di Giuseppe Candido
Investire sulla conoscenza significa investire sul futuro. Sono le parole rilasciate a Flavia Amabile, giornalista de La Stampa, da Maria Chiara Carrozza, neo Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Docente e ricercatrice di bioingegneria industriale e bio-robotica presso la Scuola Superiore S’Anna di Pisa dove è stata rettrice per due mandati. E dal quale si è subito dimessa dopo esser stata eletta in Toscana capolista col PD. Oltre al curricolo neanche lontanamente paragonabile con quello di precedenti ministri, il Ministro Carrozza ispira fiducia ai docenti. Almeno a uno, il sottoscritto. E questo perché, sempre nell’intervista alla Stampa, tra le righe delle sue risposte oltre a parlare dei docenti non come fossero fannulloni cui aumentare d’imperio l’orario di lavoro ma come “nostri ambasciatori” dello Stato e dell’Unità Nazionale, il neo Ministro Maria Chiara Carrozza afferma un’altra grande verità: nella scuola c’è bisogno d’investimenti mirati. E ammette di voler lavorare per capire come e dove spendere meglio i soldi. Già nel 1895 Alfred Marshall, nei Princìpi di Economia, sottolineava come “Nessuna riforma potrebbe condurre ad un aumento più rapido della ricchezza nazionale quanto un miglioramento delle nostre scuole, purché” – aggiungeva – “fosse accompagnato da un generoso sistema di borse di studio, che permettesse al figlio intelligente di un operaio di salire gradualmente da una scuola a quella superiore, finché non avesse ricevuta la migliore istruzione teorica e pratica che i tempi gli possano dare”.La condizione in cui versa la Scuola Statale italiana, quella cioè pubblica e erogata direttamente dallo Stato è sotto gli occhi di tutti: dalla carta per le fotocopie a quella igienica passando per i mai visti computer per ogni aula, per non parlare degli stipendi dei docenti. E per non parlare nemmeno dell’edilizia scolastica: non è più tollerabile mandare i ragazzi (e i docenti) in scuole non sismicamente adeguate e strutturalmente fatiscenti. L’Edilizia scolastica, integrata con le nuove tecnologie fotovoltaiche, reti Wi-Fi, ecc., rappresenterebbe oltretutto una possibilità di rimessa in “moto” di un settore altrimenti destinato a consumare altro suolo.
Leggendo il rapporto OCDE si scopre che, tra i 27 Paesi europei, l’Italia è quello che spende meno e peggio degli altri in investimenti sull’istruzione, l’università e la ricerca.Come evidenziano i dati dei test Ocse Pisa, mentre ad esempio, la Finlandia (Paese leader nelle classifiche Ocse Pisa da oltre dieci anni) spende l’11,6% della propria spesa pubblica, la media europea è dell’10,9%, in Italia spendiamo solo l’8,5% del totale della spesa pubblica. Se il dato lo si rapporta invece al Pil anziché alla spesa, le percentuali sono ancora più tristi: l’Italia spendeva, nel 2009, solo 4,7% del Pil contro il 5,4% che è il valore medio dei Paesi europei. Nel 2012 quel 4,7% si è ancora ridotto al 4,56.
Conseguenza diretta: i neo laureati non trovano lavoro e i “cervelli” migliori scappano all’estero.Negli ultimi dieci anni il nostro Paese, spinto dalla necessità di tagli alla spesa pubblica, ha tristemente disinvestito proprio sulla scuola dimenticando gli insegnamenti di Marshall, di Calamandrei ed è divenuta fanalino di conda anche in termini processo insegnamento-apprendimento. Ministro Carrozza, è certo che i miracoli non li può fare ma ridia dignità alla scuola pubblica statale e ai suoi docenti, tralasciando per una volta quella paritaria.