Archivi tag: Storia del giornalismo

Calabria, piano assunzioni de #labuonascuola. In corso la fase “zero”

Giovedì 30, venerdì 31 luglio e sabato 1 agosto é stata la volta dei docenti (infanzia, primaria, secondaria, sia posti comuni sia sostengo) inseriti nelle graduatorie di merito del concorso 2012; da martedì 4 agosto cominciano invece le convocazioni dei docenti inseriti nelle GaE. Ulteriori info sul sito www.calabria.istruzione.it

La Gilda insegnanti era lì, con il prof. Maesano, il coordinatore provinciale Aldo,Trapuzzano e il sottoscritto.

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La censura sui mezzi d’informazione

di Maria Elisabetta Curtosi

 

Sulla censura sui mezzi d’informazione si è soffermato un altro storico del giornalismo, Georges Weill: << La guerra del 1914 mostrò la forza e la debolezza della stampa politica; la sua forza, perché giammai gli uomini, nel mondo intero, provarono un simile desiderio di leggere i giornali ridussero o soppressero la sua libertà, le imposero una sorveglianza minuziosa … frenare la stampa come organo d’informazione, svilupparla come organo di propaganda …>>. Pertanto le guerra hanno influito  sullo sviluppo e sul sistema di informazione. Anche la Guerra del Golfo fu vissuta dal mondo intero attraverso immagini censurate, controllate, filtrate, velinate e addirittura prefabbricate. Indirizzare l’opinione pubblica verso il volere della propaganda con una novità assoluta: la centralità dell’informazione.

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La società ha bisogno di innovatori ed innovatrici

di Maria Elisabetta Curtosi

 

L’attenzione delle lettrici e dei lettori si è spesso concentrata solo sulle raccomandazioni da usare quando si scrive, forse perché è più facile presa o perché la parte più operativa, certo le raccomandazioni non sono da intendere nel loro autentico significato se estraniate dal conteso che la precede. La rilevazione delle dissimmetrie non intende essere una sterile e lamentosa protesta fine a sé stessa, ma piuttosto vuole essere documentazione di una situazione che si ritiene debba cambiare. La lettura dovrebbe suscitare, in particolare nelle donne, un senso di fastidio convinto per come la lingua le condiziona, oscura, occulta.

A questo punto acquistano il giusto significato le raccomandazioni, le quali non vogliono rappresentare una rivoluzione linguistica, né la cancellazione di una lingua per inventarla un’altra. Esse suggeriscono una scelta più attenta delle forme grammaticali e sintattiche, e magari richiedono un po’ di innovazione. Ma tutte le società hanno avuto bisogno di innovatori e di innovatrici per progredire.

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La nascita del primo servizio radiofonico

di Maria Elisabetta Curtosi

 

Nel 1933 ci fu un’altra importante rivoluzione in campo giornalistico e delle comunicazioni di massa e cioè  quando Guglielmo Marconi inaugura  dopo 38 anni di esperimenti il primo servizio radiofonico tra la Città del Vaticano e Castelgandolfo. Fu sconvolgente perché alla parola scritta si sostituisce o meglio si aggiunge la parola “parlata” facendo così una divulgazione sempre maggiore di informazioni e di idee. Così il potere si impadronì subito della radio e lo fa strumento di divulgazione, infatti proprio sulla radio che regimi come il fascismo puntarono per la loro propaganda, inoltre è sempre attraverso la radio che viene preparata la seconda guerra mondiale usando slogan, celebre rimane l’anatema del giornalista di regime Appelius contro l’Inghilterra per ingenerare odio negli italiani e condurli per mano al conflitto<. << Dio stramaledica gli Inglesi>>.

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Alcune “Raccomandazioni….”

di Maria Elisabetta Curtosi

 

Uno spazio particolare è dedicato ai titoli e a quelle enunciazioni in cui la strumentalizzazione dell’immagine femminile quale richiamo. E’ evidente anche l’importanza su altre parti incluse nel testo. E’ interessante soffermarci, però,  nelle “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua” che è indirizzato a chi scrivendo o parlando intende eliminare le deformazioni di una lingua così strutturata e usata. Questo è un testo che sia per la personalità dell’autrice sempre proiettata verso innovazione e libera da condizionamenti che riteneva immotivati, sia per l’epoca in cui uscì –  1985  – portava con sé un preciso intento provocatorio. Anche se le raccomandazioni appaiono molte volte forti perché prive di una loro logica e di una potenziale attuabilità. Ma dal punto di vista del senso comune, che per quanto riguarda la lingua risente di quell’alone di sacralità che troviamo nei dizionari e grammatiche, anche se a tutti p noto che sono proprio questi che attestano la non neutralità della lingua e la perpetuano.

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“Il sessismo mentale”

di Maria Elisabetta Curtosi

 

Prendendo in cosiderazione le dissimmetrie semantiche, l’analisi investe soprattutto l’uso della lingua, vale a dire il << il sessismo mentale>> che si esplicita con le sue forme stereotipate, patriarcali, attraverso aggettivi, sostantivi e forme alterate come diminuitivi, vezzeggiativi che sono numeroso quando il discorso verte su donne/personaggio. Un esempio lo troviamo in un periodico dell’epoca:<<  il tragitto terreno di Indira Ganndhi sarebbe stato già straordinario se lo avesse percorso un uomo. Diventa unico perche lo ha percorso una piccola donna fragile mite minuta e rotondetta una piccola donna fisicamente Indira proseguì con un tocco… di femminile nevrosi>>.

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Come sustituire forme linguistiche “sessiste”

di Maria Elisabetta Curtosi

Si dice, ma non si dica più… I diritti  umani non i diritti dell’uomo; le popolazioni primitiva non l’uomo primitivo ecc…

E’ certo che allora uscire pubblicamente con un discorso sul “sessismo della lingua” servì a far riflettere molti e molte sul fatto che questa non è né neutra né ingenua e che il genere grammaticale maschile identificandosi con il genere universale contribuisce all’occultamento della differenza sessuale e quindi della specificità femminile. Le dissimmetrie grammaticali che vengono rilevate rigurdano infatti l’uso frequente del maschile per dimostrare fino a che punto esso sacrifichi il femminile e come possa condurre ad espressioni che a volte rasentano il ridicolo, in nome di regole e strutture codificate da uomini e legittimate dall’uso; è emblematica una frase come “l’uomo alla i suoi piccoli” in un testo di biologia. Sono forme espressive del genere che se non fossero supportate dalle nostre facoltà deduttive, difficilmente potrebbero condurci alla implicita presenza della donna.

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“Il sessimo nella lingua italiana”

di Maria Elisabetta Curtosi

Nel 1987 uscì una pubblicazione della Commissione per la parità tra donna e uomo (istituita presso la presidenza del Consiglio dei ministri) dal titolo: “ Il sessismo nella lingua italiana”. Si tratta di una ricerca proposta e seguita da Alma Sabatini, che riporta circa settecento schede esemplificative delle dissimmetrie, grammaticali e semantiche rilevate nella lingua scritta e parlato; sono schede selezionate in un vasto materiale raccolto in circa sei mesi su vari giornali quotidiani e settimanali. Dopo l’uscita del libro molte furono le reazioni di segno molto diverso, sia di consenso sia di netto rifiuto, per i più svariati motivi. Uno dei motivi principali era che  in Italia, in quel periodo, un discorso del genere anticipava di molto i tempi, proprio perché molti non si aspettavano che la ricerca della parità tra uomo e donna dipendesse anche dal linguaggio, era stata sottovalutata questa strada proprio per quel nesso che i linguisti e sociolinguisti pressoché concordi, riconoscono esservi tra realtà, pensiero e linguaggio.

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Il giornale come mediazione culturale

di Maria Elisabetta Curtosi

Alla fine degli anni settanta dell’Ottocento il problema che si pone è su come scrivere. Nuovo era il soggetto polito, nuovo doveva essere il linguaggio non omogeneo perché in continua evoluzione. Un linguaggio che esclude chi non stava nel movimento e che crea rotture psicologiche. Ad esempio lo slogan << l’utero è mio e me lo gestisco io>> irritò a lungo chi aveva deciso di non farla propria o chi non accettava il movimento femminista. La donna voleva una propria autodeterminazione partendo dalla riappropriazione del proprio corpo e il termine utero che fino a prima era solo usato nei linguaggi  medico-scientifici o pornografici entra a far parte del linguaggio politico. Il giornale più di una volta si fa mediatore. E quindi la redazione, per questo viene accusata di essere un centro di potere, in realtà il tentativo del collettivo è quello di cercare di mettere in relazione tra loro donne che hanno fatto esperienza all’interno del movimento femminista e donne che hanno interesse a conoscerlo. Il progetto iniziale di “Quotidiano donna” trova i suoi limiti proprio nella difficoltà di mettere in comunicazione tra loro diversi linguaggi.

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Informare o comunicare?

di Maria Elisabetta Curtosi

In via del Governo Vecchio a Roma, sede occupata del movimento femminista, nel 1878 esce il “Quotidiano donna”, la testata era diretta da Emanuela Moroli, nasce come giornale politico. INFORMARE O COMUNICARE? Nelle assemblee convocate per discutere la nascita del giornale la maggioranza  delle presenti sottolineò quanto più si confacesse alle donne il secondo termine. Il comunicare presuppone un rapporto bilaterale. Per fa sì che il giornale sia uno strumento capace di mettere in comunicazione le donne, si adotta la formula << far scrivere le lettrici>>. Ogni lettrice è una potenziale corrispondente. Più di 4.000 le lettere e gli articoli arrivati che avevano un linguaggio esoterico proprio di quella esperienza e di quella situazione. Era necessario tornare a far informazione? Forse si. Il giornale sollecitava le lettrici a scrivere. Le lettere erano di donne che usavano una scrittura intimista quale specchio d’animo. Poche erano le note di redazione vi erano più titoli, sommari, occhielli. I primi numeri non andarono bene era troppo eclettico, quindi fu necessario un lavoro di limatura dei pezzi che scontentava però profondamente chi scriveva.

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