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PANNELLA: L’ASSASSINIO DI PIPPO CALLIPO SAREBBE ISCRITTO NELLE COSE, CALABRESI E ROMANE

“Occorre scongiurarlo anche perché questo è l’apparente cruna d’ago attraverso la quale è necessario vitalmente passare”.

Roma, 4 febbraio 2010 • Dichiarazione di Marco Pannella

Marco Pannella e Filippo Curtosi
Marco Pannella e Filippo Curtosi

“È bene non commettere l’enorme errore di sottovalutare le minacce di morte a Pippo Callipo. Il problema ci appare semplice: la partitocrazia calabrese, come quella romana, non può permettersi di far gestire ad una personalità come Pippo Callipo le documentazioni, almeno ventennali, di una classe dirigente corrotta e corruttrice che, per l’essenziale, non ha mai visto contrapposte e in lotta la componente di sinistra e quella di destra di questo letale Regime. Se si convincerà il Pd a subire il ricatto della cosca Loiero e connessi, occorre immediatamente, di questo, fare un discriminante fatto nazionale, al di là delle soggettive “buone fedi” individuali di Loiero, e compagni e camerati di Regime. Si tratta, infatti, di uno scontro ormai di vero e proprio carattere antropologico, più ancora che culturale. Credo che anche coloro ai quali faccio queste imputazioni gravi, politiche, sappiano in cuor loro che la di là di incapacità e limiti personali, quanto denuncio è fondato e non settario. Vorrei sentire magari dire qualcosa di più, politicamente, da compagni come , uno e fra i migliori fra tutti, Marco Minniti. Auguri e grazie a Pippo Callipo; la sua impresa, la sua determinazione sono rischiosissime, ma con lui e al suo sostegno riteniamo necessario giocare il suo “possibile”, che l’immonda voragine del “probabile” calabrese e romano”.

dal sito di Radicali Italiani www.radicali.it

Anche Abolire la miseria della Calabria, il nostro periodico nonviolento, si associa al comunicato diramato da Marco Pannella e conferma, ancora una volta se ce ne fosse bisogno, il proprio sostegno a Pippo Callipo e alla rivoluzione che egli prospetta e che, parlando di merito in sanità e in altri settori “intoccabili”, sconvolge l’ambiente delle nomine partitocratiche in Calabria

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Quella guerra si poteva evitare

di Giuseppe Candido

Silvio Berlusconi – Wiki media

Una bella domanda per Blair, Berlusconi e Bush: “Come mai Blair decise di boicottare l’unica vera alternativa alla guerra al dittatore iracheno rappresentata dalla possibilità concreta che questi andasse in esilio?”

Blair - Flicker
Blair – Flicker

Una domanda che, però, è rimasta inevasa anche all’audizione di Tony Blair, lo scorso 29 gennaio alla commissione d’inchiesta sulla guerra in Iraq. Bugiardo e assassino urlano i familiari dei caduti britannici in Iraq e, secondo la Bbc, l’urlo scatta quando l’ex premier ha affermato di avere “responsabilità ma non rimorsi” per aver deciso di abbattere Saddam Hussein.

Ma la guerra in Iraq poteva essere evitata. Saddam Hussein era pronto ad andare in esilio, ma si preferì il conflitto. Prima dello scoppio della guerra, in una riunione tenutasi al ranch di Crawford del Presidente Bush, alla presenza di Aznar e con Blair e Berlusconi collegati telefonicamente, si discusse davvero della possibilità d’esilio (nel 2007 Zapatero tolse il segreto sugli appunti dell’allora Ambasciatore spagnolo negli USA e il documento fu pubblicato nel settembre dello stesso anno sia dal Pais che dal New York Times). A ricordarlo è Marco Pannella con un digiuno, iniziato lo scorso 20 gennaio e facente parte di un Satyagraha mondiale per la pace, e mediante una lettera pubblicata dal Guardian, noto quotidiano inglese, lo scorso 26 gennaio. “Da allora, però, nessuna inchiesta americana né europea ha affrontato la questione. 
La Lega araba era pronta a richiedere formalmente l’esilio a Saddam con una risoluzione da adottarsi al summit di Sharm-el-Shaik del 1 marzo 2003. Ma che l’irruzione di Gheddafi sulla scena con ingiurie contro la casa reale saudita impedì che la decisione venisse adottata. L’incidente, sebbene ampiamente documentato anche dalla stampa araba, non e’ mai stato approfondito dalle varie commissioni del Congresso USA né, lo scorso 29 gennaio, dalla commissione di Sir Chilcot”.
 Di questa vicenda, ad eccezione di un corsivo lo scorso 30 gennaio su il Manifesto, la stampa e la televisione italiana omettono completamente di occuparsene. Come se i caduti di Nassiria, i morti in Iraq, non ci riguardassero più, come se ai genitori dei militari italiani in missione in Iraq non possa interessare il conoscere che quella proposta radicale, di esiliare Saddam, poteva davvero essere adottata, anche col sostegno della lega araba, per evitare la guerra. La storia di questo secolo potrebbe essere diversa da quella che i media raccontano.

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Pensioni e Welfare. Un’idea semplice: posticipare volontariamente il pensionamento dei lavoratori

di Giuseppe Candido

Giuliano Cazzola e Pietro Ichino
Giuliano Cazzola e Pietro Ichino

Qualche volta, nelle analisi delle notizie economiche ci si limita solamente alla presentazione dei dati senza però formulare ipotesi o tenere conto di specifiche proposte politiche che sarebbero utili per la risoluzione dei problemi che emergono. Lo scorso 24 novembre l’Imps, Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, ha presentato il bilancio preventivo relativo all’anno 2010 i cui numeri e dati venivano spulciati con dovizia da Enrico Marro sul Corriere della Sera in un articolo dal titolo: “I conti della previdenza? Salvati dai precari”. Dall’analisi dei conti della previdenza, oltre che un attivo vertiginosamente in calo da 6,8 miliardi di euro del 2008 ai 2,8 miliardi previsti per il 2010, emergeva chiaramente che l’unica gestione separata dell’Imps in attivo è quella dei lavoratori parasubordinati, cioè di quei lavoratori con contratto a progetto già meno tutelati sotto altri punti di vista. L’attivo della gestione separata dell’Imps relativa ai lavori dipendenti si ridurà dal 3,7 a 2,7 miliardi di euro mentre continueranno a sprofondare nella voragine della passività, anche per il 2010, le gestioni relative agli autonomi: artigiani, commercianti, coltivatori diretti etc. Un buco complessivo di 10 miliardi di euro. L’Imps non è costretta a dichiarare bancarotta soltanto perché 1,6 milioni di lavoratori parasubordinati pagano i contributi senza però percepire pensioni da quel fondo poiché Istituito dal ’95 con la legge Dini e, come si dice in gergo, non ancora “giunto a maturazione”. Tutte le alte voci sono in rosso ed anche la gestione separata dei lavoratori dipendenti, con un attivo vistosamente in calo, presenta dei “buchi neri” fortemente in passivo per i dirigenti d’azienda (ex Impdai) che nel 2010 chiuderà il conto con una passività di 3 miliardi di euro. Una bancarotta, quella dell’Imps, evitata soltanto dal “sacrificio” contributivo dei precari che si sono visti aumentata l’aliquota contributiva al 26 e rotti per cento senza percepire pensioni. Contributi che servono a ripianare i deficit delle altre gestioni e che delinea quello che Marro definisce, a ragione, una sorta di “solidarietà alla rovescia”. E se non si vuole mantenere questa ingiustizia le strade possibili possono essere, secondo Marro, essenzialmente quattro: aumentare le tasse per tutti, aumentare l’imposizione contributiva, tagliare le prestazioni previdenziali o aumentare i limiti dell’età pensionabile. A questo punto però l’articolo finisce e le domande restano. Come risolvere il problema? Quale strada seguire? La prima strada indicata ci sembra però improponibile vista la già elevata pressione fiscale che grava sui cittadini nel nostro Paese e anche la seconda, quella di aumentare l’aliquota contributiva sui lavoratori, visti i costi del lavoro, tra i più alti in Europa, che ci sono in Italia. E anche di tagliare le prestazioni previdenziali manco a parlarne in un periodo in cui si discute così tanto della necessità di fare riforme degli ammortizzatori sociali per dare più garanzie. Rimane quindi, unica tra le vie indicate nell’articolo, quella dell’aumento dell’età pensionabile. Al giornalista sarà sfuggito che su questo argomento esiste anche la nuova proposta di legge che porta le firme del Professor Pietro Ichino e del Professor Giuliano Cazzolla che è in corso di sperimentazione da parte dell’Imps e cui ha preso parte, nella stesura, anche Marco Pannella. Una proposta di legge che ha messo insieme, su un progetto di riforma radicale, due massimi esperti della materia del PD e del PdL. Si tratta di applicare un’idea semplice: posticipare il pensionamento dei lavoratori su base volontaria. Depositata sia alla Camera e sia al Senato lo scorso mese di agosto, il nuovo regime delineato dalla proposta di legge bilancia adeguatamente gli interessi di tutte le parti in causa e configurando un risparmio pubblico per le casse dell’Imps. Il lavoratore che, volontariamente, intende posticipare il pensionamento potrà, proseguendo nell’attività lavorativa, godere di un trattamento economico superiore a quello che percepirebbe se andasse subito in pensione. Il datore di lavoro potrà continuare ad avvalersi delle maestranze di lavoratori con un elevato livello di esperienza a costi più contenuti in virtù della diminuzione dei contributi. Per l’Imps, inoltre, il rinvio del trattamento pensionistico si risolve in un risparmio netto sul piano economico. La notizia, riportata nella relazione di tesoreria di Michele De Lucia presentata lo scorso 12 novembre al congresso di radicali italiani a Chianciano, è che la la simulazione effettuata dall’Imps sugli effetti che la l’applicazione della proposta di legge avrebbe sui conti pubblici dice che si potrebbero risparmiare fino a due miliardi di euro all’anno che, in cinque anni, consentirebbero di ripianare il buco di dieci miliardi di euro della gestione dei lavoratori autonomi. Davvero un’idea semplice ma al contempo rivoluzionaria che, mentre l’Europa continua a chiederci di aumentare l’età di pensionamento delle donne e con i conti dell’Imps, forse non sarebbe male, quantomeno, prendere considerazione.

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Paternostro liberale dei Calabresi: per il diritto e la legalità istituzionale

Calabria, 28 settembre 2008. Filippo Curtosi, Giuseppe Candido e Francesco Callipo, rispettivamente direttore responsabile, vice direttore e responsabile alla distribuzione di “Abolire la miseria della Calabria” – mensile indipendente di cultura laica, liberale, socialista, federalista, ecologista, nonviolenta, radicale –  aderiscono a sostegno dell’iniziativa nonviolenta proposta da Marco Pannella dai microfoni di radio radicale durante la consueta conversazione settimanale con il direttore dell’emittente Massimo Bordin. L’iniziativa gandhiana del leader radicale si concretizzerà a partire dalle 12 e un minuto di lunedì 29 settembre con un digiuno di Pannella. Ad oltranza? Non lo sappiamo, questo a radio radicale non lo ha detto. I motivi dello sciopero della fame: sostenere il nostro Presidente della Repubblica nel suo compito di assicurare il rispetto della legge e della legalità delle nostre Istituzioni garantendo l’elezione, da parte del Parlamento ancora oggi inadempiente nel suo dovere, del sedicesimo giudice ancora mancante al plenum della Corte Costituzionale e del Presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanzasul servizio pubblico televisivo. Come ha già fatto in passato, Marco Pannella tutto questo lo fa per il rispetto della legalità. Per il rispetto della legalità e della vita stessa del diritto anche noi (spero saranno in tanti) ci uniamo (per 24 ore simboliche a partire dalle 12.01) a questa assai nobile proposta di sostegno del nostro Presidente Giorgio Napolitano a compiere il ruolo di garante delle Istituzioni a lui affidato dalla nostra Costituzione. Crediamo che non possa esservi democrazia, in un Paese, senza il rispetto del salveminiano e sacrosanto “conoscere per Deliberare”, senza un servizio pubblico televisivo rigorosamente vigilato nel suo importante compito.

Dal nostro piccolo, dalla Calabria che tanto amiamo ma che troppo spesso notiamo prospera d’illegalità Istituzionale e di convivenze, ci permettiamo soltanto di far “rimirare” e aggiungere, ai motivi dello sciopero della fame, anche quello per garantire l’elezione della Commissione Parlamentare antimafia, anti ‘ndrangheta, anti camorra o come la si voglia comunque chiamare.

E vogliamo farlo rivolgendo una preghiera: il “Paternoster dei liberali calabresi” che Antonio Martino (1), manco a dirlo pure lui calabrese, nel 1866 scriveva per i calabresi allora sotto la pressione degli ingenti tributi rvolgendosi al Re Vittoriu (Padrenostro liberale appunto):

O patri nostru, ch’a Firenzi (oggi a Roma) stati,

lodatu sempi sia lu nomi vostru,

però li mali nostri rimirati,

sentiti cu pietà lu dolu nostru,

ca si cu carità vui ndi sentiti

certu non fati cchiù ciò chi faciti

**********

Patri Vittoriu, re d’Italia tutta,

apriti ‘ss’occhi, ‘ss’aricchi annettati:

lu regnu vostru è tuttu suprasutta,

e vui, patri e patruni, l’ignorati.

Li sudditi su’ tutti ammiseriti:

vu jiti a caccia, fumati e dormiti.

**********

Ministri, senaturi e deputati

fannu camurra e sugnu ntisi uniti,

prefetti, cummessari e magistrati

sucandu a nui lu sangu su’ arricchiti.

E vui patri Vittoriu non guardati:

vui jiti a caccia, fumati e dormiti.

(1) Padrenostro liberale, Antonio Maritno, Re, poeti e contadini. La Poesia dialettale calabrese dell’ottocento di Carlo Carlino, Barbaro editore, 1998

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