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Rinvenimento del simulacro di Nostra Signora della Lettera

di  Maria Elisabetta Curtosi

Prima che Messina, all’inizio del mese di giugno 1783, venisse colpita da un violento terremoto in cui “caddero i monumenti cittadini, furono distrutti palazzi e chiese” la scultura di N. S. della Lettera, oggi in possesso della chiesa di S. Giacomo di Corte, a santa Margherita Ligure, era esposta “a comune venerazione, sulla calata, o  molo, nel porto”, della città siciliana in una nicchia, sopra la porta maggiore della Dogana ma a causa del crollo dell’edificio doganale quel sacro simulacro, rotolato in mare, nel giro di una quindicina di giorni, sospinto dalle correnti, finì con l’approssimarsi allo specchi d’acque, antistante la Chiesa di Corte, dal quale poi fu estratto da  alcuni pescatori genovesi.

E che la scultura, venerata nella parrocchia di San Giacomo  -fedele immagine della statua custodita nell’antico omonimo Santuario messinese-  sia proprio quella,  un tempo , collocata sul dirupo edificio doganale, è stato confermato, sotto giuramento, da otto messinesi, inviati nella chiesa di San Giacomo, affinché della stessa, effettuassero l’ufficiale ricognizione. E, ciò permesso ecco quello che, in merito, si legge nel Libro d’ Introito ed Esito, dal 1768 al 1806, compilato a cura della fabbrica della Chiesa di S. Giacomo ed, in essa, attualmente conservato, sotto la data del:

23 Giugno 1783

Esito in £ 13.2 pagate al Sign. Prevosto per altrettante da esso spese

 Per atto rogato a 22 corrente per la miracolosa immagine di Nostra Sig.ra della Sacra Lettera stata ritrovata a 20 corrente da quattro uomini della Darsina di Genova col suo gosso vicino al piccolo seno della Torretta, poi si novo da flutti del mare gettata nell’acque, e correndo contro la corrente verso la spiaggia di Corte molto più di quello, che non faceva detto gosso, sebbene avesse sei remi, fu presa vicino al secco e poi portata da Giacomo Antonio Palmieri, ed Antonio Maria Costa nell‘oratorio di Sant Erasmo come due Massari della chiesa; indi il Sign. Evangelista Gregorio Prevosto di S. Giacomo avisato da fanciulli venne e ne fece con giubilo il trasporto nella chiesa parochiale , et indi detti uomini della Darsinia ne fecero la donazione allo Sign.ri Massari.*

E poiché il 27 luglio 1783 , la statua della n. s della lettera – il cui appellativo è ovviamente derivato da quella missiva che, secondo la tradizione, la Vergine Maria “l’anno del nostro figlio 42, cinque di luglio, luna 17°, feria 5°, da Gerusalemme” avrebbe indirizzato ai messinesi – venne esposta alla venerazione dei fedeli residenti a corte, n’ebbe origine un’annuale ricorrenza che finì  con l ‘assumere, gradualmente, un rilievo sempre maggiore fino a diventare la principale e più importante festività della Parrocchia di San Giacomo. Dato poi, che, entusiasmo  e devozione, attorno a tale evento, andarono prodigiosamente moltiplicandosi, sconfinando, in tema di risonanza, nell’ambito parrocchiale, il Sommo Pontefice leone XIII, con suo Breve del 5 maggio 1883, delegava l arcivescovo di Genova, Mons. salvatore Magnasco, a procedere, in data 27 luglio dello stesso anno, all’incoronazione dell’immagine di N.S. della Lettera, il cui culto – dalla fine del XVIII  sec. – si era ormai, stabilmente inserito nella vita religiosa della nobile Borgata di Corte.

Da quel lontano anno, oggi, è trascorso un altro secolo e poiché in cosi significativo periodo di tempo offre sempre l’occasione di redigere, se non dei veri bilanci, almeno delle sintesi storiche, ci proponiamo di illustrare quanto frattanto gli abitanti della dinamica popolazione di questa Parrocchia, con grande tenacia, con fede e soprattutto con tanto amore, hanno saputo realizzare per cercare di accrescere – mediante l attuazione di invidiabili programmi di opere d’arte e abbellimenti vari- la dignità ed il decoro della loro gloriosissima Collegiata.

(*Davide Roscelli “ la Collegiata di San Giacomo di Corte” in S. Margherita Ligure)

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Terremoto del 1908

di Filippo Curtosi

Raffigurazione dei danni del terremoto del 1908 su Le Petit Parisien
Raffigurazione dei danni del terremoto del 1908 su                    “Le Petit Parisien”

Quando il terremoto cancellò dalla faccia della terra Messina e mezza Calabria. Messina, 28 dicembre 1908, ore 5,20 e 5,25 del mattino: l’Apocalisse.
Cent’anni fa il terremoto fece 150 mila morti in Sicilia e Calabria e scatenò uno tsumani con onde fino a quindici metri.” Vidi una fascia rossa in cielo,verso il mare e come un lampo sullo Stromboli.Ho visto una trave di fuoco che correva sul mare”.Una delle tante testimonianze. Di intensità pari al 10° grado della scala Mercalli( che ne ha 12). Il sisma uccise 150 mila persone sulle due coste dello stretto. Messina fu completamente rasa al suolo, cosi come decine e decine di paesi calabresi: case, chiese, ospedali, strade, ferrovie. Cent’anni dopo i giornali dell’epoca restituiscono oggi la voce dei testimoni; i più importanti avevano brevi servizi provenienti da Palermo, Napoli, Catanzaro. A Napoli, il Giorno di Matilde Serao titolò: “Lo spaventoso terremoto in Calabria e tutta la Sicilia”. Il Mattino di Edoardo Scarfoglio: “La catastrofe di Messina: la città distrutta, migliaia di vittime”. Gaetano Salvemini, docente all’Università di Messina, perse la moglie, i 5 figli e una sorella. Fu l’unico sopravvissuto della sua famiglia. Raccontò la sua esperienza all’Avanti!” Ero in letto allorquando senti che tutto barcollava intorno a me e un rumore di sinistro che giungeva dal di fuori. In camicia, come ero, balzai dal letto e con uno slancio fui alla finestra per vedere cosa accadeva: Feci appena in tempo a spalancarla che la casa precipitò come un vortice, si inabissò, e tutto disparve in un nebbione denso, traversata come da rumori di valanga e da urla di gente che precipitando moriva”. Il quotidiano “Il Mattino”, raccolse il racconto del signor Manforte, telegrafista: “i muri erano sbattuti come foglie; da tutte le case e le finestre una grandine di tegole, di vasi, di parapetti, di davanzali, di cornicioni si abbatteva sulle strade con un frastuono altissimo… mi ricordo che vidi cadere le campane della cattedrale della Madonna della Lettera.
Il direttore dell’epoca della” Gazzetta di Messina”, Riccardo Vadalà : “nelle acque del porto galleggiava di tutto: cadaveri, carretti, mobili, carcasse d’animali, travi, botti, bastimenti affondati… tale era l’intensità della scossa e la violenza con cui le pareti venivano smosse e il sottosuolo si agitava, che non solo le pareti si piegavano come fogli di carta, ma io stesso, che quel mattino mi trovavo in redazione, mi senti sbalzare due o tre volte all’altezza di un metro dal pavimento. Uscito da sotto le macerie, tenendomi lungo il muro tentai di camminare per le strade. Il rumore delle case crollanti mi assordava… non vi era che un lungo, lugubre, immenso strillo da tutti i punti della città: Aiuto, Aiuto!
Tra i testimoni oculari dei soccorsi c’era anche lo scrittore Maksim Gor‘kij, che da Capri dove si trovava per cambiamento d’aria, apprese dalla lettura del Mattino della catastrofe calabro-sicula. Imbarcatosi fortunosamente e fortuitamente sul Duca degli Abruzzi, giunse a Messina insieme alle navi Francesi, Russe, Americane, Inglesi dirottate in soccorso. “Alle 5,20 la terra sussultò è l’incipit di ” Im zestorten Messina” nella traduzione di Fabio Mollica (Tra le macerie di Messina) introduzione di Nicola Aricò, Edizioni GMB Messina,2005). “Il mio primo spasimo durò quasi dieci secondi: i cigolii degli infissi e delle pareti, il tintinnio dei vetri, il fracasso delle scale che stavano crollando, spezzarono il sonno: la gente sbalzò in piedi percependo con tutto il corpo le scosse sismiche delle quali subito si prendeva coscienza, l’intelletto annichilito da una paura selvaggia. Alcuni correvano per le stanze cercando di fare luce nell’oscurità e di riunire i figli e la moglie, ma intorno a loro oscillavano i muri, cadevano i ripiani, le stoviglie, i quadri, gli specchi; si curvava il pavimento, mobili e tavoli sobbalzavano, mentre gli armadi movendosi per la stanza, si ribaltavano, tutto era animato dal panico, tutto, ostile agli uomini, minacciava morte. Come carta si laceravano soffitti, cadevano le stuccature, dappertutto crepitii, rovinare di pietre, sgretolarsi di muri, pianto di bambini, urla di paura, gemiti di dolore. Nessuno trovava l’uscita da questa tempesta che d’improvviso aveva reso la casa simile a un barcone, con la terra che oscillava sotto i piedi come onde del mare…”
Dopo che la terra tremò dal mare si alzò un’onda anomala alta quasi quindici metri che travolse macerie e persone.” Il mare improvvisamente si gonfiò alzandosi in un’enorme montagna ruggente dallo stretto e si rovesciò con cupo rombo furioso… un istante dopo la superficie agitata del mare apparve coperta di botti, d’imbarcazioni, di rottami, di battelli, di casse di petrolio, di frutta, d’agrumi e un nembo fittissimo copri la povera città di cui si elevavano acute strazianti urla invocanti soccorso”.
Anche il romanziere Giovanni Verga si adoperò fattivamente nella sua missione umanitaria e filantropica a soccorso dei profughi.
Scrive lo scrittore siciliano: “Mi sembra ancora di vederla quella figura sconvolta, uomo o donna non so: Rammento solo due occhi pazzi ed una bocca spalancata, enorme, urlando forse nel gridio generale, era anch’essa di un pallore cadaverico. Dibattevasi per farsi largo nella ressa dei profughi giunti colle prime corse, che si accavallavano sul balcone del municipio all’arrivo di altre barelle e di altri carrozzoni che portavano altri profughi ed altri gemiti. Ad un tratto vide, riconobbe qualcuno nella sfilata tragica… E l’altro, di laggiù vide lei sola in quel formicolio umano, udi, indovinò il nome…
D’altra parte, il terremoto non ha resocontisti istantanei. Furono in molti, personaggi noti e persone comuni a partire alla volta della Calabria e Sicilia per prestare il loro aiuto. L’Illustrazione Italiana mette in risalto la visita del sovrano Vittorio Emanuele III e consorte. Partirono la mattina del 30 dicembre a bordo della nave Slava. La regina approntò un ospedale dove furono ricoverate centinaia di superstiti, aiutò i terremotati diventando la sovrana più amata degli italiani. Il ” Corriere della Sera” manda la firma più autorevole, Luigi Barzini che raccoglie testimonianze dei contadini calabresi, in particolare dei paesi di Pannaconi, Triparni, Piscopio, Sant’Onofrio, Zammarò.
Cosi come il Kaiser di Prussia, Guglielmo II. Non mancarono, come sempre in questi casi, le ” visite” degli sciacalli.

(ndr) Sul terremoto del 1908 la rivista trimestrale Calabria Sconosciuta dedica un numero  monografico al tema,  uscita 119 (luglio – settembre 2008). Gli articoli sono molto interessanti e analizzano il disastro da  diversi punti di vista. Ricca la rassegna delle testimonianze e diverse le foto dell’epoca che documentano la tragedia più significativa della storia calabrese e siciliana.

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