di Maria Elisabetta Curtosi
In questi giorni Roma ospita tre grandi capitali europee Barcellona, Parigi, Berlino. L’occasione è celebrare (dal 15 aprile al 20 luglio 2014 presso il Palazzo delle Esposizioni in Via Nazionale n. 194) una mostra tra cinema, arte, fotografia, letteratura, poesia e critica su di uno dei massimi intellettuali del XX secolo, Pier Paolo Pasolini, di cui tanto si è parlato e a tutt’oggi suscita un gran interesse tra i giovani.
Un progetto innovativo “reinterpretare l’immagine della città di Roma, incarnandola in chiave poetica”. Così Gianni Bornga, Jordi Ballò e Alain Bergala ci sintetizzano chiaramente la visione di Roma per Pasolini, la quale non fu semplicemente uno scenario cinematografico o un luogo in cui vivere.
“Con questa città egli ha avuto una relazione passionale, fatta di sentimenti misti di amore e odio, di fasi di attrazione e rifiuto, di voglia di allontanamento e di piacere del ritorno. Le circostanze difficili del suo arrivo a Roma lo hanno catapultato in un mondo e in una lingua non suoi, appartenenti ai sottoproletari delle borgate in cui la precarietà della sua situazione economica lo costringeva a vivere. Dalla scoperta di questo universo del tutto nuovo nascerà un’ispirazione potente ed è lì che Pasolini troverà, senza doverli cercare, i soggetti dei suoi primi romanzi e film. In seguito, per il Pasolini uomo pubblico e analista instancabile dell’evoluzione della società italiana, Roma sarà il principale punto di osservazione, il suo permanente campo di studio, di riflessione e di azione. Sarà anche il teatro delle persecuzioni che il poeta dovrà sempre subire da parte dei poteri di ogni genere, e dell’accanimento dei media che per 20 anni lo trasformeranno nel capro espiatorio, nell’uomo da demolire, a causa della sua diversità e della radicalità delle sue idee sulla società italiana”.