Il Mediterraneo continua a restituire corpi. Corpi di uomini, donne, ragazzi bambini morti annegati o assiderati.
È una tragedia in corso che non può essere attribuita al solo cinismo di coloro che fanno imbarcare vite umane nonostante il freddo invernale e le condizioni proibitive del mare. La banalità del male, dice qualcuno, bussa oggi alla porta Sud del Mediterraneo.
Ma alle stragi di migranti si risponde con la paura dell’altro, con la minaccia dell’Isis.
Non si discute – come ha ricordato Emma Bonino a Ballarò- delle lotte tra shiti e sunniti che agitano quel mondo che sta alle nostre porte e si banalizzano le lotte intestine, ancor più violenti tragiche, tra sunniti e sunniti! Lotte e violenze dalle quali fuggono donne, uomini e bambini.
Ma quella in corso nel Mediterraneo è tragedia che non può essere attribuita al solo cinismo di chi li fa imbarcare nonostante il gelo invernale e le proibitive condizioni del mare. Nel mare nostro si muore.
Dopo il naufragio ennesimo del 3 ottobre 2013, il governo italiano aveva avviato l’operazione “Mare Nostrum” che era riuscita a salvare, attraverso il pattugliamento, 170.000 persone migranti.
Oggi però non si pattuglia più, non si ricerca. Con l’operazione Triton si sorvegliano le frontiere e, casomai qualche gommone sbatte sulla chiglia di una nave li soccorriamo con Salvini che, dai Tg, strilla: “fuori i clandestini con gli scafisti“.
Per questo alcuni cittadini e alcune associazioni hanno lanciato un petizione online su una famosa piattaforma per chiedere al Governo italiano e al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, di riattivare Mare Nostrum e fare pressione sull’Unione Europea per la condivisione di questa responsabilità che riguarda le frontiere comuni dell’Unione.
Io l’ho firmata (la petizione) e mi auguro che Renzi provveda senza timore di perdere voti con Salvini. Perché si tratta di vite umane, di donne, bambini e uomini che fuggono le miserie del mondo.
Il grande comunicatore ha sparato l’ultima: si ricomincia da #laBuonaScuola. Un grande investimento nella cultura e nell’istruzione – dice – per far ripartire l’Italia. Bene, dico io. La scuola statale italiana – per come è ridotta oggi – ha bisogno di investimenti e di risorse. Senza contare che già Alfred Marshall, nei “Principi di economia”, a fine ‘Ottocento, certificava che nessun altro investimento può tornare utile alla collettività, alla crescita e allo sviluppo dell’economia di un Paese, se non quello fatto nei settori della scuola e della ricerca. Ma quello della buona scuola è davvero un investimento? Innanzitutto bisogna dire che le assunzioni dei precari “per ridare linfa alla scuola” non rappresentano un’iniziativa autonoma del governo, ma la risposta obbligata alla sentenza della Corte di Giustizia europea che lo scorso 26 novembre ha dichiarato illegittimo la reiterazione – oltre i 36 mesi – del contratto di lavoro a tempo determinato.
Il governo per non prendere multe salatissime ed evitare una valanga di ricorsi, deve per forza prevedere l’assunzione dei docente che, da anni, sono precari. Ma se questa assunzione avviene con risorse sfilate dalle tasche dei docenti che si assumeranno e quelli che già son di ruolo bloccando loro gli scatti fino al 2018, è evidente che, con un abile gioco delle tre carte e con altrettanta abilità comunicativa, si fa passare per un investimento quello che, in realtà, è un ulteriore, ennesimo, taglio all’istruzione. Dopo aver tagliato sul numero di ore delle medie, sul maestro unico e sui fondi d’istituto per recuperare gli scatti dei docenti, adesso per poter assumere i precari si impone il blocco degli scatti agli insegnanti che, vale la pena ricordarlo, hanno già gli stipendi più bassi della media europea e lavorano più giorni all’anno dei loro colleghi tedeschi.
Lo scorso 12 novembre si sono chiuse le “consultazioni on line” volute dal governo sulla bozza di riforma totale, appunto, “La buona scuola”. Alla consultazione hanno partecipato poco più di centomila utenti online, tra docenti, genitori e cittadini. Su oltre ottocentomila docenti e più di due milioni di genitori, le risposte al questionario pare siano pochissime. E molte sono critiche rispetto alla proposta.
In questi ultimi tempi, nel periodo estivo, per cercare di far cassa nel pubblico impiego, il sottosegretario all’istruzione aveva proposto, addirittura, di portare a trentasei ore l’orario settimanale degli insegnanti di ogni ordine e grado, senza tenere conto però che – come ricordava già nel 1913, Luigi Einaudi – ciò può sembrare logico soltanto ai burocrati che si occupano di lavoro in ufficio. E che il fiato non è una merce. Tanto acquista in quantità, quanto perde in qualità. E questo lo dovrebbe capire anche un bambino, prima di mettersi a giocare con twitter.
Riceviamo dal Prof. Tindiglia coordinatore provinciale della Gilda Catanzaro e membro della direzione nazionale della Gilda Insegnanti – Federazione Gilda Unams, il Comunicato ufficiale della Direzione nazionale della Gilda Insegnanti che volentieri – come dirigenti provinciali della Gilda di Catanzaro – condividiamo e pubblichiamo
La Direzione nazionale della Gilda degli Insegnanti, riunitasi a Roma il 21 agosto 2014, ha discusso della situazione dell’istruzione e della scuola, che è in Italia istituzione tutelata dalla Costituzione.
Il dibattito dei dirigenti nazionali dalla Gilda si è soffermato in particolare sulla condizione nella quale in questi ultimi anni i docenti svolgono la loro attività professionale, mal retribuita ed oppressa dalla burocrazia.
In attesa delle linee guida preannunciate alla stampa dal Presidente del Consiglio, la Gilda degli Insegnanti ricorda che se l’istruzione in Italia mantiene livelli ancora buoni è grazie alla professionalità e alla dedizione della stragrande maggioranza dei docenti.
Fiduciosi che le linee guida possano essere tali da garantire sia il livello dell’istruzione sia, soprattutto, le risorse economiche necessarie per un rilancio del settore dell’istruzione statale, la Gilda ribadisce l’assoluta contrarietà ad una politica scolastica che già da troppi anni taglia anche l’indispensabile e quindi rispetto ai paventati tagli di un anno del percorso scolastico delle secondarie, al prospettato ulteriore blocco della parte economica del CCNL e degli scatti di anzianità, all’aumento dell’orario di lavoro dei docenti, nel contesto di una possibile revisione unilaterale della parte normativa.
La Gilda degli Insegnanti, in tale ipotesi, sarebbe pronta a chiamare i docenti alla mobilitazione nazionale.
“Metto a verbale che la scuola è il punto di partenza”.
a cura di Giuseppe Candido (*)
Nel 2010, quando ancora al governo c’era Berlusconi, il Partito Democratico lanciava l’allarme sulla scuola e, partendo dagli obiettivi di Europa 2020, nelle “dieci proposte per la scuola di domani” approvate dall’assemblea di Varese, testualmente scriveva che
“Per il futuro dell’Italia, per tornare ad avere alti tassi di occupazione, produttività e coesione sociale, dobbiamo raggiungere un risultato molto concreto: dimezzare il nostro tasso di dispersione scolastica e triplicare il numero di laureati. Solo se sapremo investire sui saperi, scommettendo sulla qualità del capitale umano del nostro Paese e su una società della conoscenza diffusa, potremo tornare a crescere”.
Beh, non mi pare che lo stia facendo. Ora quando al governo c’è il PD, il sottosegretarioall’Istruzione Reggi propone un “nuovo” piano per la scuola. Anche se, in realtà, pare siano state “parole meditate male” (Sic!).
In cosa consisterebbe la proposta Reggi snocciolata a Repubblica e poi ritrattata coi prof siciliani durante un convegno?
Il tutto sta nel rendere i docenti meri impiegati a trentasei ore settimana. Ufficialmente si dice che le motivazioni sono “tenere gli istituti aperti fino alle 10 di sera”, ovviamente senza investimenti o nuove assunzioni, ma col “raddoppio dell’orario settimanale per tutti i docenti”; i premi che dovrebbero sostituire gli aumenti contrattuali, solo a chi si impegna di più. Stando agli annunci di Reggi la proposta doveva diventare “legge delega” nei prossimi giorni.
I punti cardine?
Orario flessibile e più lungo per gli insegnanti, da 18 ore (secondarie) e 24-25 (materna e primaria) a 36 ore per tutti. Le attività connesse alla funzione docente verrebbero svolte negli istituti, che così potrebbero essere aperti anche di pomeriggio e sera fino alle 22, oltre che nel mese di luglio.
Un impegno a parità di stipendio, con incentivi (fino al 30% delle retribuzione) solo per i docenti con incarichi aggiuntivi di vicepresidenza, coordinamento, laboratori o competenze specifiche su inglese o informatica. La formazione sarà obbligatoria e le supplenze brevi saranno assegnate ai docenti in ruolo. Le risorse necessarie arriverebbero dalla riduzione da 5 a 4 anni del percorso delle superiori. In pratica i professori dovranno fare le supplenze dei loro colleghi assenti.
Che grande rivoluzione, che grande investimento sui saperi. Anziché aumentare le ore di scuola per investire sui saperi e conoscenze, anziché assumere i tanti precari che finora hanno dato il loro sangue e retto la scuola, il giovane Renzi riduce il numero di anni di scuola d 5 a 4, riduce il numero dei docenti che saranno assunti in futuro e trasforma i docenti in meri impiegati.
Ma se questa è la proposta del sottosegretario all’Istruzione del governo a guida PD, ecco invece, cosa aveva detto proprio Matteo Renzi sulla scuola durante il suo discorso col quale ha chiesto (e ottenuto) la fiducia al Senato.
Al 1° luglio – aveva detto il Premier – avendo affrontato i temi costituzionali, istituzionali, elettorali, di lavoro, di fisco, di pubblico impiego, di giustizia e impostato un diverso atteggiamento verso la scuola (…) Noi pensiamo che non ci sia politica alcuna che non parta dalla centralità della scuola. (…) Qual è la priorità che questo Paese ha nei confronti degli insegnanti? Sicuramente lo sa il Ministro dell’istruzione pubblica e dell’università: coinvolgere dal basso in ogni processo di riforma gli operatori della scuola. Non c’è dubbio. Ma c’è una priorità a monte: recuperare quella fiducia, quella credibilità, recuperare quella dimensione per cui se qui si fanno le cose, allora nelle scuole si può tornare a credere che l’educazione sia davvero il motore dello sviluppo. (…) Chi di noi tutti i giorni ha incontrato cittadini, insegnanti, educatori e mamme sa perfettamente che c’è una bellissima e straordinaria richiesta che è duplice. Da un lato si chiede di restituire valore sociale all’insegnante, e questo non ha bisogno di alcuna riforma, ma di un cambio di forma mentis. (…)
Ci sono fior di studi di economisti che dimostrano come un territorio che in veste in capitale umano, in educazione, in istruzione pubblica è un territorio più forte rispe tto agli altri. … Mi recherò in una scuola (la prima sarà un istituto di Treviso, perché ho scelto di partire dal Nord-Est, mentre la settimana prossima andrò in una scuola del Sud), e lo farò perché penso che sia fondamentale che il Governo non stia soltanto a Roma, e quindi mi recherò nelle scuole, come facevo da sindaco, per dare un segnale simbolico, se volete persino banale, per di mostrare che da lì riparte un Paese. …
È chiaro che il tema della scuola è parziale rispetto al grande tema dell’educazione. Si inizia con gli asili nido. Gli Obiettivi di Lisbona vedono oggi un Paese drammaticamente diviso in due, tra una parte dell’Italia che ha già raggiunto quegli obiettivi (con alcune città che stanno sopra il 40 per cento) e una parte dell’Italia … Metto a verbale che la scuola è il punto di partenza, e intervengo sulle quattro riforme che vi proponiamo, che vi proporremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. (fonte L’Espresso)
È evidente che il governo Renzi se oggi fa questa proposta che fa scendere sul piede di guerra tutti i professori, è solo perché non conosce la realtà della scuola italiana.
Come dimostrano semplici calcoli, gli insegnanti italiani le 36 ore le fanno già!
Non ci credete?
Oltre al proprio orario di diciotto ore settimanali frontali di lezione, oltre alle 80 ore annue per attività funzionali all’insegnamento, oltre alle ore per preparare le lezioni, un docente come il sottoscritto che insegna scienze matematiche, chimiche e naturali nella scuola media, avendo tre classi ognuna di 25 alunni in media, e dovendo fare, ogni quadrimestre, almeno quattro verifiche di matematica e due di scienze, correggerà almeno 900 compiti all’anno. Calcolando per difetto una media di 20′ a compito, si hanno 300 ore all’anno equivalenti ad altre 9 ore alla settimana.
Orario di cattedra: 18 ore frontali per 33 settimane. Ricevimento genitori: 1 ora a settimana (oltre le 18). Attività funzionali: Collegi docenti, Consigli di classe, Ricevimenti generali, Riunioni di materia, etc. strutturate secondo un calendario pomeridiano preciso: 80 ore annue (circa 2 ore a settimana). Preparazione delle lezioni e delle verifiche: totale difficile da stimare, variabile da disciplina a disciplina, da docente a docente: approssimando per difetto circa 30 minuti per ogni ora di lezione per un totale di 9 ore settimanali.
Correzione dei compiti: dipende dal numero di alunni e dalla disciplina. Approssimando sicuramente per difetto sono circa 9 ore settimanali.
Alcuni esempi: un docente di Lettere con tre classi (ma si possono avere 4 o 5 classi ) media 75 alunni (ma si possono avere classi da 28-30 alunni) deve correggere sei scritti a quadrimestre (3 di Italiano, 2 di Latino, 1 per supportare l’interrogazione orale) per un totale di 450 compiti a quadrimestre e 900 all’anno. Calcolando per difetto una media di 20′ a compito si hanno circa 9 ore a settimana; lo stesso numero di ore risulta se provate a calcolare il numero di compiti di un professore di scienze con 9 classi o di un docente di lingue straniere di scuola media con 6 classi (inglese) o 9 classi (francese). (Fonte, CGIL Scuola di Reggio Emilia)
Il totale complessivo è di circa 40 ore settimanali che, come si vede, sono facilmente documentabili. Nei programmi del governo era stato promesso di mettere al centro l’istruzione, invece sono stati investiti pochi milioni per le infrastrutture.
Se questo è il modo per ridare dignità agli insegnati e al mondo della scuola, ditemelo voi.
(*) Giuseppe Candido, è dirigente provinciale della Gilda degli insegnanti di Catanzaro
Per Rino Di Meglio (Gilda insegnanti): “Dobbiamo denunciare con forza all’opinione pubblica questo attacco ai sindacati che è anche un attacco alla democrazia”. .. Ma “il governo ha fatto un altro grave colpo di mano. Ha decretato la soppressione del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, unico organo di rappresentatività della categoria dei docenti”.
Testo a cura di Giuseppe Candido, in collaborazione con Gilda TV
Per eliminare il finanziamento pubblico ai partiti hanno fissato la scadenza al 2017, coi diritti sindacali si procede con decreti di urgenza come per per le droghe
Con le varie inchieste “rimborsopoli” dilaganti per tutti i consigli regionali della penisola, con gli scandali per la corruzione, anche questa dilagante in ogni opera in cui i partiti mettono le mani, il Presidente del Consiglio comincia a tagliare dai diritti sindacali. Con decretazione d’urgenza.
Anche se non ha ancora operato il taglio netto dei rimborsi elettorali (rinviato al 2017) e che, invece, col referendum del ’93, gli italiani avevano palesemente chiesto di abolire, Matteo Renzi segretario del partito già guidato da esponenti di un grande sindacato confederale, ha deciso di scatenare la forbice dei tagli proprio sui sindacati e, quel che è più grave, sui diritti sindacali dei lavoratori eletti dai loro colleghi. Diritti che pure l’Europa tutela e che, di fatto, una volta dimezzati non rappresenteranno certo un ingente risparmio per le casse dello stato, quanto piuttosto una perdita di diritti democratici.
Nella tesi di laurea che Carlo Rosselli discusse nel 1921, si legge che “Il Sindacalismo è un fatto umano proprio di tutte le epoche, insito nella natura umana”.
Per il fondatore del movimento Giustizia e Libertà, il Sindacalismo è in sostanza “La tendenza degli uomini che non si sentono sufficientemente protetti dalla organizzazione ufficiale dello Stato e delle società, ad organizzarsi in modo autonomo, cercando di sovrapporsi all’organizzazione ufficiale stessa”.
Ecco, Renzi vuole intervenire con la decretazione d’urgenza per tagliare il diritto sindacale che, non a caso, l’Europa anche tutela addirittura come un diritto umano.
Con Matteo Renzi, invece, il taglio sarà rapido. Ma sarà anche indolore?
I docenti, categoria già tra le più bistrattate dalla politica italiana e, di fatto, quella meno pagata d’Europa, si vedranno tagliare anche loro diritti e permessi sindacali.
E se è vero che, come ha ricordato Napolitano lo scorso Primo Maggio, «Salvaguardare posti di lavoro a rischio oggi implica azioni diverse da quelle tradizionali di difesa condotte dai sindacati», è anche vero, e pure questo è sottolineato da Napolitano, che :
«Eessi sono chiamati, in un quadro grave di crisi aziendali come quello attuale, a concorrere alla ricerca di soluzioni solidaristiche e innovative coraggiose e determinate. Nello stesso tempo, i sindacati non possono non moltiplicare i loro sforzi per sviluppare rapporti intensi col mondo dei disoccupati e soprattutto dei giovani in cerca di prima occupazione, per vincerne l’isolamento e il possibile scoraggiamento, per scongiurarne l’esasperazione protestataria senza sbocco ».
Ma come si fa a pensare che i sindacati possano davvero, come chiesto da Napolitano, “Sviluppare rapporti intensi” anche “col mondo dei disoccupati” e coi giovani, se poi – di fatto – con la scure democratica di un tweet si tagliano drasticamente distacchi e permessi sindacali che, di fatto, sono alla base dell’agibilità sindacale?
Senza permessi, senza distacchi, come si pensa che i lavoratori organizzati in sindacati, perché di questo si tratta, possano addirittura aiutare anche i giovani e i non ancora iscritti perché privi di reddito, quando si tagliano i permessi? Se i partiti non hanno assolto al loro ruolo istituzionale, richiamato dalla Costituzione ed inquadrato dall’articolo 49, di far partecipare i cittadini alla vita politica nazionale, adesso si vuole impedire che i sindacati, invece, ai sensi dell’articolo 39, possano tutelare i diritti quando questi vengano messi in discussione dai governi che via via si succederanno dopo il giovane balilla?
PerRino Di Meglio, coordinatore nazionale dellaGilda degli insegnanti (Fed. Gilda-Unams), una tra le sigle sindacali più rappresentative del comparto scuola e istruzione che tanto starebbe a cura al nuovo governo Renzi, e di cui pure chi scrive è dirigente provinciale eletto dai colleghi nella provincia di Catanzaro, si tratta di “un’operazione di pura propaganda politica”.
Propaganda che però lede fortemente i diritti sindacali.
Intervistato da Gilda TV, la web-tv del sindacato, Rino Di Meglio in merito non ha dubbi:
<<Il dimezzamento dei distacchi che sta operando il governo Renzi con un decreto legge per avere operatività immediata sin dai prossimi giorni, è un’operazione di pura propaganda politica perché dal punto di vista dei risparmi da’ ben poco, è una destrutturazione del sindacato perché non c’è nessuna gradualità. Pensate che,>> – aggiunge Rino Di Meglio, – <<per ridurre, anzi per eliminare il finanziamento pubblico ai partiti hanno fissato la scadenza al 2017, cioè se lo sono dilazionati in cinque anni. E qui colpiscono i sindacati con una botta del 50% di tagli dei diritti sindacali che, per altro, son garantiti anche da direttive della comunità europea. Danno questa mazzata che rischia di mandare in crisi strutturale tutti i sindacati, compresi noi.
Fanno passare un messaggio all’opinione pubblica quasi che si trattasse di privilegi dei sindacalisti che stanno lì a riposare mentre i loro colleghi lavorano. Io posso assicurare, e tutti gli iscritti lo possono vedere, che i nostri colleghi che stanno in distacco, in semi distacco, lavorano nelle sedi ben oltre quello che sarebbe il loro normale orario di lavoro a scuola. Soprattutto nei momenti in cui l’amministrazione con la sua burocrazia, tipo le domande – adesso – per le graduatorie, i nostri colleghi stanno dalla mattina alla sera nelle sedi ad aiutare disinteressatamente – perché non prendono un centesimo – i precari che debbono fare domande astruse. Questa è la verità. Il sindacato, in questo caso, aiuta pure l’amministrazione che avrebbe il dovere di aiutare i cittadini a fare le domande, non li aiuta affatto, anzi le rende molto spesso (le domande, ndr) complicate. I sistemi informatici funzionano male, si interrompono in continuazione.
È veramente incomprensibile questa mossa del governo in carica, siamo preoccupati perché i sindacati sono grandi organizzazioni che ancora – a differenza dei partiti – conservano la democrazia. Chi parla e rappresenta la Gilda degli insegnanti è eletto dai delegati dell’assemblea nazionale, non è nominato da nessun capo. I miei iscritti, e gli eletti dei miei iscritti, mi possono mandare via quando vogliono. Così non capita per i politici che hanno, ormai, tutti quanti i “partiti persona”.
Ecco, io penso che noi dobbiamo con forza denunciare all’opinione pubblica questo attacco ai sindacati che, sia pur in una dimensione diversa, è anche un attacco alla democrazia. Sempre a proposito di democrazia, sempre in questo decreto legge, il governo ha fatto un altro grave colpo di mano. Ha decretato la soppressione del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, che era l’unico organo rappresentativo dei docenti e del resto del personale della scuola, eletto democraticamente. Nonostante una sentenza del Consiglio di Stato, che aveva dichiarato nulla la precedente soppressione, il governo ha pensato di risolvere così il problema mettendo anche una pezza al fatto di non aver sentito il pare, obbligatorio, di questo organismo, per le sperimentazioni quadriennali. È anche questo un atto grave perché dente a levare ai docenti qualunque rappresentanza eletta e qualunque tutela effettiva della propria professionalità e della difesa della libertà d’insegnamento.>>
Chi scrive è fermamente convinto che sia proprio così.
Piano piano, come avvenne agli inizi del secolo passato, quando anche la scuola era ormai divenuta luogo di propaganda del governo, mentre anche allora si decurtavano nell’indifferenza diritti di lavoratori e delle persone, anche oggi ci si abitua e si rinuncia alle conquiste già fatte, si tagliano stato di legalità, diritti. Anche oggi, ci si può aspettare di tutto?
Nella deriva populista di un premier rafforzato da elezioni che di democratico, per assenza documentata di parità d’informazione, grazie ad un Governo rinvigorito da elezioni in uno Stato sempre più canaglia, senza più un effettivo Stato di diritto, in uno Stato condannato dall’Europa per infinite e perpetuate violazioni della Convenzione europea per i Diritti dell’Uomo, dalle carceri inumane e degradanti, alla giustizia irragionevolmente lenta, dalle discariche non bonificate ai depuratori che inquinano le acque e i suoli, il dimezzamento dei diritti sindacali potrà forse passare, anche questo, come normalmente inosservato? Ci si potrà assuefare, grazie anche a un’informazione palesemente colpevole, pure per questo “piccolo tagliuzzo” del diritto e dello Stato di diritto? Il rischio è concreto.
La stabilità di governo è un bene se si nutre di due cose: un governo capace di lavorare bene e una maggioranza unita sulle cose da fare e fondata sul rispetto reciproco.
Invece nelle ultime settimane abbiamo avuto un governo capace solo di rinviare, di proporre il blocco dell’Iva aumentando altre tasse, di tagliare l’Imu solo a metà per ricattare il Pdl e costringerlo a stare al governo, un governo prono rispetto ai diktat dei burocrati dell’Unione europea.
Abbiamo avuto il nostro maggior alleato, il PD, che si vergogna di stare in un governo “contro natura” e che per bocca di tutti i suoi esponenti di vertice annuncia l’intenzione di buttare fuori dal Parlamento il leader del partito alleato, violando la Costituzione. In questo modo assecondano gli istinti della loro base, nutrita da venti anni nell’odio contro di me e pensano di chiudere una partita che dura dal 1994.
Abbiamo pazientemente offerto soluzioni a ogni livello istituzionale per evitare di fare precipitare la situazione. Non ci hanno voluto ascoltare.
Per questo ho deciso di chiedere ai ministri PDL di dare le proprie dimissioni. So bene che è una scelta dura e impopolare. Ho previsto tutte le accuse che mi stanno rovesciando addosso in queste ore e anche lo sconcerto di parte del nostro elettorato, preoccupato giustamente della situazione economica e sociale.
A loro dico di non credere a coloro che da vent’anni hanno bloccato le nostre riforme per cercare di eliminarmi dalla scena politica. Sono gli stessi che oggi mi dicono di non anteporre me stesso al bene dell’Italia. Ciò non è mai stato in discussione per me e per la mia forza politica, in tutti questi anni.
Noi siamo quelli che negli anni Novanta hanno salvato i governi della sinistra quando non avevano maggioranza sulla politica estera. Noi siamo quelli che hanno voluto Monti, Bonino, Prodi in posizioni di vertice in Europa, perché italiani. Noi siamo quelli che non abbiamo mai lavorato all’estero contro il governo italiano quando eravamo all’opposizione. Noi siamo quelli che due anni fa hanno votato contro l’arresto di un senatore del PD, nello stesso giorno in cui loro votavano per far arrestare un nostro deputato, che fu peraltro scarcerato dopo alcune settimane. Noi siamo quelli che hanno voluto il governo Monti e il governo Letta, sperando potesse essere un governo di riforme e di pacificazione.
So e sappiamo distinguere il reale interesse dei cittadini. Per questo motivo, se il governo proporrà una legge di stabilità realmente utile all’Italia, noi la voteremo. Se bloccheranno l’aumento dell’Iva senza aumentare altre tasse noi lo voteremo. Se, come si sono impegnati a fare, taglieranno anche la seconda rata Imu, noi voteremo favorevolmente. Noi ci siamo e ci saremo su tutte le altre misure utili, come il rifinanziamento della cassa integrazione, delle missioni internazionali, il taglio del cuneo fiscale.
A chi mi chiede di farmi da parte e accettare con cristiana rassegnazione la mia sorte giudiziaria, presente e futura, dico con la mia consueta chiarezza che lo farei senza esitazione, se ciò fosse utile al Paese, se il mio sacrificio significasse una svolta positiva nei rapporti tra politica e “giustizia”.
Invece per come si sono messe le cose darei semplicemente il mio avallo a una situazione di democrazia dimezzata, dove non il popolo ma i magistrati politicizzati decidono chi deve governare, dove i governi sono fatti dai giornali-partito e dalle gazzette delle procure e le leggi riscritte a colpi di sentenze.
Non sono sceso in campo per questo; non ho messo a repentaglio una vita di lavoro, di successi e di sacrifici per lasciare in queste condizioni il mio Paese.
Per questo ritengo mio dovere continuare a restare in campo, per offrire una alternativa ai poteri non democratici – perchè non eletti dal popolo – che loro sì irresponsabilmente vogliono mettere in ginocchio il nostro Paese.
Silvio Berlusconi
Abolire la miseria della Calabria saluta con gioia la notizia. Alle 17,15 dopo oltre due ore passate a colloqui con Napolitano, Enrico Letta ha sciolto la riserva indicando i nomi dei Ministri che domani, 28 aprile 2013, giureranno alle 11 e 30 al Quirinale.
Buona sera. Voglio premettere alla lettura della lista ancora una profonda gratitudine nei confronti del Presidente della Repubblica per questa fiducia. E voglio aggiungere anche parole di soddisfazione, sobria soddisfazione, come è dovuta a questo momento, per la squadra che siamo riusciti a comporre. Per le disponibilità che abbiamo riscontrato. Per le competenze che si sono messe al servizio del Paese. Soddisfazione per il record di presenza femminile che questo Governo riuscirà oggi a manifestare. E per il ringiovanimento complessivo della compagine di Governo.
Poi il Presidente incaricato Enrico Letta legge la lista dei Ministri iniziando dalla comunicazione che il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e segretario generale del Consiglio stesso ci sarà Filippo Patroni Griffi. Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Interni, Angelino Alfano; Ministri senza portafoglio: Ministro per gli affari europei, Maurizio Moavero Milanesi; Ministro degli affari regionali e delle autonomie, Graziano Del Rio; Ministro della coesione territoriale, Carlo Trigilia; Ministro per i rapporti con il Parlamento e per il coordinamento delle attività di Governo, Dario Franceschini; Ministro delle Riforme costituzionali, Gaetano Quagliariello; Ministro per l’Integrazione, Cecil Ktenge; Ministro delle pari opportunità dello sport e delle politiche giovanili, Jospha Idem; Ministro della pubblica amministrazione e della semplificazione, Giampiero Dalia. Poi Enrico Letta annuncia i Ministri con portafoglio: Ministro degli Affari esteri, Emma Bonino; Ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri; Ministro della Difesa, Mario Mauro; Ministro dell’Economia e delle Finanze, Fabrizio Saccomanno; Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato; Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi; Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Nunzia Di Girolamo; Ministro dell’Ambiente, della Tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando; Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Enrico Giovannini; Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza; Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Massimo Bray; Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin.
Un Governo, si affretta a chiarire subito dopo Giorgio Napolitano, pienamente legittimato secondo le regole e le procedure costituzionali.