Felice Cavallotti: a cento dieci anni dalla sua morte ne è svanita la memoria

di Giuseppe Candido

Felice Cavallotti - immagine nndb.com
Felice Cavallotti, radicale garibaldino

Un milanese garibaldino, giornalista e radicale dell’ottocento da ricordare: Felice Cavallotti (Milano, 1842-Roma, 1898).  Serve ancora il suo esempio: per la politica e i partiti urge una riforma radicale e democratica.

Felice Cavallotti fa parte di quei personaggi italiani di cui le istituzioni e le forze politiche hanno voluto rimuovere la memoria. A 110 anni dalla sua morte se ne è cancellato il ricordo.

“L’Italia ha bisogno, più che di ingegni, di caratteri…rafforzare la tempra morale…Gridare libertà e democrazia, nomi santi, non basta, se il culto loro si chiude nella cerchia di un indifferentismo passivo, o di una inerzia sdegnosa…Noi abbiamo della libertà un concetto diverso; presumiamo maggiormente della forza, della virtù di espansione che è in lei…ogni riforma, per quanto segni un breve passo sulla via del progresso, sarà da noi propugnata; e massimo progresso reputeremo non quello che porta le idee più in alto, ma benanche quello che meglio e più le diffonde fra le moltitudini”

Nel 1873, eletto per la prima volta in Parlamento afferma: “…Abbiamo una parola d’ordine: onestà;- una religione: giustizia ed uguaglianza, libertà e progresso;- un usbergo: la coscienza delle nostre opere;- un’arma: il coraggio delle nostre opinioni.”

Queste le finalità esplicite de “Il Lombardo”il giornale cui diede vita proprio Felice Cavallotti.

Il nome di Cavallotti non è conosciuto come quelli di Garibaldi e Mazzini, eppure alla fine dell’Ottocento era considerato unanimemente l’erede dei due eroi del risorgimento. Felice Cavallotti era capo riconosciuto della “Estrema Sinistra” nel parlamento dell’Italia liberale pregiolittiana e fu fondatore (insieme ad Agostino Bertani) del Partito Radicale.

Nel 1998, in occasione del centenario della sua morte, il Movimento d’Azione “Giustizia e Libertà” ha ricordato Felice Cavallotti agli uomini liberi e memori. Oggi, a cento dieci anni dalla sua morte, chi sa chi era quest’uomo? Chi lo conosce? Su wiki si trova di tutto e anche su Felice Cavallotti esiste una seria documentazione consultabile on line. Nei tempi della Casta occorrerebbe conoscerlo meglio e ricordare il suo impegno come politico e come giornalista che per primo pose la “questione morale” nella politica italiana.

Così scrisse Carducci in un frammento di poesia del giugno 1860

Garibaldi !

Al tuo nome a mille a mille

fuggon giovini eroi le dolci case

e de le madri i lacrimosi amplessi…

La spedizione dei Mille provocò un sussulto giovanile di partecipazione in tutto il Paese. E tra quei giovani che si unirono a Garibaldi vi fu Felice Cavallotti che si arruolò a Milano all’insaputa dei genitori.

Dopo aver combattuto con i Garibaldini e averne commentato l’azione del L’Unione, giornale milanese dell’epoca, il suo impegno e la sua passione politica nel rivendicare le riforme gli diedero popolarità nella sua parte politica che fu seconda soltanto a quella del Siciliano Francesco Crispi.

Eletto per la prima volta in parlamento a trentun anni nel 1860 fu molto attivo contro gli ultimi governi della destra storica. Ma non solo: fu a capo dell’opposizione anche quando al governo vi fu la Sinistra storica, propugnando la riforma dello Statuto, la più netta separazione tra Chiesa e Stato e l’adozione del suffragio universale.  Un radicale al 100%.

Infatti le origini storiche e ideologiche del partito radicale risalgono, come si capisce dalle biografie di Bertani e Cavallotti,  al Risorgimento e al Partito d’Azione mazziniano e soprattutto garibaldino. È infatti con la dissidenza dal repubblicanesimo mazziniano intransigente che si organizzò, sotto l’ispirazione di Garibaldi, la guida prima di Bertani e più tardi di  Cavallotti, un primo coerente gruppo di Estrema Sinistra.

Dopo l’unificazione del Regno d’Italia, ai tradizionali raggruppamenti della Sinistra subalpina si aggiunsero rappresentanti del Partito d’Azione mazziniano e garibaldino. Si originò così un raggruppamento della Sinistra parlamentare non omogeneo e dalla vita interna assai travagliata (Strano, ma sembra di rileggere la storia di oggi). Ben presto, infatti, si arrivò alla formazione di unaSinistra Estrema, composta da deputati di orientamento repubblicano e radicale, capeggiata da Agostino Bertani prima e Felice Cavallotti poi (accanto a forti personalità politiche come Friscia, Saffi, Bovio, Mario, Imbriani, Campanella). Questa nuova formazione è caratterizzata da forti istanze riformatrici in campo politico, economico e sociale. La Sinistra storica, guidata invece da Depretis e Cairoli, si collocò su posizioni politiche più possibiliste e di governo. Fu appunto questa formazione di Sinistra storica ad assumere la direzione del Paese dopo la caduta della Destra storica (avvenuta con la “rivoluzione parlamentare” del marzo 1876), guidandolo sulla via delle prime riforme significative: abolizione della tassa sul macinato, riforma scolastica, riforma elettorale.

Cavallotti  apparteneva quindi alla sinistra democratico – radicale più nel solco di Garibaldi e di Bertani, che in quello di Mazzini (seguito dai repubblicani puri e intransigenti).

La formulazione più ampia ed organica del programma di democrazia radicale, steso in gran parte da Cavallotti, si ebbe nel 1890 col ‘Patto di Roma‘, al termine di un grande congresso, che indicò analiticamente gli obiettivi della lotta:

nessuna ingerenza della Chiesa nella vita dello Stato,

nessuna conciliazione o concordato, bastando ampiamente il principio della libertà religiosa e le leggi ordinarie;

la consultazione della nazione, quando fossero stati in gioco interessi e decisioni supremi;

l’indennità ai deputati, per permettere anche ai meno abbienti di accedere a ruoli dirigenti;

la possibilità  di convocare il parlamento in casi urgenti o per atti gravi del governo, anche in tempo di vacanze e di chiusura di sessione;

la rivendicazione di tutti i diritti di riunione, di associazione, di stampa;

una legge speciale sulle responsabilità dei ministri, l’esclusione dei membri del governo dal voto di fiducia, il divieto del cumulo dei ministeri nella stessa persona;

il mantenimento al potere centrale (secondo le lezioni di Cattaneo e di Ferrari) solo di poche fondamentali competenze, decentrando tutto il resto, giacché la tutela accentratrice, eccessiva, provoca la paralisi della vita generale;

lo snellimento della burocrazia e l’eliminazione dei ministeri inutili;

l’ideale di una Roma laica e civile, capitale della scienza e della democrazia, con richiami alla ‘terza Roma’ di Mazzini e alla tradizione illuministica e rivoluzionaria (che il grande sindaco democratico Ernesto Nathan cercò di realizzare, spesso riuscendovi, nel primo decennio del Novecento);

l’indipendenza della magistratura, la semplificazione del processo civile, il gratuito patrocinio  per i poveri, la giuria nei processi politici, l’indennità ai cittadini ingiustamente accusati e colpiti;

l’abolizione della pena di morte e la revisione del codice penale; l’educazione gratuita ai poveri e meritevoli dall’asilo all’Università, l’istruzione laica e obbligatoria per i primi cinque anni delle elementari, l’autonomia piena delle Università;

la riduzione della ferma e delle spese militari, considerando tutti i cittadini militi, non soldati;

le otto ore di lavoro, la cassa pensioni per la vecchiaia e gli infortuni, l’istituzione di camere del lavoro e di collegi di probi viri, sanzioni per gli imprenditori imprevidenti, con l’obbligo del risarcimento danni; l’esenzione dal dazio dei beni di prima necessità, l’imposta unica e progressiva (vecchio mito garibaldino);

un vasto programma di lavori pubblici, la bonifica della terra, con la redenzione dell’agro pontino e la trasformazione della valle padana;

un argine agli abusi anche della manomorta laica, espropriando le terre incolte, incamerando quelle mal coltivate, con concessioni dirette agli agricoltori, alle cooperative, alla piccola proprietà; lotta all’emigrazione;

fratellanza latina con la Francia, divenuta repubblica laica e democratica, simbolo degli obiettivi della politica radicale e riferimento delle speranze progressiste, amicizia cordiale con l’Inghilterra;

opposizione all’imperialismo e al colonialismo, alla luce della pregiudiziale sacra alle generazioni del Risorgimento del rispetto delle nazionalità, anche di colore, e della priorità dei problemi interni (bisognava pensare al nostro Mezzogiorno e non all’Eritrea);

gli Stati Uniti d’Europa, che non dovevano escludere l’amore della patria e la difesa accalorata della propria nazionalità “indarno ameremmo l’umanità tutta intera; gelido e sterile sarebbe l’amore se prima non intendesse le care voci e i doveri che gli parlano dal focolare domestico, dalla culla dei padri, e le voci solenni che dai balzi delle Alpi e dalle spiagge dei due mari gli rammentano gli orgogli di una più grande famiglia“;

l’emancipazione della donna, con l’allargamento del diritto di voto ad esse e la lotta contro la prostituzione e le case di tolleranza, nella quale si distinse Ernesto Nathan, il futuro, grande sindaco di Roma.

Il Partito Radicale si costituì formalmente come tale proprio nel 1890, primo dei partiti politici in senso moderno, seguito poi, nel 1892, dal Partito Socialista e, nel 1895, dal Partito Repubblicano, (intransigentemente antimonarchico e antiparlamentare). L’ideale di Cavallotti e dei democratici di estrazione garibaldina è il “Partito delle mani nette”, che vive soltanto delle sottoscrizioni degli aderenti o ‘militanti’, quasi “oboli dei credenti laici”.

F. Cavallotti, deputato radicale fu ucciso in un duello, svoltosi il 6 marzo 1898Roma presso Porta Maggiore, nella villa della contessa Cellere, da Ferruccio Macola, deputato della Destra Storica che venne però politicamente distrutto dall’uccisione di Felice Cavallotti

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Bibligrafia

IL MOVIMENTO D’AZIONE GIUSTIZIA E LIBERTA’ RICORDA AGLI UOMINI LIBERI E MEMORIFELICE CAVALLOTTI

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