Se in Giappone gli insegnanti son gli unici a non doversi chinare difronte l’imperatore, in Sud Africa Nelson Mandela ricordava che c’è solo un modo per svelare l’anima dei Governi: osservare come tratta i bambini e gli insegnanti.
Dopo lo sciopero generale della scuola di martedì 5 maggio, quando nelle piazze d’Italia insegnanti, e i sindacati che li rappresentano, assieme anche a collettivi organizzati di studenti, son sfilati “a fiumi” per dire No alla riforma della scuola proposta dal Governo, sembrava ci fosse stata un po’ di apertura. Un barlume di speranza di dialogo. Addirittura oggi, giovedì 7 maggio, Cronache del Garantista titolava in prima l’articolo di Lorenzo Misuraca “Dietrofront sulla scuola”; articolo che, alla pagina cinque, proseguiva ribadendo: “la piazza conta” e che, con lo sciopero si era ottenuto, quantomeno, l’avvio del dialogo.
L’ottimismo del premier cede alla realtà?
Più che un’affermazione, potrebbe essere una bella domanda. Misuraca notava che, dopo aver constatato “il successo dei sette cortei” contro la riforma della scuola, il premier il giorno dopo lo sciopero ha convocato a palazzo Ghigi la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini e delle Riforme Maria Elena Boschi, e i parlamentari che si occupano di istruzione, per correggere la rotta”.
Dialogo, apertura sarebbero speranze di tutte e di tutti i docenti scesi in piazza martedì. Purtroppo, però, dall’incontro di esponenti del PD con i sindacati degli insegnanti è uscito ben altro. La parola che, anche dopo lo sciopero, meglio sintetizza il comportamento del Governo è “inamovibilità“.
“Stiamo facendo ottimi incontri” pare abbia dichiarato Guerini. Ma il prof. Rino Di Meglio, coordinatore della Gilda, che era presente all’incontro con Orfini, Lorenzo Guerini, Francesca Puglisi e Simona Malpezzi, ha commentato duramente e amaramente l’incontro.
Amaramente, perché un insegnante di buon senso com’é Rino Di Meglio, non avvezzo allo scontro ma al dialogo, si sarebbe aspettato una presa d’atto del governo e un reale cambiamento di verso. Invece.
<< Su assunzione diretta da parte del dirigente scolastico, reclutamento attraverso albi triennali territoriali e stabilizzazione dei precari da stralciare dal ddl e attuare con un decreto legge, – ha detto chiaramente Di Meglio – il Pd non ha dimostrato alcun segnale di apertura. Un´inamovibilità che purtroppo ci aspettavamo e alla quale rispondiamo appellandoci al Parlamento, affinché ascolti concretamente il mondo della scuola sceso in piazza il 5 maggio e accolga la richiesta di incontro avanzata dai sindacati>>. E ancora: << Se non ci saranno un ascolto e un dialogo pieni su questi tre punti – ha avvertito Di Meglio – la conclusione dell’anno scolastico sarà tutt’altro che serena. Contro la riforma si sta creando un fronte contrario compatto, come dimostrano le proteste spontanee che si stanno moltiplicando e che stanno sempre di più coinvolgendo anche studenti e famiglie. A bocciare il ddl non sono soltanto i sindacati, ma un Paese intero che le istituzioni non possono ignorare>>.
E in tutto ciò resta sempre il ricatto. Perché resta l’urgenza delle assunzioni dei precari legato alla riforma col preside sceriffo. Prendere o lasciare. Il ricatto che prima era celato dagli scatti dati per merito, è poi divenuto palese, ma nessun media ne tiene conto, quando si è voluto agganciare al piano di assunzioni dei precari che la Corte di Giustizia europea ha detto essere un obbligo stabilizzare con contratti a tempo indeterminato, anche il totale stravolgimento, in un’ottica meramente aziendalistica, dell’impianto della scuola pubblica statale.
Per tornare in Sud Africa, constatiamo che è così che il governo, nell’Italia delle meraviglie, tratta gli insegnanti. Prima li lascia precari oltre ogni ragionevole diritto tant’è che deve intervenire la giustizia europea per ristabilire le cose. Quando è costretto ad assumerli perché altrimenti pagherebbe salatissime multe e risarcimenti, vuol cancellare diritti e libertà d’insegnamento a tutti gli insegnanti, cancellarne i contratti che sono scaduti da sei anni, cancellare democrazia e collegialità della scuola, e fare albi territoriali da cui il dirigente scolastico potrà scegliere gli insegnanti come si fa per una squadra di calcio. Solo i neo assunti? Macché. Tutti quanti coloro faranno domanda di trasferimento, dovranno andare negli albi e farsi scegliere dal preside. Senza contare la discussione fatta on line sulla riforma, fatta cioè su un testo completamente diverso da quello oggi in discussione, stravolto e modificato per farne un decreto e poi, ancora peggiorato, presentato come disegno di legge. Pertanto, anche sulla scuola vale il motto che Pannella continua a ripetere per le inumane condizioni delle carceri e per la giustizia di questo Paese: più che avere speranza, occorre essere noi speranza di cambiamento.