Visita dei militanti del @RadicalParty al carcere di Vibo Valentia. Il Rapporto

25 dicembre 21016 – Visita alla Casa circondariale di Vibo Valentia. Direttore Antonio Mario Galati (Presente al momento della visita).  

Delegazione del PRNTT: Giuseppe Candido, Rocco Ruffa.

Natale in carcere come ci ha insegnato a fare Marco Pannella. Gernando Marasco assente giustificato: è a Milano con sua sorella che è stata investita sulle strisce pedonali e ha rischiato grosso. Con Rocco Ruffa ci ritroviamo davanti all’ingresso alle ore 8:45 e, quasi contemporaneamente, arriva anche il dottor Antonio Galati, direttore del carcere. Entriamo con lui e, dopo aver assolto alle formalità di rito, il direttore stesso e il Comandante Montauro ci accompagnano nella visita secondo le “modalità” stabilite dallo stesso direttore e comunicate al DAP: esclusivamente “dalle 9:00 alle 12:00”, potendo “visitare ogni ambiente dell’istituto ad eccezione dei locali in cui siano presenti contemporaneamente più detenuti, e potrà rivolgere la parola ai singoli detenuti in lingua italiana senza poter trattare argomenti relativi a processi in corso e senza che la delegazione possa fare osservazioni sulla vita dell’Istituto in presenza dei detenuti stessi”. 

Ci siamo stati altre volte: lo scorso anno a Santo Stefano, a Pasqua 2016 quando Marco era alla Panetteria e, con Rita Bernardini, lo scorso 6 agosto 2016. Mai il direttore aveva stabilito tali modalità. Anzi, durante l’ultima visita fatta con Rita che durò circa otto ore, ricordo che avevamo addirittura fatto un’assemblea per ogni braccio facendo venire i detenuti di ciascuna sezione, dalle celle nelle sale di socialità.

L’istituto è composto da due padiglioni detentivi, rispettivamente di due e tre piani, con gli uffici e gli spazi comuni ubicati al piano terra nell’edificio centrale. E’ dotato di una sala colloqui a norma, senza muretti divisori, e di un’area verde e una ludoteca per i colloqui con i figli minori.

Dei 140 agenti di polizia penitenziaria previsti in pianta organica nell’istituto ce ne sono assegnati 166 (di cui 142 effettivamente in servizio e 22 impegnati nel nucleo traduzioni). Quindi, sulla carta, almeno per quanto riguarda gli agenti in servizio, l’istituto sembrerebbe apposto. Tuttavia, ci spiega il direttore, su questo aspetto c’è il “trucco”: nel 2001 l’organico di polizia penitenziaria era di 202 agenti; nel 2013 è stato ridotto a 140 unità. In pratica, la cronica carenza di organico è stata resa strutturale, quindi con 142 agenti effettivamente in servizio potrebbe sembrare che l’istituto non abbia problemi di organico: ma non è cosi.

Parliamo di educatori? Al momento della visita ce ne sono assegnati quattro, di cui uno – tra l’altro – con orario di servizio part time, a fronte di una pianta organica che invece ne prevederebbe nove.

Al momento della visita ci sono presenti 347 detenuti, tutti uomini, di cui 204 in regime di Alta Sicurezza e 143 detenuti comuni (ex media sicurezza). Di 347 persone detenute solo 138 hanno una sentenza definitiva. 209 detenuti (il 60% circa), di cui 97 (il 27 %) solo imputati, sono in attesa di giudizio definitivo.

La capienza regolamentare è di 407 posti distribuiti in 155 stanze di detenzione , tutte dotate di bagno separato con doccia e bidè. Sulla carta quindi, con i 347 detenuti alla conta, sembrerebbe superato il problema del sovraffollamento. Tuttavia, mentre visitiamo i detenuti ci accorgiamo che – anche in questo istituto  – molte celle hanno i letti a castello e, al netto della superficie occupata dalle brande, non sono garantiti i tre metri quadri di superficie per ciascun detenuto. Cosa che, tra l’altro, ci conferma lo stesso direttore Galati.

I detenuti stranieri sono 27, per lo più di origine africana, ma l’assenza di un mediatore culturale, anche con numeri esigui, crea non pochi problemi agli agenti.

Tre africani del Gambia, infatti – detenuti da quasi sei mesi – ci dicono che non riescono a parlare con le loro famiglie. Non riescono a far sapere di esser vivi e di non essere finiti nella tomba del mediterraneo. Ce lo spiega in un inglese striminzito e – contravvenendo alle disposizioni data dal direttore – in inglese altrettanto striminzito tentiamo di rispondergli facendogli capire “il problema” con riferimento a una mail dell’ambasciata del loro Paese che il direttore, prontamente, ci fa reperire, ci mostra e nella quale è scritto – nero su bianco – che l’ambascia non è in grado di assicurare all’istituto che il numero telefonico fornito dai detenuti sia effettivamente quello dei loro familiari.

Quindi senza autorizzazione, niente telefonate.

Nell’istituto ci sono trenta casi psichiatrici; soltanto sei detenuti che lavorano – all’interno del carcere – con imprese cooperative esterne. 63 detenuti, a rotazione trimestrale, lavorano invece alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria facendo quei lavori come lo scopino e il porta vitto che sono assai poco spendibili fuori dal carcere.

Gli altri oziano venti ore al giorno nelle celle e altre 4 ore ai passeggi. Nonostante sia vigente l’articolo 15 della L.354 del 26/7/65 (O.P.) che espressamente individua nel lavoro in carcere uno degli elementi più importanti del trattamento rieducativo stabilendo che, “salvo casi di impossibilità”, “al condannato e all’internato sia assicurata un’occupazione”. L’Italia – e ancor di più la Calabria – da questo punto di vista potremmo dire che è tutta un “caso di impossibilità”.

Nelle due biblioteche dell’istituto ci lavorano quattro detenuti: gli abbiamo “prestato” in comodato d’uso gratuito perché per la donazione ci volevano troppe “carte” e liberatorie, dieci copie del volume su La Madonna della Sacra Lettera (Non Mollare edizioni, 2010). C’è un laboratorio teatrale, ma che impegna solo una decina di detenuti. Ci sono un bel po’ di attività scolastiche: primaria (13 iscritti nell’a.s. 2015/16), secondaria di I (10 iscritti) e di II grado (I.T. Commerciale con 86 iscritti e l’I.P. Agro Ambientale, con 109 iscritti nel 2015/16). In più, oltre ad attività teatrali, per il trattamento dei detenuti ci sono tre corsi di formazione professionale: quello di apicoltura organizzato in collaborazione con la Federazione Apicoltori Italiani, un corso per l’apprendimento di “metodi di catalogazione e classificazione bibliotecaria” organizzato dal “Sistema Bibliotecario Vibonese”, e un corso di pasticceria.

Infine segnaliamo che, nel 2015, ci sono stati sette atti di autolesionismo e altrettanti si sono verificati nel 2016, e questo qualcosa vorrà pure dire.

La visita termina – come rigidamente previsto dal direttore – pochi minuti prima delle ore 12, ma dopo aver comunque incontrato tutti i detenuti e aver ringraziato, uno ad uno, i 211 digiunatori che, lo scorso 5 e 6 novembre 2016, anche da Vibo Valentia hanno sostenuto la Marcia per l’amnistia intitolata a Papa Francesco e a Marco Pannella e il digiuno di Rita Bernardini e altri dirigenti e militanti radicali volto a chiedere al Ministro della Giustizia e al Parlamento lo stralcio della riforma dell’Ordinamento penitenziario e che l’effettività rieducativa della pena riguardi tutti i detenuti, nessuno escluso.

Di seguito i servizi del 26/12/2016 del TGR Calabria 

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