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L’intelligenza ragionevole del “non mollare”. Partito Radicale a congresso

Pannella: “Sarà di coloro che si assumeranno la responsabilità di farlo loro“.

Il Partito Radicale a congresso per assumersi la responsabilità di rilanciare la battaglia del diritto dei diritti.

La notizia Marco Pannella la da’ assieme ad Alessio Falconio, direttore di radio radicale, con un breve messaggio.

Breve quanto può esserlo un messaggio di Marco Pannella, figlio non della generazione dei 120 caratteri, ma dei 120 e più minuti.

“Il senato del partito radicale riunitosi lo scorso 3 e 4 maggio ha convocato per il prossimo weekend del 23 24 25 maggio l’ottavo congresso italiano del Partito Radicale”

Partito Radicale che, ricordiamolo, è costituito da Radicali Italiani, Associazione Coscioni, Non c’è pace senza giustizia, Nessuno Tocchi Caino e tutte le altre associazioni della galassia radicale.

Pannella
Marco Pannella

 “Riuniti come Senato del partito”– spiega Marco Pannella –   “abbiamo preso unanimi questa decisione che manifestamente aveva un’alternativa ed era quella di chiudere baracca, per sottolineare che la risposta nonviolenta poteva anche essere questa dinnanzi all’affermarsi del carattere – tecnicamente – criminale, da decenni nella durata, del nostro Stato e al fatto che noi riteniamo, invece, che l’alternativa democratica federalista, anche sicuramente liberale, fosse corrispondente a una necessità non di partito, ma del nostro Paese e non solo del nostro Paese.

In questo momento il problema che abbiamo dinnanzi è quello del precipitare, di nuovo, dell’Europa e non solo, ma di gran parte del mondo, esattamente nella situazione tragica degli anni ’30, ’40 e poi ’42, ’43, ’44, ’45, avendo la “ragion di Stato”, come elemento prevalente nell’attuale potere politico, non formale, ma esistente dinnanzi a noi, allora noi giochiamo questa decisione.
Ci riuniamo in congresso italiano, per l’ottava volta, affidando l’avvenire nostro e di tanti altri alla decisione di comunità, di generazioni dei democratici di tanti italianofoni, ma non solo, per rilanciare la grande compassione, una grande generosità, con un grande obiettivo che quello del rientro immediato nella legalità, nel diritto, nell’onore, contro l’infamia, offrendo per questo la prosecuzione del rilancio del Partito Radicale che sarà quello di coloro che assumeranno la responsabilità di farlo loro, magari per un anno, semplicemente sì da garantire a se stessi a tutti che questa storia riesca, adesso, in modo sorprendente, sicuramente anche magari gioioso, quando ci si prepara a vivere un momento della storia non solo italiana ed europea nefasto e letale.

Un congresso ambizioso anche nella tempistica? Gli Chiede Alessi Falconio.

Macché ambizioso: è pazzo; e ci sono delle follie che sono ragionevoli. Non ci sono i tempi materiali per organizzarsi bene, non abbiamo i tempi per far maturare, nelle varie giurisdizioni, la legge, quella la quale il presidente della Repubblica, e da un certo punto di vista con alcuni suoi esempi da sovrano liberale anche il Papa ha indicato con l’abolizione dell’ergastolo e con l’inserimento del reato di tortura, noi sappiamo, siamo certi che la religiosità, la religiosità della libertà, del diritto in tutte le sue varie forme, possa costituire la sorpresa che venga fuori da questa follia. Che è una follia. Dobbiamo organizzare sta roba, clandestini come siamo, morti de fame come siamo e via dicendo, adesso, vediamo. Io questa carta ritengo che costituisca la manifestazione della intelligenza ragionevole del non mollare”.

La Scheda completa con l’audiovideo del messaggio al seguente link

http://www.radioradicale.it/scheda/410428

Trascrizione a cura di Giuseppe Candido

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La Pasqua con Pannella: la “democrazia reale” si sta sostituendo alla democrazia. Ecco cosa faranno i #Radicali che non si presentano alle elezioni

Pasqua con Pannella1: La democrazia reale si sta sostituendo alla democrazia.

Marco Pannella, Natale 25 dicembre 2013, Roma - III Marcia per l'Amnistia!
Marco Pannella, Natale 25 dicembre 2013, Roma – III Marcia per l’Amnistia!

C’è il bombardamento di Renzi in TV. … Uomo apparentemente agile perché non hai il peso delle convinzioni.Stanno pompando Alfano, che rischia di non superare la soglia del 4%”, ma “Si sta sicuramente cercando di fare stravincere il leader attuale dell’Italia. Sappiamo il collegamento che c’è tra ascolti e dato elettorale”.

I Radicali? … È venuto sempre più formandosi un convincimento: Questi qua non conviene farli parlare. … In questo regime c’è una forza politica alla quale all’opinione pubblica non è consentito di giudicarla.

Dobbiamo dare un contributo a noi stessi, ma a tutto il mondo, alla scienza, per analizzare quello che accade. … sempre di più la democrazia reale si sta sostituendo alla democrazia”. Non ci candidiamo perché riteniamo più importante poter dare, scientificamente, informazioni sul corpo malato della democrazia.

A questo punto, abbiamo un Presidente delle Repubblica che deve, per prudenza, sottostare a situazioni oggettivamente ricattatorie di questo nuovo astro italiano che c’abbiamo che, in sei mesi, da sindaco di Firenze viene plebiscitato come grande. … Lui (Renzi) sta nelle televisioni ed ha ascolti complessivi da periodo franchista … abita costantemente a casa degli italiani.

Cosa faranno i Radicali che non si candidano alle elezioni?

Dopo la conversazione settimanale di domenica con Massimo Bordin a Pasqua, Marco Pannella lunedì sera si è sentito male e, martedì 22 aprile, come c’ha fatto sapere Rita Bernardini, nella prime ore della mattina è stato operato all’aorta addominale.

Poiché dall’ospedale Gemelli di Roma dov’è ricoverato Marco, Rita Bernardini ci fa sapere attraverso Radio Carcere che Pannella sta meglio, che – addirittura – chiede i suoi sigari e raccomanda di non mollare le lotte in corso, per una sua pronta guarigione oltreché per i prossimi 84 anni che compirà il prossimo 2 maggio, sapendo di fargli cosa gradita non trovo niente di meglio per fargli gli auguri che trascrivere, per grosse linee, quanto il leone della politica italiana ha detto durante la tradizionale conversazione settimanale. Pannella se la prende con Matteo Renzi e, soprattutto, con la televisione italiana “di regime”, il sistema, cioè, della disinformazione radiotelevisiva che non consente ai cittadini di far conoscere la proposta politica dei Radicali e che non gli da’ spazio se non quando, appunto, rischia di tirare le cuoia.

Gli argomenti di riflessione politica sono molti, ma ovviamente Massimo Bordin, nel giorno della resurrezione, parte dalle parole del Papa per dare l’incipit alla conversazione con Pannella.

Le parole che Papa Bergoglio ha pronunciato Venerdì durante la via crucis, durante la sesta stazione, “dove ha parlato di condizione dei detenuti, del sovraffollamento nelle carceri citando i detenuti e gli immigrati come delle persone che soffrono oggi”, aggiunge Bordin, “sono un elemento che si ritrova valorizzato da RadioRadicale più che dal resto dell’informazione italiana”.

Pannella preferisce, però, parlare dell’atro argomento che pure Bordin propone: “quello più prettamente politico che riguarda, invece, il governo Renzi, gli 80 euro promessi a bonus e quello che ne consegue: il che fa il governo”, insomma. “L’uovo di Pasqua”, secondo Bordin che stuzzica Pannella, “Renzi lo mangia sereno perché tutto sommato le cose sembrano andargli abbastanza bene”.

In realtà, però, i due temi non sono del tutto slegati perché di fondo c’è l’informazione del regime italiano.

Marco Pannella, Emma Bonino e Ignazio Marino durante la III marcia per l'amnistia (Natale 2013)
Marco Pannella, Emma Bonino e Ignazio Marino durante la III marcia per l’amnistia (Natale 2013)

Abbiamo i dati del centro d’ascolto”, esclama Pannella.

Per chi si occupa della politica e delle dinamiche della politica li troverà interessanti. … Ci sono autorevoli parlamentari che si occupano di questi aspetti per motivi istituzionali e usano in genere i dati dell’osservatorio di Pavia per avere i dati sulla comunicazione.
Noi abbiamo un criterio del tutto nuovo.
Gli altri fanno (le statistiche, ndr) in base ai minuti e ai secondi che appaiono in tv o in radio. Innovazione del centro di ascolto è, invece, di dire a quanti cittadini italiani offerta la possibilità di ascoltare giudicare; … Attraverso il centro di ascolto non riusciamo a dimostrare che per esempio negli ultimi 12 13 giorni dall’inizio di aprile ad oggi il centro di ascolto può già dare indicazioni di voto! Perché abbiamo l’esperienza passata. Abbiamo questi dati: analisi degli ascolti dei tempi in voce nei telegiornali Rai. E viene questo: partendo dagli ascolti e non dai minuti, si monitora quanto ha potuto l’opinione pubblica giudicare l’uno o l’altro evento. (…) Dal 15 aprile ci sono 90 edizioni di TG della Rai TV e su questi gli ascolti avuti sono in totale un miliardo e 763 milioni. Non potenziali, ma ascolti reali. Questa – dice Pannella – è la novità rispetto agli altri dati. … Si può fare un rapporto (delle presenze) e con questo fare delle previsioni di voto precise”.

 In realtà, i dati cui fa riferimento Pannella durante la conversazione con Bordin sono pubblicati non sul sito ma sul blog del Centro d’Ascolto per l’informazione Radiotelevisiva.

E i dati pubblicati sono impietosi. Rivelano infatti la diversità di trattamento delle varie forze politiche e la non democraticità del sistema che – come pure evidenziava Vincezo Vita qualche giorno fa su Il Manifesto – di par condicio non ha nulla.

Nei telegiornali RAI, infatti, di un miliardo e 763 milioni di ascolti, dal primo al 15 di aprile, con ben 316 milioni di ascolti consentiti il PD svetta con il 17,9% seguito a ruota, nella scaletta della dispar condicio, dal Movimento 5 Stelle e Beppe Grillo con 291 milioni di ascolti pari al 16,5% del totale. Beppe Grillo non ha da lamentarsi come presenze in TV.

Seguono poi il governo, nella sua compagine dei ministri e sottosegretari, che hanno avuto nei primi 15 giorni di aprile 269 milioni di ascolti pari al 15,3%. Con 251 milioni di ascolti, pari al 14,2% del totale, nella classifica degli ascolti consentiti durante i telegiornali c’è Forza Italia.

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, lui da solo, ha totalizzato altri 134 milioni di ascolti pari al 7,6% del totale che lo collocano al 5° posto della classifica.

Seguono poi Lega Nord (62 milioni di ascolti, pari al 3,5%), Sinistra Ecologia e Libertà (56 milioni di ascolti, 3,2%), Nuovo Centro destra di Alfano (55 milioni di ascolti, 3,1%), Fratelli d’Italia è al decimo posto (45 milioni di ascolti, 2,5%).

Per ritrovare i Radicali nella classifica della non democrazia italiana o, se vogliamo, della dispar-condicio, bisogna scendere molto più in giù nella classifica, arrivare sotto Scelta civica (32 milioni di ascolti, 1,8%), dell’Unione di Centro (23 milioni di ascolti, 1,3%) e del Centro Democratico (9 milioni di ascolti, 0,5%), sotto ancora a La Destra di Storace e Futuro e Libertà, rispettivamente con 5 milioni di ascolti (0,3%). Al 20 posto della classifica, finalmente, ci sono i Radicali cui, dal 1 al 15 aprile, sono stati dati solo 50 secondi durante le edizioni più notturne e consentendo così solo a 4 milioni di cittadini (0,2% degli ascolti totali) di ascoltarne e giudicarne la proposta politica.

Per Marco Pannella, il sistema dell’informazione radiotelevisiva italiana è totalmente anti democratico e di regime: “Valgono, tranne eccezioni, lo stesso tipo di comportamenti, lo stesso tipo di esclusioni e lo stesso tipo di inclusioni, magari anche ossessive come quella di Renzi”.

Con il Centro d’Ascolto dell’informazione Radiotelevisiva, dice Pannella,

Siamo in grado di dare un apporto alla teorica delle analisi dei movimenti politico elettorali e, dal punto di vista istituzionale, può essere importante. E allora diciamo che è evidente, che in questi ultimi giorni c’è il problema di far avere il 4% ad Alfano. È pacifico, perché ormai si da che quando c’è quel bombardamento in tutte le reti, si riesce a valutare chiarissimamente come l’ascoltatore, molto spesso, se non ha voglia di Grillo o Renzi, se ha sentito le cose che quel giorno dicono, poi dice basta e cambia canale.

(…) Sappiamo il collegamento che c’è tra ascolti e dato elettorale. (…) Uno studio del Centro relativo agli ultimi due anni tra agli ascolti consentiti ed esiti elettorali”, dimostrerà il nesso che c’è tra le due cose, “così si finisce con la questione della rete-non rete. Non importa se la gente ha visto il telegiornale in rete o, invece, direttamente in TV.

(…) Oggi, io che guardo quelle cose, finisce che potrei dire che in questo momento si sta sicuramente cercando di fare stravincere quanto possibile il leader attuale dell’Italia, perché è così che si muovono lor signori. Poi, appunto, quelli che devono venire più o meno dopo. Il movimento cinque stelle che, dai dati del Centro d’ascolto, è quasi a pari grado con le forze di governo complessivamente.

Dopo varie elezioni che si fa questo lavoro (il confronto, cioè, tra ascolti consentiti alle diverse forse politiche e successivo dato elettorale, ndr) puoi cominciare a fare delle ipotesi sull’11ª che farai domani, su quello che può con qualche probabilità avere come conseguenza elettorale”.

Tutto questo, per Marco Pannella,

“Non viene mai fuori nei dibattiti, a meno che non ci sia una presenza Radicale”

Massimo Bordin, a questo punto, è costretto a riassumere:

Stanno pompando Alfano, che rischia di non superare la soglia del 4%, però – cosa che appare contraddittoria – stanno pompando molto anche i 5 Stelle che è anch’esso con una volata, non sulla soglia ampiamente superata nei sondaggi che lo danno largamente sopra al 20%, ma perché molto vicino a Berlusconi”. In pratica, “Renzi pompato perché Presidente del Consiglio (i potenti, quelli non si sa mai. Si pompano sempre. È la ragione sociale della Rai. Più singolare che lo faccia Mediaset)”.

 Per Marco Pannella:

Ciò che si vede è che Grillo da anni (prima del semestre che precede le elezioni 2013, ndr) – stava a una certa quantità d’ascolti. A un certo punto accade che tutte le televisioni, le principali testate, quelle che hanno milioni di ascolto, questo è importante, a un certo punto Grillo continua a non andare perché non ama i dibattiti, ma tutte queste televisioni vanno da Grillo. E poi che uso ne fanno? Pigliano i due minuti e mezzo oratoriamente più efficaci e li sparano lì. È indubbio. Perché se accadesse – dice ancora Pannella – che sparano lui perché lui va bene, guadagnano ascolti con lui, sarebbe assolutamente un criterio doveroso, ma il problema è un altro: se tu lo metti in un posto che sai già che c’hai 4milioni d’ascolto, evidentemente. E infatti la “sorpresa Grillo” è una sorpresa – per chi studiasse queste cose con un po’ di serietà – assolutamente ingiustificabile come “sorpresa”.

Perché se guardiamo che cosa è successo nei quattro mesi prima delle elezioni dal punto di vista posizioni a questo punto sappiamo come, in che ordine di grandezza, potranno arrivare i leader politici, e questo diventa fondamentale.

(…) Per esempio quando Renzi e diventato uno dei cinque candidati delle primarie del PD i suoi ascolti erano quelli che erano, nel senso anche della frequenza. Poi quello che diventa interessante e che corrisponde la quantità di ascolti che sono stati consentite agli italiani di sentire Renzi con la “sorpresa” Renzi così come corrisponde la “sorpresa” Grillo. E quando dico sorpresa dico “sorpresa” dico sempre tra virgolette”.

Perché, per Pannella,

C’è un rapporto fisso da questo punto di vista. Quando noi diciamo che sono vent’anni che il trattamento dei Radicali è identico, sia che noi abbiamo parlamentari sia che ci troviamo a livello istituzionale, attenzione, come “quelli” che ponevano l’urgenza del problema del debito pubblico quando ancora non era neanche divenuto tema del dibattito, … dopo un mese allo 0,3 siamo passati a zero di ascolti consentiti. Poi continuiamo a seguire il problema “fame nel mondo” e, su questo, vorrei dire che forse il Papà si è un po’ sbagliato. Oggi Lui ha parlato della fame, mentre invece sui prigionieri e sul diritto … il termine non è stato evocato. Ed è noto che noi abbiamo coinvolto i Papi, i Presidenti della Repubblica, premi Nobel in quell’evento e, torno a dire, da soli. (…) Si può documentare che noi siamo andati, semmai, un po’ meno del pochissimo nel quale andavamo prima che iniziassimo, dopo la fame nel mondo, questa campagna, diciamo, del debito pubblico. È venuto sempre più formandosi un convincimento: Questi qua non conviene farli parlare”.

Poi Pannella spiega, ancora una volta, la posizione dei Radicali che alle prossime elezioni europee non sono candidati:

Noi dobbiamo dare un contributo a noi stessi, ma a tutto il mondo, alla scienza, per analizzare quello che accade. … Sono 20-25 anni che pure sulle cose per le quali accadeva che coinvolgevamo l’opinione pubblica internazionale, spessissimo il Parlamento europeo, spessissimo le giurisdizioni internazionali come all’ONU, corrispondevano quelle nei momenti di ulteriore compressione della possibilità di essere ascoltati che abbiamo avuto.

Allora quando questo accade per venti o trent’anni di seguito, significa che in questo regime c’è una forza politica alla quale all’opinione pubblica non è consentito di giudicarla … Se la quantità di ascolti è zero, beh allora sei zero”.

Per chiarire il concetto Massimo Bordin ringrazia l’intervento dal web di un ascoltatore che segnala, addirittura, “una formulazione precisa degli ascolti consentiti” di cui si parla.

Una formula semplice, perfetta”, dice Massimo Bordin ironizzando, “tanto che la capisco perfino io”.

La formula suggerita dall’ascoltatore è la seguente:

“tempo di parola per utenza raggiunta uguale ascolti consentiti, che è poi”, aggiunge Bordin, “quello che dici tu, tradotto in formula”.

Per avvalorare le sue affermazioni sull’esclusione dai media dei Radicali, Pannella fa esplicito riferimento alle condanne della Rai e dell’Autorità di vigilanza ottenute in riparazione delle violazioni dei mancati tempi televisivi.

Da 20 anni abbiamo la dimostrazione, di condanne date dall’autorità di vigilanza, dalla magistratura amministrativa e via dicendo, proprio per il comportamento (della Rai, ndr) nei confronti, guarda caso, proprio dei Radicali”.

Bisogna ricordare a chi legge e non segue direttamente le vicende Radicali che, dopo una battaglia legale durata 3 anni, lo scorso 2 maggio 2013, proprio quando Marco compiva i suoi 83 anni, il TAR Lazio ordinava “perentoriamente” all’Agcom di adempiere entro 30 giorni, proprio per l’assenza dalle trasmissioni politiche, altrimenti avrebbe nominato un Commissario ad acta. L’Agcom non ha, com’era prevedibile, adempiuto, ma la cosa grave è che neanche il commissariamento c’è stato, per cui il Tar ha smentito sé stesso.

Ricorderò che gli ascolti consentiti di Emma Bonino: nell’ordine dei soggetti politici analizzati, Emma, mi pare, è la cento …, non la seconda, la decima o la ventesima. La centosessanta o centocinquantesima, ecco. E continua ad essere questo. Io, per quel che mi riguarda, batto persino Emma; vado cioè più sotto in ascolti consentiti”.

Suggerirei anche ai ricercatori, per non dire ai giornalisti, di documentarsi un tantino di più di queste costanti. Su che cosa non é stato consentito alla gente di farsi un’opinione?

Per Pannella, “oltre al debito pubblico anche su tutte le cose che il Papa oggi dice, il problema del terzo quarto mondo, la miseria e via dicendo, anche su queste nessuno mette in dubbio che noi abbiamo fatto molto. Dal Parlamento europeo ai 130 Nobel, dalle quantità di denaro che abbiamo fatto dedicare alla campagna precise sullo sterminio della fame del mondo. Ma venendo poi al finanziamento pubblico dei partiti. Oggi si torna a discutere, al rimproverarsi, ma il popolo italiano si è pronunciato 15 18 anni fa, con solo noi a sostenere il referendum.

E sono state cose plebiscitarie. .(…)

È indubbio che noi abbiamo avuto per vent’anni il monopolio del mettere questo al centro della realtà politica italiana istituzionale e appunto lì è dimostrato che in quei momenti non è che c’è stato il risultato di una nostra situazione privilegiata nella comunicazione. (…)

Il problema grave oggi qual’è?

È che dopo 20 25 anni noi riteniamo di poter proporre qualcosa che, adesso, non diciamo più solo noi: c’è una democrazia reale che si sta sostituendo alla democrazia.

Cioè l’anti democrazia, via via, continua a serbare, per essere più efficace, alcune forme liturgiche di tipo democratico. È quello che, oggi, possiamo appunto documentare e che in quei casi la stretta informativa si è confermata e non cessa ancora, adesso, quando passano messi a divenire, s’è possibile, ancora più sapiente.

È importante che ci sia una forza politica come la nostra che fornisca, prima che arrivi il corpo sul quale si fa l’autopsia, nel decorso della malattia antidemocratica, di indicare quotidianamente le motivazioni patologiche che si stanno sviluppando su questo corpo sociale e, non è un caso, lo ripeto, che tutte le forze politiche adesso per esempio (lo denuncino, ndr).

Noi abbiamo deciso che cosa? Che noi non vogliamo essere assenti quando ci sono elezioni truffaldine espressioni gravissime dell’anti-democrazia. E allora cosa facciamo?

Facciamo come magari adesso mi fa piacere per loro i verdi che possono senza raccogliere le firme andare alle elezioni?

E devo dire su questo ci sarebbe da fare qualche osservazione direi quasi un pochettino ironica sulla corte costituzionale. Perché lo stesso ufficio della corte costituzionale che, meno di un anno fa, a proposito dei referendum radicali praticamente non ha riconosciuto le firme che avevamo depositate. È lo stesso ufficio. Mi viene da sorridere … la Cassazione, come si sono espressi sui referendum e (sull’ammissione della lista dei Verdi) che il partito sia europeo.

Noi riteniamo più importante poter dare, scientificamente, informazioni sul corpo malato della democrazia, mano mano che lo individuiamo, lo illustriamo e lo documentiamo; sicché non bisogna aspettare come col nazismo, di avere l’autopsia del corpo morto di quello Stato.

Siccome ho sentito, per esempio, Bonelli dire, “Noi, verdi, con le grandi battaglie che stiamo facendo”. Io devo dire, sarò distratto, ma proprio queste grandi battaglie dei compagni verdi, semmai io posso immaginare le posizioni ecologiste, insomma dell’impronta ecologica, sulla quale radio radicale fa anche, ormai da un semestre, delle informazioni purtroppo quasi in regime di monopolio, perché su queste cose è noto … ah … oggi, per esempio, comincia a esserci (su giornali, ndr) la cosa che scoppia sull’adriatico e altrove sul “NO TRIV”. Siccome in Italia s’è sentito parlare solo i No Tav; i NO TRIV, sui quali sono interessati l’Eni, l’Agip, e tutto questo tipo di (aziende, ndr) ufficialmente, allora viene fuori che, adesso, possono essere prese in considerazione tesi scientifiche che venivano ignorate, che mettevano in rapporto, in alcune realtà territoriali, le estrazioni e il regime di estrazioni, anche in mare, e il favorire o rendere più gravi i fenomeni sismici. Ma su questo, noi abbiamo continuato e continuano a documentare, così a rendere più gravi, anche, le condizioni ambientali in rapporto ai tumori. Per quel che riguarda, in particolare in Basilicata, parliamo dei dati (scientifici) che si sono cercati di occultare …, su Taranto città anche e non veniva fuori, i Verdi non se ne erano accorti. Noi si. E adesso devo dire le stesse cose sulla Campania, Vesuvio e altre questioni, ma anche in connessione con, appunto, le attività estrattive. E adesso, questo, viene fuori in Abruzzo. Non sono io che me l’invento. C’è il dubbio, a livello ufficiale, e noi lo dicevamo. A questo punto è venuta fuori la notizia sorprendente: le autorità, lo Stato praticamente, constata che queste attività estrattive stanno creando seri problemi che, da una parte, addirittura per trent’anni, hanno inquinato le acque minerali d’Abruzzo e l’abbiamo scoperto adesso. Come dire, Bussi e d’intorni. Parlo di cose accertate. Ma adesso, invece, creano dei problemi, l’abbiamo letto sui giornali, e i comportamenti dello Stato, da questo punto di vista, sono quelli che sono e noi possiamo dire che abbiamo sicuramente sollecitato la giurisdizione internazionale e sovranazionale superiore, finalmente noi avremo in una di queste settimane giudizi sul Vesuvio, sui Campi Flegrei, e via dicendo, proprio da parte della giurisdizione europea (della CEDU) oltreché italiana. Nel senso che, sappiamo, è stata costituzionalizzata la sede CEDU ed è anche organo di giurisdizione superiore anche in Italia. E le battaglie, devo dire di Bolognetti, e anche più di recente in Calabria.

E poi devo anche dire, non bisogna dimenticare, non solo in Campania ma anche qui nel Lazio, dove tante storie si sentivano sui rifiuti, Malagrotta eccetera, e adesso mentre Massimiliano Iervolino che faceva anche libri, ma il silenzio anche degli intellettuali specifici non è stato mai molto soddisfacente. E quindi diciamo, allora, il non ignorare il fatto che, dopo venti o trent’anni di questo Regime, le componenti che, secondo tutte le giurisdizioni internazionali, consentono di riconoscere come elezioni democratiche e non elezioni di copertura, importantissimo delle dittature, l’abbiamo sempre ricordato che nelle dittature tradizionali non votare era reato, c’era l’obbligo di votare, in quelle democratiche andare a votare, a firmare, eccetera, è una facoltà e non un obbligo. E anche questo, mi pare, dobbiamo metterlo nel conto. Perché andare a presentarsi quando non ti presenti a niente, perché che mandi, il biglietto da visita a casa dei 40 o 35 milioni di elettori italiani?

Queste cose sono illusorie. Perché ogni volta, come dire, ma forse due o tre o quattro, forse riusciamo ad eleggerli. Per carità, magari ne avrà cento, Bonelli o Ingroia. In fondo lo stimolo maggiore è questa, comprensibile, speranza di entrare in organismi parlamentari. Poi che cosa, pochissimi eletti, servono? Beh, credo che nel Parlamento italiano o in quello europeo un po’ ovunque, anche gli avversari riconoscono che pochi elettori radicali comunque hanno una funzione e restano nella Storia di quegli organismi. Mentre altri no.

A questo punto, Massimo Bordin riassume:

In effetti, tutte queste cose che tu hai notato, tutti questi avvenimenti, che sono diversi: da un lato c’è la siderurgia, dall’altro le estrazioni petrolifere, però un minimo denominatore ce l’hanno. Ed è il rapporto, poco trasparente, fra imprese e istituzioni locali. Cioè a dire: sono le istituzioni locali a mettersi d’accordo con le imprese e a mettere a tacere alcuni aspetti sui controlli. Lì è evidente che c’è anche il ricatto occupazionale delle imprese …

 Pannella:

“Hai ragione Massimo. Va aggiunta una cosa: che all’interno dei partiti che poi sono quelli che diventano partiti regionali, provinciali eccetera, a monte, sui grossi problemi dei settori produttivi delle imprese eccetera, io per tre anni ho avuto una contrapposizione che non diveniva ufficiale, con la maggioranza degli analisti politici di ispirazione non certo Crociana o Liberale, operanti in Italia, ma per cercare di far riflettere se per caso, il terzo stato italiano come quantità anche, quindi non solo qualità, fosse determinato da i luoghi di produzione di forte presenza sindacale, in genere, vicina al metalmeccanico o, invece, se non in tutto il lavoro impiegatizio statale, parastatale provinciale e via dicendo, (…).

E … Bordin: i Radicali non si presentano, ma secondo loro per chi dovrei votare?

Pannella:

“Secondo noi, andare all’ammasso del voto, in queste condizioni pregiudicate strutturalmente quanto ad anti democraticità, il problema è quello: secondo vecchi schemi rivoluzionari di finanziare di armi quelli che non sono del regime. Oggi, invece, quello che abbiamo detto, e ripetuto adesso, di iscriversi al Partito Radicale così che noi che ci troviamo in una situazione che si aggraverà sempre di più, di ristrettezze gravi, totale, di mezzi, e se non ci presentiamo per nulla e, quindi, di conseguenza, non si avrà magari il rappresentante che sarebbe eletto, la situazione è tale che non solo non hai i quattrini del finanziamento pubblico, ma tutte le esenzioni di servizi che consentono un minimo di agibilità civile, non politica, vengono a mancare. … i Radicali hanno constatato, constatano e documentano, dopo vent’anni di polemiche e di smentite, che c’è da cogliere l’occasione di queste elezioni per far conoscere sempre di più, a studiosi e cittadini, che quello che loro sentono, “tanto è sempre la vecchia solfa”, “sono tutti uguali”, e via dicendo, ha un fondamento oggettivo. E che, quindi, queste elezioni sono la naturale estrema risorsa dell’anti-democrazia e del suo fallimento rispetto al credito che si fa agli ideali democratici. (…)

È indubbio che noi rischiamo di mettere fine a questa storia del Partito Radicale. Vent’anni di fascismo con le tecnologie di allora, quarant’anni, o cinquanta, di anti democrazia antifascista invece che fascista, producono disastri territoriali di tutti i tipi. Quelli per i quali l’Italia è davvero, comunque, su tutti i temi: ambiente, giustizia, è sempre o nei primissimi posti o negli ultimissimi posti, ogni volta che si pongono problemi di diritto, di diritti e, quindi, di correttezza istituzionale. … A questo punto, noi abbiamo un Presidente delle Repubblica che deve, probabilmente per prudenza doverosa ma costosa anche, sottostare a situazioni oggettivamente ricattatorie di questo nuovo astro italiano che c’abbiamo che, in sei mesi, da sindaco di Firenze viene plebiscitato come grande. Lui sta, almeno nelle televisioni ed ha ascolti complessivi da periodo franchista. Allora raggiungevano forse meno di un decimo di ascolti possibili di quelli che oggi riceve Renzi che abita costantemente a casa degli italiani. … All’improvviso Lui come candidato (alle primarie, ndr) è scattato ad essere il secondo in assoluto anche rispetto al Presidente del Consiglio che c’era. … Sta accadendo lo stesso, in realtà, per quelli che devono fare il 4%. C’hanno un’esperienza ormai e, quindi, noi diciamo che oggi noi dobbiamo prendere l’occasione di queste elezioni per cercare di cambiare qualcosa in Italia. (…)

Di Bolognetti (Maurizio, ndr) hanno acquisito lì (in Basilicata, ndr) una fiducia e una stima di tipo personale rispetto al loro conterraneo che da trent’anni loro conoscono; quando poi vedo che se lui va a Taranto, due anni fa ci è andato, e aveva già a Taranto compreso quale fosse la situazione che si stava sviluppando e la funzione del grande Nichi, il governatore di lì, rispetto ai proprietari dell’ILVA e del disastro assassino Tarantino perché di questo si tratta. Allora adesso io o anche un libro, l’ho già accennato, quello di Giuseppe Candido che sta per uscire, direi, su quel tipo di analisi radicale che quella, qui a Roma, di Massimiliano Iervolino ecc.

C’è quello di Bolognetti in Lucania e, appunto, questo di Giuseppe Candido importante, bello, anche per la Calabria. E a questo punto, torno a dire, bisogna cercare di chiarire, lo chiedo, perché la Bonino, la ministra degli esteri in Lucania arriva lei, lì dove la gente quando non l’ha mai vista gli da’ il 2% in più del plebiscito nazionale, e poi (alle regionali, ndr) ci sono 40 voti preferenziali su 40.000! Mi volete da’ una spiegazione? (…)

Radicali in altre liste? Quando Massimo Bordin chiede se c’è la possibilità che qualche radicale sia presente in qualche lista Pannella risponde:

“Mi pare che sarebbe logico! Perché corrisponde a quello che accadrebbe in molti partiti in casi numerosi. Io non credo che ci saranno casi numerosi ma credo che ce ne saranno di sicuro. … E so che significa, magari, poter essere letti, sappiamo l’importanza di essere nelle istituzioni perché sappiamo usarla non solo per sgovernarle o per fare quella politica che ci porta – in questi 40 cinquant’anni – nella situazione fallimentare del nostro territorio.

(…) È cosa automatica che, se non si verificasse poi se non con eccezioni che confermano la regola, sarebbe un’ulteriore dimostrazione del permanere della diversità radicale come diversità alternativa, socialmente, alle altre.

È naturale e di conseguenza, ho detto, se accadrà il modo eccezionale dimostra in modo positivo la diversità Radicale perché questi naturali istinti dovrebbero fare presenza ancor più evidente nella condizione della “fame” Radicale, concretamente delle difficoltà eccetera.

Quindi fornendo non sono più alibi ma più ragioni non da condividere magari ma ragioni. Però qui mi corre l’obbligo di dire noi una volta abbiamo avuto quando ancora in televisione qualche volta c’andavo una volta che abbiamo avuto 42.000 persone che si sono iscritti; allora mi pare costasse 200mila lire la tessera. …

Siamo molto attenti mi pare che oggi dobbiamo pur sapere che da radio radicale c’è il rischio di saturazione, … diventa un imbuto. Non c’è, attorno, la conoscenza di queste cose.

Io invece voglio credere che proprio questa nostra richiesta, questo nostro preannuncio, quello di fare una cosa più importante che, al limite, fare concorrenza Bonelli, Ingroia o altre cose del genere; e cioè fornire una forza anche di documentazione, che significa ricerca, e ci vuole tempo; perché ci vuole tempo in quanto non ci sono fondazioni che lavorino per noi per far sì che le nostre presenze sulle giurisdizioni internazionali e nazionali possono rappresentare un salto di qualità che faccia conoscere la forma di democrazia reale di adesso rispetto a quella di cinquant’anni fa.

Cioè di fare non, appunto, l’autopsia del corpo, ma fare l’anatomia e vedere quali sono i germi i virus che attaccano la salute e quali la difendono. E può avvenire appunto attraverso anche la sottovalutazione che si ha dell’importanza di riuscire.

(…) Era Loris fortuna che mi aveva colpito quando dicevano i radicali extraparlamentari e lui diceva testualmente: «Io non ho mai conosciuto una forza politica e culturale che abbia tanta capacità di occuparsi delle istituzioni, di nutrirle, di alimentarle, comunque, anche in termini critici di sostegno» e credo che, in effetti, questo ci rappresenti in modo positivo; se pensiamo poi anche le cose che convincevano, oltre a Loris Fortuna, anche Altiero Spinelli, per esempio, nei nostri confronti, ma che in questo momento (tornano d’attualità, ndr); ho detto che sono grato a Radio Radicale che credo l’abbia data due volte questa cosa singolare: vado a Monaco a ribadire, parlo in italiano agli uiguri, per ribadire la nostra posizione, quella del Dalai Lama e di Rebia Kader, in termini durissimi, chiarissimi e, mi pare, anche adesso stiamo vedendo essere accettata dai 50 rappresentanti che erano presenti a questo che era un loro consiglio nazionale e non già un congresso. L’elemento di afflato comune, di comprensione, è stato proprio quando dicevamo che dobbiamo aiutare la Cina a prendere più democratica la situazione anche degli Han oltre che di Pechino. …

Per Pannella, in Italia …

(…) Il processo di putrefazione di questi regimi non democratici che dal 1920, grosso modo con una breve pausa hanno governato il territorio italiano.

Abbiamo oggi un territorio che, in tutte le parti, parla in modo eloquente nel senso che esprime le situazioni patologiche che vengono solo da noi, magari, individuate per curarle mentre abbiamo comportamenti dei vari governatori che avvolte ci sembrano vecchi di quarant’anni. E devo dire c’è una cosa che mi pare importante: intanto questo fatto, veramente, di questa scorpacciata in posta di un uomo, non importa quale; da un mese, nei confronti di uno: il presidente del consiglio. Mentre dibattiti ci sono solo di quelli miseri o miserabili dibattitucci, di liti interne fra loro signori, cioè fra componenti di un’associazione che litigano enormemente. Ho sentito che viene la nostra vecchia osservazione, che avevo fatta già a proposito del peculato, ma abbiamo ridetto poi del falso in bilancio vengono oggi vi evidenziati come – anche tecnicamente – un crimine mentre era stato sostanzialmente depenalizzato di fatto.

Quello a cui assistiamo sono tipiche di chi di un direttivo di Associazioni. Non c’è mai una visione riformatrice che si contrappone. Come nel caso del voto di scambio sul quale c’è un dibattito scandaloso. Gli italiani assistono ad dissensi violenti costantemente come ne condomini votano contro ma governano e sgovernano assieme.

Riferendosi ai grillini, dice:

La partitocrazia ha capito che questi non sono pericolosi perché sul piano della protesta, della denuncia e anche dell’onestà che continua ad esserci dietro, ma non rappresentano un pericolo nella durata perché non sono propositivi. Perché non hanno un’idea del tipo di Stato, diciamo, anglosassone, europeo.

Ignorano i nessi e ci stanno, adesso, tra Stati vecchi all’anglosassone, come punto di riferimento, e il benessere sociale ufficiale anche spesso in buona parte tenendo presente le fasce più povere più umili.

(…) Una cosa mi ha colpito di Renzi: che essendo fiorentino e toscano, Toscana che ha sempre prodotto delle posizioni religiose e ti ha espressa nella storia da quelle savonaroliane a quelle di La Pira o cattolici-liberali o quelle che hanno portato la Toscana a essere una regione governata dal Pci e dai succedanei (…), non ho trovato nessuno tra quanti lo conoscono o hanno conosciuto che abbia detto: “aveva un periodo in cui era convinto …”. Mi pare una caratteristica: è uomo apparentemente agile perché non hai il peso delle convinzioni. La sua convinzione e che è possibile con abilità avere successo”.

Bordin: (…) In Vaticano c’è invece una formula: si trema e si trama.

Pannella: C’è una resistenza contro le riforme di Papa Francesco. (…) Lui non si rende conto che Giovanni Paolo II era andato in Parlamento perché aveva la saggezza per evitare che si accumulassero processi.

Lui non si rende evidentemente conto.

(…) Io dico che noi abbiamo al centro la mobilitazione dell’opinione se esistesse intellettuale dell’opinione conta ma diciamo dell’opinione dando fiducia nella gente comune ma so che a quelli noi non riusciamo in questo momento a corromperli con le nostre cose. Beh, la cosa di Emma Bonino e la cosa del parere del Presidente della Repubblica riuscirei a dirli in tre minuti; è quello che loro, adesso, non vogliono più aprirmi la possibilità di fare questo.

Però, … quello che è essenziale adesso e far udire, scrivere, l’essenziale delle cose che vengono negate in patente violazione del diritto italiano del diritto internazionale che connoti quindi in modo chiaro quello che, purtroppo, il Papa ritiene che sia già chiaro. Invece non è chiaro. (…)

Tendono a distrarre il problema del diritto e dei diritti che poi include quello penitenziario, ma se quello penitenziario non lo inquadri dicendo: guardate che tutti questi, alla fine con noi, adesso, riconoscono che è una misura strutturale che già costringe alla ri-forma. È un fatto che, di per sé è già riforma che non può più essere abbandonata. E questo è quello che non deve essere detto, è questo che non deve essere sentito. Magari preferiscono dibattere su Stefano Rodotà Presidente della Repubblica al posto di questo nostro. (…) Temo, però, che non potremo permettercelo alla lunga che li nostro territorio continui ad essere massacrato, con tutto il suo popolo, come lo è proprio perché un problema di diritto e di diritti negati che si traducono in morti ammazzati, tutto qua. Perché la percentuale, appunto, di malattie dovute, e in modo accelerato, al deterioramento delle possibilità di vita sui territori che noi abbiamo nel nostro Paese; è cosa che può avere l’eloquenza se, a un certo punto, qualche giornale di alta tiratura mostri le percentuali di tumori nei bambini. Queste sono le cose che dobbiamo fare ….

Assieme, aggiunge Massimo Bordin, a una campagna affinché tutti i territori che ne sono ancora sprovvisti, la Campania in primo luogo, si doti di un registro tumori regolarmente accreditato e che, periodicamente, rendano pubblici i dati di mortalità per ciascuna patologia oncologica.

Limk AIRTUM

1 Testo estrapolato dalla Conversazione settimanale di Massimo Bordin con Marco Pannella del 20.04.14 – Trascrizione a cura di Giuseppe Candido

Il link della conversazione settimanale integrale è il seguente: http://www.radioradicale.it/scheda/409096

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Nell’Antropocene calabrese aspettare oltre sarebbe suicida

Secondo Jürgen Renn1, direttore dell’Istituto Marx Plank per la Storia della Scienza di Berlino, viviamo oggi in una era nuova. L’Antropocene, la chiama: una era “geologica” nella quale “più del 75% della superficie terreste non ricoperta da ghiaccio è stata trasformata dall’uomo”. Per lo scienziato questa che stiamo vivendo è “l’era in cui la natura incontaminata non esiste più”.

di Giuseppe Candido

 Un’era in cui l’impronta ecologica della specie umana si sta facendo devastante.

Nell’ampia prolusione2 tenuta, il 3 marzo 2014 all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Bergamo, l’illustre cattedratico ha posto alcuni seri interrogativi ai “responsabili del pianeta”.

Abbiamo creato cambiamenti irreversibili, consumando le risorse naturali, liberando materiale radioattivo, alterando sia la biosfera sia l’atmosfera. Questo significa che il futuro del nostro pianeta sarà in larga parte forgiato dall’azione umana. Come possiamo essere – chiede Renn – all’altezza delle responsabilità che ci siamo presi? Che tipo di conoscenza serve? Come possiamo essere certi che la conoscenza guiderà la nostra risposta alle grandi sfide che ci attendono?”.

E aggiunge: “Chi può garantire che la scienza fornirà le risposte ai problemi creati da questi interessi politici ed economici? E anche se otteniamo le risposte, quali strutture saranno richieste per implementarle?”.

Come lo stesso Renn sa bene, questi sono “interrogativi enormi di cui nessuno conosce le soluzioni”.

Renn non è però il solo a parlare di “Antropocene” e di modello di sviluppo, come oggi lo conosciamo, non più sostenibile.

Nel settembre del 2012, durante il 6° World Urban Forum3 tenutosi a Napoli, il Partito Radicale Nonviolento Transazionale e Transpartito, quale ONG con Status Consultivo Generale di prima categoria presso l’ECOSOC delle Nazioni Unita, ha presentato una specifica relazione4 ad opera e coordinamento del Prof. Aldo Loris Rossi, docente di Urbanistica presso l’Università Federico II di Napoli e attivista storico del Partito Radicale.

Per Aldo Loris Rossi, quello che non si riesce a capire è che “il depauperamento delle risorse naturali, legato alla crescita senza sosta, rischia o minaccia la sopravvivenza del pianeta”.

La relazione presentata alle Nazioni Unite è in continuità con le tesi proposte oltre mezzo secolo fa e tutt’ora attuali, non solo per noi italiani, in particolare da Aurelio Peccei, dal Club di Roma, da Bruno Zevi e da Paul Erlic, Barry Commoner, Dennis Meadows; nonché con le lotte e proposte radicali di Marco Pannella sull’ambiente e sulla “questione napoletana”, dalla riorganizzazone territoriale con l’area metropolitana della “Grande Napoli” e per imporre la presa di coscienza del problema Vesuvio e della sismicità dell’intera area.

In questo senso il lavoro del Prof. Aldo Loris Rossi depositato presso le Nazioni Unite per conto del Partito Radicale, rappresenta un vero e proprio “manifesto” ecologista mondiale e un approfondimento prezioso già dall’incipit nel quale si notava come, al 2012, il ritmo di crescita della popolazione umana è aumentato vertiginosamente.

Se la popolazione mondiale ha impiegato 2 milioni di anni per giungere al primo miliardo di abitanti nel 1830 e 100 anni per il secondo, dal 1930 ne sono occorsi solo 30 per il terzo miliardo, 15 per il quarto, 13 per il quinto, 12 per il sesto, 13 per il settimo nel 2011. Intanto le metropoli in espansione tendono a formare sistemi sinergici con quelle prossime configurando megalopoli definite tali se superiori a 30 milioni di abitanti.(…)

(…) La sinergia delle due esplosioni, demografica e metropolitana, ha causato tra il 1950 e il 2000 il raddoppio della popolazione urbana (dal 25,4 % al 50,0 %) che ha superato quella rurale nel 2008. (…)

(…) Ma se la città tradizionale pre-industriale, cresciuta in simbiosi con la natura, non ha avuto alcun impatto sul pianeta, dalla rivoluzione industriale in poi l’habitat dell’uomo è mutato progressivamente e con legge esponenziale al punto da indurre il premio Nobel per la chimica 1955 Paul J. Crutzen a denominare tale era: Antropocene5, che oggi minaccia la sopravvivenza del pianeta. (…)

(…) Dunque, nel XX secolo si assiste alla più grande espansione demografica, urbana e economica della storia che ha rotto definitivamente l’equilibrio millenario Città-Natura6.

Dopo una premessa in cui si analizzano le cause storiche, nella relazione del prof. Rossi, si individua chiaramente come, tale insostenibilità “si manifesta attraverso patologie sempre più allarmanti”; patologie che – come si legge testualmente – “non possono essere più rimosse, minimizzate o ignorate dalle istituzioni7”.

Le patologie identificate come segno manifesto di un’impronta ecologica non più trascurabile sono riassumibili nei seguenti fenomeni:

  1. L’esplosione della bomba demografica;

  2. L’espansione permanente delle mega-cities e delle galassie megalopolitane;

  3. L’onnipotente sviluppo post-industriale, la globalizzazione mercatista e il controllo planetario delle risorse;

  4. La mutazione genetica post-fordista della produzione, della società, della metropoli;

  5. La globalizzazione di infrastrutture, mercati e sistemi urbani in un’unica weltstadt “infinita e senza forma”;

  6. L’ “Impronta ecologica” della città planetaria oltre i limiti della Natura;

  7. La distruzione progressiva del patrimonio storico e delle comunità tardo-antiche.

  8. Il consumismo come acceleratore esponenziale della produzione: la sua metamorfosi da vizio a virtù.

  9. L’apogeo e il tramonto dell’era dei combustibili fossili: il conflitto per il dominio mondiale delle energie.

  10. La crescita vertiginosa di rifiuti, inquinamento e effetto serra: l’ecocidio planetario;

  11. L’autoreferenzialità dell’architettura nella società consumistico spettacolare8.

Due punti di quel documento, il sesto e il decimo, riguardano direttamente quella peste ecologica di cui il caso Calabria rappresenta la punta di iceberg di un più ampio problema italiano, europeo e, più in generale, globale.

Nel documento presentato dal Partito Radicale si denuncia alle Nazioni Unite come, dette “patologie” sono ormai “giunte a un livello di pericolosità tale da minacciare, (…) la sopravvivenza del pianeta!”.

La sinergia tra tecnocrazia, economicismo e mercatismo ha continuato a ignorare l’ecocidio planetario in atto svelato e denunciato, dagli anni Settanta in poi, dalla nuova visione sistemica del mondo.

Essa ha evidenziato che il pianeta, in quanto ecosistema “vivente” in equilibrio autoregolato, non può più essere governato da tali principi e dalla politica del laisser-faire laisser-passer sempre più indifferenti alla gravità della crisi ambientale, energetica e metropolitana, pervenuta a un punto di rottura9.

Nel documento si parla esplicitamente della necessità di una “Nuova alleanza” con la natura. Necessaria, scrive Aldo Loris Rossi, “Se si vuole liberare la modernità dai « suoi disastrosi inconvenienti », ormai insostenibili, occorre con urgenza una strategia alternativa capace di perseguire” a livello globale, il “disinnesco della bomba demografica”, “la rifondazione del modello di sviluppo come sintesi di economia e ecologia”, “la città dell’era solare (Eliopolis) e delle energie rinnovabili: la riconversione dell’habitat planetario” e “la nuova civiltà entropica del riciclaggio, del controllo dell’inquinamento e dell’effetto serra10”.

Come giustamente nota Enrico Salvatori nell’intervistare il prof. Aldo Loris Rossi, si tratta di “un documento politico in undici punti nel quale si tenta di spiegare che il vecchio modello dello sviluppo illimitato industriale, che ha sempre considerato la natura come una riserva da sfruttare a volontà, ha già creato problemi ingovernabili”.

Un manifesto ecologista di stampo transnazionale che indica, però, soluzioni anche per quella peste ecologica che evidenziamo anche in Calabria, emblema del caso Italia. Cosa centra il disinnesco della “bomba demografica”, per la Calabria? È problema che non riguarda questa regione?

In merito alla sfida demografica basti rilevare che nella seconda metà del XX secolo l’incremento della popolazione tra le rive nord e sud del Mediterraneo è avvenuto ad un ritmo molto differenziato: nel 1950 quella nord registrava 150 milioni di abitanti, mentre la riva sud aveva meno de1la metà degli abitanti (73 milioni); nel 1970, rispettivamente 178 ml e 122 ml; ma nel 1990, i valori si invertono, 1999 ml contro 200; nel 1997, 202 ml della riva nord contro 233 ml di quella sud. Dunque gli squilibri tra le diverse rive del Mediterraneo sono preoccupanti ed esigono politiche concertate per affrontare la “sfida demografica”.
In particolare, il versante sud dell’Europa è formato da otto metropoli che superano il milione di abitanti: Valenza (1,5), Barcellona (2), Marsiglia (1,4), Genova (0,9-1), Roma (3), Napoli (3), Atene (3,2) e Istanbul (9). Mentre, sulla sponda opposta africana e su quella medio orientale, ritroviamo altre otto metropoli: Algeri (3,7), Tunisi (1,8), Tripoli (2), Alessandria (4), il Cairo (11), Beirut (1,9), Smirne (2), Damasco (2), in via di sviluppo. (…)11

Per la “megalopoli mediterranea”, secondo il documento del Partito Radicale, “emerge in tutta la sua importanza il ruolo dei Corridoi trans-europei da connettere alle «autostrade del mare» al fine di realizzare quel grande sistema intermodale capace di integrare la «megalopoli europea» e la «megalopoli mediterranea» in una nuova prospettiva unitaria”.

(…) Ma se l’Italia svolgerà sempre più una funzione di cerniera tra la megalopoli europea e la megalopoli mediterranea, quale sarà il ruolo del Mezzogiorno in tale contesto?
In realtà – si legge nella relazione del Prof. Loris Rossi – questo ruolo emergerà naturalmente nella misura in cui si realizzerà la suddetta “zona di libero scambio” euro-mediterranea.
L’Italia come cerniera tra la megalopoli europea e la megalopoli mediterranea. Il Mezzogiorno come piattaforma logistica intermodale proiettata nella “zona di libero scambio”. (…)

(…) Dunque emerge il ruolo centrale del Mezzogiorno articolato in tre piattaforme logistiche: la Tirrenica-sud, formata dalla piattaforma ferroviaria di Marcianise, dal nodo di Nola e dai porti di Napoli, Salerno e Gioia Tauro; l’Adriatica-sud, costituita dal nodo di Pescara, dal nodo ferrovia-rio e portuale di Bari e Brindisi-Taranto; la Mediterraneo-sud, con i porti di Palermo, Catania e Cagliari (hub).12

In pratica, è l’intero pianeta che rischia di morire a causa della peste ecologica. Il rapporto “State of the World 2013”13 del Worldwatch Institute, si domanda se sia ancora possibile la sostenibilità. Nell’edizione italiana curata da Gianfranco Bologna da oltre vent’anni, si afferma come ciò sia possibile solo con “una nuova cultura e una nuova economia”.

Nel rapporto sullo stato del nostro pianeta, prestigiosi ricercatori assieme ad alcuni tra i maggiori esperti internazionali di economia ecologica, scienze del sistema Terra, scienza della sostenibilità, scienze sociali e protagonisti della società civile, annualmente “si interrogano su un tema cruciale per l’intera civiltà umana e cioè se, allo stato attuale della situazione, sia ancora possibile per l’umanità imboccare una rotta di sostenibilità dei propri modelli di sviluppo sociale ed economico14”.

È lo stesso Gianfranco Bologna a notare come Kate Raworth, una delle prestigiose autrici del World State 2013, ricercatrice “seniordi Oxfam e docente presso l’Environmental Change Institute della Oxford University, scrive che:

Ogni pilota conosce l’importanza della bussola per il volo, senza di essa correrebbe il rischio di andare fuori rotta. Per questo le moderne cabine di pilotaggio sono dotate di una vasta gamma di strumenti e quadranti, dalla bussola all’indicatore del carburante, dall’altimetro al tachimetro. È un vero peccato quindi che i decisori economici non si siano avvalsi di tali strumenti per pianificare il corso dell’intera economia. Negli ultimi decenni, si è dimostrato un eccessivo interesse per il prodotto interno lordo (PIL) come indicatore dell’andamento economico nazionale; ciò equivale a pilotare un aereo servendo- si del solo altimetro che mostra le variazioni di altitudine senza però fornire dati sulla direzione o sulla quantità di carburante disponibile. Un tale interesse per la produzione economica monetizzata non riesce a riflettere il crescente degrado delle risorse naturali, il lavoro inestimabile ma non retribuito di assistenti e volontari e le sperequazioni del reddito che conducono molti individui in tutte le società alla povertà e all’esclusione sociale. Il dominio del PIL ha abbondantemente superato la sua legittimità: è necessario impiegare una strumentazione più adeguata che ci permetta di navigare nel 21° secolo in direzione dell’equità e della sostenibilità. Fortunatamente si stanno mettendo a punto indicatori più adeguati15”.

Sull’ambiente, siamo governati da piloti che, pur avendo gli strumenti, non ne tengono conto.

Ciò è vero sul piano globale, ma anche per il livello locale quando si parla di governo dei territori nelle regioni del nostro Paese. E il caso Calabria ne è un tragico esempio. Molto spesso le comunità locali credono che consumare suolo dissennatamente per costruire case, sia un modo di promuovere lo sviluppo e l’economia. Il problema dei rifiuti viene sottovalutato, non si tiene adeguatamente conto e non si informano adeguatamente le popolazioni dei rischi geologico-ambientali.

Nel citato rapporto sullo Stato del pianeta 2013, è delineato chiaramente il quadro che abbiamo, oggi, davanti a noi su scala globale:

1) Tutti gli avvertimenti, documentati e motivati, che si sono succeduti in questi ultimi decenni sulla gravità della situazione ambientale in cui versa la nostra biosfera, sebbene siano stati oggetto di ampi dibattiti, polemiche e iniziative politiche di vario tipo, nel complesso non si sono tradotti in urgenti misure per cambiare decisamente rotta ai nostri modelli di sviluppo socioeconomico;

2) La conoscenza della comunità scientifica internazionale sul Global Environmental Change (GEC) è progredita in maniera impressionante in questi ultimi decenni e ci ha condotto alla comprensione che stiamo vivendo in pratica un nuovo periodo geo- logico (un vero battito di ciglia nella storia del nostro pianeta che data 4,6 miliardi di anni) non a caso, definito Antropocene, a dimostrazione delle prove ingenti sin qui raccolte che dimostrano quanto gli effetti dell’intervento umano sulla natura siano or- mai paragonabili agli effetti delle grandi forze geologiche che hanno modificato il pia- neta nella sua intera storia e che la nostra pressione sui sistemi naturali ci sta sempre più urgentemente conducendo verso alcuni punti critici, oltrepassati i quali per la no- stra civiltà sarà veramente difficile o impossibile reagire adeguatamente;

3) L’inazione politica, l’utilizzo costante dell’attesa, della deroga, del rimando, la lentezza dei processi democratici nel prendere decisioni importanti per l’intera civiltà umana sono sotto gli occhi di tutti e certamente non aiutano a risolvere i problemi che, con il passare del tempo, non fanno altro che aggravarsi16.

A giugno del 2013, la Population Division delle Nazioni Unite ha pubblicato i dati sulla popolazione mondiale aggiornando i dati al 2012.

Gianfranco Bologna nel curare la sua pubblicazione annuale del rapporto sullo stato di salute del pianeta,

La popolazione attuale è di 7,2 miliardi e si prevede incrementerà di un miliardo entro i prossimi 12 anni, raggiungendo gli 8,1 miliardi nel 2025 e i 9,6 miliardi nel 2050. Nel World Population Prospects precedente, quello del 2010, la popolazione prevista al 2050 per la variante media (le Nazioni Unite analizzano, in ogni rapporto, le varianti bassa, media e alta nonché la variante costante, ma la più credibile rispetto a quanto poi si verifica nella realtà è quella media) era di 9,3 miliardi.

Nel nuovo Prospects l’indicazione per il 2050 è di 9,6 miliardi, con la previsione di un incremento di 300 milioni rispetto alla previsione precedente, dovuta alla revisione dell’andamento del livello dei tassi di fertilità totale (il numero di figli/figlie che ha una donna nell’arco della propria esistenza riproduttiva) di diversi paesi in via di sviluppo. Sempre secondo la variante media la popolazione mondiale, al 2100, passerebbe quindi dalla precedente previsione (2010) di 10,1 miliardi a quella dell’attuale rapporto di 10,9 miliardi (quindi quasi 11 miliardi).

La maggior parte della crescita della popolazione avrà luogo nelle regioni in via di sviluppo che si prevede incrementeranno la popolazione dai 5,9 miliardi nel 2013 agli 8,2 del 2050. La crescita sarà abbastanza rapida in 49 paesi in via di sviluppo che vedranno la loro popolazione passare da circa 900 milioni del 2013 a 1,8 miliardi nel 2050 (tra questi paesi vi sono, per esempio, la Nigeria, il Niger, la Repubblica Democratica del Congo, l’Etiopia, l’Uganda, l’Afghanistan). Nello stesso periodo la popolazione delle regioni sviluppate rimarrà abbastanza stabile, intorno a 1,3 miliardi. Una significativa crescita della popolazione globale, nel periodo che va da ora al 2050, avrà luogo in Africa, dove la popolazione incrementerà da 1,1 miliardi attuali ai 2,4 miliardi nel 2050, raggiungendo potenzialmente, addirittura, i 4,2 miliardi nel 2100, alla fine del secolo.

L’impatto della specie umana sui sistemi naturali è stato riassunto in una famosa equazione pubblicata nel 1971, dai grandi studiosi Paul Ehrlich, il notissimo ecologo del- la Stanford University e John Holdren, esperto energetico, allora alla California University di Berkeley e poi divenuto, con l’amministrazione Obama, capo scientifico della Casa Bianca. Secondo l’equazione di Ehrlich e Holdren, l’impatto (I) dell’attività uma- na è il prodotto di tre fattori: la dimensione della popolazione (P), il suo tenore di vita (A, dall’inglese affluence) espresso in termini di reddito pro capite, e la tecnologia (T), che indica quanto impatto produce ogni dollaro che spendiamo. L’equazione di Ehrlich e Holdren ci dice con chiarezza che è impossibile ridurre l’impatto umano sui sistemi naturali intervenendo semplicemente su uno solo dei tre fatto- ri che la compongono. È necessario, infatti, intervenire su tutti e tre17.

Quello della crescita demografica, è problema che il Partito Radicale come ONG propone ormai da anni con l’associazione “Rientro dolce”.

Un problema che sta determinando l’avanzare della peste ecologica.

Minxin Pei, esperto di governo della Repubblica popolare cinese di rapporti Usa-Asia e di processi di democratizzazione nei paesi in via di sviluppo, attualmente direttore del centro di studi strategici presso il Claremont McKenna College in California, nell’articolo ripreso lo scorso 21 novembre 2013 dal settimanale L’Espresso per traduzione di Anna Bissanti, parala esplicitamente di una Cina sovrappopolata, devastata dal punto di vista ecologico e di dati sull’inquinamento, non tanto dell’aria difficile da nascondere, ma dell’acqua e del suolo, tenuti segreti da Pechino.

Penuria d’acqua, inquinamento idrico del fiume Yangtze, risorsa vitale per mezzo miliardo di persone e l’inquinamento del suolo da pesticidi agricoli e metalli pesanti, per un’estensione del 10% del suolo coltivato, sono difficili da nascondere.

Già ora, nota lo l’esperto, “i raccolti coltivati su questi terreni devono essere controllati accuratamente”, concludendo che, “di questo passo, la Cina dovrà affrontare presto una grave crisi della sicurezza alimentare. Una crisi alimentare nella nazione più grande e popolosa del mondo, la seconda economia più importante al mondo, che avrà ripercussioni spaventose a livello globale”.

Una bomba ecologica: la peste ecologica è problema globale, ma che però deve essere affrontato a partire dalle realtà locali, non in modo indipendente da una visione olistica d’insieme che faccia da linea guida, da bussola a chi le decisioni le deve prendere.

Parliamo di “sviluppo sostenibile”, ma spesso si fa mota confusione.

Per Gianfranco Bologna, “volendo semplificare il concetto in una semplice definizione, possiamo affermare che la sostenibilità significa imparare a vivere in una prosperità equa e condivisa con tutti gli altri esseri umani, entro i limiti fisici e biologici dell’unico pianeta che abitiamo: la Terra18”.

Per Gianfranco Bologna, curatore dell’edizione italiana del rapporto State of the World da oltre vent’anni,“La continua inazione ha aggravato la situazione19”. “Il 1972” – ricorda Gianfranco Bologna – “costituì un anno particolare per la crescente consapevolezza delle problematiche ambientali nelle società di tutto il mondo20”.

In quell’anno le Nazioni Unite organizzarono la prima grande conferenza internazionale per far confrontare i governi di tutti i paesi sull’analisi di un quadro sempre più preoccupante, relativo allo stato di salute dei sistemi naturali, e sulle proposte da concordare e attuare per migliorare la situazione. Era il giugno del 1972 e a Stoccolma si tenne la prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano. Si riunirono i rappresentanti dei governi di oltre cento paesi con studiosi, esperti e rappresentanti di oltre 400 organizzazioni governative e non governative, mettendo a confronto i problemi dei paesi del Nord del mondo, ricchi e industrializzati, con quelli del Sud, poveri e desiderosi di ottenere maggiore crescita economica. La Conferenza trattò i temi delle risorse ambientali e della loro gestione, del nostro impatto sulla natura e degli inquinamenti da noi provocati, sollecitando giuste mediazioni tra le esigenze della tutela ambientale e dello sviluppo economico e sociale. Da allora si è aperto un vero e proprio periodo di “ecodiplomazia internazionale” mirato a trovare soluzioni a tali problemi e ad avviare percorsi di sostenibilità dei nostri processi di sviluppo socioeconomico, mentre sono state realizzate altre tre grandi Conferenze del- le Nazioni Unite sui problemi dell’ambiente e della sostenibilità del nostro sviluppo: a Rio de Janeiro nel giugno 1992 (l’Earth Summit, il Summit della Terra e cioè la Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo), a Johannesburg nell’agosto 2002 (il Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile) e di nuovo a Rio de Janeiro nel giugno 2012 (la Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile21).

Qualche mese prima della Conferenza di Stoccolma, il 12 marzo 1972, presso la prestigiosa Smithsonian Institution a Washington, – ricorda Gianfranco Bologna – “un gruppo di giovani studiosi del System Dynamics Group dell’autorevole MIT, coordinati da Dennis Meadows, presentò un rapporto voluto dal Club di Roma, con un titolo molto chiaro The Limits to Growth22.

(…) La ricerca del MIT si proponeva di definire le costrizioni e i limiti fisici relativi alla moltiplicazione del genere umano e alla sua attività materiale sul nostro pianeta. Si trattava di fornire risposte concrete ad alcune domande fondamentali per il nostro futuro: che cosa accadrà se la crescita della popolazione mondiale continuerà in modo incontrollato? Quali saranno le conseguenze ambientali se la crescita economica proseguirà al passo attuale? Che cosa si può fare per assicurare un’economia umana capace di soddisfare la necessità di un benessere di base a tutti e anche di mantenersi all’inter- no dei limiti fisici della Terra? (23)

Le conclusioni dello studio furono le seguenti:

1) Nell’ipotesi che l’attuale linea di crescita continui inalterata nei cinque settori fondamentali (popolazione, industrializzazione, inquinamento, produzione di alimenti, consumo delle risorse naturali) l’umanità è destinata a raggiungere i limiti naturali della crescita entro i prossimi cento anni. Il risultato più probabile sarà un improvviso, incontrollabile declino del livello di popolazione e del sistema industriale.

2) È possibile modificare questa linea di sviluppo e determinare una condizione di stabilità ecologica ed economica in grado di protrarsi nel futuro. La condizione di equilibrio globale potrebbe corrispondere alla soddisfazione dei bisogni materiali degli abitanti della Terra e all’opportunità per ciascuno di realizzare compiutamente il proprio potenziale umano.

3) Se l’umanità opterà per questa seconda alternativa, invece che per la prima, le probabilità di successo saranno tanto maggiori quanto più presto essa comincerà a operare in tale direzione. (24)

Occorre fare bene e occorre fare subito, insomma.

Poi, come lo stesso Gianfranco Bologna ci ricorda esplicitamente nel rapporto 2013 sullo Stato del nostro pianeta da lui curato, vent’anni dopo il Club di Roma, “nel 1992, l’anno della “grande Conferenza” dell’ONU su ambiente e sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro, Donella e Dennis Meadows e Jorgen Randers, i tre principali autori del rapporto originale del MIT del 1972, pubblicarono, a distanza di venti anni, un’ottima rivisitazione di quel rapporto. In questa nuova versione gli autori dello studio riformulano i tre punti pubblicati come conclusioni al primo rapporto del 1972 nel modo seguente:

1) L’impiego di molte risorse essenziali e la produzione di molti tipi di inquinanti da parte dell’umanità hanno già superato i tassi fisicamente sostenibili. In assenza di significative riduzioni dei flussi di energia e materiali, ci sarà nei prossimi decenni un declino incontrollato della produzione industriale, del consumo di energia e della produzione di alimenti pro capite.

2) Questo declino non è inevitabile. Per non incorrervi, sono necessari due cambiamenti. Il primo è una revisione complessiva delle politiche e dei modi di agire che perpetua- no la crescita della popolazione e dei consumi materiali. Il secondo è un drastico, veloce aumento dell’efficienza con la quale materiali ed energia vengono usati.

3) Una società sostenibile è, dal punto di vista tecnico ed economico, ancorapossibile. Potrebbe essere molto più desiderabile di una società che tenta di risolvere i propri problemi affidandosi a un’espansione costante. La transizione verso una società sostenibile richiede un bilanciamento accurato tra mete a lungo e a breve termine, e una accentuazione degli aspetti di sufficienza, equità, qualità della vita, anziché della quantità di prodotto. Essa vuole, più che produttività o tecnologia, maturità, umana partecipazione, saggezza.” (25)

Per come testualmente si legge nel rapporto, “le conclusioni del rapporto MIT-Club di Roma rivisitato venti anni dopo rappresentano l’essenza delle analisi, delle riflessioni e delle proposte per avviare, nel concreto, una sostenibilità del nostro sviluppo sulla Terra26”.

I tre eminenti ricercatori, nel nuovo rapporto del ’92, ribadiscono “i punti fondamentali che hanno impedito di indirizzare verso una strada di minore insostenibilità” il modello di sviluppo socioeconomico:

1) La crescita dell’economia fisica è considerata desiderabile; essa è al centro dei nostri sistemi politici, psicologici e culturali. Quando la popolazione e l’economia crescono, tendono a farlo in modo esponenziale. 2) Vi sono limiti fisici alle sorgenti di materiali e di energia che danno sostegno alla popolazione e all’economia e vi sono limiti ai serbatoi che assorbono i prodotti di scarto delle attività umane. 3) La popolazione e l’economia in crescita ricevono, sui limiti fisici, segnali che sono distorti, disturbati, ritardati, confusi o non riconosciuti. Le risposte a tali segnali sono ritardate. 4) I limiti del sistema non sono solo finiti, ma anche suscettibili di erosione quando vengano sollecitati o sfruttati all’eccesso. Vi sono inoltre forti elementi di non linearità – soglie superate le quali i danni si aggravano rapidamente e possono anche diventare irreversibili. (27)

Questo “elenco di cause del collasso” è al tempo stesso, “un elenco dei modi che consentono di evitarli”.

“Per indirizzare il sistema verso la sostenibilità e la governabilità”, si nota nel rapporto, “basterà rovesciare le medesime caratteristiche strutturali:

1) La crescita della popolazione e del capitale deve essere rallentata, e infine arrestata, da decisioni umane prese alla luce delle difficoltà future, e non da retroazione derivante da limiti esterni già superati. 2) I flussi di energia e di materiali devono essere ridotti aumentando l’efficienza del capitale. In altri termini, occorre ridurre l’impronta ecologica e ciò può avvenire in vari modi: dematerializzazione (utilizzare meno energia e meno materiali per ottenere il medesimo prodotto), maggiore equità (ridistribuire i benefici dell’uso di energia e di materiali a favore dei poveri), cambiamenti nel modo di vivere (abbassare la domanda o dirottare i consumi verso beni e servizi meno dannosi per l’ambiente fisico). 3) Sorgenti (sources) e serbatoi (sinks) devono essere salvaguardati e, ove possibile, risanati. 4) I segnali devono essere migliorati e le reazioni accelerate; la società deve guardare più lontano e agire sulla base di costi e benefici a lungo termine. 5) L’erosione dei sistemi ecologici deve essere prevenuta e, dove sia già in atto, occorre rallentarla e invertirne il corso”. (28)

Il dibattito scientifico sull’Antropocene è ormai vivacissimo.

(…) La consapevolezza della dimensione antropocenica nella quale ci troviamo ha condotto tanti scienziati ad approfondire le ricerche e a cercare le soluzioni. Paul e Anne Ehrlich, famosi ecologi della Stanford University, qualche anno fa hanno lanciato un grande progetto internazionale definito Millennium Assessment of Human Behaviour (MAHB) che si è poi trasformato nel Millennium Alliance for Humanity and the Biosphere.

(…) Tra i compiti più importanti delle azioni del MAHB vi è proprio la realizzazione di di- battiti pubblici sulle cause del comportamento autodistruttivo dell’umanità, quali il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, discutendone anche le dimensioni etiche e indagando come l’evoluzione culturale possa dirigersi verso la creazione di una società globale sostenibile.

Il quadro della situazione dei sistemi naturali del nostro meraviglioso pianeta è sempre più drammaticamente chiaro agli scienziati di tutto il mondo e non possiamo rimandare ancora nel muoverci speditamente per cambiare rotta e imboccare la strada di una maggiore sostenibilità dei nostri modelli di sviluppo.

(…) La tutela della biodiversità, la ricchezza della vita sulla Terra, è fondamentale per la so- pravvivenza umana. Il valore sociale, economico, culturale, spirituale e scientifico del- la biodiversità è realmente incalcolabile.

(…) Gli studiosi ci ricordano chiaramente che una crescita economica incontrollata è insostenibile in un pianeta con limiti biofisici evidenti. I governi devono riconoscere le se- rie limitazioni presentate dal PIL (il prodotto interno lordo) come misura e indicatore della crescita e della ricchezza di un paese. Il PIL quindi deve essere assolutamente integrato con altri indicatori ambientali e sociali che diano il senso compiuto di cosa significhi realmente la ricchezza di un paese. Inoltre è necessario istituire delle tasse ecologiche ed eliminare rapidamente tutti i sussidi perversi forniti dai governi alle attività dannose per l’ambiente e il nostro futuro. (29)

Tutto questo, si obbietterà, è valido a scala globale, planetaria, ma che c’entra il rapporto sullo stato del pianeta con la nostra Calabria e i suoi evidenti problemi ambientali ed ecologici?

È lo stesso curatore del rapporto a spiegarlo.

La ricerca scientifica e il dibattito sugli ormai sempre più famosi tipping point (i punti critici) che l’impatto umano può provocare nei sistemi naturali a livello globale, – nota Bologna – si sta arricchendo sempre di più.

(…) Gli scienziati ritengono plausibile il raggiungimento di un punto critico (tipping point) su scala planetaria che richiede ovviamente una grandissima attenzione da parte di noi tutti e una raffinata capacità scientifica di registrare i primi segnali di allerta (…).

(…) Gli ecologi sanno bene che i tipping point esistono e si manifestano negli ecosistemi a livello locale e regionale e tantissime situazioni sono state ormai ben studiate e approfondite. Per fare solo un semplice esempio, se a un lago vengono aggiunte parecchie sostanze nutrienti, le sue proprietà ecologiche tendono a continuare finché il lago improvvisamente entra in un nuovo stato, in una situazione di eutrofizzazione dove le acque da limpide diventano torbide e le comunità di piante e pesci e altri organismi cambiano completamente. Riportare le condizioni del lago allo stato preesistente è possibile ma a costo di sforzi imponenti e costosi per le società umane.

(…) Recentemente altri studiosi, come Barry Brook, Erle Ellis, Michael Perring, Anson Mackay e Linus Blomqvist, pur sottolineando la drammaticità della situazione dei si- stemi naturali dovuta all’intervento umano, non ritengono però che queste condizioni si possano applicare globalmente alla biosfera planetaria. Per avere un tipping point planetario, essi ritengono che le forze prodotte dall’umanità dovrebbero essere praticamente uniformi su tutta la biosfera, tutti gli ecosistemi dovrebbero rispondere a tali forze nelle stesse maniere e questo dovrebbe essere trasmesso rapidamente attraverso i vari ecosistemi nei vari continenti. Persino i fenomeni dovuti al cambiamento climatico, così evidenti in tutto il pianeta, non rispondono a questi requisiti secondo questi studiosi. Alcuni ecosistemi in diverse regioni subiscono, per esempio, prolungati periodi di siccità e altri invece forti e con- centrati periodi di piovosità. Secondo Brook e colleghi, l’umanità sta producendo massicci cambiamenti nei sistemi naturali della biosfera, con effetti diversi nei diversi ecosistemi, comunità o specie. La risposta della biosfera alle pressioni umane è rappresentata dalla somma di tutti questi cambiamenti.

Diventa quindi sempre più importante comprendere e gestire l’evoluzione degli ecosistemi a livello locale e regionale. (30)

Ecco perché il discorso sugli aspetti ecologici globali ha riflessi importanti, secondo noi, anche con quelli regionali di una realtà come la Calabria.

Quello che si rischia, entro il 2050, sono situazioni molto gravi di sofferenza per l’intero genere umano. È estremamente importante un’azione rapida e condivisa per intervenire su cinque grandi elementi che causano la disgregazione dei sistemi naturali e che sono strettamente interconnessi fra di loro: 1) il degrado del sistema climatico; 2) i processi di estinzione delle specie viventi; 3) la perdita della diversità degli ecosistemi; 4) l’avanzamento degli inquinamenti dei sistemi naturali; 5) la crescita della popolazione umana e dei livelli di consumo.

L’avanzamento dei fenomeni di inquinamento come il malgoverno del territorio devono essere urgentemente arrestati, ma per farlo, l’abbiamo detto più volte, serve un cambiamento di cultura radicale.

Secondo Gianfranco Bologna, tutti noi, nel nostro piccolo, dovremmo diventare “soggetti moltiplicatori” di questi messaggi “per cercare concretamente di modificare in positivo gli attuali andamenti dei nostri processi di sviluppo socioeconomico”.

Ma c’è anche un’altro aspetto del “caso” Calabria che, direttamente, coinvolge le politiche del Partito Radicale sull’ambiente. Ed è quello legato alla lotta per il diritto alla conoscenza, per il diritto, cioè, delle popolazioni a conoscere i dati relativi ai rischi geologici e ai rischi ambientali.

«Isolando la scienza dai suoi contesti sociali, non si comprendono le sue relazioni effettive. La scienza» – aggiunge Renn nella sua prolusione citata – «è soltanto una forma particolare di conoscenza. La conoscenza è un aspetto fondamentale della cultura umana, ben più ampio della scienza. La conoscenza deriva dalla riflessione sulle nostre azioni precedenti, consentendoci di progettare quelle future31».

Ai responsabili del pianeta e, in generale, della cosa pubblica, Jürgen Renn fa notare che:

«La conoscenza non ha soltanto una dimensione cognitiva, ma anche sociale e materiale. Può essere comunicata, condivisa e immagazzinata tramite rappresentazioni esterne come congegni, manufatti e testi». Con la rivoluzione scientifica di Einstein, per Jürgen Renn, «vi è stata una trasformazione che ha riguardato non solo la scienza, ma più in generale le strutture della conoscenza. L’evoluzione della conoscenza è prodotta dalle strutture sociali32».

La conoscenza dei dati dell’inquinamento ambientali, la conoscenza dei luoghi a rischio dissesto, la conoscenza della sismicità locale e della vulnerabilità del patrimonio edilizio, sarebbero fondamentali per salvare vite umane oltre che per risparmiare un sacco di soldi. Il diritto alla conoscenza dovrebbe essere garantito, l’abbiamo detto tante volte, come diritto umano inviolabile.

Per capire, invece, quanto poca importanza sia data, oggi, da parte di una regione come la Calabria, alla conoscenza di quei dati ambientali e dell’uso delle risorse naturali che pure dovrebbero essere pubblici, è stato sufficiente andare a cercare sul sito del Consiglio regionale della Calabria nella sezione dedicata all’amministrazione trasparente. Nulla, a marzo 2014, non si trova nulla. Anche delle informazioni ambientali la cui trasparenza, oltreché dalla convenzione di Aarhus, dovrebbe essere ormai garantita dalla semplice applicazione dell’articolo 40 del D. Lgs. n. 33 del 2013, non si sa nulla.

Nell’ambito delle informazioni ambientali, sul sito della regione Calabria, sia che si cerchino i dati sullo stato dell’ambiente, sia che si voglia sapere quali siano i fattori di rischio o le misure incidenti sull’ambiente con le relative analisi di impatto, sia che si voglia conoscere le misure adottate a protezione dell’ambiente, e sia che si cerchi la relazione sull’attuazione della legislazione o, soprattutto, quella sullo stato di salute e della sicurezza umana, la risposta che, in automatico, costantemente si genera, è sempre la stessa: “Sezione in aggiornamento”.

NOTE

1 Jürgen Renn è direttore dell’Istituto Marx Plank per la Storia della Scienza di Berlino, docente di Storia della Scienza all’Università Humboldt e Visting, e docente presso la Boston University. Tra i più conosciuti e apprezzati studiosi del pensiero e dell’opera di Albert Einstein, ha scritto e curato numerosi lavori tra cui, in italiano, il libro Sulle spalle di giganti e nani: la rivoluzione incompitua di Albert Einstein, (Bollati Boringhieri, Torino, pp.360)

2 Il testo della prolusione citato è stato anticipato, in sintesi, nella rubrica Scienza e Filosofia, su Domenica, inserto de Il Sole 24 Ore, Domenica 2 Marzo 2014, n°60

3 Il World Urban Forum 6 è la più importante conferenza a livello mondiale sulle questioni urbane promossa da UN-Habitat alla quale partecipano Capi di Stato, rappresentanti di Governi, esperti, organizzazioni della “società civile”, Università, imprenditori e migliaia di delegati da oltre 160 paesi che si confronteranno sul tema “Il Futuro urbano”

4 Aldo Loris Rossi, L’Antropocene come minaccia alla sopravvivenza del pianeta, Relazione del Partito Radicale, 6° World Urban Forum, 1-7 settembre 2012, Napoli (fonte: Notizie.Radicali.it/node/5234).

5 Per Crutzen, precisa lo stesso Loris Rossi nella sua relazione, «A segnare l’inizio dell’Antropocene sono state la Rivoluzione industriale e le sue macchine, che hanno reso molto più agevole lo sfruttamento delle risorse ambientali. Se dovessi indicare una data simbolica, direi il 1784, l’anno in cui l’ingegnere scozzese James Watt inventò il motore a vapore. L’anno esatto importa poco, purché si sia consapevoli del fatto che, dalla fine del 18° secolo, abbiamo cominciato a condizionare gli equilibri complessivi del pianeta. Pertanto propongo di far coincidere l’inizio della nuova epoca con i primi anni dell’Ottocento» (2005).

6 A. L. Rossi, L’Antropocene come minaccia alla sopravvivenza del pianeta, Op.cit.

7 Ibidem

8 Ibidem

9 Aldo Loris Rossi, L’Antropocene come minaccia alla sopravvivenza del pianeta, Op. cit.

10 Ibidem

11 Ibidem

12 Aldo Loris Rossi, L’Antropocene come minaccia alla sopravvivenza del pianeta, Op. cit.

13 Bologna G. (a cura di), State of the World 2013Is Sustainability Still Possible? – Worldwatch Institute, Edizioni Ambiente, Milano, Agosto 2013

14 Bologna G. (a cura di), La sostenibilità è possibile? Solo con una nuova ccultura e una nuova economia, ne: State of the World 2013 – Op. cit., p.9-13

15 Bologna G. (a cura di), La sostenibilità è possibile? Solo con una nuova cultura e una nuova economia, ne: State of the World 2013 – Op. cit., p.10

16 Bologna G. (a cura di), Op. cit., p.11

17Bologna G. (a cura di), Ivi, Op. cit., p.12

18 Bologna G. (a cura di), L’Uso improprio del termine sostenibilità, ne: State of the World 2013 – Op. cit., p.13

19 Bologna G. (a cura di), Dal 1970 a oggi: la continua inazione ha aggravato la situazione, ne: State of the World 2013, Op. cit., p.14

20 Bologna G., Ibidem

21 Bologna G., Ibidem

22 Meadows D.H., Meadows D.L., Randers J. e Behrens III W.W., I limiti dello sviluppo, Mondadori, 1972.

23 Bologna G. (a cura di), Dal 1970 a oggi: la continua inazione ha aggravato la situazione, ne: State of the World 2013, Op. cit., p.15

24 Bologna G. (a cura di), Ibidem

25 Bologna G. (a cura di), Dal 1970 a oggi: la continua inazione ha aggravato la situazione, ne: State of the World 2013, Op. cit., p.17

26 Bologna G., Ibidem

27 Bologna G., Ivi, p.17.18

28 Bologna G., Ivi, p.18

29 Bologna G., Ivi, p.23

30 Bologna G., ivi, p.25

31T esto della prolusione di Renn J., in sintesi, ne Scienza e Filosofia, su Domenica, inserto de Il Sole 24 Ore, Op. cit.

32 Renn J., in sintesi, ivi

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Senza informazione non c’è Democrazia

di Giuseppe Candido

PRTNT_logoQualcuno mi racconta che i Radicali sono ormai “una forza politica marginale” e, per questo, alle ultime elezioni politiche hanno avuto il risultato che hanno avuto: un misero 0,2 per cento. Familiari, amici, in realtà me lo ripetono da qualche anno, sin dalle elezioni regionali del 2010, quando in Calabria arrivammo allo 0,5. A volte, scoraggiato, sono quasi stato tentato di dar loro ragione. Tuttavia c’è un “però” degno di nota che forse aiuta tutti a capire il perché non solo della debacle del Partito Radicale in cui milito da oltre dodici anni ma anche della situazione dell’illegalità italiana sotto molti profili.

Siamo condannati dall’Europa da trent’anni al ritmo di 200 sentenze all’anno per l’irragionevole durata dei processi e, per le carceri, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo lo scorso 8 gennaio ci ha condannato a risarcire 7 detenuti per una detenzione che vìola i diritti umani con trattamenti inumani e degradanti che scavalcano la nostra stessa legge fondamentale: la Costituzione. Poi c’è l’illegalità italiana, anche questa sistemica, sulla situazione della gestione dei rifiuti che ci regala sanzioni annue da parte europea da capogiro. E c’è l’illegalità di una evasione fiscale diffusa associata a una corruzione altrettanto sistemica. Eppure, tra queste e altre situazioni d’illegalità italiana, ce ne una, altrettanto importante per un Paese democratico che forse consente di spiegare anche l’ultimo risultato elettorale di questa forza politica che però esiste da oltre cinquant’anni senza mai essere stata coinvolta in scandali e ruberie di alcun tipo.

È l’illegalità del sistema delle comunicazioni ormai sancita definitivamente in “Nome del Popolo italiano” da sentenze anche queste passate in giudicato, ma che quasi nessuno racconta. Dal 2010 noi Radicali veniamo sistematicamente discriminati dalla Rai illegalmente. Dopo una battaglia legale durata 3 anni, lo scorso 2 maggio 2013 il Tar del Lazio, con la sentenza n°4539, ha ordinato perentoriamente all’Agcom di adempiere entro 30 giorni, altrimenti nominerà Commissario. Secondo la sentenza l’Agcom, l’autorità che dovrebbe garantire la pluralità nell’informazione radiotelevisiva con la quale principalmente si forma il consenso politico, risulta aver eluso una precedente sentenza del novembre 2011 con cui lo stesso giudice amministrativo aveva annullato la delibera di archiviazione dell’esposto radicale. Nel dare ragione all’associazione Lista Marco Pannella, difesa dall’avvocato Giuliano Fonderico, e il cui leader è in sciopero della fame e della sete anche per chiedere che venga rispettato il diritto dei cittadini di conoscere le 12 proposte referendarie lanciate lo scorso 16 giugno a Napoli, il Tar ha sottolineato i vizi alla base del provvedimento con cui l’Agcom aveva archiviato l’esposto radicale e, di fatto, “legalizzato” la condotta della Rai, la quale aveva negato qualsiasi presenza dei Radicali nelle trasmissioni Ballaro’, Porta a Porta e Annozero, marginalizzandoli anche nei telegiornali.

Nel provvedimento ormai definitivo si legge che “Dall’esame della Sentenza n.8064/11 emerge che il Tribunale ha ritenuto la legittimazione al ricorso in capo all’Associazione Politica Nazionale Lista Marco Pannella che può “essere ricompresa tra i <soggetti politici> di cui all’art.7, comma 2, lett.c), del d. lgs. n. 177/05 e tra i <gruppi rappresentati in Parlamento> di cui all’art.45, comma 2, lett. d) del d. lgs. citato in riferimento ai quali deve attivarsi il potere di vigilanza dell’Autorità intimata nei sensi evidenziati nel presente contenzioso”. E ancora: Il TAR “Ha ritenuto che in relazione alla considerazione del tempo di antenna sui tre Tg, non è stata fornita alcuna motivazione in ordine alle modalità con cui esponenti politici sono stati considerati tout court equiparabili agli altri soggetti politici nei confronti dei quali era stato effettuato raffronto privi di rappresentanti presenti nel Parlamento nazionale d’europeo considerata la peculiare situazione dell’associazione nazionale lista Marco Pannella, sopra Richiamata anche al fine di ritenere la legittimazione attiva della promozione del presente gravame; In quest’ottica l’autorità avrebbe dovuto considerare la fattispecie peculiare e motivare con argomentazioni idonee in ordine alla conclusione che accomunava l’associazione in questione con altri soggetti politici privi di accordi di tale tipo e quindi effettivamente privi di esponenti eletti nel Parlamento nazionale ed europeo, Al fine di valutare situazioni analoghe di talchè il collegio ha rilevato La carenza di motivazione in ordine all’indicazione dei criteri seguiti dall’autorità nel comparare situazioni invece indubbiamente diverse per ragioni oggettive nel caso di specie attestate dal su ricordato accordo politico con il partito democratico”. Porta a Porta, Ballarò e Annozero, hanno fatto un po’ come hanno voluto proprio autorizzate dall’agcom, auto determinandosi a non accogliere le segnalazioni di esponenti radicali per la loro assenza.

In buona sostanza, il TAR Lazio, ha censurato la motivazione in base alla quale l’Agcom ha equiparato i Radicali a soggetti politici privi di rappresentanza parlamentare nonostante, dal 2008, avessero 6 deputati e 3 senatori, senza peraltro considerare che “una serie di partiti realmente privi di rappresentanza parlamentare fossero stati comunque molto presenti nei programmi Rai”, come ad esempio gli esponenti di SEL, il cui leader stentava a dividersi tra i vari programmi politici d’approfondimento.

Ma la violazione del diritto si perpetua: come nelle carceri i trattamenti inumani e degradanti sono ormai “sistemici” e si perpetuano anche nei confronti degli operatori che in quei luoghi lavorano, nel campo dell’informazione l’illegalità del sistema radiotelevisivo italiano prosegue e, anche sui referendum è negata ai cittadini l’informazione. Oggi, Marco Pannella, è in sciopero della fame e della sete per chiedere che sui temi dei dodici referendum, e su quelli della giustizia, siano dati adeguati spazi di informazione. Un digiuno di verità cui si oppone con la nonviolenza un digiuno dei cibi solidi e liquidi. Perché ad essere violati – ricordiamolo per non apparire velleitari – non sono solo i diritti dei soggetti politici discriminati. Ad essere violato è, in primo luogo, il diritto dei cittadini di essere informati e quindi di poter conoscere per deliberare.

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