#LaBuonaScuola arriva al Senato. A pensar male si fa peccato?

Rappresentazione di una seduta del Senato: Cicerone denuncia Catilina, affresco del XIX secolo
Rappresentazione di una seduta del Senato: Cicerone denuncia Catilina, affresco del XIX secolo

Dopo l’approvazione alla Camera il 20 maggio, il disegno di legge di Riforma del sistema nazionale di istruzione ecc., arriverà oggi in Commissione Cultura del Senato. Lunedì scorso c’è stato un incontro tra il Ministro Giannini e i Sindacati che – come è stato reso noto dalle stesse sigle sindacali – si è concluso con un nulla di fatto.

di Giuseppe Candido (*)

Proseguono perciò le assemblee e – in tantissime piazze di tutta Italia – le manifestazioni spontanee degli insegnanti; ed è stato confermato lo sciopero di un’ora, con relativo differimento delle attività di scrutinio delle classi che non sono impegnate negli esami di fine ciclo.

“Una forma di sciopero che la legge consente e che” – è stato chiaramente ribadito dai sindacati – “non causerà alcun danno alle famiglie”. Caso mai, gli unici ad averne uno svantaggio economico saranno gli stessi insegnanti.

Si sciopera contro le assunzioni? Falso. Questa è un’impavida mistificazione.

Non si sciopera contro le assunzioni che si fanno: piuttosto contro quelle che il piano di assunzioni del Governo non fa, lasciando fuori moltissimi docenti precari che ne avrebbero diritto e ai quali, inizialmente, si era promessa la stabilizzazione come chiede l’Europa. Adesso si promette loro che potranno fare un altro concorso fra un anno. Ma contemporaneamente si istituisce un fondo per i risarcimenti.

Sono tante le criticità di questa riforma che agitano il mondo della scuola, normalmente restio a scendere in piazza. Aspetti che dovrebbero preoccupare chiunque abbia a cuore la scuola pubblica statale intesa come da dettato costituzionale.

Assieme all’articolo 9 che introduce, tra le nuove competenze dei dirigenti scolastici, la pericolosa chiamata diretta dei docenti e la relativa loro riconferma triennale che, come abbiamo detto più volte, abolirà libertà di insegnamento rendendo gli insegnanti precari a vita e meri esecutori di scelte pedagogiche preconfezionate; assieme a tutto questo, ci sono altri aspetti della Riforma che vorremmo sottolineare.

Uno è quello dell’ “insegnante apprendista”. Prima c’erano i concorsi a cattedra: se lo vincevi, entravi subito con un anno di prova ma regolarmente retribuito da docente e che dava diritto a regolari scatti di anzianità. Al massimo, se non c’era subito il posto, dovevi fare qualche anno di supplenza da precario, con contratto a tempo determinato, ma con stipendio da docente.

Invece, tra le tante deleghe in bianco che la buona scuola trasferisce al governo c’è pure il “riordino”, è scritto così, ma forse sarebbe più corretto parlare di stravolgimento, “del sistema di formazione iniziale e di accesso ai ruoli di docente”.

Come? Trasformando quei docenti vincitori di concorso in “docenti apprendisti”. Con semplicità si introduce – anche questo è scritto testualmente – “Un sistema regolare di concorsi nazionali per l’assunzione, con contratto retribuito a tempo determinato di durata triennale di formazione e apprendistato di docenti nella scuola secondaria statale”.

A questo punto il lettore si starà chiedendo come saranno pagati, dopo aver superato e vinto un concorso a cattedra, i nuovi docenti apprendisti.

Per scoprirlo non basta neanche andare al comma 2punto2 dell’articolo 22, che già sembra un bisticcio numerico: lì – tra le deleghe – c’è pure quella che consentirà al Governo di emanare “la disciplina relativa al trattamento economico durante il periodo di formazione e apprendistato, tenuto anche conto della graduale assunzione della funzione docente”. Altro che “valorizzazione sociale e culturale della professione”, di cui pure si parla tanto nella riforma.

Con la buona scuola, il ministro dell’Istruzione, assieme ai risparmi derivanti dal blocco degli scatti degli stipendi a tutti i docenti, e assieme a quello dei risparmi derivanti del taglio delle supplenze conseguente dal piano di assunzioni e dal divieto di nominare per un giorno; coi nuovi contratti di “docente apprendista”, il ministero risparmierà anche sui neo assunti vincitori di concorso. E per rendersene chiaramente conto è sufficiente andare a leggere il DEF e la legge di stabilità 2015. Tra le tante tabelle allegate al primo si spiega chiaramente che la spesa in Istruzione in rapporto al PIL scenderà nei prossimi anni dall’attuale 3,7 per cento al più modesto 3,5 dal 2016 in avanti.

Un altro aspetto che vogliamo sottolineare è legato all’alternanza scuola lavoro.

Punto “cardine” della riforma che, infatti, all’articolo 4, prevede per gli studenti delle superiori (a partire dalle classi terze) almeno 400 ore all’anno di alternanza scuola-lavoro. D’estate. Ma se per le superiori potrebbe anche avere senso, per i licei, benché di ore all’anno ne siano state previste solo 200, non si comprende davvero l’utilità considerato che questi studenti proseguiranno poi gli studi universitari. Quello che incuriosisce, però, è che l’alternanza “obbligatoria” scuola-lavoro potrà essere svolta durante la sospensione delle attività didattiche (alternanza vacanza-lavoro) e che – per organizzare il sistema dell’alternanza – sarà appositamente creato un apposito Registro: “Il Registro Nazionale dell’alternanza scuola lavoro”, il registro unico verrebbe da chiamarlo, dal quale il dirigente scolastico – ovviamente a sua scelta – individuerà “le imprese, e gli enti pubblici e privati disponibili all’attivazione di percorsi”.

Il Dirigente scolastico non solo distribuirà incarichi triennali ai docenti che potrà anche non rinnovare, ma stipulerà anche convenzioni con le imprese per l’alternanza scuola lavoro e, alla fine di ogni anno scolastico, redigerà persino una propria “valutazione delle strutture con le quali sono state stipulate le convenzioni”. Come dire: l’impresa scelta dal dirigente sarà valuta dal dirigente.

I ragazzi, liceali compresi, dovranno fare d’estate l’alternanza scuola-lavoro obbligatoria, ma non si capisce se, né “da chi”, né tantomeno “quanto” sarà retribuito il lavoro prestato da questi minori.

E, soprattutto, non si capisce bene “cosa”, né quanto, queste imprese dell’educazione, avranno da guadagnarci. Manovalanza a costo zero, o comunque a basso costo?

A pensar male, diceva qualcuno, si fa peccato ma ci si azzecca quasi sempre. Allora vogliamo pensar “male” per un attimo e, arbitrariamente, collegare la visione aziendalista della scuola che trasuda dalla riforma, all’associazione TreeLLL (dove le tre L stanno per long life learning), presieduta da tale Attilio Oliva (che è anche “Gran Consigliere di Confindustria per l’Istruzione) già sospettata per esser stata promotrice della Riforma Gelmini, e che, lo scorso 9 aprile, è stata ascoltata dalla Commissione cultura della Camera – come è stato fatto per i sindacati ma forse un po’ meno velocemente – e che ha persino depositato una memoria nella quale si loda l’impostazione della riforma e, per i dirigenti scolastici, testualmente, “si apprrezza il rafforzamento della sua funzione, in particolare, per quanto riguarda la chiamata diretta dei docenti, la responsabilità del piano triennale, …”. Per i docenti, invece, “si esprimono riserve sulla decisione di abbandonare la progressione economica per merito e di ripristinare unicamente quella per anzianità”. Mannaggia.

PS: Volete sapere chi sono gli altri soci fondatori dell’associazione TreeLLL? Tra loro anche Fedele Confalonieri, Marco Tronchetti Provera, Pietro Marzotto, Carlo Lombardi, Luigi Marmotti e, ovviamente, Attilio Oliva, gran consigliere di confindustria per l’istruzione.


(*)  Autore del blog, Giuseppe Candido è geologo pubblicista e insegnante di scienze nella scuola secondaria di I grado, RSU riconfermato nella sua scuola alle elezioni a marzo 2015 e dirigente provinciale della Gilda Insegnanti-Federazione Gilda-Unams di Catanzaro.

 


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