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‘Ndrangheta e Politica alle ultime elezioni regionali. Arrestato Zappalà (Pdl) ed altri candidati che sostenevano Scopelliti

di Giuseppe Candido

“La mia missione è di essere sempre e solo al servizio del cittadino”. È quanto si legge entrando nel blog dell’ex sindaco di Bagnara Calabra nonché Consigliere regionale eletto nelle fila del Pdl calabrese ed oggi arrestato per documentate collusioni con la cosca dei Pelle. Candidato a sostegno del Presidente Scopelliti, come Zappalà stesso scrive nel suo blog: “affinché la mia amata Calabria possa divenire la regione della libertà, della solidarietà, del progresso e… della POLITICA DEL FARE”.

E pensare che, nel mese di giugno, il sindaco Zappalà si era recato perfino in Prefettura per consegnare simbolicamente la fascia tricolore al prefetto di Reggio Calabria D’Onofrio. Come si legge nel suo blog: “Un gesto clamoroso e al tempo stesso altamente simbolico, che il primo cittadino ha voluto compiere per segnalare una situazione che a Bagnara si è fatta davvero drammatica: quella della mancanza di un controllo efficace del territorio da parte delle forze dell’ordine”.

Oggi la notizia è che Zappalà viene arrestato assieme ad altre 11 persone, tra cui altri quattro candidati alle ultime regionali, nell’ambito di un’indagine sui rapporti politica e ‘ndrangheta in Calabria. Intercettazioni ambientali e telefoniche che inchiodano.

Di seguito le agenzie della notizia (copia e incolla) che mostrano come lo strapotere delle cosche gravi sulle scelte e sulle decisioni del Consiglio Regionale calabrese.

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ROMA, 21 DICEMBRE:

(ANSA) – Un consigliere regionale, del Pdl, ed altre 11 persone sono state arrestate dai carabinieri in Calabria; l’ipotesi di accusa e’ il condizionamento da parte della ‘ndrangheta sulle elezioni regionali del 29 e 30 marzo scorsi. Con il consigliere Santi Zappalà sono stati arrestati altri quattro candidati in liste del centro destra: Antonio Manti, Pietro Nucera, Liliana Aiello e Francesco Iaria. Sono tutti sospettati di avere ottenuto il sostegno della cosca Pelle in cambio della promessa di favori.

(APCOM) – Il consigliere regionale Pdl Santi Zappalà, arrestato dai carabinieri nel corso dell’operazione “Reale 3”, è stato incastrato dalle intercettazioni ambientali a casa del boss Giuseppe Pelle, capo indiscusso dell’omonima famiglia egemone nel territorio di San Luca in provincia di Reggio Calabria. Zappalà, sulla base di quanto si evince dalle intercettazioni, andò a trovare il boss il 27 febbraio scorso e si sarebbe messo a disposizione per eventuali favori da far ottenere ai detenuti rinchiusi nei vari penitenziari italiani. Zappalà è tra le 12 persone arrestate in Calabria nell’inchiesta che ha scoperto un giro d’affari tra politica e cosche legate alla ‘ndrangheta. Al centro dell’indagine gli incontri tra il boss Pelle e alcuni candidati che in cambio di voti assicurati alla ‘ndrangheta avrebbero dovuto garantire alle imprese di riferimento della cosca l’aggiudicazione di alcuni importanti appalti pubblici e altri favori. Santi Zappalà è attuale sindaco di Bagnara Calabra. Oltre a lui i carabinieri hanno notificato anche altre quattro ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti esponenti politici calabresi, tutti del centrodestra, candidati al consiglio regionale nell’ultima tornata dello scorso marzo. Si tratta di: Antonio Manti, Pietro Nucera, Liliana Aiello e Francesco Iaria. L’accusa per tutti e di avere ottenuto il sostegno elettorale della cosca Pelle. L’appoggio, secondo gli accordi presi, avrebbe dovuto essere ricambiato facendo ottenere alla cosca favori di vario genere tra cui appalti, finanziamenti e trasferimenti di detenuti. L’indagine ha accertato il condizionamento esercitato dalla cosca Pelle di San Luca in occasione delle elezioni del 29 e 30 marzo scorsi per il rinnovo del Consiglio regionale.

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Chi vince in Calabria lo fa col sostegno delle ‘ndrine. Forse è questa la semplice chiave di lettura che si deve dare per commento dell’operazione “Reale”. Si, “Reale”! Perché reale è che, in Calabria, i Consigli regionali che si susseguono debbano essere sistematicamente “infiltrati” dalle cosche che, grazie anche al sistema elettorale vigente, riescono quasi sempre a far prevalere, all’interno delle liste, i “loro” candidati.

Quando l’On.le Angela Napoli, dalla commissione parlamentare antimafia, denunciava in solitudine che in queste ultime elezioni regionale le liste erano piene di candidati “sconvenienti” che non rispettavano neanche lontanamente il “codice etico” che la politica si era data e quando pure l’ex ministro degli interni Pisanu certifica le infiltrazioni con le sue dichiarazioni relative ad un personale politico “non degno di rappresentare nessuno”, c’è da domandarsi se forse non avessero ragione. Non serve neanche – come abbiamo fatto – che lo denuncino i Radicali a gran voce durante tutta la campagna regionale. E non bisogna credere che siano mosche bianche.

Col sistema elettorale attuale è così semplice far convergere i voti che le ‘ndrine hanno i loro eletti in maggioranza e nell’opposizione. È certo però che, nella scelta, le “famiglie” calabresi più attente sanno ben scegliere e contribuiscono a determinare chi governerà nel lustro successivo la Calabria.

Come difendersi? Il Presidente Scopelliti, se davvero volesse combattere queste infiltrazioni, avrebbe da fare immediatamente due provvedimenti: il primo relativo alla trasparenza e che preveda la tempestiva pubblicazione anche su internet di tutto ciò che già da anni doveva essere pubblico (gli interessi finanziari dei Consiglieri, degli Assessori e dei presidenti dei vari enti regionali la cui nomina è di competenza del Consiglio Regionale); una vera anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati. Il secondo provvedimento dovrebbe essere quello di cambiare l’attuale sistema di elezione del Consiglio Regionale e procedere all’elezione di ciascun consigliere in altrettanti piccoli collegi elettorali uguali in numero a quelli dai consiglieri eletti. Tale modifica avrebbe due vantaggi: avvicinare l’eletto all’elettore ed evitare che le preferenze delle ‘ndrine si coalizzino in un intera provincia così da garantire al “prescelto” l’elezione sicura.

Ovviamente a tutto ciò andrebbero affiancati, da un lato, l’obbligo di primarie nei 60 collegi e, dall’altro, una più attenta selezione della classe dirigente.

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Patrimoni degli eletti resi pubblici? La partitocrazia calabrese si nasconde dietro un dito

di Giuseppe Candido

La vicenda dei patrimoni dei politici calabresi rimasti segreti per ventotto anni era andata sulle pagine del Corriere della Sera su cui, Sergio Rizzo, aveva ripreso la “sconcertante” risposta del Segretario Generale Carpentieri che negava il diritto di accesso agli atti ma definiva “improrogabile” l’emanazione di una normativa regionale che disciplinasse i modi di attuazione della legge 441/1982. In seguito ne aveva parlato anche tutta la stampa calabrese e il Presidente del Consiglio regionale si era tempestivamente impegnato a rimuovere gli “ostacoli” (l’assenza di una leggina regionale) che per 28 anni avevano impedito la pubblicazione delle dichiarazioni patrimoniali di eletti e nominati calabresi così come previsto dalla legge nazionale. Su questo argomento era intervenuto anche Mario Staderini, il segretario nazionale di Radicali Italiani. Oggi la legge finalmente è arrivata ed e stata votata all’unanimità, maggioranza e opposizione, dal Consiglio regionale su proposta del Presidente Talarico. Ma basta leggere il primo degli otto articoli che la compongono per capire subito che il problema non è stato ancora completamente risolto e che i patrimoni dei politici calabresi resteranno ancora “top secret”. Questo perché, se la legge nazionale n°441 del 1982 prevedeva la pubblicazione dei patrimoni di eletti e nominati sia delle Regioni, ma anche degli eletti di Province e Comuni sopra i 50.000 abitanti o capoluogo di Regione, la normativa votata all’unanimità dal Consiglio regionale nella seduta dello scorso 13 settembre prevede la pubblicazione dei patrimoni degli eletti e nominati della sola Regione lasciando fuori dall’ambito di applicazione sia le dichiarazioni dei Consiglieri delle cinque province calabresi e i relativi nominati, sia quelli eletti e nominati nei comuni calabresi con popolazione superiore ai 50.000 abitanti. Insomma, Consiglieri regionali a parte, i politici calabresi eletti in enti “minori” possono dormire sonni tranquilli perché i loro patrimoni non dovranno essere pubblicati e potranno rimanere segreti. Per non parlare del fatto che, se un Consigliere regionale dimentica o volutamente ignora la legge e i suoi dati patrimoniali non potranno essere pubblicati sul bollettino ufficiale della Regione, come sanzione è previsto un rimprovero verbale che, in caso di recidiva, si trasforma in rimprovero scritto e pubblicato. Sui giornali, in modo che gli elettori lo sappiano? No, macché: la legge regionale prevede che il rimprovero sia pubblicato sul bollettino ufficiale ma di comunicazione alla stampa non se ne parla. Del resto i panni sporchi si lavano in famiglia, e i patrimoni non pubblicabili in Consiglio. Insomma la legge non soltanto è incompleta e poco incisiva non agendo su tutti gli eletti calabresima dimentica che siamo nel 2010 prevedendo la pubblicazione dei patrimoni non già sugli organi di stampa o su un apposito sito internet ma soltanto sul Bollettino ufficiale. La partitocrazia calabrese, quella che il ministro Brunetta a ragione critica, la partitocrazia che da 12 anni costringe la Calabria all’emergenza rifiuti, la partitocrazia responsabile del dissesto idrogeologico per il mancato governo del territorio, oggi si nasconde dietro un dito approvando all’unanimità una leggina solo perché una penna come Sergio Rizzo l’aveva sbeffeggiata. Perciò, cari conterranei calabresi, se volete la trasparenza su quanto guadagnano i politici da voi eletti e, soprattutto, quanti soldi spendono in spese elettorali e di rappresentanza, fatevi il segno della croce e compratevi mensilmente il Bollettino ufficiale della Calabria. Tra le migliaia di pagine grigie troverete anche quei dati che da 28 rimanevano top secret.

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