Martedì 11 aprile 2017, presso il liceo Classico Pitagora di Crotone si è svolta un’altra assemblea provinciale in orario di servizio organizzata dalla Gilda degli Insegnanti – Federazione Gilda Unams Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia che ha visto la partecipazione del Prof. AntoninoTindiglia, coordinatore regionale della Federazione Gilda Unams per la Calabria e componente della direzione nazionale della Gilda degli insegnanti – Federazione Gilda Unams; il prof. AldoTrapuzzano, coordinatore provinciale della Federazione Gilda Unams Catanzaro Vibo Crotone e il prof. GiuseppeCandido, dirigente sindacale della Gilda insegnanti e della federazione Gilda Unams Catanzaro-Vibo-Crotone e responsabile territoriale per la Gilda degli insegnanti di Crotone.
L’assemblea tenutasi dalle 10:30 alle 13:30, è stata molto partecipata tanto che molti docenti intervenuti dalle scuole della provincia hanno dovuto ascoltare da fuori dell’aula magna della scuola.
Scorretto verso i Prof l’articolo di Gurrado che parla della scuola come “mondo della lamentela”. Sicuramente non può essere considerato un’inchiesta.
Lunedì 9 gennaio il Foglio ha pubblicato quella che nell’occhiello viene definita “inchiesta” sulla scuola. In realtà di inchiesta l’articolo di Antonio Gurrado ha ben poco. Pubblichiamo di seguito la replica inviata al Foglio dal nostro direttore editoriale (che sulla scuola ne ha scritte tante), con la speranza che la pubblichino con stessa evidenza.
di Giuseppe Candido
GentiledirettoreClaudioCerasa,
Stando al vocabolario Treccani, la parola “inchèsta”, dovrebbe essere generalmente riferita a un’indagine “svolta oralmente o per iscritto per determinare lo stato oggettivo di fatti, situazioni”; in particolare un’inchiesta giornalistica, dovrebbe esser “condotta da giornalisti su aspetti o fatti particolari della vita pubblica, a scopo di informazione dei lettori e spesso anche con intenti di polemica politica o sociale”.
La polemica, dunque ci sta tutta. E non dimentichiamo che quando si pecca, si può farlo con parole, opere, ma anche con “semplici” omissioni.
Ciò premesso mi consenta di dissentire con quanto riportato nella “inchiesta” di Antonio Gurrado pubblicata su Il Foglio lunedì 9 gennaio col titolo (in prima) “La mala educatiòn” con cui l’autore, insegnante fresco di conferma in ruolo, – “marziano nel sistema d’istruzione” – come lui stesso afferma di essere, pretende di spiegarci -da Candido- “i” “perché la nostra scuola è diventata il più grande incubatore di delegittimazione sociale”: battaglia contro il merito (dei prof che non vogliono farsi valutare da nessuno, ndr ma fortemente sottinteso), presidi senza poteri (poverini, ndr) e riforme impossibili”. Continua la lettura di La mala educatión … e la scuola delle lamentele che non c’è→
E’ giunto il momento, con coraggio e determinazione, di porre decisioni, suggerire azioni, indicare indirizzi ed offrire ragioni alla libertà ed intelligenza di tutti.
Il ddl sulla scuola presentato giovedì 12 marzo col titolo “Disposizioni in materia di autonomia scolastica, offerta formativa, assunzioni e formazione del personale docente, dirigenza scolastica, edilizia scolastica e semplificazione amministrativa”, è un vero pastrocchio. C’è di tutto e di più. Deleghe in bianco che, qualora il testo del ddl fosse approvato così com’è me, daranno il “potere” al Governo Renzi per stravolgere l’intero sistema dell’Istruzione pubblica statale attraverso una serie di decreti legislativi delegati.
Con lo slogan “professori scelti dei presidi” e “soldi a chi merita”, durante il Consiglio dei Ministri giovedì 12 marzo e relativa conferenza stampa, “la buona scuola” di Renzi ha finalmente visto la “luce” in un disegno di legge. Dopo aver posto in consultazione online un documento di 136 pagine per oltre due mesi, e dopo aver rinunciato a varare la riforma per decreto legge con procedura d’urgenza, adesso il disegno di legge varato dal Consiglio dei Ministri che dovrà essere approvato in Parlamento, è di sole ventidue pagine. E il grande piano d’assunzioni passa da 148.100 precari a poco più di 100mila. Nella conferenza stampa il premier – da grande comunicatore – l’ha definito “una rivoluzione culturale”. Continua la lettura di #LaBuonaScuola … che non vorrei→
Qualcuno ha capito perché Renzi, lunedì 2 marzo, dopo aver detto alle 18 che per il decreto legge sulla scuola era tutto apposto, che tutto filava liscio, neanche tre ore dopo, alle 20:45, ha fatto sapere che la riforma della scuola non si sarebbe fatta per decreto d’urgenza ma si sarebbe seguito l’iter parlamentare del disegno di legge? In soldoni: Qualcuno ha capito perché, all’ultimo momento, sia saltata la riforma della “Buona Scuola”? O vogliamo davvero dirci che Renzi si sia ravveduto tutto d’un colpo?
La Federazione Gilda Unams – Gilda degli Insegnanti della regione Calabria, in collaborazione con il Centro Studi Gilda e l’Associazione Nazionale Docenti Art. 33, giovedì 26 febbraio 2015 dalle 8.30 alle 12.30 presso il teatro Umberto di Lamezia Terme, in via San Domenico di Nicastro, ha organizzato la seconda edizione del Convegno nazionale “Star bene a scuola 2”, regolarmente riconosciuto dal Miur come corso di aggiornamento e formazione, per a affrontare il tema dello stress da lavoro correlato anche in vista della proposta di riforma #labuonascuola del Governo. La prima edizione del convegno si era svolta a Lamezia Terme a maggio 2014.Continua la lettura di #LaBuonaScuola? @GildaInsegnanti riparte dalla #Calabria con un convegno: Star bene a scuola 2→
“Metto a verbale che la scuola è il punto di partenza”.
a cura di Giuseppe Candido (*)
Nel 2010, quando ancora al governo c’era Berlusconi, il Partito Democratico lanciava l’allarme sulla scuola e, partendo dagli obiettivi di Europa 2020, nelle “dieci proposte per la scuola di domani” approvate dall’assemblea di Varese, testualmente scriveva che
“Per il futuro dell’Italia, per tornare ad avere alti tassi di occupazione, produttività e coesione sociale, dobbiamo raggiungere un risultato molto concreto: dimezzare il nostro tasso di dispersione scolastica e triplicare il numero di laureati. Solo se sapremo investire sui saperi, scommettendo sulla qualità del capitale umano del nostro Paese e su una società della conoscenza diffusa, potremo tornare a crescere”.
Beh, non mi pare che lo stia facendo. Ora quando al governo c’è il PD, il sottosegretarioall’Istruzione Reggi propone un “nuovo” piano per la scuola. Anche se, in realtà, pare siano state “parole meditate male” (Sic!).
In cosa consisterebbe la proposta Reggi snocciolata a Repubblica e poi ritrattata coi prof siciliani durante un convegno?
Il tutto sta nel rendere i docenti meri impiegati a trentasei ore settimana. Ufficialmente si dice che le motivazioni sono “tenere gli istituti aperti fino alle 10 di sera”, ovviamente senza investimenti o nuove assunzioni, ma col “raddoppio dell’orario settimanale per tutti i docenti”; i premi che dovrebbero sostituire gli aumenti contrattuali, solo a chi si impegna di più. Stando agli annunci di Reggi la proposta doveva diventare “legge delega” nei prossimi giorni.
I punti cardine?
Orario flessibile e più lungo per gli insegnanti, da 18 ore (secondarie) e 24-25 (materna e primaria) a 36 ore per tutti. Le attività connesse alla funzione docente verrebbero svolte negli istituti, che così potrebbero essere aperti anche di pomeriggio e sera fino alle 22, oltre che nel mese di luglio.
Un impegno a parità di stipendio, con incentivi (fino al 30% delle retribuzione) solo per i docenti con incarichi aggiuntivi di vicepresidenza, coordinamento, laboratori o competenze specifiche su inglese o informatica. La formazione sarà obbligatoria e le supplenze brevi saranno assegnate ai docenti in ruolo. Le risorse necessarie arriverebbero dalla riduzione da 5 a 4 anni del percorso delle superiori. In pratica i professori dovranno fare le supplenze dei loro colleghi assenti.
Che grande rivoluzione, che grande investimento sui saperi. Anziché aumentare le ore di scuola per investire sui saperi e conoscenze, anziché assumere i tanti precari che finora hanno dato il loro sangue e retto la scuola, il giovane Renzi riduce il numero di anni di scuola d 5 a 4, riduce il numero dei docenti che saranno assunti in futuro e trasforma i docenti in meri impiegati.
Ma se questa è la proposta del sottosegretario all’Istruzione del governo a guida PD, ecco invece, cosa aveva detto proprio Matteo Renzi sulla scuola durante il suo discorso col quale ha chiesto (e ottenuto) la fiducia al Senato.
Al 1° luglio – aveva detto il Premier – avendo affrontato i temi costituzionali, istituzionali, elettorali, di lavoro, di fisco, di pubblico impiego, di giustizia e impostato un diverso atteggiamento verso la scuola (…) Noi pensiamo che non ci sia politica alcuna che non parta dalla centralità della scuola. (…) Qual è la priorità che questo Paese ha nei confronti degli insegnanti? Sicuramente lo sa il Ministro dell’istruzione pubblica e dell’università: coinvolgere dal basso in ogni processo di riforma gli operatori della scuola. Non c’è dubbio. Ma c’è una priorità a monte: recuperare quella fiducia, quella credibilità, recuperare quella dimensione per cui se qui si fanno le cose, allora nelle scuole si può tornare a credere che l’educazione sia davvero il motore dello sviluppo. (…) Chi di noi tutti i giorni ha incontrato cittadini, insegnanti, educatori e mamme sa perfettamente che c’è una bellissima e straordinaria richiesta che è duplice. Da un lato si chiede di restituire valore sociale all’insegnante, e questo non ha bisogno di alcuna riforma, ma di un cambio di forma mentis. (…)
Ci sono fior di studi di economisti che dimostrano come un territorio che in veste in capitale umano, in educazione, in istruzione pubblica è un territorio più forte rispe tto agli altri. … Mi recherò in una scuola (la prima sarà un istituto di Treviso, perché ho scelto di partire dal Nord-Est, mentre la settimana prossima andrò in una scuola del Sud), e lo farò perché penso che sia fondamentale che il Governo non stia soltanto a Roma, e quindi mi recherò nelle scuole, come facevo da sindaco, per dare un segnale simbolico, se volete persino banale, per di mostrare che da lì riparte un Paese. …
È chiaro che il tema della scuola è parziale rispetto al grande tema dell’educazione. Si inizia con gli asili nido. Gli Obiettivi di Lisbona vedono oggi un Paese drammaticamente diviso in due, tra una parte dell’Italia che ha già raggiunto quegli obiettivi (con alcune città che stanno sopra il 40 per cento) e una parte dell’Italia … Metto a verbale che la scuola è il punto di partenza, e intervengo sulle quattro riforme che vi proponiamo, che vi proporremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. (fonte L’Espresso)
È evidente che il governo Renzi se oggi fa questa proposta che fa scendere sul piede di guerra tutti i professori, è solo perché non conosce la realtà della scuola italiana.
Come dimostrano semplici calcoli, gli insegnanti italiani le 36 ore le fanno già!
Non ci credete?
Oltre al proprio orario di diciotto ore settimanali frontali di lezione, oltre alle 80 ore annue per attività funzionali all’insegnamento, oltre alle ore per preparare le lezioni, un docente come il sottoscritto che insegna scienze matematiche, chimiche e naturali nella scuola media, avendo tre classi ognuna di 25 alunni in media, e dovendo fare, ogni quadrimestre, almeno quattro verifiche di matematica e due di scienze, correggerà almeno 900 compiti all’anno. Calcolando per difetto una media di 20′ a compito, si hanno 300 ore all’anno equivalenti ad altre 9 ore alla settimana.
Orario di cattedra: 18 ore frontali per 33 settimane. Ricevimento genitori: 1 ora a settimana (oltre le 18). Attività funzionali: Collegi docenti, Consigli di classe, Ricevimenti generali, Riunioni di materia, etc. strutturate secondo un calendario pomeridiano preciso: 80 ore annue (circa 2 ore a settimana). Preparazione delle lezioni e delle verifiche: totale difficile da stimare, variabile da disciplina a disciplina, da docente a docente: approssimando per difetto circa 30 minuti per ogni ora di lezione per un totale di 9 ore settimanali.
Correzione dei compiti: dipende dal numero di alunni e dalla disciplina. Approssimando sicuramente per difetto sono circa 9 ore settimanali.
Alcuni esempi: un docente di Lettere con tre classi (ma si possono avere 4 o 5 classi ) media 75 alunni (ma si possono avere classi da 28-30 alunni) deve correggere sei scritti a quadrimestre (3 di Italiano, 2 di Latino, 1 per supportare l’interrogazione orale) per un totale di 450 compiti a quadrimestre e 900 all’anno. Calcolando per difetto una media di 20′ a compito si hanno circa 9 ore a settimana; lo stesso numero di ore risulta se provate a calcolare il numero di compiti di un professore di scienze con 9 classi o di un docente di lingue straniere di scuola media con 6 classi (inglese) o 9 classi (francese). (Fonte, CGIL Scuola di Reggio Emilia)
Il totale complessivo è di circa 40 ore settimanali che, come si vede, sono facilmente documentabili. Nei programmi del governo era stato promesso di mettere al centro l’istruzione, invece sono stati investiti pochi milioni per le infrastrutture.
Se questo è il modo per ridare dignità agli insegnati e al mondo della scuola, ditemelo voi.
(*) Giuseppe Candido, è dirigente provinciale della Gilda degli insegnanti di Catanzaro
Star bene a scuola: è questo il titolo del Convegno Nazionale svoltosi a Lamezia Terme (CZ) lo scorso 7 maggio, organizzato dalla Federazione Gilda Unams della Calabria – Gilda Insegnanti, in collaborazione con il Centro Studi nazionale e l’Associazione Docenti articolo 33, “per ridare un senso alla professione docente“.
Al convegno è intervenuto anche l’assessore regionale all’istruzione alla cultura Mario Caligiuri: “Il livello di benessere di una civiltà è correlato con il suol livello sostanziale di cultura“; Caligiuri è stato così gentile da rilasciarci anche una breve video intervista. (a cura di Giuseppe Candido)
La federazione Gilda Unams – Gilda degli insegnanti coordinata, in Calabria, dal professor Antonino Tindiglia ha fortemente voluto questo convegno nazionale per affrontare il tema della trasformazione, avvenuta negli ultimi decenni, della professione docente e del disagio correlato al nuovo clima che si vive nelle scuole.
Perché l’usura e lo stress dal lavoro correlato è così alta tra i docenti? E perché intervengono stanchezza e disaffezione, dopo anni di insegnamento?
In pratica queste le domande ai quali i relatori del convegno, tra cui il professor VittorioLodolo D’Oria medico specialista esperto in patologie professionali degli insegnanti e autore di numerose pubblicazioni, ti ho parlato di insegnamento come professione al rischio salute mentale, Fabrizio Roberschegg, presidente dell’associazione docenti articolo 33 e membro del centro-sud i nazionali della Gilda degli insegnanti che, nello specifico, ha relazionato sul disagio degli insegnanti e le ricadute sulla professione docente, e Gianluigi Dotti, responsabile del centro studi nazionale della Gilda degli insegnanti e che ha parlato del “clima scolastico” relativamente quello che è emerso da un’indagine sul “disagio della professione docente”.
“Un corso riconosciuto dal MIUR con nota del 14 aprile 2014 come specifica attività di formazione“, ma che, per il professor Tindiglia, “molti dirigenti scolastici hanno avuto difficoltà a riconoscere come tale e, in alcuni casi, hanno persino ostacolato la partecipazione dei docenti al corso stesso”.
Di seguito, l’intervista al dott. Vittorio Lodolo D’Oria (a cura di Giuseppe Candido)
Il risultato sono stati un bellissimo convegno e una sala piena di docenti interessati ad aggiornarsi e informarsi sull’importante tema riguardante, appunto, salute e benessere dei docenti, ma anche, indirettamente, degli alunni.
Per vedere l’intero intervento del dott. Lodolo D’Oria, sul sito www.GildaTv.it è disponibile la sintesi della giornata a Lamezia e l’intera giornata a Bari.
“Dalle scuole di “avviamento professionale” alla scuola media unificata per tutti, una grande rivoluzione nell’impianto generale del sistema dell’Istruzione obbligatoria”
di Giuseppe Candido*
7 giugno 2013 – Siamo all’Istituto Comprensivo Statale di Botricello, in provincia di Catanzaro, dove si è appena svolta la manifestazione conclusiva di fine anno con la premiazione, da parte della Fondazione Ualsi di don Alfonso Velonà, dei “migliori temi” degli alunni degli Istituti di Botricello, di Belcastro, Marcedusa e Cropani. La manifestazione si è conclusa con rappresentazioni teatrali, recite e video cortometraggi realizzati dai ragazzi.
L’ex dirigente scolastico di Botricello, Prof. Mario Muccari, persona di ragguardevole spessore culturale, nel suo intervento, si è soffermato su una “importante ricorrenza” che, proprio la scuola, non può certo dimenticare: “i 50 anni della scuola media unica”.
Dopo lunghe trattative tra DC e PSI, il 31 dicembre 1962 viene approvata la legge n.1859 che abolisce la “scuola di Avviamento al lavoro” ed istituisce, per la prima volta, “una scuola media unificata” che consenta a tutte e a tutti i cittadini l’accesso a tutte le scuole superiori.
Poiché la memoria assieme al sottoscritto tradisce anche altri colleghi docenti, a margine del suo intervento gli chiediamo di darci qualche ulteriore ragguaglio:
“La scuola media unica” – ricorda con un pizzico di malinconia di chi ha vissuto direttamente quegli anni nella scuola – “nacque il 31 dicembre del 1962 con la legge n°1859. Naturalmente, essendo la legge stata promulgata il 31 dicembre, ad anno scolastico ormai iniziato, ovviamente i suoi effetti si ebbero a partire dall’anno scolastico immediatamente successivo”.
Questo che cosa significava?
“Significava una grande rivoluzione nell’impianto generale del sistema dell’Istruzione obbligatoria perché la legge aumentava l’obbligo scolastico di tre anni per tutti i cittadini. Cresceva l’obbligo scolastico passando da 5 anni di scuola elementare a 8 anni (5 + 3 di scuola media per tutti).
Una rivoluzione per l’Italia degli anni ’60?
“Certo che era una rivoluzione: sofferta e auspicata già da molto tempo. Tant’è vero che in contemporanea la scuola elementare aveva già incominciato a provare continuità d’istruzione aumentando la permanenza nell’attività scolastica con la così detta ”sesta” elementare. E poi con la ”settima”. Forse queste sono cose che ricorderanno le persone più grandi. E contemporaneamente però erano nati altri indirizzi che dovevano e potevano garantire l’inserimento nel mondo del lavoro. Erano le Scuole di Avviamento professionale. E già il nome stesso è indicativo. Naturalmente non erano però, né gli esperimenti della scuola elementare né gli avviamenti professionali, scuole obbligatorie. Con la legge 1859 l’obbligatorietà divenne un fatto comune. Un fatto di legge, e quindi tutti questi momenti dovettero essere ”assorbiti” nella scuola media che perciò prese il nome di ”Unificata”. Doveva assorbire il vecchio impianto di scuola media che già esisteva come triennio essenziale e formativo per l’accesso all’Istruzione superiore. Vi siete mai chiesto perché si chiama 4° e 5° ginnasio lo studio classico, e poi seguono il 1°, il 2° e il 3° liceo? Si chiamano 4° e 5° ginnasio perché era la continuazione dei primi tre anni di scuola media. Che erano proprio propedeutici all’avviamento di studi importanti che poi davano libero accesso a tutte le facoltà universitarie. La nuova legge ”unificava” tutte queste presenze e, per questo, fu chiamata ”scuola media unica”. C’erano però dei problemi grossissimi. Perché, da una parte, bisognava pensare ad una scuola che formasse ”il cittadino di domani” e l’Uomo. Ma c’era anche la necessità di non trascurare l’impianto didattico di chi doveva proseguire gli studi. Per questo vi fu un periodo di transizione in cui i vecchi programmi della scuola continuarono ancora a resistere nella scuola media tant’è vero che, tutti ricorderanno, nella scuola media unica ancora resisteva l’insegnamento del latino che era obbligatorio nei primi due anni ma poi diventava facoltativo nel terzo anno. Praticamente questa facoltatività poteva aprire la possibilità della prosecuzione nel liceo Classico per chi era intenzionato a seguire questa strada oppure ‘no’ per chi invece non aveva seguito l’insegnamento facoltativo del Latino”
Oggi che invece si tende a far evadere l’obbligo scolastico con corsi di formazione realizzati a livello regionale che, quindi, non hanno tutti lo stesso standard di qualità su base nazionale, è un po’ il contrario di ciò che si voleva fare allora?
Sono comunque esperienze tutte positive. Nel senso che la preoccupazione oggi è legata a proiettare i soggetti verso la possibilità occupazionale.
Ciò vale anche quando questi corsi vengono fatti da associazioni e quant’altro come avviene in Calabria?
Non bisogna confondere così come si va’ espletando con quelli che erano gli intenti originari. Bisognerebbe vigilare attentamente e persistere.