Povertà e miseria (conseguente). Mezzogiorno e migranti i più colpiti

<<Bisogna unire tutte le nostre forze per combattere la miseria per le stesse ragioni per le quali è stato necessario in passato combattere il vaiolo e la peste: perché non ne resti infetto tutto il corpo sociale>>.

Scriveva così, nel 1942, Ernesto Rossi nella sua opera “Abolire la miseria” che torna di grande attualità se, ancora oggi, questioni come povertà, miseria e lavoro restano questioni centrali.

Quel Rossi che dal confino fu autore -assieme ad Altiero Spinelli – del Manifesto di Ventotene per un’Europa libera e unita.

chiare lettere

La fotografia che oggi, 26 giugno 2017, l’ISTAT restituisce al Paese è impietosa: mai tanti poveri in Italia dal 2005.

Sono 1.778.000 le famiglie italiane (il 6,9%) che vivono al di sotto della soglia di povertà assoluta: cioè famiglie in cui la spesa mensile non è sufficiente ad acquistare beni e servizi considerati essenziali. Abbiamo superato i cinque milioni di individui (l’8,4%) della popolazione che vivono in tali misere condizioni.

I cittadini del Mezzogiorno (assieme ai migranti) sono i più colpiti: il 10,3% delle famiglie, l’11,4% delle persone.

Se povertà e miseria non sono la stessa cosa, ma se è dalla prima si alimenta, si rigenera la seconda, è vero che sui dati pubblicati dall’ISTAT bisogna riflettere e agire subito. Affinché la povertà dilagante non si trasformi in miseria e in imbarbarimento culturalmente.

Innanzitutto bisogna farlo notando che a questo aumento di persone indigenti da un lato si accompagna dall’altro un aumento del PIL, significando che mentre la ricchezza del Paese aumenta, contemporaneamente aumenta anche il divario tra chi ha tanto di più del necessario e chi, invece, non ce la fa ad arrivare alla fine del mese. E l’Europa deve essere al centro di queste politiche di Giustizia sociale.

Per Ernesto Rossi “La pecca maggiore dei regimi individualistici, quali si sono storicamente realizzati finora è … la miseria degli ultimi strati della popolazione. La condizione delle classi povere, …, è talmente ripugnante alla nostra coscienza morale, ed è così contraria al nostro ideale di civiltà.

Miseria , – anche oggi –  in stridente contrasto con l’opulenza di pochi privilegiati, … con lo sperpero di tante energie umane e di tante risorse materiali per soddisfare la vanità ed i futili capricci di chi si presenta sul mercato con una maggiore capacità di acquisto, … con il parassitismo di chi vive senza lavorare”.

Barbara Spinelli scrive in un articolo pubblicato su La Repubblica nel 2011 che:

<<Certe volte dimentichiamo che il pensiero di unirsi in una FEDERAZIONE, nato come progetto non utopico ma concreto nell’ultima guerra in Europa, non ha come obiettivo la semplice tregua d’armi tra Stati che per secoli si sono combattuti seminando morte. È un progetto che va alle radici di quei nostri delitti collettivi che sono stati i totalitarismi, le guerre. Che scruta le ragioni per cui gli individui possono immiserirsi al punto di disperare, anelare a uno strabiliante Redentore terreno>>.

 Aggiungendo che:

<<Chi parla in questo modo trascura quello sguardo scrutante che i fondatori gettarono sulla questione della miseria, e l’estrema sua attualità. Trascura, anche, quel che l’Europa unita ha tentato di fare, per creare non solo istituzioni politiche ma sociali, economiche>>.

E che:

<<La sfida oggi è identica, e sono le pubbliche istituzioni nazionali e europee a doversi assumere il compito. Affidarlo a chiese o filantropi vuol dire regredire a tempi in cui solo la carità era il soccorso. In molti paesi arabi sono gli estremismi musulmani a occuparsi del Welfare, confessionalizzandolo. Non è davvero il modello da imitare: gli Stati europei si sono sostituiti alle chiese fin dal ‘200, creando istituzioni laiche aperte a tutti.

È importante ricordare come nacque il Welfare, perché in Europa, Italia compresa, le campagne elettorali si svolgeranno su questi temi, e sul banco degli imputati ci sarà spesso la medicina stessa che dopo il ’45 ci somministrammo sia per abolire le guerre, sia per abolire la miseria. Non è improbabile, ad esempio, che le destre italiane  – non ancora emendate  – tramutino l’Europa in bersaglio: da essa verrebbero quelle regole che ci impoveriscono e commissariandoci, ci umiliano>>.

Rifondare oggi l’Europa concentrandosi sulla lotta alla miseria>>- conclude la giornalista- <<significa capire perché l’Unione ci chiede certi comportamenti e, al tempo stesso, inventare istituzioni aggiuntive che diano sicurezza all’esercito, in aumento, di disoccupati e precari>>.

E personalmente aggiungerei anche l’esercito di migranti. Quell’esercito di persone che scappa dalla miseria dell’Africa o dalla guerra e che non possiamo non accogliere. Tra l’altro perché in Italia e in Europa la popolazione continua ad invecchiare e ci servono lavoratori che continuino a mantenere coi contributi il nostro welfare.

Al netto delle citazioni, chiamatelo reddito di cittadinanza, o piuttosto reddito di inclusione, è evidente che non si può più fare a meno di uno strumento legislativo che colmi questo divario sociale lacerante.

Altrimenti c’è il concreto rischio che i populisti e i nazionalisti continueranno a moltiplicarsi.

Share