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Un duro attacco alla scuola e alla libertà di insegnamento.

Non più aggiornamento professionale continuo ma formazione obbligatoria. Ecco a cosa punta il Governo con la buona scuola.

Con il nuovo documento dedicato alla formazione obbligatoria per i docenti il governo si propone di mutare completamente la metodologia didattica sino a oggi utilizzata dagli insegnanti. Continua la lettura di Un duro attacco alla scuola e alla libertà di insegnamento.

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#LaBuonaScuola: #Renzi fa il furbo ma l’Europa ci condanna

di Giuseppe Candido (*)
(Pubblicato su Cronache del Garantista del 27/11/2014)

Neanche due settimane dopo il termine per le ‘consultazioni’ vulute dal governo Renzi e dal Ministro dell’Istruzione e della Ricerca sulla riforma della scuola, proposta solo online (quasi a ricerca del consenso delle masse) con l’ormai famoso documento titolato “La buona Scuola”, come un macigno, arriva la sentenza della Corte di Giustizia europea che, con pronuncia di ieri, 26 novembre, ha condannto l’Ialia, ormai letteralmente pluri pregiudicata, anche per la violazione della Direttiva 1999/70/CE giudicando illegittima, da parte della Ministero dell’Istruzione, la reiterazione dei contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi per i docenti, ritenuto un ‘comparto speciale’.

In pratica, la Corte di Giustizia ha stabilito che:

La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo”.

Una sentenza che, di fatto, come sottolinea il coordinatore nazionale Rino Di Meglio nel comunicato odierno, rappresenta una vittoria della Gilda Insegnanti e della Federazione Gilda-Unams che dal 2007 ha intrapreso la via dei ricorsi giudiziari contro la precarizzazione del rapporto di migliaia di docenti che, ogni anno, vengono licenziati ad agosto e riassunti a settembre.
Ciò che succederà è che oltre 200mila precari, non solo i 150mila che voleva assumere il Governo, potranno chiedere l’immediata stabilizzazione del rapporto di lavoro, risarcimenti per oltre un miliardo di euro, e gli scatti di anzianità che avrebbero maturato, se fossero stati assunti, tra il 2002 e il 2012, dopo il primo biennio di servizio.
Spiegato quindi il motivo per il quale il Presidente del Consiglio Renzi, nella sua proposta di riforma della scuola, ‘spacciandola’ come “un investimento di tutto il Paese su se stesso”, come una sua idea, ma in realtà temendo proprio questa sentenza richiesta dai ricorrenti, anche attraverso l’intervento della Federazione Gilda-Unams e la Federazione dei Lavoratori della Cultura della CGIL, ha deciso di assumere i 150mila precari. Per evitare la sentenza. E il paradosso è che, per evitare le migliaia di ricorsi, Renzi spera ancora che il conto lo paghino gli stessi docenti, sia quelli di ruolo sia quelli che dovrà assumere per rispettare – finalmente – la normativa comunitaria, cui prevede di bloccare gli scatti stipendiali fino al 2018.
In tutto ciò – per quanto si legge nelle motivazioni della sentenza che condanna lo Stato italiano per illegittima proroga dei contratti a termine – dal computo sono fuori dal piano del governo altri 100mila prof abilitati ma non attualmente inclusi nelle graduatorie e circa 20mila unità del personale ATA chiamate, con supplenza, annualmente e che potranno ricorrere – pure loro – al giudice del lavoro. Ma anche chi è stato assunto potrà portare lo Stato italiano in tribunale per aver violato sistematicamente le riforme comunitarie. Ecco perché la proposta del governo per la Buona Scuola è, in realtà, una pessima trovata buona a far pagare la bolletta delle multe agli stessi prof che hanno prodotto il ricorso!

(*) docente di scienze matematiche e dirigente provinciale della Gilda Insegnanti – Fed. Gilda-Unams di Catanzaro

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