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Cannabis light e il ritorno di Hal Capone

L’eccezionale espansione, in Italia, dei consumi di hashish. La questione della depenalizzazione. E il ritorno di Hal Capone. 

Da un lato i magistrati dell’antimafia nel 2015 – sulla base di dati incontrovertibili – chiedevano al Parlamento di valutare (senza pregiudizi) la depenalizzazione, dall’altro il neo ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana (con in forse la delega alla lotta alle tossicodipendenze) spiega a La Stampa che “contro la droga serve tolleranza zero”.

Spingendosi fino a proporre “Lavori socialmente utili per chi consuma”.  Continua la lettura di Cannabis light e il ritorno di Hal Capone

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Depenalizzare: la ‘Ndrangheta tra sette sorelle della mala mondiale grazie al proibizionismo

La Direzione Nazionale Antimafia segnala al Parlamento l’eccezionale diffusione della cannabis, il totale fallimento dell’azione repressiva e che conviene valutare la depenalizzazione, … ma la politica infila la testa sotto la sabbia e tace.
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Antimafia? Anti-ndrangheta? Antiproibizionismo!

di Giuseppe Candido

Giovedì 12 febbraio R2-Cultura, l’inserto di la Repubblica, proponeva ai lettori un bell’articolo di Roberto Saviano titolato “L’erba contro i Narcos nel quale l’autore di Gomorra spiegava come la legalizzazione delle droghe leggere in corso in alcuni Stati degli USA stia facendo diminuire i reati e stia sconfiggendo proprio quei narcotrafficanti Messicani che sulla droga illegale e proibita ci sguazzano. E lo stato che legalizza ci guadagna due volte: con gli introiti fiscali e con i risparmi che si hanno dalla non più necessaria repressione dei consumi. Continua la lettura di Antimafia? Anti-ndrangheta? Antiproibizionismo!

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La cannabis e il diritto alla salute Curare sì, giocare con le parole no

Lettera di Marco Perduca (@Perdukistan) al direttore di Avvenire pubblicata sabato 7 febbraio

Caro direttore,
nel salutare la consueta attenzione di Avvenire su tematiche molto care anche alla Associazione Luca Coscioni, e spesso dimenticate da molta stampa nazionale – riteniamo infatti che niente è più prezioso in Italia che poter spezzare il pane della conoscenza – consideriamo di fondamentale importanza esser rigorosi nel tenere separati i fatti dalle opinioni. Continua la lettura di La cannabis e il diritto alla salute Curare sì, giocare con le parole no

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Giornata mondiale contro le droghe: il proibizionismo ha fallito

3leggiCome ogni anno da quando fu istituita dal’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1987, il 26 giugno si celebra la Giornata internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga. E anche in Calabria molte pubbliche amministrazioni hanno annunciato iniziative per celebrare la manifestazione che ha lo scopo dichiarato di ricordare l’obiettivo comune a tutti gli stati membri di creare una comunità internazionale libera dalla droga. Un obbiettivo che però, in quasi trent’anni di politiche proibizioniste, non è stato raggiunto: i consumi, soprattutto tra i giovani, sono aumentati vertiginosamente e, con essi, gli introiti delle organizzazioni criminali. Nonostante politiche incentrate a “tolleranza zero” verso traffici e consumi, i dati sono allarmanti: uno studente su 4 tra i 15 e i 19 anni ha sperimentato almeno una volta il consumo di cannabis. Secondo il DPA, il dipartimento delle politiche antidroga, “un ragazzo su 3 e 1 ragazza su 5 riferiscono di aver utilizzato cannabis più assiduamente, 20 o più volte negli ultimi dodici mesi. Uno studente su 33 riferisce di aver assunto cocaina almeno una volta nella vita e 1 su 47 dichiara di aver consumato la sostanza nel corso dell’ultimo anno. Un ragazzo su 47 riferisce di aver provato sostanze stimolanti (amfetamine, ecstasy, ecc.) almeno una volta nella vita, mentre 1 su 77 le ha utilizzate nel corso dell’ultimo anno.

Il 28 maggio 2013 il DPA ha presentato la relazione annuale europea sul fenomeno droga. Dalla relazione emerge come, in Europa, circa 85 milioni di persone adulte (corrispondenti al 25% degli adulti) hanno fatto uso nel corso della vita di sostanze illecite: la cannabis ed i derivati appaiono tra le sostanze più largamente consumate e sequestrate”. La quantità di sostanza sequestrata risulta in queste percentuali: foglie di cannabis 41%; resina di cannabis 36%; cocaina e crack 10%; eroina 4%; amfetamina 4%; piante di cannabis 3%; ecstasy 1%; meta anfetamina 1%. Di fatto, quindi, la cannabis rappresenterebbe nel complesso circa l’80% del consumo di sostanze tra la popolazione europea.

Nel Rapporto annuale (Giugno 2011) della Commissione Globale delle politiche sulle droghe, è scritto a chiare lettere: “Nonostante la crescente evidenza di come le attuali politiche non raggiungano i loro obiettivi, la maggior parte degli organismi politici, a livello nazionale e internazionale, si sono orientati ad evitare un aperto esame o un dibattito sulle alternative”. È la politica dello struzzo che governa padrona. Gli stati, Italia compresa, preferiscono non ammettere il fallimento delle politiche proibizioniste che, negli anni, hanno incrementato traffici illeciti enormi senza far diminuire i consumi. Anche se qualche segnale positivo si coglie in slogan del tipo, “chi consuma droga alimenta le mafie”, e se si moltiplicano le iniziative referendarie e popolari per modificare o abrogare parzialmente le leggi attuali che rendono dei criminali, sbattendoli nelle affollate galere, tutti quei ragazzi, consumatori e piccoli spacciatori, che invece avrebbero bisogno di essere aiutati, è evidente che si è ancora lontani dall’affrontare in modo laico e pragmatico il problema. Il proibizionismo ha fallito sulle droghe come fallì in America negli anni ’30 del secolo scorso quando aveva alimentato a dismisura gli introiti delle organizzazioni criminali. Oggi la ‘ndrangheta, solo grazie alle politiche proibizioniste, detiene ingenti somme (40 miliardi di euro l’anno) che ricicla reinvestendo nell’economia legale. Eppure, per capire la “lezione di Hall Capone” basterebbe leggere ciò che la stessa commissione globale per le politiche sulle droghe mette nero su bianco nel suo rapporto annuale 2011.

La guerra globale alla droga è fallita, con conseguenze devastanti per gli individui e le società di tutto il mondo. Cinquanta anni dopo la Convenzione Unica delle Nazioni Unite sugli Stupefacenti, e a 40 anni da quando il presidente Nixon lanciò la guerra alle droghe del governo americano, sono urgenti e necessarie riforme fondamentali nelle politiche di controllo delle droghe nazionali e mondiali.

Le immense risorse dirette alla criminalizzazione e alle misure repressive su produttori, trafficanti e consumatori di droghe illegali hanno chiaramente fallito nella riduzione dell’offerta e del consumo.

Le apparenti vittorie dell’eliminazione di una fonte o di una organizzazione vengono negate, quasi istantaneamente, con l’emergere di altre fonti e trafficanti. Gli sforzi repressivi diretti sui consumatori impediscono misure di sanità pubblica volte alla riduzione di HIV / AIDS, overdosi mortali e altre conseguenze dannose dell’uso della droga. Invece di in- vestire in strategie più convenienti e basate sul evidenza per la riduzione della domanda e dei danni le spese pubbliche vanno nelle inutili strategie della riduzione dell’offerta e della incarcerazione.

I nostri principi e le raccomandazioni possono essere riassunti come segue:

Terminare con la criminalizzazione, l’emarginazione e la stigmatizzazione delle persone che fanno uso di droghe ma che non fanno alcun male agli altri. Sfidare i luoghi comuni sbagliati, circa i mercati della droga, l’uso di droga e la tossicodipendenza, invece di rafforzarli.

Incoraggiare i governi a sperimentare modelli di regolamentazione giuridica della droga per minare il potere del crimine organizzato e salvaguardare la salute e la sicurezza dei loro cittadini. Questa raccomandazione vale soprattutto per la cannabis, ma incoraggiamo anche altri esperimenti di depenalizzazione e regolamentazione legale, che possano raggiungere questi obiettivi e fornire modelli per altri.

Offrire servizi sanitari e cure a chi ne ha bi- sogno. Garantire che sia disponibile una varietà di modalità di trattamento, compreso non solo il trattamento con metadone e buprenorfina, ma anche i programmi di tratta- mento assistito con eroina che si sono dimostrati efficaci in molti paesi europei e in Canada.

Implementare i programmi di accesso alle siringhe e alle altre misure di riduzione del danno che si sono dimostrate efficaci nel ridurre la trasmissione dell’HIV e di altre infezioni a trasmissione ematica così come le overdose fatali. Rispettare i diritti umani delle persone che usano droghe. Abolire le prati- che abusive eseguite in nome del tratta- mento – come la detenzione forzata, il lavoro forzato e gli abusi fisici o psicologici – che contravvengano standard dei diritti umani e delle norme o che annullino il diritto all’autodeterminazione.

Applicare pressappoco gli stessi principi e le politiche sopra esposti alle persone coin- volte nelle estremità ultime dei mercati di droghe illegali, come gli agricoltori, i corrieri e piccoli venditori. Molti sono vittime di violenza e d’intimidazione o sono tossicodipendenti. Arrestare e imprigionare decine di milioni di queste persone, negli ultimi de- cenni, ha riempito le prigioni e distrutto vite e famiglie senza ridurre la disponibilità di droghe illecite o il potere delle organizzazioni criminali. Sembra non ci sia limite al nu- mero di persone disposte a impegnarsi in tali attività per migliorare la loro vita, provvedere alle loro famiglie, o comunque sfuggire alla povertà. Le risorse per il controllo della droga possono esser meglio dirette altrove.

Investire in attività che possano prevenire sia, in primo luogo, l’uso di droga tra i giovani, sia lo sviluppo di problemi più gravi per chi fa uso di droga. Evitare i messaggi semplicistici come “basta dire di no”, e le politiche “tolleranza zero”, a favore di messaggi e politiche di sforzi educativi fondati su informazioni credibili e programmi di prevenzione che si concentrino sulle abilità sociali e le influenze tra pari. Gli sforzi di prevenzione più efficaci possono essere quelli destinati a specifici gruppi a rischio.

Concentrare le azioni repressive sulle organizzazioni criminali violente, ma in modo che indeboliscano il loro potere e la loro portata,

dando priorità alla riduzione della violenza e dell’intimidazione. Gli sforzi delle azioni di polizia dovrebbero concentrarsi non sulla riduzione dei mercati della droga di per sé, ma piuttosto sulla riduzione dei loro danni alle persone, comunità e alla sicurezza nazionale.

Dare inizio alla trasformazione del regime globale di proibizione delle droghe. Sostituire le politiche e le strategie sulla droga orientate dall’ideologia e dalla convenienza politica con politiche economiche responsabili basate sulla scienza, sulla salute, sulla sicurezza e sui diritti umani – e adottare criteri appropriati per la valutazione. Rivedere la classificazione delle droghe che ha prodotto palesi anomalie come la difettosa categorizzazione della canapa, della foglia di coca, e del MDMA. Assicurarsi che le convenzioni internazionali siano interpretate e/o riviste per fornire una base legale solida che permetta di sperimentare la riduzione del danno, la depenalizzazione e la regolamentazione.

A questo link il rapporto 2011 della Commissione Globale per le politiche contro la droga, tradotto dal Partito Radicale

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In prima linea

di Giuseppe Candido

Giorgio Napolitano - Wiki

Bisogna che sia chiaro che la Calabria è in prima linea nella lotta contro la criminalità, è in prima linea per la sicurezza e per la libertà del nostro Paese, e tutti, lo Stato nazionale, le sue istituzioni le sue forze, dobbiamo tutti essere in prima linea con la Calabria”.

I fatti di Rosarno dove “non si è saputo prevenire”, l’integrazione e la ‘ndrangheta che dà dimostrazione di forza. Dopo quanto accaduto dall’inizio dell’anno Giorgio Napolitano è a Reggio Calabria ed ha incontrato tutte le istituzioni, un vertice coi Magistrati, l’incontro con il Presidente della Regione Agazio Loiero e con il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. “La mafia in Calabria blocca lo sviluppo”.

Parole cariche del peso della verità quelle del Presidente che poi viene accolto presso il Liceo artistico statale “Mattia Preti” con la manifestazione “Legalità e Sviluppo” organizzata dalla consulta delle associazioni degli studenti calabresi con la presenza del ministro
dell’Istruzione Maria Stella Gelmini. Tutti impegnati a contrastare la criminalità organizzata e a diffondere la consapevolezza della necessità, quanto mai urgente, di combattere questa lotta.
Il Presidente ha ricordato l’alto magistrato Antonino Scopelliti, ucciso dalla mafia nel 1991, e si è rivolto alla Calabria e all’Italia tutta con queste parole: “Guai a pensare che ciò significhi che gli immigrati sono portatori di violenza e che i cittadini di Rosarno sono portatori di razzismo”. E ancora: “Stiamo molto attenti, respingiamo questi luoghi comuni, respingiamo tutti i pregiudizi che rischiano di accumularsi sulla Calabria, che è una regione difficile, una regione per tanti aspetti sfortunata, è anche una regione che deve dare di più, che deve mobilitarsi di più, una società che deve esprimere le sue energie e le sue capacità di reazione e di svolta di più di quanto abbia fatto finora”.

Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso ha
sottolineato che tutte le istituzioni debbono collaborare e che “la Calabria deve far sentire la sua voglia di riscatto per gli omicidi del Giudice Scopelliti e del vicepresidente del Consiglio regionale, Fortugno”. Nello stesso giorno, però, una santabarbara di munizioni ed esplosivi viene ritrovata parcheggiata vicino l’aeroporto di Reggio Calabria a riprova che la ‘ndrangheta non cade affatto a pezzi. Nella convinzione della necessità di un cambiamento che la Gelmini afferma che “E’ necessario far crescere, proprio dalla scuola, la cultura della legalità, combattendo anche un modo di pensare” . E forse è proprio questa la miseria d’abolire. Ma è anche vero che le istituzioni, scuola a parte, in Calabria sono, per dirla alla Mario Draghi, “pervase” dalle mafie, dalle ‘ndranghete. Le nuove ‘ndrine traggono i loro capitali principalmente dai traffici di droga che poi reinvestono nell’economia legale, nei “café del Paris” o nelle “Milano da bere”. Quei “durissimi colpi inferti alle ‘ndrine” che possono apparire operazioni come il sequestro di beni per 5 milioni di euro sono, in realtà, solo una goccia del mare dei capitali che la ‘ndrnagheta manovra, gestisce, rinveste. E’ vero che di una rivolta c’è bisogno, di una rivolta nonviolenta, ma di una rivolta culturale, sociale, politica e, soprattutto, morale. Ma, come dimostrano i dati forniti dalla stessa direzione distrettuale antimafia, la lotta che ci chiedono di combattere è una lotta impari perché, se anche si considerano i 6 miliardi di euro sequestrati alle mafie nell’ultimo anno, pure quest’importo astronomico rappresenta solamente un misero 10% degli oltre 60 miliardi di euro che la ‘ndrangheta porta a casa ogni anno come proprio “fatturato”. Il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone ha detto di recente la sua: “La ‘ndrangheta – afferma Pignatone – è riuscita a diventare una vera holding del mercato della droga grazie alle sue ramificazioni in ogni parte del mondo. (…) Il fenomeno si è sviluppato da una ventina d’anni (…) anche se ora risulta con tutta evidenza”. Aggredire i capitali mafiosi non può quindi significare limitarsi all’esazione di una tassa, oltretutto assai vantaggiosa. Ma allora, cosa si può fare? Cosa possono fare le istituzioni, la politica, la società civile per sconfiggere le ‘ndranghete?

Mike Gray, lo scorso aprile su “The Washington post”, analizzava il problema del traffico di sostanze stupefacenti: “Negli anni venti – scrive Gray – gli Stati Uniti hanno vietato il consumo di alcol. Il contrabbando è fiorito e la violenza è esplosa. Come oggi sulla droga”.

Che quel business di All Capone fosse il frutto di una sciagurata politica proibizionista oggi non sfugge più a nessuno. Quello che resta ancora da assimilare è però la seconda parte del messaggio: la stessa cosa accade con le droghe illegali che alimentano le mafie in tutto il mondo, dai cartelli colombiani e messicani alla ‘ndrangheta nostrana che aumenta, giorno dopo giorno, il suo potere economico pervadendo, col denaro riciclato, l’economia legale della Calabria, dell’Italia e d’Europa. Forse dovremmo guardare come sta cambiando la lotta al narcotraffico nei paesi che spesso invochiamo ad esempio. “Dopo 40 anni dall’offensiva di Nixon, Obama tira il freno e pensa alla marijuana libera.” Marco Bardazzi lo ha spiegato bene nel suo articolo “La fine della Guerra alla coca” comparso qualche giorno fa su “La Stampa”: “Il presidente fa studiare seriamente al proprio staff la fattibilità di un passo che avrebbe ripercussioni mondiali: legalizzare la marijuana”. “L’America di Barack Obama – spiega Bardazzi – è pronta a dichiarare impossibile da vincere il conflitto, a chiuderlo e a trasformare radicalmente la gestione della lotta agli stupefacenti. Dopo aver speso negli anni oltre mille miliardi di dollari di soldi pubblici in un conflitto che sembra sempre in stallo, gli Usa senza enfasi stanno ritirando gli agenti della Dea (Drug Enforcement Administration) dai fronti in Colombia e in Afghanistan. I fondi per la lotta al narcotraffico vengono deviati verso campagne di prevenzione. In Congresso sono partiti i lavori di una commissione che deve riscrivere completamente la strategia antidroga”. Oggi le carceri sono stracolme di migranti “clandestini” e di ragazzi trovati in possesso di poche decine di grammi di droga la cui detenzione non ha alcun fine di recupero e reinserimento sociale ma, anzi, è criminogena. Senza contare le risorse e gli uomini impiegati in tanti “micro” sequestri, tante “micro” operazioni, che non sconfiggono il problema: i consumi dilagano e la ‘ndrangheta ringrazia anche dovendo pagare una “tassa”.

Un gruppo di esperti britannici della fondazione Beckley ha valutato scientificamente gli effetti della cannabis. Ed ha concluso – come spiegava qualche mese fa la rivista inglese “New Scientist” – che, per limitare i danni ed eliminare i traffici illegali, la soluzione è legalizzarla. Anche se i rischi associati al consumo di marjuana sono accertati, gli esperti della Beckley sono convinti che sia molto meno pericolosa di sostanze legali come alcol e tabacco di cui, stante le giuste e ferree regole come il non mettersi alla guida ubriachi e non fumare nei locali pubblici, non ci sogneremmo certo di proibirne il consumo considerando come andò a finire con Al Capone. Legalizzare il mercato può invece contribuire a ridurre fortemente quel “fatturato” del malaffare che, come dice giustamente Napolitano, “blocca lo sviluppo della Calabria”.

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