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#MenoInquinoMenoPago: #Legambiente e #Radicali assieme per cambiare la fiscalità su energia, ambiente e consumo di suolo

STOP a incentivi per il consumo di risorse. Chi inquina deve pagare di più. Un principio oggi violato. E le risorse devono essere restituite ai cittadini e alle aziende che investono in tecnologie sostenibili.

Questa, in sostanza, la campagna lanciata lo scorso 21 maggio 2014 a Roma con una conferenza stampa congiunta tra i vertici nazionali di Legambiente e Radicali italiani e alla quale hanno partecipato, tra gli altri, Vittorio Cogliati Dezza, Presidente di Legambiente, Valerio Federico, Tesoriere di Radicali Italiani, Edoardo Zanchini, Vicepresidente di Legambiente e Michele Governatori, membro della Direzione nazionale di Radicali Italiani.

Su queste tematiche di cui pure noi di ALM ci siamo occupati, il Partito Radicale ha, ormai da anni, iniziato lotte e intrapreso iniziative specifiche per ricondurre l’impronta ecologica a livelli sostenibili anche attraverso l’associazione Rientro Dolce che si occupa di tutte quelle problematiche connesse all’aumento – vertiginoso nell’ultimo Secolo – della popolazione mondiale

Manco a dirlo, quindi, Abolire la miseria della Calabria – per gli scopi fondativi dell’associazione di volontariato culturale Non Mollare che la edita – la sostiene fortemente perché è un modo di far pagare chi inquina e, cosa non da poco con questi chiari di luna, recuperare risorse utili per abolire della miseria. Personalmente, da oggi, sono diventato socio ordinario di Legambiente versando il mio contributo di 30 euro. E appena finito di postare questo articolo invierò una email per segnalare la nostra adesione alla campagna che si manifesterà con la partecipazione alle iniziative calabresi per la presentazione della stessa e all’esposizione di un banner sulla barra laterale del nostro sito web.

Nel sistema italiano sempre più caratterizzato da un capitalismo inquinato, come si legge nella pagina del sito di Radicali Italiani dedicata alla presentazione della campagna, non è vero che chi inquina paga.

Questo principio, già introdotto quarant’anni fa dall’OCSE e poi fatto proprio nel trattato costitutivo dell’Unione Europea e nel protocollo di Kyoto, è violato nelle imposte e nelle bollette italiane.

E i Radicali assieme a Legambiente hanno deciso di far valere sul serio questo sacrosanto principio. Ciò che propone la campagna è di eliminare i sussidi oggi esistenti, ma iniqui e dannosi per l’ambiente e usare i soldi per ridurre le tasse sui redditi da lavoro e impresa, aiutare gli investimenti nell’innovazione dei settori oggi sussidiati.

#MenoInquinoMenoPago è l’hash-tag scelto per rappresentare, anche sui sociali, l’iniziativa.

A luglio, ci ha assicurato Valerio Federico, tesoriere di Radicali Italiani che abbiamo contattato telefonicamente, la campagna farà tappa anche in Calabria dove i disastri ambientali, e noi di ALM lo sappiamo bene, certo non mancano. Vi terremo, quindi, aggiornati sulle date con sufficiente anticipo.

Nel “manifesto della campagna” – che qui pire integralmente riportiamo, si trovano:

Le proposte:

#MenoInquinoMenoPago
#MenoInquinoMenoPago

Nel fisco italiano, nelle regole di sfruttamento di molte risorse naturali, nelle bollette dell’energia si annidano costosi sussidi diretti e indiretti al consumo di ambiente.

Questo manifesto propone di correggere queste distorsioni eliminando sussidi e sconti fiscali alle fonti fossili e introducendo regole di tutela, di tassazione e di assegnazione trasparenti in tutta Italia per cave, acque minerali, concessioni balneari, consumo di suoli.

Gli interventi proposti prevedono la contemporanea riduzione della pressione fiscale sui redditi da lavoro e impresa, con aumento del potere d’acquisto per tutte le categorie che oggi non beneficiano di sconti antiecologici.

Chi ci guadagna con la nostra proposta? Tutte le persone comuni che oggi pagano al posto di chi beneficia di sconti o rendite a spese dell’ambiente, e le aziende disposte a investire in innovazione ecologica. A loro vogliamo destinare minori tasse sui redditi, minori oneri in bolletta e fondi per investimenti in innovazione per un totale di oltre 10 miliardi di Euro all’anno recuperati con questa proposta.

Per rendere possibile questa prospettiva occorre modificare il dettato della Delega al Governo in materia di fiscalità(1) che oggi subordina la revisione in chiave ecologica del fisco a quando la materia verrà definita a livello europeo, mentre non prevede alcun intervento rispetto alle regole di tutela, uso o consumo delle risorse ambientali.

 La descrizione in breve del Contesto fatto di inefficienze, rendite e illegalità:

Il sistema fiscale oggi in Italia avvantaggia l’uso di risorse ambientali non rinnovabili e l’inquinamento. Al contempo il nostro Paese tassa il lavoro molto più della media UE.

Superare questo paradosso è possibile nell’interesse generale. Si tratta di una direzione di cambiamento su cui c’è ampio consenso(2) teorico a livello internazionale e che può contribuire a spingere l’innovazione in settori industriali promettenti.

IMG_2500In campo energetico, dove l’utilizzo di fonti fossili determina inquinamento e emissioni climalteranti, sono individuabili esenzioni alle accise sui consumi energetici pari ad almeno 5,7 mld/a nel 2014(3), quasi tutte a vantaggio del consumo di fonti fossili, in gran parte nei trasporti. Si tratta di un sistema fiscale complesso, incoerente e costoso che ha introdotto nel tempo incentivi, sconti, esoneri da accise e altre imposte ambientali senza una verifica dei risultati e dei costi.

Nelle bollette dell’energia pesano sussidi alle fonti fossili(4) pari a oltre 2 miliardi di Euro nel 2012. Inoltre, gli oneri generali di sistema non sono caricati in modo proporzionale bensì con un sussidio incrociato a favore soprattutto dei consumatori di taglia più grande (5) e di quelli con più grande incidenza dei costi energetici (6).

In campo ambientale, il sistema di tutela e la fiscalità sul prelievo e l’uso di risorse limitate e non rinnovabili è iniquo, pro-consumo di risorse naturali e a favore delle rendite.

I canoni di concessione per l’attività di escavazione stabiliti dalle Regioni sono estremamente bassi o pari a zero (7), con regole di tutela incomplete e inadeguate che premiano rendite e illegalità. Rispetto ad altri Paesi europei in Italia il recupero e riutilizzo di rifiuti inerti provenienti dall’edilizia è inoltre estremamente basso (8) anche per un basso costo di conferimento a discarica dei rifiuti edilizi(9).

I canoni di concessione per le acque minerali stabiliti dalle Regioni sono estremamente bassi10, perfino in aree dove vi sono difficoltà di approvvigionamento idrico, premiando rendite e vantaggi economici per pochi.

I canoni per le concessioni balneari sono in larga parte del Paese bassi (10), le assegnazioni avvengono senza gara, premiano rendite di posizione e hanno generato abusi edilizi e illegalità nei confronti del diritto di accesso alle spiagge.

La tassazione sulla trasformazione di suoli agricoli e naturali è bassa rispetto alla rendita generata e non spinge al riuso delle aree dismesse o da riqualificare, contribuendo al consumo di suolo.

Presupposti e obiettivi

Le regole di tutela, utilizzo e consumo delle risorse naturali e dei beni ambientali demaniali devono essere il più possibile trasparenti, semplici, comprensibili. Allo stesso modo è necessario che lo siano gli interventi con cui lo Stato fornisce incentivi alla transizione ecologicamente sostenibile del sistema economico: devono aiutare l’innovazione e non proteggere rendite. Devono garantire la legalità.

Presupposti ecologici

20140520-165750-61070822.jpg  Chi depaupera le risorse ambientali deve sostenerne il costo sociale, con la doppia finalità di contribuire alle azioni di compensazione e di essere indotto a comportamenti più sostenibili. Si tratta del principio “chi inquina paga” presente anche nel Trattato fondativo dell’UE e ripreso nel Protocollo di Kyoto che impegna esplicitamente i firmatari a eliminare i sussidi alle attività climalteranti.

Per rispettare l’ambiente bisogna essere anzitutto dei buoni contabili. Cioè considerare il valore anche economico delle risorse naturali (in termini di stock e di qualità) e salvaguardare il diritto delle generazioni future ad avere ancora accesso a risorse di pari valore (non necessariamente a un ambiente immutato).

Il depauperamento dell’ambiente è dunque spesso un semplice fallimento della regolazione dei mercati, che non computano il danno alla collettività presente e futura di questo depauperamento.

Correggere questo fallimento significa costruire o ristabilire un sistema di regole e di tassazione che responsabilizzino chi con la sua attività degrada o depaupera risorse ambientali, in modo da limitarne l’impatto e spingere l’innovazione. Un intervento in questi ambiti si motiva a partire dalla Costituzione che affida poteri esclusivi in materia di fiscalità e di tutela dell’ambiente allo Stato.

In particolare le concessioni all’uso di risorse delicate e limitate devono essere regolate in termini di canoni e permessi in modo da spingere innovazione e riuso anziché consumo, evitare rendite, garantire legalità e generare risorse per interventi di recupero ambientale.

In Italia la tutela e la fiscalità su attività come le cave e le acque minerali, sull’utilizzo del demanio balneare, sulla trasformazione di suoli a usi urbani sono materie dove concorrono competenze dello Stato e delle Regioni con notevoli inefficienze, rendite, illegalità.

Una efficace politica ambientale passa anche per regole chiare di tutela con controlli efficaci sulla loro applicazione, e per un sistema di controllo e di contabilizzazione della qualità e dello stock delle risorse ambientali.

La proposta:

Energia

  • Abolizione di tutte le esenzioni alle accise sui prodotti energetici.
  • Rimodulazione delle accise sui prodotti energetici, a parità di aliquota media, con una componente proporzionale al contenuto energetico e una proporzionale alle emissioni climalteranti, senza attendere l’approvazione della normativa comunitaria(11) che lo prevede. A tal fine serve una modifica della normativa vigente per anticipare e ampliare le disposizioni della delega fiscale(12).
  • Eliminazione dalle bollette dell’energia dei sussidi alle fonti fossili e dei sussidi incrociati a favore dei grandi consumatori e dei consumatori energivori(13).
  • Riduzione dei sussidi agli impianti di generazione da fonti rinnovabili in misura del recupero di competitività determinato dalla riduzione dei sussidi alle fonti fossili(14).

Risorse ambientali

  • Introduzione di un canone minimo nazionale per le concessioni di coltivazione di cava differenziato per tipologie di materiali(15) e fissazione di un’ecotassa minima per lo smaltimento in discarica(16).
  • Adeguamento dei canoni per le concessioni di acque minerali in tutto il territorio nazionale(17).
  • Adeguamento dei canoni per le concessioni balneari(18) in tutto il territorio nazionale e recepimento della direttiva europea per l’assegnazione e il rinnovo delle concessioni attraverso gare.
  • Introduzione di un contributo per il consumo di suoli agricoli e naturali i cui introiti devono essere vincolati a interventi di rigenerazione urbana(19).

In parallelo, occorre introdurre principi e regole di tutela uniformi in tutto il territorio nazionale:

  • individuando le aree da escludere dalle attività di escavazione e dalle sorgenti per ragioni di tutela ambientale;
  • fissando l’occupazione massima dei litorali con concessioni balneari per rispettare il diritto alla fruizione libera del demanio balneare;
  • individuando obiettivi massimi di trasformazione dei suoli a usi urbani per spingere il riuso e la riqualificazione di aree dismesse o degradate(20).

Uso delle maggiori entrate

Le risorse generate e risparmiate finanzieranno, in coerenza con la delega fiscale(21):

  • Riduzione delle imposte sul reddito di persone e imprese.
  • Contributi agli investimenti in efficienza energetica nei settori interessati alla eliminazione delle esenzioni dalle imposte ambientali.
  • Recupero ambientale negli ambiti coinvolti dalle attività interessate dall’aumento dei canoni.
  • Rigenerazione urbana con bonifica di suoli inquinati, riutilizzo di aree dismesse, messa in sicurezza del territorio.

Effetti positivi

  • Orientamento dei mercati verso modi di produzione e consumi più sostenibili come previsto nella delega fiscale (22).
  • Strutturale disincentivo all’uso delle fonti fossili.
  • Maggiore trasparenza e migliore concorrenza grazie all’eliminazione di sussidi nascosti e rendite dovute ad assegnazioni senza gare.
  • Incremento della competitività attraverso la riduzione delle imposte sui redditi delle aziende.
  • Riduzione delle imposte sui redditi delle persone.
  • Tutela di risorse naturali non rinnovabili e investimenti in riqualificazione ambientale.

Prossime azioni

  • Lancio di campagna di sottoscrizione al manifesto
  • Iniziative legislative al fine di rendere immediata la decorrenza della rimodulazione della fiscalità in senso ecologico e per la revisione delle regole di tutela, uso o consumo, fiscalità delle risorse ambientali.
  • Iniziative presso corti internazionali per applicare il principio “Chi inquina paga” in Italia.
  • Iniziative presso la Corte dei Conti per tutelare il cittadino dal danno erariale da rendite antiecologiche.

Per adesioni, materiale, informazioni: energia@legambiente.it  –  energia@radicali.it

NOTE al testo

1) Delega al Governo in materia di fiscalità (Legge 23/2014, art. 15), si veda la nota 11 per i contenuti.

2) Nella “Roadmap for a Resource Efficient Europe” la Commissione Europea ha identificato come tappa fondamentale entro il 2020 la cessazione dei sussidi dannosi per l’ambiente (Environmentally Harmful Subsidies, EHS). Anche IMF e OECD affermano la necessità di riformare o eliminare i sussidi al consumo e alla produzione di fonti fossili, per avvantaggiare sia l’ambiente sia il sistema economico e fiscale (si vedano i rapporti annuali IEA-OECD Inventory of Estimated Budgetary Support and Tax Expenditure for Fossil Fuels. Nell’aprile 2014 l’Italia ha siglato un accordo di ricerca scientifica con l’ONU per lo studio di una riforma fiscale a favore dell’ambiente.

3) Di circa 5,7 miliardi di € di esenzioni di accise sul consumo di combustibili previsto per il 2014 dalla Ragioneria dello Stato, i trasporti pesano per 4. Il trasporto aereo commerciale ha sconti per 1,6, poco più di quello a TIR e autolinee passeggeri (a queste ultime molto meno che ai TIR). 640 milioni a trasporto marittimo e pesca. Il totale di 5,7 miliardi è una stima per difetto, perché i dati non includono alcune forme non di esenzione, bensì di non assoggettabilità alle accise. Fonte: Ragioneria dello Stato, “Stato di previsione dell’entrata 2014 – 2016 – Effetti finanziari delle disposizioni vigenti recanti esenzioni o riduzioni del prelievo obbligatorio – ALLEGATO A”.

4) All’interno della componente A3 degli oneri generali di sistema, secondo i dati del GSE, i sussidi per centrali da fonti fossili attraverso il meccanismo delle “assimilate” (CIP6) sono stati pari a 2.166 milioni di Euro nel 2012 e la spesa complessiva dal 2001 è stata di 40.149 milioni di Euro. Nel 2013 è stato introdotto un sussidio per le centrali a olio combustibile per prevenire le possibili “situazioni di emergenza gas” stimato in 250 milioni di Euro il primo anno, a prescindere che si verifichino o meno rischi per gli approvvigionamenti di gas.

5) Gli oneri generali presenti nelle bollette di elettricità e gas sono applicati in modo progressivo per i clienti domestici residenti con piccola potenza impegnata e fortemente degressivo per i consumatori più grandi. Le categorie che più ne beneficiano sono quelle dei grandissimi consumatori. Nelle sole bollette elettriche, il vantaggio ai consumatori in altissima tensione relativo alla degressività di applicazione della sola componente A3, quella che perlopiù finanzia il supporto alle fonti rinnovabili elettriche, ammontava a oltre mezzo miliardo nel 2012, pagato perlopiù dalle piccole imprese che non beneficiano dello sconto per “energivori” e dai consumatori domestici diversi dai residenti con potenza impegnata 3 kW).

6) L’Autorità per l’Energia stima per il 2014 in 840 milioni di € il sussidio nelle bollette elettriche a favore dei clienti energivori – cioè con alti costi di approvvigionamento energetico rispetto al fatturato – manifatturieri destinatari della componente “AE” degli oneri di sistema. Si tratta di un trasferimento previsto nella Legge 9/2014;

7) Nelle Regioni Basilicata e Sardegna non sono previsti canoni per l’attività di escavazione e la media di canoni versati nelle Regioni rispetto al prezzo di vendita degli inerti non arriva al 3,5% (Rapporto Cave 2014 di Legambiente).

8) In Italia la percentuale di rifiuti da costruzione e demolizione riciclati è pari al 9%, in Danimarca è al 93%, Olanda 95%, Germania 91% (Fonte UEPG 2011).

9) In Italia il conferimento a discarica è ancora rilevante (39% dei rifiuti urbani), con situazioni persino di conferimento di rifiuti tal quali (vietati ma purtroppo praticati), e il basso costo di conferimento sfavorisce le filiere di raccolta e recupero di materiali.

10) I canoni di concessione per le acque minerali stabiliti dalle Regioni sono estremamente bassi (in alcune zone non si arriva 0,1 centesimi per litro) e in molte Regioni (Emilia Romagna, Liguria, Molise, Puglia, Sardegna) si paga non in funzione delle portate derivate ma degli ettari di concessione.

11) La Delega al Governo in materia di fiscalità (Legge 23/2014, art. 15) prevede di rivedere la disciplina delle accise sui prodotti energetici e sull’energia elettrica, anche in funzione del contenuto di carbonio e delle emissioni di ossido di azoto e di zolfo, in conformità con i princìpi che verranno adottati con l’approvazione della proposta di modifica della direttiva 2003/96/CE, ma rinvia la decorrenza degli effetti delle disposizioni alla data di recepimento della disciplina armonizzata stabilita dalla direttiva negli Stati membri dell’Unione europea.

La bozza di direttiva COM (2011) 169 propone la revisione della Direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici (2003/96/CE) con scissione in due componenti dell’aliquota minima dell’imposta sui prodotti energetici: componente CO2 fissata a un minimo di 20 €/T e componente energetica del prodotto (espresso in GJ). Soggetti già compresi nel sistema di controllo delle emissioni-serra con acquisto obbligatorio di permessi ad emettere (ETS) saranno esonerati dal pagamento della componente CO2.

12) Legge 23/2014, Articolo 15. (Fiscalità energetica e ambientale)

1. In considerazione delle politiche e delle misure adottate dall’Unione europea per lo sviluppo sostenibile e per la green economy, il Governo è delegato ad introdurre, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, nuove forme di fiscalità, in raccordo con la tassazione già vigente a livello regionale e locale e nel rispetto del principio della neutralità fiscale, finalizzate a orientare il mercato verso modi di consumo e produzione sostenibili, e a rivedere la disciplina delle accise sui prodotti energetici e sull’energia elettrica, anche in funzione del contenuto di carbonio e delle emissioni di ossido di azoto e di zolfo, in conformità con i princìpi che verranno adottati con l’approvazione della proposta di modifica della direttiva 2003/96/CE di cui alla comunicazione COM (2011) 169 della Commissione, del 13 aprile 2011, prevedendo, nel perseguimento della finalità del doppio dividendo, che il maggior gettito sia destinato prioritariamente alla riduzione della tassazione sui redditi, in particolare sul lavoro generato dalla green economy, alla diffusione e innovazione delle tecnologie e dei prodotti a basso contenuto di carbonio e al finanziamento di modelli di produzione e consumo sostenibili, nonché alla revisione del finanziamento dei sussidi alla produzione di energia da fonti rinnovabili. La decorrenza degli effetti delle disposizioni contenute nei decreti legislativi adottati in attuazione del presente articolo è coordinata con la data di recepimento della disciplina armonizzata stabilita dalla citata proposta di direttiva negli Stati membri dell’Unione europea.

13) Cfr. note n.5 e 6.

14) Con la rimodulazione delle accise sui prodotti energetici, sulla base del contenuto energetico e delle emissioni climalteranti, si determina un aumento della competitività per gli impianti da fonti rinnovabili che permetterà di ridurre fino a cancellare gli incentivi per i nuovi impianti.

15) I canoni di concessione per l’escavazione dovrebbero essere portati ad almeno il 20% del prezzo di vendita, ossia pari ai livelli della Gran Bretagna che anche grazie a questa tassazione è riuscita a spingere il riutilizzo di inerti provenienti dall’edilizia (82% di recupero rispetto al 9% dell’Italia). Va in questa direzione la Direttiva Europea 2008/98/CE che fissa un obiettivo del 70% al 2020. Per la sola estrazione di sabbia e ghiaia si passerebbe da introiti per le Regioni pari a 34,5 milioni di Euro a circa 240 milioni.

16) L’ecotassa per il conferimento a discarica dei rifiuti pretrattati (il conferimento di “tal quale” è vietato ma purtroppo ancora diffuso) dovrebbe passare da un valore “massimo” a uno “minimo”, pari a 50 Euro a tonnellata, che le Regioni potrebbero modulare in funzione di premialità e penalità legate alla capacità dei Comuni di aumentare la percentuale di raccolta differenziata. Se si considerano gli attuali tassi di smaltimento in discarica (circa 15 milioni di tonnellate) si passerebbe da un introito attuale di 40 milioni di Euro a circa 750 milioni.

17) Istituire un canone minimo nazionale per le concessioni di acque minerali pari ad almeno 20 euro a metro cubo (ossia 2 centesimi di Euro al litro). Ai tassi attuali di prelievo si ricaverebbero circa 240 milioni di Euro.

18) Istituire un canone minimo nazionale per le concessioni balneari di almeno 10 euro a mq all’anno (da una media attuale di circa 5 euro) con possibilità da parte delle Regioni di utilizzare premialità e penalità legate alle modalità di gestione e agli interventi di riqualificazione ambientale. Con un canone di questo tipo le entrate statali passerebbero da circa 103 milioni a 180 milioni di Euro all’anno.

19) Il contributo per la trasformazione di suoli ad usi urbani (come avviene in Germania) dovrà essere legato alla perdita di valore ecologico, ambientale e paesaggistico determinata. Il valore dovrà essere pari a tre volte il contributo relativo agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione nel caso in cui l’area sia coperta da superfici naturali, e due volte se invece da superfici agricole. Il contributo è vincolato ad una specifica voce nei bilanci comunali a interventi di rigenerazione urbana, di bonifica di suoli inquinati e di messa in sicurezza del territorio.

20) La Direttiva 571/11 impone l’obiettivo di raggiungere il consumo netto di suolo zero entro il 2050.

21) La Legge 23/2014 (“Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”) “ad introdurre […] nuove forme di fiscalità […] finalizzate ad orientare il mercato verso modi di consumo e produzione sostenibili, e a rivedere la disciplina delle accise sui prodotti energetici e sull’energia elettrica, anche in funzione delle emissioni di carbonio e delle emissioni di ossido di azoto e di zolfo, in conformità con i principi che verranno adottati con l’approvazione della proposta di modifica della direttiva 2003/96/CE prevedendo, nel perseguimento della finalità del doppio dividendo, che il maggior gettito sia destinato prioritariamente alla riduzione della tassazione sui redditi, in particolare sul lavoro generato dalla green economy, alla diffusione e innovazione delle tecnologie e dei prodotti a basso contenuto di carbonio e al finanziamento di modelli di produzione e consumo sostenibili, nonché alla revisione del finanziamento dei sussidi alla produzione di energia da fonti rinnovabili“ (art. 15).

#MenoInquinoMenoPago

Per adesioni, materiale, informazioni: energia@legambiente.it  –  energia@radicali.it

 

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