di Giuseppe Candido
pubblicato su “Il domani della Calabria” del 01.03.2010 pag.6
Maierato a Vibo Valentia, Ianò a Catanzaro sono soltanto gli ultimi nomi, in ordine strettamente temporale, di un un lungo elenco di disastri idrogeologici cui sicuramente sono destinati ad aggiungersene altri e che hanno, come vera causa, non già l’eccezionalità dell’evento meteorico quanto, piuttosto, l’incapacità di fare previsione e prevenzione.
E dove c’è strage di legalità, strage del diritto, c’è anche, come inevitabile corollario, la strage di uomini, di popoli. La Protezione Civile, che oggi si sarebbe voluto privatizzare in protezione spa, ha soltanto imparato a gestire l’emergenza (assieme alle urgenze dei grandi eventi) ma si è rivelata incapace di fare un’adeguata opera di prevenzione e previsione dei rischi. A Catanzaro, dove sulla provinciale è franato giù un intero piazzale con relativo distributore di carburanti, lo si sapeva da tempo che vi era una frana e, stante le continue avvisaglie, si è dovuto attendere che scendesse tutto a valle di un bel po’ di metri per accorgersene e gridare all’emergenza. Oggi Bertolaso e la sua “capacità del fare”, di gestire l’emergenza, vengono messi in discussione per le indagini sui lavori alla Maddalena e sugli appalti della ricostruzione de l’Aquila. Corruzione, sistemi d’appalto in deroga alle leggi sull’antimafia e sulla trasparenza che hanno favorito questo o quell’imprenditore. Sicuramente la realizzazione di lavori urgenti durante l’emergenza e nell’immediato futuro sono cose importantissime ma, la Protezione Civile avrebbe compiti ancora più importanti: fare previsione e prevenzione dalle catastrofi naturali. E invece, in un territorio fragile come il nostro, uno sfasciume pendulo sul mare cui si è sommata l’incuria decennale di amministratori disattenti e/o collusi che hanno concesso di costruire dove sarebbe stato meglio evitare, che hanno permesso lo scempio del territorio, le parole “previsione e prevenzione” non sarebbero dovute rimanere lettera morta. Una volta individuate le aree a forte rischio di frana e alluvione come fu fatto già dal 2001 con il PAI, il piano per l’assetto idrogeologico della Calabria, si sarebbe dovuto intervenire con interventi di consolidamento dei centri abitati a rischio o, addirittura, investire nel loro trasferimento. Si è continuato invece a permettere di costruire dove non si sarebbe dovuto aggirando i vincoli e compiendo quella strage di legalità che, inevitabilmente, diventa poi strage di popoli. E’ stato così per il Camping Le Giare dove si è consentito di costruire nell’alveo del torrente Beltramme, è stato così sull’Esaro ed è stata sempre l’assenza di prevenzione a permettere che avvenissero i disastri come quelli di Cavallerizzo e Maierato. Ed è sempre la strage di legalità e delle regole che ha consentito di nascondere rifiuti tossici e nocivi negli inerti con cui si sono poi costruite scuole nel cortonese. Si fanno piani che non si attuano, programmi, annunci ma, alle prime piogge di ogni anno, la normalità di un evento un po’ più intenso si trasforma in emergenza alluvioni ed emergenza frane. Un territorio fragile sicuramente cui si è però sommata l’incuria degli amministratori che, al di furori dell’emergenza, avrebbero avuto il compito di fare previsione e prevenzione. Per non parlare del rischio sismico di una terra ballerina come la Calabria la cui sismicità è nota dalla storia oltre che dalla geofisica e dove la parola prevenzione avrebbe dovuto avere il significato di adeguare a resistere alle scosse sismiche quella parte, abbondante, del patrimonio edilizio pubblico come scuole, ospedali, che le stesse indagini della protezione civile ci dicono essere estremamente vulnerabili alle scosse di un terremoto. Una regione con un elevatissima percentuale di edifici pubblici sismicamente vulnerabili. Edifici pubblici su cui si sarebbe potuto e si dovrebbe intervenire per adeguare o per rottamare e che invece, se arrivasse oggi un terremoto, verrebbero giù come dei grissini e ci costringerebbero a vivere l’emergenza più grave della nostra storia e la cui causa, ancora una volta, risiederebbe nella strage di regole e di legalità cui sempre di più siamo abituati.