Nati per crederci liberi: il divinatore Tolstoj

di Maria Elisabetta Curtosi

Lev Nikolaevič Tolstoj

Il celebre autore russo Lev Tolstoj ancora una volta ci regala una delle sue più brillanti profezie. Si tratta di testo ritrovato, per nostra grande fortuna, da Roberto Coaloa che lo ha presentato a Gorizia nel corso di un festival, in cui Tolstoj riflette sugli aspetti politici e sociali di inizio Novecento auspicando una ‘rivoluzione’ basata su <<L’euguaglianza di tutti gli uomini e di una libertà autentica, quella proprio degli essere ragionevoli >>.

Una nuova visione del vivere e di comunione tra gli uomini.

 

Il testo è per noi tanto fondamentale quanto mai divinatorio. Da esso scaturisce, da un lato il momento storico a lui contemporaneo quindi la guerra del 1904 e la successiva rivoluzione del 1905, dall’altra possiamo ritrovare il nostro spirito di rinnovamento politico e sociale che è diventato necessità, l’urgenza di cambiare rotta, e quindi la nostra di ‘rivoluzione’; tutto ciò dopo che è trascorso poco più di un secolo soltanto.

Non è forse attuale l’epoca di Tolstoj dove << è sorto un inganno che ha riconfermato i popoli nella loro condizione servile . Ed esso si manifesta mediante un complesso sistema d’elezione, dove degli uomini eletti da un dato popolo, divengono delegati entro le varie istituzioni rappresentative, entro le quali eleggeranno a loro volta o senza alcun criterio dei candidati sconosciuti, o i propri rappresentanti secondo personali interessi; il popolo stesso sarà allora una delle cause del potere del governo, e pertanto, obbedendo ad esso, crederà in effetti di obbedire a se medesimo, supponendo di vivere quindi in un regime di libertà >>.

I governi sono ingannatori sottolinea lo scrittore e continua << Chiunque avrebbe potuto accorgersi che tutto ciò non era altro che un imbroglio, sia in teoria sia in pratica, giacché anche nel più democratico dei sistemi e anche laddove vige il suffragio universale, il popolo non può comunque esprimere la propria volontà. E non può esprimerla, in primo luogo, perché una simile volontà collettiva di tutt’un popolo, di molti milioni di persone, non esiste e non può esistere; in secondo luogo, perché, anche se esistesse tale volontà collettiva, una maggioranza di voti non potrebbe comunque esprimerla pienamente in alcun modo >>.

L’immoralità dei governanti, la decadenza atroce delle società cosiddette civile.

<< Questo inganno – anche a tacere del fatto che gli uomini eletti in tal modo, partecipando al governo del loro Paese, approvano leggi e governano il popolo non in vista di ciò che è bene per esso, ma lasciandosi guidare per lo più, unicamente, dall’intento di mantenere salda la propria posizione di privilegio e il proprio potere frammezzo alle lotte dei vari partiti, e per tacere altresì della depravazione che questo inganno diffonde tra il popolo mediante le menzogne, lo stordimento e le corruzioni che sono caratteristica costante dei periodi elettorali >>.

Queste parole risuonano come un tonfo spaventoso nel silenzio oramai assordante della nostra società dove il popolo presume di autogovernarsi in una selvaggia lotta tra partiti, degli intrighi, della sete di potere e dell’interesse personale e poco importa della volontà e dei desideri del popolo tutto. << Gli uomini si imbattono in questa trappola s’immaginano davvero d’obbedire a se stessi ogni volta che ascoltano il governo >> .

Questo è un popolo che si illude di essere libero << sono come uomini rinchiusi in carcere che s’immaginano di esseri liberi perché viene concesso loro il diritto il diritto di votare per l’elezione dei carcerieri delegati all’amministrazione interna dello stesso carcere >>.

Cosicché gli uomini immaginandosi di essere liberi, proprio a tale sforzo di immaginazione finiscono per non sapere nemmeno più in cosa consista l’autentica libertà. Questi individui, mentre credono di liberare se stessi, si condannano in realtà a divenire sempre più profondamente schiavi del loro governi.

In difinitiva è la forma del tolstojanesimo: non c’è altra “via d’uscita” o così o la rivoluzione e quindi la rovina “la fine di un mondo”. Ma si preoccupa Tolstoj di precisare il suo “rifiuto ad ogni violenza”, il “credo” che poi spingerà il giovane Gandhi nel 1909, a scrivere all’ormai famoso e anziano scrittore.

 

Share