di Giuseppe Candido
Articolo pubblicato il 13/09/2014 su Le Cronache del Garantista a pag. 22 col titolo:
C’è solo un modo per rilanciare la scuola: investire di più
Prima, nei i mesi di calura estiva, qualcuno ipotizzava di portare l’orario di lavoro dei prof a 36 ore la settimana. Come gli impiegati. Poi sarà stato ricordato a Renzi cosa aveva scritto più di un secolo fa Einaudi. L’aumento del l’orario “Può sembrare ragionevole solo ai burocrati che passano 7 od 8 ore del giorno in ufficio”. Aggiungendo che: “La merce «fiato» perde in qualità tutto ciò che guadagna in quantità”.
Le 36 ore a settimana per i prof, per fortuna, sono scomparse. Come pure si è capito che i docenti italiani con 200 giornate di scuola all’anno non hanno più ferie e non lavorano meno dei loro omologhi tedeschi (198 giorni) e, in generale, dei colleghi europei. Ma l’idea di riformare la scuola senza metterci neanche un euro, anzi continuando a tagliare, è rimasta tale e quale. Tale e quale a quella dei governi dell’ultimo ventennio.
Addirittura il governo di Matteo Renzi pensa ora di mettere persino la ‘pagella’ per professori e, abolendo gli scatti triennali, di legare la progressione di carriera dei docenti al merito e non più all’anzianità. In pratica trasformando un attuale diritto minimo di tutti in un privilegio misero di alcuni. Nell’ultimo rapporto l’OCSE, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ci dice però che la scuola italiana migliora nonostante i tagli fatti in questi decenni che hanno portato la pubblica istruzione italiana ad essere la cenerentola d’Europa. Il rapporto diffuso lo scorso 9 settembre conferma, ancora una volta, il calo degli investimenti del ‘Bel Paese’ nel settore scolastico.
Il governo Renzi, invece di cambiare verso e invertire questa tendenza, pensa ad ulteriori tagli: abolizione degli scatti stipendiali dei prof (già di per se miseri ristretto a quella dei colleghi europei) legando gli aumenti di stipendio a un non ben specificato merito senza però aver definito con i rappresentanti della categoria alcun sistema scientifico in grado di individuare davvero le eccellenze.
Invece è proprio il merito dei docenti (e tutti) se, come scrive l’OCSE, in Italia “migliora la qualità dell’istruzione di base” nonostante i poderosi tagli.
Tra il 2003 e il 2012 è diminuita la percentuale dei quindicenni che ottengono ai test di matematica un punteggio basso e sono aumentati i più bravi. Mentre, sempre nello stesso rapporto OCSE, si legge che “tra il 2008 e il 2012 le buste paga dei docenti della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, sono diminuite mediamente del 2%”. E lo abbiamo ricordato più volte: Gli insegnanti delle scuole primarie e secondarie di I grado raggiungono, in media nei Paesi OCSE, il livello più alto della loro fascia retributiva dopo appena 24 anni di servizio, mentre in Italia sono necessari 35. E mentre nei paesi OCSE, tra il 2000 e il 2009, gli stipendi degli insegnanti sono aumentati del 7%, in termini di potere d’acquisto, in Italia sono invece diminuiti del 2%; e a ciò si aggiunga il successivo blocco degli scatti d’anzianità. Negli ultimi 4 anni gli insegnanti italiani – in media – hanno perso oltre 8mila euro del loro potere d’acquisto. Sono diventati i nuovi poveri.
Come pure abbiamo già ricordato che, sono sempre i dati rilevati nel 2011 dall’OCSE, a dirci che solo nel 2008, l’Italia ha speso il 4,8% del PIL per l’istruzione (posizionandosi così al 29 posto di 34 Paesi), investendo in istruzione quasi un punto e mezzo percentuale di PIL in meno rispetto alla media dei paesi OCSE.
Dati questi che da soli spiegano e danno forza alla battaglia dei docenti e sindacati in difesa degli scatti stipendiali in base all’anzianità e che, di fatto, come ricordano i sindacati all’unisono, rappresentano l’unica boccata d’ossigeno per gli stipendi miseri dei docenti italiani.
Se vuole premiare le eccellenze e migliorare davvero l’istruzione il governo dovrebbe cominciare invece a investire in questo settore.
Come ha ricordato ne I Principi di Economia Alfred Marshall, nessun investimento dello stato ritorna in termini di crescita di un Paese come quello nell’istruzione. Si obietterà che non ci sono i soldi e che con questi chiari di luna non è possibile trovare le risorse. Eppure. Non si parla più di evasione fiscale, e non si parla più delle gare per l’assegnazione delle frequenze della tv digitale che, se espletate adeguatamente, avrebbero potuto dare enormi vantaggi economici. Solo investendo nella scuola e nei docenti – ridando loro dignità e risorse – si può fare la buona scuola. Si trovino le risorse per farlo. Altrimenti sono solo chiacchiere. E poi, con tutti i fallimenti della politica delle larghe intese partitocratiche, siamo davvero sicuri che la pagella la si debba dare ai prof in questo Paese?
Post-scriptum
Dopo che abbiamo inviato l’articolo alla redazione de il Garantista, il giorno della sua pubblicazione su carta, con piacere scopriamo che, proprio per opporsi a questa evidente truffa di sostituire gli scatti con aumenti legati al ‘merito’ dati solo a una parte dei prof, i sindacati rappresentativi del comparto (compresa la Federazione GILDA UNAMS di cui chi scrive è dirigente provinciale) ritrovano unità nella lotta e lanciano una petizione da scaricare, firmare e inviare al governo: #SbloccaContratto.