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Una sagra antica e meravigliosa: la “Festa dell’abete” di Alessandria del Carretto nel ricordo del regista Vittorio De Seta

di Francesco Lo Duca

ALESSANDRIA DEL CARRETTO (CS) – «Alla fine dell’inverno esplode improvvisa la celebrazione della primavera, detta Festa dell’abete, una sagra antica e meravigliosa». E’ ancora così la festa della “Pita”di Alessandria del Carretto, filmata nel 1959 dal regista Vittorio De Seta nel suo memorabile cortometraggio “I dimenticati”. Nell’ultima domenica di aprile, agli abitanti di Alessandria del Carretto (comune del Parco nazionale del Pollino,situato a 1.000 metri s.l.m. al confine con la Basilicata) si sono uniti molti visitatori provenienti prevalentemente dall’intero territorio regionale calabrese, dalla Lucania e Puglia. “Idimenticati” è il documentario conclusivo di una serie di dieci cortometraggi girati da Vittorio De Seta tra il 1954 e il 1959, inseriti all’interno della collana “Il mondo perduto”, pubblicata da Feltrinelli nel 2008. Vittorio De Seta, regista e sceneggiatore nato a Palermo il 15 ottobre 1923 e scomparso a Sellia Marina(CZ) il 28 novembre 2011, ha raccontato di aver avuto l’idea di realizzare questo documentario dopo aver appreso dell’esistenza in Calabria, di paesi senza strada alla fine degli anni ’50. Ad Alessandria del Carretto filmò la “Festa dell’abete”, integrandola nel suo cortometraggio. Dal filmato di De Seta, il paese di Alessandria del Carretto sembrerebbe destinato a essere dimenticato e a scomparire. La costruzione della strada che seguendo il profilo della montagna avrebbe dovuto portare dalle pendici dell’alto Ionio calabrese, lungo i vari paesi, fino al paese più in alto, appunto Alessandria, è stata interrotta anni prima. Ad un certo punto un camion che trasporta le merci è costretto a fermarsi e il carico, destinato ai paesani di Alessandria, deve essere trasferito a dorso di mulo. Gli animali e gli uomini che li guidano devono attraversare irti boschi, fiumare, arrampicarsi lungo versanti di roccia prima di giungere al paese, rimasto isolato dalla neve e senza comunicazioni per tutto l’inverno. All’arrivo della primavera gli abitanti di Alessandria preparano una grande festa per salutare la bella stagione. Seguendo una tradizione millenaria, all’alba i taglialegna “maestri d’ascia” salgono sul monte e abbattono un grosso abete, poi tutti gli uomini, insieme, lo trascinano con grande fatica fino nel paese. Le donne e i più giovani vanno incontro alla carovana preparandosi al divertimento. Nella successiva prima domenica di maggio ci sarà l’albero della cuccagna e la festa in onore del Santo Patrono di Alessandria del Carretto, Sant’Alessandro papa e martire, in cui le donne venderanno oggetti e cibo e tutto il paese scongiurerà così la durezza dell’inverno appena trascorso. Quella sagra antica e meravigliosa, ripresa nel documentario di De Seta, è ancora oggi percepibile, anzi arricchita dalla partecipazione delle donne e da tanti giovani che aiutano a trasportare l’abete fino al paese, lungo un percorso pur sempre scivoloso e tortuoso. La festa è allietata da veterani e giovani suonatori di zampogna, organetto e tamburello che si uniscono ai protagonisti delle “tire”, le pertiche usate per il trasporto dell’albero. La ricorrenza a cui si assiste non è più la Calabria amara e povera degli anni cinquanta, ma si intravede tuttora una voglia di rivalsa, il desiderio di scongiurare un futuro incerto, strade e opere incompiute. Ad Alessandria del Carretto rimane altresì il vivo ricordo e il rapporto con la Calabria delregista Vittorio De Seta, autore di opere originali e indimenticabili come “Banditi a Orgosolo” e “Diario di un maestro”. Il profondo legame di De Seta con la Calabria, che ha dato i natali a sua madre, è approfondito nel documentario “In Calabria”, del 1993. In quel suo ritorno in Calabria, il regista fa vedere una Regione come terra di incontro e di scontro tra vecchio e nuovo, cercando soprattutto le tracce dell’emarginazione e delle culture in crisi.

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Alessandria del Carretto: la conca d’oro dei suoni tradizionali

Giunge alla settima edizione “Radicazioni, il festival delle culture tradizionali”

di Francesco Lesce

Alessandria del Carretto (Cs) Radicazioni, che anche quest’anno si svolgerà ad Alessandria del Carretto dal 20 al 22 agosto, non è solo un festival di musica popolare, come i tanti che da tempo invadono lo scenario estivo calabrese. È un progetto nato dal desiderio di aprire un dialogo fra le culture vicine e lontane nell’era della mondializzazione. L’intento è proprio quello di far interagire le identità artistico-musicali, evitando sia di contaminarle a fini commerciali, sia di imporre ad esse filtri accademici. Il risultato è una festa nella quale artisti di strada, suonatori, costruttori di strumenti musicali si incontrano per condividere la propria cultura d’appartenenza. Ospitando artisti di diverse provenienze, il paese trova anche l’occasione di riunirsi intorno ad una delle sue principali risorse culturali che ad Alessandria è data dalla memoria dei suoni tradizionali. La cosa straordinaria è che, nonostante l’emigrazione (fisica e culturale) che ha svuotato negli anni il paese, ad Alessandria la musica viene ancora vissuta come fatto sociale; i suoni antichi veicolano emozioni che aderiscono alla memoria collettiva, allo scambio fra le generazioni, ai modi di vivere della comunità. Qui la cultura dei suoni è stata trasmessa oralmente dagli anziani ed è ancora oggi affidata alle occasioni di ritrovo, di scambio e di socialità. La parola orale, schiacciata oggi sotto il peso della logica imperante dell’audiovisivo, dove l’emotività dell’istante ha la meglio sui tempi dilatati dell’incontro, del racconto e della memoria, rivive ogni giorno in questo paese grazie all’amore dei nonni che trasmettono ai nipoti l’amore per il paese attraverso l’arte dei suoni. Cosa c’è allora dietro Radicazioni? Non il semplice spettacolo della musica, ma la passione che nasce dal basso, nel cuore della lingua vitale e delle emozioni collettive che danno corpo alla comunità di Alessandria del Carretto. È solo nella memoria dei suoni che i giovani alessandrini ritrovano l’entusiasmo per dar vita ogni anno ad un festival che porta migliaia di persone in un paese distante da tutto, con i suoi abitanti sparsi nel mondo e tuttavia uniti nell’amore per la musica della propria comunità. Il segreto di Alessandria è tutto qui e non nei falsi discorsi sulla tradizione o in operazioni commerciali e pseudo-accademiche calate (e soprattutto finanziate) dall’alto.

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