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La logica della seduzione

di Maria Elisabetta Curtosi

“Nella storia dell’antica Roma, l’esempio piu’ sorprendente di una seductio politico-militare e’ connessa al rituale religioso dell’evocatio”. Mentre le popolazioni semite (Assiri, Babilonesi, Ebrei) combattevano insieme i nemici e i loro dei, i romani concepivano le divinità del nemico come separabili dalle citta’ e dalle popolazioni cui erano connesse. I semiti quindi pensavano alla guerra come qualcosa di totale, che coinvolgeva anche gli dei, i Romani ritenevano di non poter conquistare una citta’, se non dopo avere sedotto, o con termine tecnico, appunto evocato la divinita’ che la tutelava. Questa veniva perciò invitata ad abbandonare la sua residenza e a trasferirsi a Roma, dove riceveva in cambio l’erezione di un tempio e l’organizzazione di un culto”.  – Così scriveva Mario Perniola, ne “La società dei simulacri”, Cappelli 1983 – Inoltre “la condizione indispensabile della riuscita della evocatio è il fatto che la città e il dio fossero designati col loro vero nome. Questo rituale, il cui significato e’ insieme militare, politico, culturale e religioso, si muove in una prospettiva opposta a quella della metafisica occidentale, la cui linea e’ espressa per esempio da Mosè: parlando dei nemici d’Israele, Mosè infatti ordina di votarli allo sterminio, di non fare con essi alleanza, ne’ loro grazia, di demolire i loro altari, spezzare le loro tele, tagliare i loro pali sacri, bruciare nel fuoco i loro idoli.  Mentre gli Ebrei così votano alla distruzione ciò che è loro estraneo, i Romani se ne appropriano: secondo l’evocatio romana la conquista è impossibile se non si assimila il patrimonio spirituale e culturale del nemico, che deve essere oggetto di rispetto e di culto; anzi condizione della sconfitta del nemico è il fatto che egli sia separato dalla propria radice culturale e religiosa, che sia privato della sua identità: egli puo’ cosi’ entrare nella logica della seduzione (…).
Gli dei sedotti non perdono nulla della loro dignità: essi vengono a Roma non come prigionieri, ma con la loro volontà. Il muto annuire della statua era infatti considerato come una condizione del trasporto, che doveva essere effettuato da giovani. La costruzione di un tempio, generalmente sull’Aventino, garantiva loro un’adeguata sistemazione. L’evocatio è il contrario della prevaricazione: Roma non porta i propri dei nella città nemica, ma fa loro spazio nel suo ambito. Stabilisce così con le città vinte un rapporto di seduzione che si trasmette successivamente agli abitatori di queste: essa diventa così la nuova patria, il nuovo centro di attrazione delle popolazioni soggettate. Non un ‘Vaterland’, basato sulla devozione, ma un Kinerland, basato sulla seduzione.”

 

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