metodologici, 1993
15 Petrini V., Op. cit., p.9
16 CNG, Ibidem
17 CNG, 2011 – Emilia Romagna: un territorio ricco e fragile, ne: I primi 50 anni …, Parte II, op. cit. p.161-162
18 CNG, Op. cit., p.162
Candido (#Radicali): Bene il Consiglio di Lamezia Terme che approva registro testamento biologico. Esilaranti le dichiarazioni circolate sulla stampa
“Con soddisfazione di chi questa battaglia di libertà ha cominciato a sostenerla, in Calabria, dal 2006 sin dalla vicenda “nazionale”, di Piergiorgio Welby, apprendo dalla stampa che il Consesso Civico lametino guidato dal Sindaco Speranza, ha inteso adottare all’unanimità il registro dei testamenti biologici”. E’ quanto si legge in una nota di Giuseppe Candido, militante del Partito Radicale nonché direttore editoriale di ALM che, in Calabria, da anni porta avanti la battaglia sui registri dei testamenti biologici assieme all’associazione di cui Mina Welby è coo-presidente onoraria.
“Trovo davvero esilaranti”, afferma senza mezzi termini Giuseppe Candido, “alcune dichiarazioni circolate sulla stampa del coordinatore regionale dell’associazione “Alleanza Cattolica Calabria”, Dr. Elia Sgromo, secondo il quale tale sacro santa decisione del Consiglio di Lamezia Terme, tra l’altro non la prima in Italia e nemmeno per la Calabria essendo stato istituito persino nel piccolo comune di Botricello, sarebbe stata presa “senza alcuna necessità e urgenza sociale” e che i registri dei testamenti biologici rappresenterebbero, addirittura, una sorta di “cedimenti ad una mentalità radicale, libertaria e ideologica”. Per Sgromo, – prosegue Candido nella sua nota – un registro che consente di annotare ai cittadini le proprie volontà di fine vita, servirebbe solo a pubblicizzare una prospettiva anti-vita.
Contrariamente a quanto dice il dott. Sgromo, però, esiste un forte fondamento costituzionale che ci da’ il diritto di rifiutare i trattamenti sanitari per malattie inguaribili, unicamente finalizzati al proseguimento del mantenimento in vita”. L’articolo 32 della nostra costituzione, che il dott. Elia, forse appositamente, dimentica nel suo ragionamento per dire che non c’è niente che giustifichi il registro, c’è eccome, ed è in esso che è contenuto quel principio inviolabile che ha visto far garantire dalla magistratura il diritto di porre fine alle sofferenze e alle cure inutili di Piegiorgio Welby che ha potuto farsi staccare il suo ventilatore che lo teneva invita artificiale venendo contemporaneamente sedato da un medico che, per quel gesto, però, proprio perché una legge non c’è, dovette subire un processo uscendone completamente scagionato da tutte le accuse.
Lo stesso principio costituzionale che Elia forse finge di dimenticare, ha consentito al sig. Beppino Englaro, dopo anni, anni e quattro gradi di giudizio, di poter vedere rispettate le volontà della figlia Eluana in coma vegetativo permanete. Volontà che, non essendo state registrate da nessun notaio né da nessun altra “registro”, furono difficili da dimostrare. Se vi fosse stato un registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento, i casi possibili potevano essere due: Eluana poteva aver fatto registrare il proprio testamento biologico oppure no.
Ecco a che servono i registri dei testamenti biologici. Ad evitare che a scegliere sia qualcun altro.
Da laici credenti cui ci sentiamo appartenere, ci sentiamo vicini ad una chiesa cattolica dell’accoglienza e della misericordia che questo Papa Francesco sta dimostrando poter essere rappresentata anche dai suoi massimi vertici; ci sentiamo vicini ad una chiesa vicina alle persone, agli umili, vicina ai bisognosi di misericordia, ma siamo assai distanti ad una chiesa degli integralismi, che vuol imporre l’attesa di un miracolo anche a chi nel miracolo non ci vuole credere e, come Piergiorgio Welby cerca una “morte opportuna”.
Ecco perché ribadiamo, invece, il nostro fermo SI ai registri sul testamento biologico e a una legge che regolamenti l’eutanasia legale contro quella di massa e clandestina. In parlamento c’è già una proposta di legge depositata dall’associazione Luca Coscioni e sottoscritta anche da migliaia di cittadini calabresi, tra cui sindaci e amministratori locali.
Oggi, in Italia esiste l’eutanasia clandestina e la rinuncia alle cure viene effettuata nel silenzio e nella solitudine di mura domestiche, quando “non c’è più niente da fare”. Per il suicidio assistito bisogna andare in Svizzera o in Belgio.
Il nostro Si all’eutanasia legale contro quella clandestina, il Sì ai registri dei testamenti biologici, come fu per l’aborto che legalizzato da una legge, cui tra l’altro i Radicali si opposero, consentì la drastica riduzione del fenomeno e delle morti per prezzemolo o sotto i ferri della cucina, anche in questo caso, sia ben inteso, è un Si alla vita, che è amore e libertà. Un “Sì” deciso, forte, alla tutela della vita e delle libertà proprio quando si è nelle condizioni di massima fragilità.
Libri in piazza a Botricello: omaggio a Vittorio De Seta
Al link qui sotto il video della prima serata (27 luglio 2013) della manifestazione culturale Librinpiazza. Durante la serata sono intervenuti Giuseppe Soluri, presidente dell’ordine dei giornalisti, Franco Arcidiaco (editore), il sindaco di Simeri Crichi, Marcello Barberio e tanti altri …
Fitodepurazione, Botricello (CZ) la sperimenta: funziona e conviene
E chiede i soldi alla Regione per l’impianto comunale
La fitodepurazione è un sistema di depurazione basato, come lo stesso nome indica, sulla capacità di alcune piante di abbattere gli inquinanti dai reflui urbani. È la stessa normativa vigente in materia ambientale (D. Lgs. 152/2006) che specificatamente la propone come possibile soluzione alternativa o integrativa dei sistemi di depurazione “tradizionali”. Noi che non siamo abituati a protestare l’avevamo proposta al Sindaco di Sellia Marina con una petizione nell’agosto del 2011 dopo avere, tra l’altro, organizzato uno specifico convegno nel dicembre del 2010 durante il quale erano intervenuti come relatori docenti universitari ed esperti tecnici del settore ad indicarne la concretezza e la fattibilità della proposta. Quella proposta non fu presa seriamente in considerazione dall’amministrazione comunale di Sellia Marina nonostante il dott. Fausto Caliò, responsabile autorizzazioni del Settore Tutela e Sviluppo ambientale della Provincia di Catanzaro,avesse inviato un messaggio ad organizzatori e partecipanti al convegno davvero significativo:
“Il tema in discussione – aveva scritto in quell’occasione il Dott. Caliò – è certamente in linea con gli obiettivi della tutela e valorizzazione delle risorse idriche, infatti, come i partecipanti ben sapranno, la fitodepurazione rientra tra i trattamenti di depurazione naturale suggeriti dalla vigente normativa (All. 5 alla parte terza del D.lgs 152/06); questi, benché ormai largamente collaudati ed impiegati in vari Paesi mitteleuropei, trovano ancora scarsa applicazione nel nostro territorio. L’argomento (del convegno ndr) – aggiungeva ancora il dott. Caliò ai partecipanti – è tanto più stimolante se si pensa che i pochi esempi del genere esistenti nel territorio provinciale sono utilizzati nel trattamento dei reflui di piccole comunità (perlopiù insediamenti rurali), mentre tali tecnologie sono sono state ancora applicate al trattamento, o affinamento, di acque reflue provenienti da agglomerati urbani di medie dimensioni. Pertanto, – conclude Caliò con riferimento esplicito agli obiettivi del convegno – qualora fosse realizzato l’impianto fitodepurativo proposto nella petizione collegata a tale convegno, esso costituirebbe certamente un interessante prototipo per la nostra provincia, da monitorare attentamente per ulteriori simili applicazioni.” (Sic!)
Niente, dice la tradizione: “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. L’amministrazione comunale di Sellia Marina restò insensibile a quella proposta sostenuta pure con una petizione. A quel convegno sulla fitodepurazione aveva però partecipato anche uno sconosciuto (solo per chi scrive, ovviamente) consigliere comunale Salvatore Procopio che era intervenuto proprio sollecitato dalla notizia apparsa sui giornali locali.
Oggi, 7 maggio 2013, durante la conferenza stampa tenuta proprio dall’amministrazione di Botricello rappresentata dall’assessore all’ecologia e alla cultura del Comune di Botricello, Salvatore Procopio, finalizzata a presentare i dati di gestione dell’impianto di depurazione, abbiamo scoperto che, anche in virtù dell’interesse che quella petizione e quel convegno avevano scaturito, l’amministrazione di Botricello l’ha sperimentata sui liquami in ingresso al proprio depuratore comunale.
L’assessore Procopio, bisogna dirlo, è anche un tecnico dell’Arpacal molto attento e, dopo aver constato sperimentalmente con analisi condotte dalla ditta che per l’amministrazione gestisce il depuratore, l’amministrazione ha deciso di chiedere uno specifico contributo alla Regione Calabria. Alla conferenza stampa sulla gestione e sulla manutenzione del depuratore comunale e delle stazioni di sollevamento che negli anni passati più volte avevano dato problemi, assieme all’assessore Salvatore Procopio c’era anche l’ingegner Minieri, della Minieri King Elettrica, società che gestisce l’impianto. Dal 2009, ha sottolineato Procopio, la Provincia di Catanzaro ha restituito ai comuni la gestione degli impianti di depurazione e, da allora, ciò ha rappresentato un aggravio per le casse dell’ente. Nel 2011 solo di costi energetici – ha aggiunto Procopio – sono stati spesi 179.750 € e altri 151.000 di costi di gestione veri e propri. Nel 2012, mentre i costi per l’energia sono saliti a quasi 230.000 € quelli per la gestione – ha sottolineato Procopio – sono scesi a 142.000 €. Questi dati, ha spiegato l’assessore Procopio, “c’hanno indotto a cercare una via sperimentale per abbattere i consumi energetici di gestione e manutenzione”.
Come? Con la fitodepurazione. Procopio presenta un rapporto ufficiale dei dati relativo alle acque reflue trattate con il solo “micro” impianto di fitodepurazione sperimentale realizzato dal Comune. I dati evidenziano – aggiunge soddisfatto Procopio – “un’abbattimento del carico inquinante relativo a tutti i parametri analizzati di oltre l’80% e stimabile tra l’84 e l’85%”. Per questo, ha spiegato Procopio, “riteniamo necessario investire sulla fitodepurazione”. L’ingegnere Minieri, con slide e fotografie, ha spiegato di aver cercato, in questi anni in cui la ditta Minieri King Elettrica Srl è stata soggetto gestore dell’impianto di depurazione, di “aumentare l’efficienza dell’impianto di depurazione salvaguardandone l’efficacia”. Dopo una sintetica relazione illustrativa dell’impianto l’ingegnere ha delineato l’andamento dei parametri chimici delle acque depurate dall’impianto negli anni 2011 e 2012. Un depuratore “costruito negli anni ’80 e soltanto di recente adeguato ai più stretti parametri della normativa del 2006. “Da una stazione di arrivo dei liquami l’impianto”, ha spiegato Minieri, “ha una stazione di pretrattamento iniziale per l’eliminazione dei detriti grossolani e una fase di ossidazione cui segue la sedimentazione ulteriore. Le acque vengono disinfettate e immesse nel corpo idrico (torrente Arango, mare Ionio) e i fanghi vengono avviati nei letti di digestione ed essiccamento. Nel 2011”, ha aggiunto Minieri, in località Marina di Bruni, la stazione di sollevamento e i quadri elettrici erano privi di protezione. Abbiamo dato all’amministrazione elettropompe a nolo gratuito e messo a norma l’impianto elettrico. “Si è ad aumentare l’efficienza dell’impianto di depurazione garantendo un flusso depurativo efficace come dimostrano le analisi delle acque certificate dai laboratori e dall’Arpacal di Catanzaro”. “Nel 2010 abbiamo avviato una fase di restyling strutturale e verniciatura delle parti metalliche e ferrose, sono stati attivati di n°4 sedimentatori ed è stato modificato il flusso depurativo per rendere i parametri delle acque conformi alle normative vigenti”. Nei mesi di aprile e maggio 2011 è stata eseguita la messa a norma delle stazioni di sollevamento che, nell’agosto del 2011, la Provincia di Catanzaro e il dipartimento Ambiente hanno verificato e attestatop che le acque in uscita dal depuratore sono conformi al D.Lgs. 152/06 ed ha concesso al comune l’autorizzazione allo scarico”. Infine, lo scorso anno, nel mese di giugno “è stato attivato il terzo circuito depurativo con conseguente aumento della potenzialità dell’impianto al fine ultimo di fronteggiare la stagione estiva”. Oggi l’impianto funziona correttamente, le acque escono ben depurate e rispettano i parametri ma, ha costi energetici elevati e, per questo, “l’amministrazione c’ha chiesto di sperimentare la fitodepurazione che ha bassi costi nell’ordine del 50% in meno rispetto agli impianti tradizionali.” Per questi motivi, ha spiegato ancora l’ingegnere, sollecitati dall’amministrazione comunale “abbiamo sperimentato idee future per una eco-Botricello, realizzando un progetto pilota utilizzando una porzione dei letti di essiccamento per la realizzazione di un impianto di fitodepurazione a sistema flusso superficiale, e ciò anche allo scopo di sensibilizzazione per la popolazione e le Pubbliche Amministrazioni”.
Eutanasia e testamento biologico: intervista a Mina Welby e video del consiglio comunale aperto a Botricello
Il video, gentilmente ripreso da liberi tv, del Consiglio comunale aperto cui hanno preso parte oltre a Mina Welby anche il Prof. Salvatore Barresi dell’arcidiocesi Crotone Santa Severina, la professoressa Elena Morano Cinque e il Prefetto Antonio Reppuccio.
“La gente vuole che si regolamenti questo fenomeno”.
di Giuseppe Candido
Abolire la miseria della Calabria, 4 maggio 2013, siamo in macchina con Mina Welby, nata a San Candido in provincia di Trento, vedova di Piergiorgio Welby e co-presidente dell’associazione Luca Coscioni, che è venuta in Calabria per la prima giornata di mobilitazione nazionale per la raccolta delle firme sulla proposta di legge d’iniziativa popolare sull’eutanasia legale e il rifiuto dei trattamenti sanitari. Mina arriva alle 11.30 a Sibari (CS) dove la vado a prendere per essere per le 17.00 a Botricello (CZ), dove il Sindaco Giovanni Camastra e l’assessore Salvatore Procopio hanno nei giorni scorsi firmato e aderito alla campagna di raccolta firme ed hanno organizzato un consiglio comunale aperto ai cittadini per discutere l’adozione di un registro comunale per per i testamenti biologici.
Dopo esserci salutati e fatto quattro chiacchiere sulle condizioni di Marco Pannella, in sciopero della fame e della sete per la questione delle carceri e della giustizia, e dopo una telefonata col Sindaco e l’assessore Procopio che davano a Mina un primo “telefonico” benvenuto in Calabria, chiedo a Mina, già sicuro che accetterà, se vuole rilasciarci un’intervista mentre siamo in macchina. “Certo, perché no!” è la risposta sorridente di Mina.
Allora, la prima è una domanda aperta: testamento biologico, eutanasia. Che ci dici Mina?
R: “Io posso dire questo. Che sono stata ieri sera a Castellana Grotte dove si voleva parlare in modo particolare di testamento biologico. Io poi ho pensato: ma, in qualche maniera faccio pure entrare l’eutanasia. Ma mi ha aiutato in modo formidabile un prete. Un certo don Nicola. Che poi, anche con disappunto della organizzatrice, ha parlato di eutanasia. Perché, come al solito, le persone che hanno tanto paura di non so che cosa, della parola “eutanasia” che li attira. È un tema che attrae. Non so perché. C’ho fatto caso ieri e questo mi ha indotto, poi, a spiegare ai presenti che erano tantissimi, che per una piccola città come Castellana Grotte erano presenti 120 e più persone presenti in una sala, dove non c’erano più altre sedie e stavano in piedi. Veramente una cosa grandissima. Quindi ho potuto spiegare a queste persone che cosa significa testamento biologico, che cosa significa rifiuto delle terapie di una persona capace come Piergiorgio, e che cosa è l’eutanasia. Nel vero senso della parola. Cioè dove al medico viene chiesto da un malato con una patologia non più curabile con delle sofferenze indescrivibili, e con poca aspettativa di vita. E questo, credo, abbia fatto molto bene anche per il futuro deposito di testamenti biologici in un registro che si voleva, appunto, chiedere d’istituire al sindaco di Castellana Grotte che era presente. C’è stato pure il Sindaco di Putignano dove già funzione il registro dei testamenti biologici. Ho ringraziato il Sindaco e gli avevo detto anche che noi abbiamo fondato la federazione dei sindaci dove esiste il registro dei testamenti biologici dove, il primo a firmarlo era il sindaco di Napoli che ha anche lui istituito il registro.
Luigi De Magistris?
R: Si, De Magistris.
Mina, una domanda allora è d’obbligo. C’hai spiegato bene la differenza tra testamento biologico, rifiuto cosciente delle cure ed eutanasia legale. L’eutanasia, però, ci dicono le statistiche, esiste ed è quella che i radicali vogliono legalizzare. Oggi repubblica parla di 90.000 malati terminali che ogni anno muoiono nelle sofferenze e, probabilmente, anche per loro si chiede “dottore, non fatelo soffrire”. I Radicali cosa tentano di fare con la “legalizzazione” di questo fenomeno?
R: Vogliamo che sparisca l’eutanasia non legale. L’eutanasia nascosta. Quella che già c’è.
Quell’eutanasia clandestina per cui Piergiorgio e l’associazione Coscioni chiedevano al Parlamento italiano con una petizione di effettuare un’indagine conoscitiva?
R: Si, dell’eutanasia clandestina. Ma fino ad oggi abbiamo sempre continuamente delle opposizioni. E i più forti oppositori sono i medici stessi. Credo che è come se avessero paura. Ma paura di che cosa? Di essere indagati? Non lo so. Ma proprio ieri, un medico, una dottoressa chiariva di nuovo che lei sapeva che l’eutanasia clandestina esiste. Dall’altra parte, però, c’è anche un grande incremento di accanimenti terapeutici. Voglio dirlo in modo veramente brutto, così forse lo capiscono gli italiani: sono cure inutili. Terapie inutili, dove per esempio, a un malato oncologico, cioè col cancro, in fase terminale, vengono ancora somministrati terapie chimiche, chemio terapie. Credo che questo è veramente un insulto a questo malato, per farlo soffrire. Perché poi, la chemio terapia, non è una passeggiata. Non è una cosa che alleggerisce, che toglie dolore. Ma è un ulteriore insistere con dei fenomeni collaterali che non sono della malattia oncologica ma proprie della chemio terapia.
Mina, un’ultima domanda. Qualcuno obbietta che l’Italia ha un problema: il lavoro. La miseria che aumenta. Che c’azzeccano l’Eutanasia legale, testamento biologico. Sono delle priorità? I radicali e l’associazione Coscioni lanciano la campagna di raccolta firme per una proposta di legge in un momento in cui le priorità sembrano essere tutt’altre. Perché Mina, proprio ora?
R: Mah, guarda, io so e vedo che gli italiani sono interessatissimi ad avere anche questo diritto al “non soffrire più”. Anche perché, adesso sì c’è tempo di crisi, ma succede una cosa molto eclatante e molti cittadini si lamentano di questo. E vengono tagliate le spese per le cure, per le terapie, per l’assistenza ai malati gravissimi. E anche le cure palliative sono soltanto a macchia d’olio e spesso finanziate da benefattori. Ci sono dei parenti di malati oncologici ricoverati negli ospedali e cliniche private che tante volte danno un lascito, danno delle sovvenzioni, per poter continuare al meglio le cure palliative sui malati. Io credo che questo la gente lo vede, lo sa. E per questo motivo vogliono che si regolamenti veramente questo fenomeno.
Approvato a Botricello il conto consuntivo dell’anno 2012
Botricello (CZ) – Passa in Consiglio Comunale il conto consuntivo 2012 la cui mancata approvazione avrebbe potuto portare al commissariamento dell’amministrazione. Nei giorni scorsi c’erano stati problemi per il raggiungimento del numero legale sino a portare l’opposizione a richiedere le dimissioni del Sindaco e, considerate le assenze dell’intero gruppo di maggioranza, si era deciso per spostare la riunione al 30 aprile. Anche se secondo i consiglieri di opposizione, chi avrebbe votato a favore di quel bilancio “avrebbe approvato un documento non veritiero perché del tutto falsato rispetto alla realtà” in quanto alcune attività non sarebbero più esigibili perché trascorsi i termini della prescrizione, e nonostante il voto d’astensione di due consiglieri della maggioranza (Russo G. e Trivolo) motivata principalmente per mancata condivisione dei metodi di convocazione del consiglio da parte del Sindaco, il primo punto all’ordine del giorno passa con sei voti favorevoli, cinque voti contrari e due astenuti (3 consiglieri assenti, due del gruppo di maggioranza e uno d’opposizione). A termine della seduta il Sindaco Giovanni Camastra ha annunciato pubblicamente ai consiglieri comunali tutti l’iniziativa del 4 maggio di un Consiglio Comunale Aperto per il prossimo 4 maggio con la presenza straordinaria di Mina Welby, co-presidente dell’associazione Luca Coscioni, per presentare la proposta di legge d’iniziativa popolare sul rifiuto dei trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia.
A margine del consiglio abbiamo chiesto al Consigliere Gregorio Russo di spiegarci le motivazioni della loro astensione. “Ci siamo astenuti, – spiega Gregorio Russo – come gruppo Botricello Libera (gruppo formato da entrambi i consiglieri comunali astenuti assieme al consigliere di maggioranza Fernando Russo però assente), perché non condividiamo innanzitutto le modalità con le quali il Sindaco decide di convocare consigli senza consultare i consiglieri di maggioranza, e poi riteniamo di non condividere i metodi con i quali sono state spese determinate somme all’interno della maggioranza. Le faccio un esempio: questa struttura qua (e indica la nuova sede del Palazzo Comunale da poco inaugurata)”. Ci sono somme di cui …- non facciamo in tempo a terminare che Viscomi aggiunge: “Non le conosciamo. È questo il problema!”. Allora domandiamo: ma il documento di bilancio l’avete potuto visionare? “No, io ho ricevuto la notifica il 24 di aprile, quando la legge dice che deve essere notificato 20 giorni prima della convocazione del consiglio. Il 24 d’aprile (me l’hanno notificato ndr), il 25 è festa, il 27 e 28 sabato e domenica (e il comune è chiuso ndr) e martedì il consiglio”. Quindi, se abbiamo capito bene, lamentate i tempi e i modi più che le singole spese? Non ci sono dubbi riferiti a singole spese? “No, noi praticamente critichiamo i metodi di agire”. Avreste voluto un maggior coinvolgimento? “Si, un maggior coinvolgimento”. Poi, infatti, per avere un ulteriore chiarimento, abbiamo sentito al telefono l’assessore alla Cultura, Salvatore Procopio senza mezzi termini afferma che “quello che dice Gregorio Russo è un falso. Un falso procedurale”. “Russo ha avuto notificato dal segretario con un ufficiale giudiziario l’atto. Gli viene notificato che il bilancio approvato dalla Giunta viene depositato negli uffici della ragioneria”. Ciò per consentire anche a lui, come tutti i consiglieri, di prendere visione 20 giorni prima come prevede la legge e fare eventuali emendamenti in consiglio. Quello notificato il 24 di aprile “è soltanto” – c’ha spiegato l’assessore Procopio – “la convocazione del consiglio che – nella giornata di oggi in seconda convocazione – ha approvato il bilancio” “Ci sono due notifiche, è questo che trascura Gregorio Russo. Questo “falso” sulla procedura “non legale” che sarebbe stata seguita per la convocazione, conclude Procopio che difende l’operato della giunta e del sindaco Giovanni Camastra, viene propinato per puro spirito di contraddizione e lamentare un mancato coinvolgimento che invece c’è sempre stato. Al link di seguito l’intervista al Gregorio Russo.
Botricello (CZ): Dibattito su eutanasia legale e rifiuto trattamenti sanitari e Consiglio Comunale aperto
Ammalarsi fa parte della vita. Come anche guarire, morire, nascere, invecchiare, amare. E le buone leggi servono alla Vita anche per impedire che siano altri a scegliere per noi. Il prossimo sabato 4 maggio 2013 alle ore 17.00, nel giorno del Santo Patrono, a Botricello (CZ) presso la sede del nuovo Palazzo Comunale di Via Nazionale 351, nell’ambito di una più ampia mobilitazione nazionale di raccolta firme, con la presenza straordinaria di Mina Welby, moglie di Piergiorgio Welby e co-Presidente dell’associazione Luca Coscioni, sarà presentata ai cittadini e al consiglio comunale appositamente convocato sotto forma di consiglio comunale “aperto”, la proposta di legge d’iniziativa popolare sul rifiuto dei trattamenti sanitari e la liceità dell’eutanasia promossa in tutta Italia dall’associazione Coscioni, dagli Amici di Eleonora Onlus, da Exit Italia, dallo Uaar e Radicali Italiani. All’evento, ovviamente, sarà inoltre possibile sottoscrivere la proposta di legge che già l’assessore Salvatore Procopio, il Sindaco Giovanni Camastra, l’assessore Valea e molti altri cittadini hanno firmato ai tavoli di raccolta organizzati nei giorni scorsi.
Rifiuti, una proposta per uscire dall’emergenza
di Giuseppe Candido
Sellia Marina, come Cropani e Botricello e come quasi tutti i comuni calabresi, sta vivendo l’acuirsi del problem
a dei rifiuti che straripano dai cassonetti a causa di scelte sbagliate del passato e di un commissariamento per l’emergenza durato 16 anni senza risolvere il problema anzi, in alcuni casi, contribuendo ad aggravarlo. Le discariche sono colme e l’inceneritore di Gioia Tauro brucia Cdr (combustibile da rifiuti) proveniente da altre regioni poiché il rifiuto tal quale, indifferenziato, non può venir bruciato e occorre trattarlo con appositi impianti. Sull’avvio (necessario ma mai fatto) di un ciclo integrato dei rifiuti anche in Calabria, ne vado scrivendo da anni. E già dal 2010 dicevo che in Calabria stava andando a finire come a Napoli. Bando alle polemiche, dunque, troviamo il modo trasformare in risorsa le 4.086,62 tonnellate ogni anno di rifiuti urbani (RSU tal quale) che produciamo nel comune di Sellia Marina. Secondo i dati del rapporto Arpacal 2010 (pubblicato il 12 giugno del 2012), a Sellia Marina si producono, infatti, ben 11 tonnellate di rifiuti ogni giorno, comprese le domeniche e i festivi. Solo 549,093 tonnellate/anno è la parte di rifiuti urbani differenziata (un triste 13,43%) che Sellia Marina riesce a evitare di portare come rifiuto tal quale in discarica. Di questi quasi 550 tonnellate/anno di rifiuti differenziati, l’Arpacal ci dice che 230,13 t. ogni anno sono costituiti da rifiuti ingombranti, 141,4 t. sono i rifiuti provenienti da giardini e parei, 74,72 t. di carta e cartone, solo 37,76 t./anno di vetro raccolto e 25,039 di imballaggi misti (multi materiali) che quindi nessun consorzio sarebbe disposto a comprare. Insomma, una fotografia di una situazione drammatica rilevata dai tecnici, senza nessuna speculazione politica. Solo, dati, impietosi dati che testimoniano il palese fallimento di un’intera classe dirigente, senza distinzione di colore. Allora rimbocchiamoci le maniche e cerchiamo di capire cosa poter fare. L’Europa ci chiede di centrare l’obiettivo del 50% di RD ma, se volessimo, potremmo tranquillamente arrivare al 70 ma anche all’80%. E’ soltanto una questione di volontà e organizzazione!
Innanzitutto, credo bisognerà prevedere, a regime, l’abolizione totale del sistema dei cassonetti, alla revoca di tutte le attuali convenzioni per la raccolta dei rifiuti e alla dismissione degli attuali siti di stoccaggio provvisorio ingombranti.
- Realizzazione di un centro di raccolta comunale (o intercomunale) (vedi sito modulo-beton.com) modulare prefabbricato che, per costi, tempi e costi di gestione, offre una serie di vantaggi specifici. Sotto, a fine post, c’è il video della presentazione 3D del sistema modulo beton (http://youtu.be/YZzCzR58ZjY);
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Stipula convenzioni con CoReVe, CoRePla, Comeico, CIAl per il recupero di vetro, plastica, carta e cartone, alluminio e ferrosi; a questo link, giusto a titolo di esempio, c’è una convenzione tipo tra CoReVe e Comune, per il ritiro del vetro differenziato! Sullo stesso sito ci sono tutti i materiali informativi ai cittadini e, persino, un progetto educativo completo per le scuole; non c’è nulla da inventarsi! E se la stessa cosa la si fa con plastica, alluminio e carta, oltreché compost per l’umido, allora quella montagna traboccante ora dai cassonetti che ci fa vergognare, d’estate, d’esser calabresi, accumulata nel centro di raccolta, inizierà ad apparire quello che è: una risorsa;
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contemporaneo avvio della raccolta differenziata porta a porta di vetro, plastica, carta e cartone, alluminio e ferrosi; aspetto nevralgico del sistema dovrebbe essere affrontato su scala comunale, o anche in unione tra comuni limitrofi, attraverso un’azienda pubblica e trasparente, senza poltrone di prestigio ma in cui i lavoratori siano co-amministratori e soci;
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per l’umido, servirà avviare un sistema di incentivi per il compostaggio domestico dell’organico e contemporaneo avvio di progetti mirati al recupero di fondi per la realizzazione di una compostiera comunale;
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avvio in discarica solo dell’indifferenziato (oggi pari al 86,7% dei rifiuti urbani prodotti) ma che, dopo aver portato la RD a livelli almeno del 60-65% in un anno, non dovrà superare il 35-40%, con un notevole risparmio di spesa per le casse comunali che, sommato ai ricavi provenienti dalla vendita degli imballaggi, costituirà un’entrata fissa nelle casse del comune;
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avvio di azioni di comunicazione e sensibilizzazione dei cittadini e nelle scuole al fine di incentivare la riduzione dei rifiuti prodotti, di informare sulle corrette modalità di differenziazione del rifiuto.
Solo queste azioni mirate di livello comunale e/o concertate in unione tra comuni, se adeguatamente coordinate con un Piano Regionale dei rifiuti che, a differenza di quello attuale, per la parte indifferenziata che comunque sempre avanza anche dal migliore sistema di raccolta differenziata, scommetta sui più moderni e meno inquinanti impianti di Trattamento Meccanico Biologico per la gestione a freddo dei rifiuti che, diffusi sul territorio al posto (e non al affianco come avviene gogi per produrre combustibile da rifiuti) degli inceneritori, ci faranno uscire bene dall’emergenza. Soltanto avviando un serio “ciclo a cinque stelle”, un ciclo integrato dei rifiuti anche in Calabria partecipato dai cittadini, condiviso e incentrato sulla strategia delle “erre” proposte della “rete nazionale rifiuti zero” (Riduzione alla fonte, Riutilizzo/Riuso, Raccolta differenziata porta a porta, Riciclo/Recupero dei materiali), sarà possibile smetterla di pagare sanzioni all’Europa perché non trasformiamo la TARSU, la tassa sui rifiuti, in un sistema tariffario più equo, basato sulla quantità e sul grado di differenziazione dei rifiuti, anziché sui metri quadrati dei superficie dell’immobile tassato. E, soprattutto, sarà possibile smetterla di vedere i cassonetti per strada traboccanti di rifuti maleodoranti e putrescenti! Un altro piano di assunzioni, fatto magari in modo clientelare in vista delle prossime elezioni europee del 2014 e regionali del 2015, solo per spendere un po’ di soldi e fare qualche altra opera pubblica totalmente inutile o peggio dannosa, un’altro piano senza una visione d’insieme e senza condivisione, rischia di farci precipitare ancora più nel baratro. La questione è assai complessa e merita sicuramente approfondimenti, contributi e, sicuramente, la condivisione e la partecipazione di tutti i cittadini. Per poterla discutere con qualcuno ho postato la proposta nel Meetup di Botricello dove può essere integrata e modificata per ottimizzarla e renderla operativa.
Botricello (CZ): Anche il primo cittadino, il dott. Giovanni Camastra, firma per il rifiuto dei trattamenti sanitari e la liceità dell’eutanasia
Con il tavolo di raccolta firme per eutanasialegale.it a Botricello (CZ) è stato dato il via anche in Calabria, alla raccolta delle 50.000 firme necessarie per depositare in parlamento la proposta di legge d’iniziativa popolare per il rifiuto dei trattamenti sanitari e la liceità dell’eutanasia. A comunicarlo in una nota a fine giornata sono Francesco Galea attivista dell’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e Giuseppe Candido, docente di matematica a Botricello, sindacalista e anche lui militante dell’associazione Luca Coscioni. “La raccolta è cominciata positivamente: dalle 18 alle 19.30 abbiamo raccolto 24 firme tra le quali, però, anche quella del primo cittadino, dott. Giovanni Camastra (tra l’altro medico chirurgo) che ha annunciato pubblicamente, assieme all’assessore Salvatore Procopio, che saranno lieti e onorati, come amministrazione comunale, di poter ospitare Mina Welby, moglie di Piergiorgio Welby morto il 16 dicembre del 2006 interrompendo sotto sedazione la ventilazione artificiale che lo manteneva in vita, il prossimo 4 maggio a Botricello nella sede del consiglio comunale. Il sindaco Camastra ha affermato infatti di voler sostenere questa iniziativa di civiltà e, per questo, fare un Consiglio Comunale aperto ai cittadini finalizzato, oltreché alla presentazione e alla promozione del progetto di legge d’iniziativa popolare sull’eutanasia legale, anche all’adozione di un registro dei testamenti biologici comunale attraverso una deliberazione ad oc del consesso civico. Per oggi pomeriggio, venerdì 29 marzo, sempre dalle 17.00 alle 19.00, nello stesso luogo (difronte sede comunale via Nazionale, Ss106) abbiamo deciso con l’assessore all’ecologia, Salvatore Procopio, di ripetere il tavolo proprio durante la processione del venerdì Santo.
Sul sito eutanasialegale.it trovate anche il modo di attivarvi on line e sul territorio dove risiedete