di Francesco Cirillo

Se c’è un luogo, anzi un non-luogo, del quale non si parla, questo è il carcere. La dimensione carcere, non esiste per chi sta fuori da esso. Il non-luogo carcere è qualcosa che terrorizza e ne fa dimenticare l’ esistenza. Esorcizziamo la morte, la malattia,la disgrazia,esorcizziamo anche il carcere. Facciamo finta che non esistano,che non ci appartengano. Eppure ci appartengono,ci riguardano. Il carcere,così come la malattia,antica quanto l’uomo,è ancora presente nella nostra civiltà moderna. Siamo riusciti a liberarci di un’istituzione come il manicomio,ma non siamo ancora riusciti a liberarci del carcere e dei manicomi giudiziari che sono strutture carcerarie dalle quali difficilmente si esce. Forme di “tortura democratica” che servono a terrorizzare quanti non si attengono alle regole ed alle leggi che questa “civiltà” si è data. Ma le leggi e le regole vengono fatte da chi ci governa, da chi detiene il potere, che naturalmente si è guardata bene dal potervi entrare. Un grande truffatore è difficile che resti per molto tempo ristretto in un carcere, così uno che falsa i bilanci di una società, o un direttore di banca che attua prestiti come un usuraio, o un politico venduto o compratore di voti o appartenente alla mafia alta e ben celata . E’ più facile quindi che finisca in carcere un piccolo delinquente, un ladro di appartamenti, un piccolo spacciatore, o chi ruba energia elettrica, o anche semplicemente in un supermercato. Basta leggere le tipologie di reato dei detenuti in tutta Italia per rendersene conto. La criminalizzazione delle droghe, con la legge Bossi-Fini, che ha eliminato la differenza fra droghe leggere e pesanti e le quantità di droghe detenute perché si possa considerare spaccio piuttosto che uso personale, ha portato in carcere al 30 giugno del 2012 27 mila cittadini italiani e 11.649 cittadini stranieri. Questo vuol dire quasi la metà della popolazione detenuta. E così la legge sull’immigrazione detiene in Italia quasi 4000 persone. Così come la famigerata legge sull’associazione mafiosa, che mette insieme il semplice picciotto con il boss mafioso con 6516 persone .
In Italia la popolazione detenuta supera le 67 mila unità.
In Calabria,al 31 gennaio 2012, i detenuti nei 12 istituti penitenziari sono oltre 3.046, a fronte di una capienza complessiva di 1.875 posti. Di questi, dai dati forniti dal Dipartimento amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia, 55 sono donne e 2.991 uomini. Gli stranieri sono 591. Il sovraffollamento carcerario riguarda tutti gli istituti calabresi ad eccezione di quelli di Crotone (capienza 75, detenuti 15) e Laureana di Borrello (capienza 34, detenuti 30). Diversa la situazione negli altri istituti. A Castrovillari, a fronte di una capienza di 131 posti, sono presenti complessivamente 254 detenuti (24 donne e 230 uomini) dei quali 108 stranieri (il 42,52% del totale, 9 donne e 99 uomini) Gli imputati sono 86 (15 donne e 71 uomini) e 168 i condannati (9 donne e 159 uomini). Al carcere di Siano di Catanzaro, i detenuti sono 592 (68 gli stranieri, l’11,49%) contro una capienza di 354, dei quali 308 imputati e 284 condannati; a Cosenza la capienza è di 209 ma i detenuti sono 336 (58 gli stranieri, il 17,26%), 169 imputati e 167 condannati; a Crotone la capienza è di 75 ma i detenuti sono 15 (2 gli stranieri, il 13,33%), 8 imputati e 7 condannati; a Lamezia ci sono 83 detenuti contro 30 posti (30 stranieri, il 36,14%), di cui 39 imputati e 44 condannati e sta per essere chiuso; a Laureana di Borrello su 34 posti, i detenuti sono 30 (1 straniero, il 3,33%), e tutti e 30 sono condannati; a Locri sono presenti 158 detenuti a fronte di una capienza di 83 (40 gli stranieri, il 25,32%), 74 imputati e 84 condannati; a Palmi i posti sono 140 ma i detenuti 251 (12 stranieri, il 4,78%), 211 imputati e 40 condannati. Ancora, a Paola i reclusi sono 264 su 161 posti (104 stranieri (39,39%), 75 imputati e 189 condannati; a Reggio Calabria i detenuti sono 351 (31 donne e 320 uomini) a fronte di una capienza di 157 (13 donne e 144 uomini), con 24 stranieri (il 6,84%, 4 donne e 20 uomini), e 290 sono gli imputati (19 le donne) e 61 i condannati (12 donne); a Rossano i detenuti presenti sono 351 mentre la capienza è di 233 (gli stranieri sono 83, il 23,56%), cento imputati e 251 condannati; a Vibo Valentia, a fronte di una capienza di 268 posti, i detenuti sono 361 (61 stranieri, il 16,90%), dei quali 162 imputati e 199 condannati. Dei 591 stranieri presenti negli istituti penitenziari calabresi, 306 sono europei (165 di Paesi dell’Unione europea, 18 ex jugoslavi, 75 albanesi e 48 di altri Paesi), 230 africani (53 tunisini, 87 marocchini, 16 algerini, 23 nigeriani e 51 di altri paesi), 32 asiatici (10 del Medio oriente e 22 di altri paesi) e 22 americani (3 dell’America del Nord , 3 del centro e 16 del sud).

Ma soffermiamoci un po’ sul carcere di Paola. Qui c’è un detenuto particolare. Direi un detenuto “politico”. Si tratta di Emilio Quintieri. Ex appartenente ai Vas ( verdi,ambiente e società), da sempre conosciuto per le sue battaglie ambientaliste,contro i tagli di boschi nella zona di Cetraro, contro i rifiuti tossici lasciati nella fabbrica dismessa dell’Emiliana tessile a Cetraro. Fu grazie ad una sua denuncia che la Guardia di Finanza , li trovò nascosti in un piccolo capanno e fu grazie alla sua costanza nel seguire la vicenda che i rifiuti vennero in seguito smaltiti. Ma il suo impegno ambientalista toccò anche la pesca abusiva che con reti pelagiche derivanti ( le cd reti spadare)veniva fatta,partendo proprio dal porto di Cetraro. Per questa sua presa di posizione venne aggredito da quattro malviventi e picchiato selvaggiamente. Da queste denunce ripetute, che coinvolgevano i silenzi su Cetraro, considerato dai più come un paese delle meraviglie, Emilio Quintieri entrò nel mirino delle istituzioni proprio per aver rotto equilibri naturali esistenti in questo paese del tirreno cosentino. Venne quindi arrestato per la prima volta a gennaio del 2010. A seguito di una perquisizione, nella sua abitazione, vennero trovate delle manette, del danaro contante e dei stupefacenti , evidentemente per uso personale. Questo bastò per gettarlo in pasto ai quotidiani regionali come spacciatore o peggio ancora capo di qualche clan mafioso. Nel comunicato stampa fatto dai carabinieri, si immaginò tutta una situazione che poi venne smentita dai fatti,che lo prosciolsero. Per cui, si dimostrò che il danaro contante era stato a lui consegnato dall’Associazione Sportiva Dilettantistica Don Russo Nova Volley Cetraro al fine di essere corrisposta ad una Ditta a titolo di compenso per alcuni lavori svolti di serigrafia. Una restante somma ,invece, erano i proventi di una vincita conseguita dall’imputato tramite acquisto di una schedina della Pallavolo, come attestato dal tagliando di schedina Intralot . Infine le manette. Si trattava di cose in possesso di Quintieri a causa della sua pregressa attività di Guardia Giurata Volontaria.
Ma è proprio questa continua persecuzione nei suoi confronti che spinge Emilio Quintieri ad interessarsi di problemi legati alla giustizia ed al carcere. Apre una campagna internazionale a favore di un detenuto cetrarese, in carcere nonostante una malattia tumorale in corso.
Si trattava di Alessandro Cataldo arrestato nell’ambito di una inchiesta sul traffico di droga nella costa tirrenica. Se non fosse stato per l’impegno di Quintieri che fece fare un’interrogazione parlamentare alla Ministro Cancellieri, dai deputati radicali, sicuramente il detenuto sarebbe deceduto in carcere o avrebbe commesso qualche pazzia. Quintieri si era mosso dopo aver una richiesta di aiuto da parte dei familiari del detenuto ed una lettera da parte di alcuni compagni di cella dello stesso, preoccupati per il suo stato di salute.
Così risponde all’interrogazione il Ministero della Giustizia:
“Una volta accertato il male, è stata, infatti, richiesta una visita specialistica ed è stato, altresì, prospettato l’eventuale ricovero presso il reparto oncologico dell’azienda ospedaliera Pugliese – Ciaccio; per di più, attesa la gravità della diagnosi e le possibili ripercussioni psicologiche sul malato, si è ritenuto di sottoporlo a grande sorveglianza sanitaria e, contestualmente, è stato richiesto un adeguato sostegno psicologico. Il Cataldo, peraltro – prosegue il Sottosegretario alla Giustizia Gullo – ha effettuato tutti i trattamenti prescrittigli per la cura della sua patologia tumorale in un centro oncologico specializzato dell’Ospedale di Catanzaro, distante circa 3 chilometri dal penitenziario. Inoltre, a partire dallo scorso mese di maggio e, cioè da quando il predetto detenuto ha iniziato il 1o ciclo di chemioterapia in regime di ricovero, lo stesso si è recato a cadenze regolari presso l’Ospedale di Catanzaro, rispettando il calendario predisposto dal centro. Anche nel penitenziario, ha sempre eseguito i necessari controlli clinico-laboratoristici, con una frequenza pressoché quotidiana. Ciò posto, segnalo che la competente magistratura di sorveglianza ha autorizzato e/o ratificato sia il ricovero, che le visite specialistiche in ospedale del Cataldo, il quale – conclude l’esponente del Governo – in data 23 agosto 2012, a motivo delle gravi condizioni di salute, è stato posto agli arresti domiciliari, con ordinanza del Presidente del Tribunale di Catanzaro “.
Insomma c’è voluta l’interrogazione parlamentare perché a Cataldo venissero concessi gli arresti domiciliari. E così dopo questa battaglia, Quintieri si impegna nel Partito radicale, fino ad esserne candidato nella lista calabrese del partito nelle ultime elezioni politiche. Ed ecco il nuovo arresto. Proprio durante la campagna elettorale.
Se Quintieri fosse stato un grosso politico, o già un deputato, si sarebbero mobilitate tutte le pattuglie dei partiti. Ed invece nessuna solidarietà, nessun comunicato a suo favore, nessun interessamento sulla sua vicenda. Quintieri a sua volta finisce nel tritacarne della giustizia italiana. E questa volta,senza alcuna prova . Bastano le testimonianze di altre persone contro di lui, perché i carabinieri finiscano di nuovo a casa sua e perquisirla, senza trovare nulla però, ma Quintieri viene arrestato lo stesso. Questo è quanto scrive Emilio Quintieri il 16 marzo scorso, in una lettera a me indirizzata:
“ sono stato raggiunto da una ordinanza custoriale emessa dal GIP del Tribunale di Paola sulla base di dichiarazioni fatte ai carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Paola da dei soggetti tossicodipendenti, alcuni dei quali non ho la più pallida idea di chi siano e di dove siano. Contrariamente a quando scrive qualche sciacallo di “giornalista” non esiste null’altro nei miei confronti. Solo queste dichiarazioni tutte simili fra di loro e quindi preconfezionate e non genuine e spontanee oltre che illegali ed inutilizzabili ai fini processuali perché assunte in violazione di quanto prescrive il codice di procedura penale. “
Direttamente , Quintieri si rende conto di quale sia la situazione nelle nostre carceri, e aggiunge ,nella sua lettera:
“ Mi auguro che il nuovo parlamento metta subito mano a smantellare lo stato di polizia che principalmente nel nostro paese è diventato asfissiante procedendo all’abrogazione della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, della legge Bossi-Fini sull’immigrazione e della legge ex Cirielli sulla recidiva, tre leggi criminogene varate dalla maggioranza di centrodestra negli anni passati nell’era Berlusconi. Natuaralmente occorre anche una seria riforma della Giustizia proibendo ai pubblici ministeri l’utilizzo in modo indiscriminato dell’istituto della carcerazione preventiva che oramai ha raggiunto livelli insostenibili ed inaccettabili in tutta la repubblica italiana e che contribuisce ad alimentare il sovraffollamento dei nostro istitui penitenziari già migliaia di volte ritenuti dei veri e propri luoghi di tortura da parte delle istituzioni internazionali. Qui nel carcere di Paola la situazione è disastrosa!
Ora Quintieri continua la sua battaglia nel carcere di Paola , riuscendo a coinvolgere e far aderire tutti i detenuti ad un iniziativa per sensibilizzare l’opinione pubblica ed i politici verso i problemi carcerari.
“Comunico che tutta la popolazione detenuta ristretta nella casa circondariale di Paola (Cosenza) ha aderito alla manifestazione nazionale promossa dall’onorevole Marco Pannella, leader del partito radicale, per denunciare ancora una volta la condizione disastrosa in cui versano le carceri della repubblica. Con una nota sottoscritta da 250 detenuti, primo firmatario Emilio Quintieri, è stato comunicato alla direzione del carcere di Paola, al Provveditorato Regionale della Calabria ed al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che pertanto da lunedì 25 a venerdì 29 marzo 2013 sarà rifiutato il vitto ministeriale giornaliero (colazione,pranzo e cena) chiedendo che lo stesso venga devoluto in beneficienza al convento dei frati minimi di San Francesco di Paola o altro ente che sarà individuato dalla direzione della casa circondariale di Paola e comunicato alla popolazione detenuta,tramite avviso nelle bacheche dei reparti detentivi ( I, II, III, IV e V ). Di quanto sopra ne verrà data notizia anche al sig. Magistrato di Sorveglianza di Cosenza ed al ministro della giustizia per opportuna conoscenza. “
Il deputato Ernesto Magorno ha subito fatto visita ai detenuti, ricevendo per il suo atto di solidarietà le critiche del sindacato della polizia penitenziaria. Il Sappe lo accusa di non aver incontrato i sindacati. Ma la giornata era quella dei detenuti in sciopero della fame e sulle loro condizioni di vita all’interno di questo inferno. Dimostrazione ne è che si continua a morire nelle nostre carceri. E’ di pochi giorni fa la notizia di un nuovo suicidio nel carcere di Siano a Catanzaro. In Calabria,nel 2012, i suicidi sono stati 3, i tentativi 36, gli atti di autolesionismo 167, i decessi per cause naturali 3, i ferimenti 18, le colluttazioni 81. A Catanzaro ci sono stati 2 suicidi e 5 tentativi di suicidio. E’ chiaro a tutti che non si può andare avanti così, che occorre mettere in atto provvedimenti seri e definitivi. Non basta un indulto o un’amnistia. Che ben vengano, ma occorre depenalizzare. Ancora vige il codice fascista Rocco, ancora c’è una visuale del reato tipica di un regime fascista e non certamente democratico. Moltissimi detenuti potrebbero non essere arrestati per reati piccoli e le forme alternative sarebbero molteplici, non solo quelle domiciliari.