“Dalle scuole di “avviamento professionale” alla scuola media unificata per tutti, una grande rivoluzione nell’impianto generale del sistema dell’Istruzione obbligatoria”
di Giuseppe Candido*
7 giugno 2013 – Siamo all’Istituto Comprensivo Statale di Botricello, in provincia di Catanzaro, dove si è appena svolta la manifestazione conclusiva di fine anno con la premiazione, da parte della Fondazione Ualsi di don Alfonso Velonà, dei “migliori temi” degli alunni degli Istituti di Botricello, di Belcastro, Marcedusa e Cropani. La manifestazione si è conclusa con rappresentazioni teatrali, recite e video cortometraggi realizzati dai ragazzi.
L’ex dirigente scolastico di Botricello, Prof. Mario Muccari, persona di ragguardevole spessore culturale, nel suo intervento, si è soffermato su una “importante ricorrenza” che, proprio la scuola, non può certo dimenticare: “i 50 anni della scuola media unica”.
Dopo lunghe trattative tra DC e PSI, il 31 dicembre 1962 viene approvata la legge n.1859 che abolisce la “scuola di Avviamento al lavoro” ed istituisce, per la prima volta, “una scuola media unificata” che consenta a tutte e a tutti i cittadini l’accesso a tutte le scuole superiori.
Poiché la memoria assieme al sottoscritto tradisce anche altri colleghi docenti, a margine del suo intervento gli chiediamo di darci qualche ulteriore ragguaglio:
“La scuola media unica” – ricorda con un pizzico di malinconia di chi ha vissuto direttamente quegli anni nella scuola – “nacque il 31 dicembre del 1962 con la legge n°1859. Naturalmente, essendo la legge stata promulgata il 31 dicembre, ad anno scolastico ormai iniziato, ovviamente i suoi effetti si ebbero a partire dall’anno scolastico immediatamente successivo”.
Questo che cosa significava?
“Significava una grande rivoluzione nell’impianto generale del sistema dell’Istruzione obbligatoria perché la legge aumentava l’obbligo scolastico di tre anni per tutti i cittadini. Cresceva l’obbligo scolastico passando da 5 anni di scuola elementare a 8 anni (5 + 3 di scuola media per tutti).
Una rivoluzione per l’Italia degli anni ’60?
“Certo che era una rivoluzione: sofferta e auspicata già da molto tempo. Tant’è vero che in contemporanea la scuola elementare aveva già incominciato a provare continuità d’istruzione aumentando la permanenza nell’attività scolastica con la così detta ”sesta” elementare. E poi con la ”settima”. Forse queste sono cose che ricorderanno le persone più grandi. E contemporaneamente però erano nati altri indirizzi che dovevano e potevano garantire l’inserimento nel mondo del lavoro. Erano le Scuole di Avviamento professionale. E già il nome stesso è indicativo. Naturalmente non erano però, né gli esperimenti della scuola elementare né gli avviamenti professionali, scuole obbligatorie. Con la legge 1859 l’obbligatorietà divenne un fatto comune. Un fatto di legge, e quindi tutti questi momenti dovettero essere ”assorbiti” nella scuola media che perciò prese il nome di ”Unificata”. Doveva assorbire il vecchio impianto di scuola media che già esisteva come triennio essenziale e formativo per l’accesso all’Istruzione superiore. Vi siete mai chiesto perché si chiama 4° e 5° ginnasio lo studio classico, e poi seguono il 1°, il 2° e il 3° liceo? Si chiamano 4° e 5° ginnasio perché era la continuazione dei primi tre anni di scuola media. Che erano proprio propedeutici all’avviamento di studi importanti che poi davano libero accesso a tutte le facoltà universitarie. La nuova legge ”unificava” tutte queste presenze e, per questo, fu chiamata ”scuola media unica”. C’erano però dei problemi grossissimi. Perché, da una parte, bisognava pensare ad una scuola che formasse ”il cittadino di domani” e l’Uomo. Ma c’era anche la necessità di non trascurare l’impianto didattico di chi doveva proseguire gli studi. Per questo vi fu un periodo di transizione in cui i vecchi programmi della scuola continuarono ancora a resistere nella scuola media tant’è vero che, tutti ricorderanno, nella scuola media unica ancora resisteva l’insegnamento del latino che era obbligatorio nei primi due anni ma poi diventava facoltativo nel terzo anno. Praticamente questa facoltatività poteva aprire la possibilità della prosecuzione nel liceo Classico per chi era intenzionato a seguire questa strada oppure ‘no’ per chi invece non aveva seguito l’insegnamento facoltativo del Latino”
Oggi che invece si tende a far evadere l’obbligo scolastico con corsi di formazione realizzati a livello regionale che, quindi, non hanno tutti lo stesso standard di qualità su base nazionale, è un po’ il contrario di ciò che si voleva fare allora?
Sono comunque esperienze tutte positive. Nel senso che la preoccupazione oggi è legata a proiettare i soggetti verso la possibilità occupazionale.
Ciò vale anche quando questi corsi vengono fatti da associazioni e quant’altro come avviene in Calabria?
Non bisogna confondere così come si va’ espletando con quelli che erano gli intenti originari. Bisognerebbe vigilare attentamente e persistere.
* docente di scienze matematiche nella scuola media, in servizio presso l’Istituto Comprensivo Statale di Botricello.