L’eccezionale espansione, in Italia, dei consumi di hashish. La questione della depenalizzazione. E il ritorno di Hal Capone.
Da un lato i magistrati dell’antimafia nel 2015 – sulla base di dati incontrovertibili – chiedevano al Parlamento di valutare (senza pregiudizi) la depenalizzazione, dall’altro il neo ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana (con in forse la delega alla lotta alle tossicodipendenze) spiega a La Stampa che “contro la droga serve tolleranza zero”.
Spingendosi fino a proporre “Lavori socialmente utili per chi consuma”.
di Giuseppe Candido
Come nota Alberto Mattioli, il giornalista che lo intervista per il Quotidiano di Torino, il fatto che la delega per la lotta alle tossicodipendenze sia attribuita al ministro per la Famiglia anziché a quello per la Salute è già un segnale.
Il 21 giugno 2018, su richiesta dell’ex Ministro della Salute Lorenzin, il Consiglio Superiore della Sanità ha rilasciato un parere che “consiglia” di fermare le vendite delle cannabis light, la c.d. marijuana legale (quella con livelli di THC inferiori allo 0,2% che può essere venduta legalmente da un anno a questa parte) perché “non può esserne esclusa la pericolosità”.
E che devono essere attivate “nell’interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita dei suddetti prodotti”.
Non entriamo in merito al “parere” per il quale si potrebbe obbiettare che non esiste in letteratura un caso di morte, uno che sia uno, per over dose di cannabinoidi e che invece prodotti ben più pericolosi per la salute come alcol (per il quale oltre alla dipendenza è possibile la morte per over dose detta coma etilico) e tabacco (che annualmente causa migliaia di morti per cancro) sono legalmente venduti. E stante le certezze mediche, nessuno penserebbe mai di proibirne la vendita quantomeno per non tornare a quel proibizionismo becero americano degli anni ’20 del Secolo scorso che aveva alimentato gang di criminali. Ma ai dazi già ci siamo, e conoscendo la legge di Marvin …
Preferisco suggerire ai decisori politici che nei prossimi giorni dovranno assumere decisioni in merito al parere del CSS, – prima di sparare anatemi sulla tolleranza zero – di leggere ciò che la Direzione Nazionale Antimafia scriveva (e inviava al Parlamento) in merito alla questione della legalizzazione dei cannabis e hashish, nella Relazione Annuale inviata al Parlamento a febbraio del 2015:
“Spetterà al legislatore valutare se, in un contesto di più ampio respiro (ipotizziamo almeno europeo, in quanto parliamo di un mercato ormai unitario anche nel settore degli stupefacenti), sia opportuna una depenalizzazione della materia…”.
Ecco: la parola da leggere con attenzione è valutare. La droga in Italia, purtroppo, è già libera: alle tre del mattino, in alcune piazze d’Italia, è persino più facile recuperare uno spinello piuttosto che un panino. Il problema è che il business è totalmente appaltato alla criminalità organizzata (leggasi anche ‘Ndrangheta) che si nutre di proibizionismo e illegalità. Pannella non parlava infatti di liberalizzare, bensì di legalizzare come si potrebbe fare per la prostituzione. Ma lasciamo stare Panella.
Sono i Magistrati della Direzione Nazionale Antimafia, nel capitolo della relazione inviata al Parlamento a febbraio 2015 e intitolato “L’eccezionale espansione dei consumi di hashish in Italia. La questione della depenalizzazione” a invitare a riflettere spiegando che:
- <<Il dato di partenza dell’analisi … che riguarda l’attuale consistenza criminale ed economica del narcotraffico in Italia … non può che essere di tipo oggettivo e statistico, tale cioè da … misurare concretamente – e al di là di facili suggestioni, spesso dettate da pre-giudizi – la dimensione esatta del fenomeno (e, quindi, poi, l’entità dell’impatto repressivo)>>.
- Che: <<Secondo la letteratura criminologica internazionale, che sul punto rispecchia un orientamento sostanzialmente unanime, il dato dei sequestri di stupefacente, … Si ritiene prudenzialmente, almeno a livello italiano ed almeno attualmente, che, di norma, ad un dato quantitativo di stupefacente sequestrato, corrisponda un quantitativo di stupefacente immesso sul mercato pari a circa 10/20 volte quello sequestrato>>.
Dicono che in Italia, nel 2013 venivano intercettati ben 27.282 Kg di hashish e 4.074 di piante di Cannabis. Dieci o venti volte il quantitativo che circolava (e tutt’ora circola) annualmente.
Il “dato sui sequestri di cannabis”, scrivono i magistrati, “evidenzia un picco che appare altamente dimostrativo della sempre più capillare diffusione di questo stupefacente”.
“Per avere contezza della dimensione … basterà osservare che – considerato che, come si è detto, il quantitativo sequestrato è di almeno 10/20 volte inferiore a quello consumato – si deve ragionevolmente ipotizzare un mercato che vende, approssimativamente, fra 1,5 e 3 milioni di Kg all’anno di cannabis, quantità che soddisfa una domanda di mercato di dimensioni gigantesche.
In via esemplificativa, l’indicato quantitativo consente a ciascun cittadino italiano (compresi vecchi e bambini) un consumo di circa 25/50 grammi procapite ( pari a circa 100/200 dosi) all’anno”.
Un fenomeno quindi “di massa”. E per questo, nella relazione inviata al Parlamento i Magistrati dell’Antimafia scrivono che <<di fronte a numeri come quelli appena visti – e senza alcun pregiudizio ideologico, proibizionista o anti-proibizionista che sia – si ha il dovere di evidenziare a chi di dovere, che, oggettivamente, e nonostante il massimo sforzo profuso dal sistema nel contrasto alla diffusione dei cannabinoidi, si deve registrare il totale fallimento dell’azione repressiva.
… Il sistema repressivo ed investigativo nazionale, …, è nella letterale impossibilità di aumentare gli sforzi per reprimere meglio e di più la diffusione dei cannabinoidi. Ciò per la semplice ragione che, oggi, con le risorse attuali, non è né pensabile né auspicabile, non solo impegnare ulteriori mezzi ed uomini sul fronte anti-droga inteso in senso globale, comprensivo di tutte le droghe ( impegno che assorbe già enormi risorse umane e materiali, sicché, spostando ulteriori uomini e mezzi su tale fronte, di conseguenza rimarrebbero “scoperte” e prive di risposta investigativa altre emergenze criminali virulente, quali quelle rappresentate da criminalità di tipo mafioso, estorsioni, traffico di essere umani e di rifiuti, corruzione, ecc) ma, neppure, tantomeno, è pensabile spostare risorse all’interno del medesimo fronte, vale a dire dal contrasto al traffico delle (letali) droghe “pesanti” al contrasto al traffico di droghe “leggere”.
In tutta evidenza sarebbe un grottesco controsenso. Si può dire, allora, che i dati statistici e quantitativi nudi e crudi, segnalano, in questo specifico ambito, l’affermarsi di un fenomeno oramai endemico, capillare e sviluppato ovunque, non dissimile, quanto a radicamento e diffusione sociale, a quello del consumo di sostanze lecite (ma, il cui abuso può del pari essere nocivo) quali tabacco ed alcool.
La circostanza è aggravata dal fatto che il trend può ragionevolmente ritenersi in ulteriore crescita non solo per ragioni storiche e sociali ma anche in considerazione della minore deterrenza delle norme penali riguardanti le cd droghe leggere, sancita dalla recente sentenza nr 32/2014 della Corte Costituzionale, che sostanzialmente non consentono l’arresto in flagranza.
Dunque, davanti a questo quadro, che evidenzia l’oggettiva inadeguatezza di ogni sforzo repressivo, spetterà al legislatore valutare se, in un contesto di più ampio respiro (ipotizziamo, almeno, europeo, in quanto parliamo di un mercato oramai unitario anche nel settore degli stupefacenti) sia opportuna una depenalizzazione della materia, tenendo conto del fatto che, nel bilanciamento di contrapposti interessi, si dovranno tenere presenti, da una parte, le modalità e le misure concretamente (e non astrattamente) più idonee a garantire, anche in questo ambito, il diritto alla salute dei cittadini (specie dei minori) e, dall’altra, le ricadute che la depenalizzazione avrebbe in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell’ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite>>.
Chiuse le virgolette possiamo aggiungere solo ciò che – sulla questione proibizionismo e lotta alla droga – non mancava mai di ricordare Marco Pannella. E cioè “Che se tu vuoi proibire un qualcosa che è così diffuso, che è un fenomeno di massa, per farlo sei sempre costretto ad assumere comportamenti autoritari”.
(*) I dati sui sequestri ecc. citati dalla relazione – quando non diversamente specificato – si riferiscono al periodo di osservazione compreso 01 luglio 2013 e il 30 giugno 2014.