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Mestieri e biciclette … dalla #Lombardia alla #Calabria

Dalla Collezione “Riva 1920” di Cantù al vibonese, il mondo dei mestieri in bicicletta

di Franco Vallone

Un lungo filo rosso su due ruote e pedali quello che va dal vibonese alla lontana Cantù, in Lombardia, e che celebra la bicicletta da lavoro, una componente importante della società del passato, nel meridione come nel settentrione d’Italia. Il nostro viaggio nel mondo dei mestieri su due ruote parte dal vibonese, da Filandari, in provincia di Vibo Valentia. Qui, a testimonianza, ritroviamo una vecchia bicicletta appesa all’aperto su un alto muro. Sovrapposto alla bicicletta, arrugginita e senza gomme, un cartello con la scritta “A ricordo di Cortese Emanuele noleggiatore di biciclette 1930”.

Il collega Franco Pagnotta ricorda ancora il personaggio e ci racconta che “a Filandari, Cortese aveva anche una bottega dove riparava le numerose due ruote a pedali“. Continua la lettura di Mestieri e biciclette … dalla #Lombardia alla #Calabria

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Pietro Gennaro ed Ettore Majorana erano la stessa persona?

La misteriosa storia di don Petru – comparso a Briatico dal nulla, profondo conoscitore di matematica e fisica. Morì nel sonno, asfissiato per le esalazioni ed i fumi dell’incendio della sua stanza, provocato forse dalla pipa o da un lume dimenticato acceso accanto al letto

di Franco Vallone

La storia che vi stiamo per raccontare è di quelle misteriose e affascinanti. Un uomo che abitava a Briatico, arrivato in paese da non si sa dove, potrebbe oggi essere identificato con il grande Ettore Majorana, lo scienziato scomparso misteriosamente da Napoli nel 1938. Ma partiamo da alcuni dati. Si chiamava Pietro Gennaro e a Briatico, sin da subito, diventa don Petru, ‘u zu Petru come lo chiamavano tutti. Un uomo, per come lo descrivono coloro che lo hanno conosciuto, con una grande cultura generale ed una sapienza, in campo matematico, fisico ed astronomico, davvero enorme. Molti ragazzini del paese, in quegli anni, frequentano il misterioso personaggio e notano la sua impressionante capacità di risolvere difficili operazioni matematiche e calcoli complessi. Don Petru viene descritto da tanti come “un personaggio buono, discreto e invisibile”, “un vero scienziato, esperto di tutto”. Don Petru morirà nella sua umile stanza a seguito dell’incendio del suo letto di cruju sviluppatesi forse a causa della pipa che lui amava fumare o per un lume a petrolio lasciato incautamente acceso. Siamo riusciti a recuperare una sua foto, una rarissima, forse unica, fotografia ingiallita dal tempo. Nell’immagine d’epoca che lo ritrae, Pietro Gennaro è seduto di traverso su una sedia impagliata con la sua immancabile pipa in terracotta e cannuccia in bocca. Si nota, nella fotografia, la sua mano destra, il dito mignolo distanziato dal resto delle dita, forse “la cicatrice di una ferita procuratesi cadendo da un carro merci carico di libri sequestrati” – ci raccontano. Ettore Majorana prima di sparire, nel 1938, aveva avuto un incidente con l’auto di suo padre ed era rimasto ferito in modo grave proprio alla mano destra, conservando, per come riportano le cronache dell’epoca, una grossa cicatrice sul dorso della mano. Nelle stessa scheda del Ministero degli Interni, diramata assieme alla foto nel giugno del 1938, si menziona una ricompensa offerta dalla famiglia per il ritrovamento dello scomparso, assieme alla segnalazione di una lunga cicatrice presente sul dorso della mano del ricercato. Ma ritorniamo a Briatico. Oggi la casa dove abitava Pietro Gennaro è stata venduta e successivamente ristrutturata. La traversa dove viveva don Petru è stata a lui intitolata, vi è una targa toponomastica: “Via Pietro Gennaro”. Chiediamo informazioni ai bambini, ragazzi e giovani dell’epoca, oggi adulti e anziani, che incontriamo sul socialnetwork Facebook. Qui ritroviamo, tra gli altri, Pino Prostamo, Giuseppe Conocchiella, Mimmo Prostamo, Antonio Belluscio, Francesca Sergi, Michele Potertì, Tommaso Prostamo, Frate Rokko, Franco Morello, e poi ci sono i figli, i nipoti dei testimoni diretti, memori di racconti orali tramandati dai loro padri e dai loro nonni: Simone Tedesco, Maria Concetta Melluso, Cristiano Santacroce e tanti altri … Lanciamo la provocazione, il confronto ed un dibattito di ricerca sul web: “Don Petru… vi dice nulla? Raccontateci tutto quello che sapete, anche i particolari che a voi sembrano insignificanti.”.
Le risposte non tardano ad arrivare e costruiscono, tutte assieme, un prezioso filo rosso. “Io da bambino andavo a trovarlo spesso ed era felice quando mi vedeva, abitava in una casa nella vineja di fronte a quella di mia zia…, lo ricordo sempre coricato, come coperta aveva un pesante cappottone di colore nero…”. Era arrivato a Briatico dal nulla Pietro Gennaro, comparso improvvisamente, “lo ricordo molto anziano, sempre solo, io ero piccolo, non andavo ancora a scuola, forse erano i primi anni ’60, era molto debilitato, viveva in questa piccola stanza con una finestrella sul lato sinistro dell’uscio. Mi raccontava tante cose, ma oggi non ricordo cosa, ero troppo piccolo per ricordare ciò che mi raccontava…”. “Quando andavo a trovarlo io mi sedevo accanto al suo letto e lui, con voce stanca raccontava, diceva delle cose, ogni volta mi chiedeva quando sarei tornato a trovarlo. La porta di casa sua era solo appoggiata e poteva entrare chiunque”. “Io ricordo che c’era qualcuno che tutti i giorni gli portava da mangiare”. “Noi ragazzi, all’uscita di scuola, a volte ci fermavamo davanti alla sua porta per salutarlo, lui era immobile sul letto, mi sembra fumasse una pipa, a don Petru faceva piacere scambiare due chiacchiere con noi, però non ricordo cosa diceva, è passato moltissimo tempo!!”. ”Una persona di Briatico, oggi scomparsa, mi raccontava delle sue conoscenze di matematica, fisica ed anche astronomia. Dava lezioni a studenti universitari e si confrontava con docenti di matematica e fisica che al suo cospetto rimanevano sbalorditi. Raccontava di aver imparato tutto in un monastero”. “Io non l’ho mai conosciuto, ma mio padre e i miei zii dicevano di lui che era un sapiente”. “Uomo di cultura semplice ma vasta. Nei suoi racconti riusciva a farci scoprire e sognare posti impensabili. Non ho mai capito se quei posti li avesse visitati realmente o con l’immaginazione. Ci ha lasciati a causa della pessima abitudine di fumare prima di addormentarsi”. “Pietro Gennaro io non l’ho conosciuto ma in molti mi hanno raccontato delle sfide matematiche che ingaggiava con mio papà”.
”Don Pietro io ho avuto la fortuna di conoscerlo, viveva in solitudine, non aveva nessuno, non so di dov’era. Fumava la pipa ed il toscano, sembra sia proprio questo il motivo per cui la casa è andata in fumo”.. “Qualche anno fa, interessandomi di misteri vari, mi è venuto in testa proprio lui ed ho fatto un’associazione di personaggi. Un’ipotesi un po fantastica ma ci sta perfettamente col mistero e con gli anni che don Pietro aveva”.
”Don Pietro, Pietro Gennaro, era molto colto, una volta Santacroce e Caruso, i due amici maestri delle elementari, per metterlo alla prova prepararono un problema matematico molto complesso, lo presentarono a lui e non appena lo lesse, in pochi secondi, diede loro il risultato. Era solito portarsi tutti i pomeriggi dietro Solaro, c’era una stradina di campagna che portava in alto, una località dove c’era una grande pietra che lui utilizzava come poltrona. Don Petru rimaneva li a meditare per qualche ora con la sua inseparabile pipa”. “A me, che ero incuriosito dal lume che teneva in un bicchiere sopra una sedia e accanto al suo letto, diede spiegazione di come funzionasse. Avrò avuto 5 o 6 anni, ma lo ricordo ancora adesso”.
”Purtroppo è stato quel lume, non la pipa, a provocare l’incendio in cui è morto”. “Infatti, la pipa era quasi sempre spenta”, “sembra di ricordare che fumasse anche il sigaro”. Pietro Gennaro era Ettore Majorana? Non si sa, ci sono delle incongruenze riguardo l’età, don Petru è morto nel gennaio del 1968. Majorana era nato in Sicilia nel 1906. Nella foto don Petru dimostra di essere più anziano. Il mistero è destinato a imperversare ancora per molto, anche a Briatico.

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Giganti, il nuovo libro di Franco Vallone

Terza edizione riveduta, nuovi capitoli e approfondimenti, una copertina giallo fosforescente, cento pagine riccamente illustrate con foto a colori e in bianco e nero, una prefazione di Rocco Cambareri, presentazioni di Giuseppe Braghò e Albert Bagno. Si intitola “Giganti – Cammelli di fuoco, ciucci e cavallucci nella tradizione popolare calabrese” ed è il nuovo libro, appena uscito in libreria, di Franco Vallone. Un percorso antropologico e storico che vede protagonisti i giganti processionali calabresi e i tanti animali da corteo che vengono “abballati” durante i giorni di festa. Jijante, gehante, gehanti, gihanta, giaganti: sono solo alcune delle denominazioni dei giganti nelle diverse aree della Calabria. In alcuni luoghi i due giganti vengono chiamati semplicemente giganti e gigantissa, in altri Mata e Grifone. In un’intervista, all’interno del film documentario I Gigantari, della regista Ella Pugliese, l’antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani, spiega fra l’altro che «i giganti in questa forma non hanno un nome specifico perché in genere i giganti processionali che vengono “ballati” durante le feste dei nostri paesi calabresi vengono chiamati ’u giganti e ’a gigantissa, qualche volta ’u re e ’a regina, comunque, qualsiasi nome abbiano, il riferimento è alla coppia che costituisce i fondatori mitici della città. Sono gli antenati e quindi è come se la comunità facesse un passo indietro, risalisse al momento della sua origine, della sua fondazione, in modo che la vita venisse poi ripotenziata, rivivificata da questo richiamo alle origini. (…)». Il volume inizia partendo da una presentazione delle due alte figure: “Ti svegliano di prima mattina con i loro tamburi. In principio si fanno solo sentire, da lontano, ti comunicano che sono arrivati e che oggi non è un giorno qualsiasi. Poi lentamente si avvicinano e si fanno anche vedere. Oggi è festa, e loro devono aprire il tempo speciale che solo la festa può dare. Sono i giganti, esseri enormi, fantocci grandi, colorati, simulacri arcani, speciali, proprio come il tempo che rappresentano e simboleggiano. Li senti quindi, li senti arrivare in un crescendo del rullare dei tamburi che li accompagnano con il loro ritmo inconfondibile. Arrivano prorompenti spezzando il silenzio della quotidianità e annunciando la festa. Enormi esseri con l’anima d’uomo, immortali nel loro eterno rituale di corteggiamento, sono i simboli dell’amore. Sono i giganti, antichi re dal viso scuro, e bellissime regine dalla carnagione rosea. Poi il racconto prosegue descrivendo la coppia del gigante e della gigantessa che si prepara ad uscire in pubblico; rullano i tamburi. Le due alte e inquietanti figure danzano e si corteggiano. In un rituale antichissimo tracciano, per le strade del paese, un itinerario magico simbolico. La festa è il loro mondo, il ritmo la loro vita, la strada e la piazza il loro preordinato e ritualizzato movimento. I due giganti fanno parte di un’antica tradizione calabrese. L’antropologo Apollo Lumini, in Studi Calabresi, nel 1890, scrive tra l’altro: «per la festa della Madonna di Agosto, vidi già in Monteleone (l’odierna Vibo Valentia) il Gigante e la Gigantessa, ma non so se qui, come in Sicilia, sia per ricordare il re Ruggero vincitore dei Saraceni. Vidi pure un nuovo genere di fuochi artificiali fuori della città, alla Madonneja, nei quali, pupazzi incendiati, figuravano appunto un combattimento tra cristiani e infedeli. Almeno suppongo fosse così, perché tra le grandi risate che se ne fecero, e l’entusiasmo clamoroso del popolino, non mi curai di appurare le cose». Nel volume ci sono tutti i giganti del vibonese, da quelli di San Leo di Briatico a quelli di Porto Salvo, Dasà, Vena Media, Arzona, Joppolo, Mileto, Papaglionti e Cessaniti e non mancano le esperienze più giovani come quelle di Zungri, Vibo Marina, Briatico, Favelloni, Monterosso, San Costantino e Potenzoni di Briatico, Sciconidoni, San Cono, Sciconi… e poi ci sono gli animali da corteo. In Calabria durante le feste di paese vengono utilizzati diversi tipi di fantocci dalle forme animalesche. Colorati animali in cartapesta, stoffa o cartone, si conservano di anno in anno per essere riutilizzati e portati in processione nelle feste. Poi ci sono i simulacri di animali che a fine festeggiamenti vengono incendiati e quelli preparati in modo da funzionare come macchine sceniche esplodenti capaci di produrre giochi pirotecnici di luci, scintille e rumori assordanti. Alcuni di questi animali accompagnano il ballo dei giganti, altri vengono ballati a fine serata per chiudere la festa. Molto spesso nella nostra regione il ballo dei giganti è accompagnato dal ballo del cameju, del ciucciu o del cavaju. Fantocci di cammelli, cavallucci o asini, ma anche d’elefanti, giraffe e dromedari, simbolici animali grotteschi che nel finale delle feste si esibiscono in un pirotecnico ballo di fuoco purificatore.

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Vittorio De Seta …era anche cittadino di Briatico

di Franco Vallone

Vittorio De Seta a Briatico durante la consegna della cittadinanza onoraria
Vittorio De Seta a Briatico durante la consegna della cittadinanza onoraria

Era arrivato a San Costantino di Briatico in un assolato pomeriggio d’estate, accompagnato dal suo fidato amico Giuseppe Candido, intellettuale e suo compaesano di Sellia Marina. Lui, il regista siculocalabrese Vittorio De Seta , il mitico maestro del cinema documentaristico, uomo taciturno, schivo e assai riservato ma con gli occhi sempre vispi, attenti, con uno sguardo aperto a 360 gradi, in quella serata da mito di due anni fa avanzava sicuro con passo veloce, salutava cordialmente e velocemente tutti coloro che erano arrivati fin qui per conoscere lui e il suo sguardo magico, per un autografo, una foto ricordo con il regista. Davvero una serata da mito quella vissuta dal piccolo paese di San Costantino di Briatico. La piazza intitolata al folklorista Raffaele Lombardi Satriani era stracolma di gente con il Maestro seduto in prima fila nell’attesa di ricevere la cittadinanza onoraria del comune di Briatico. Ed in quella bella piazza, tra i relatori sulla pedana e tra gli ospiti della numerosa platea, c’era anche un filo rosso che univa, nel rispetto delle più assolute diversità culturali, di passioni, di lavoro e di percorsi. Tanta cultura si era incontrata quella sera a San Costantino di Briatico sotto un cielo stellato e sotto l’antico palazzo baronale che era, ed è, esso stesso, baluardo della cultura con un vissuto stracarico di personalità forti e generazionali della famiglia Lombardi Satriani che da sempre traccia il territorio, con Alfonso fotografo colto e appassionato, con Nicola, con Raffaele uno dei pionieri della ricerca demologica, ed oggi con l’antropologo Luigi M. Lombardi Satriani.

C’era anche lui, quella sera, a raccontare e relazionare proprio sotto casa, davanti al portone blasonato, sotto finestre e balconi illuminati dalle quali s’intravedono testimonianze di culture passate, libri, icone e stampe antiche, giganti, quadri, sculture, terrecotte e ritratti di avi antichi. In platea tantissima altra bella gente, cultori, studiosi, appassionati di cinema e ricercatori. C’era Teresa Landro del circolo del cinema di Parghelia, il glottologo Michele de Luca, la regista Ella Pugliese, autrice de “I Gigantari” e reduce di un film girato nella lontana Cambogia, c’era il ricercatore Michele Romano, Vera Bilotta del Circolo del Cinema Lanterna Magica di Pizzo e tanti altri, tra studenti universitari, ricercatori e appassionati della Calabria. L’associazione di Volontariato Culturale “Non Mollare” di Pannaconi di Cessaniti assieme al Comune di Briatico, con la collaborazione de “Le Stanze della Luna” di Vibo Valentia, dell’Associazione “Eleutheria” di San Costantino di Briatico e del Centro Servizi per il Volontariato di Vibo Valentia, sono riusciti ad organizzare e concretizzare, quella sera, davvero un importante evento culturale che aveva come traccia “Il Mondo Perduto”, un omaggio al regista cinematografico, al Maestro De Seta. A presentare quella serata la giornalista Rita Taverna, a  porgere i saluti Francesco De Nisi, Presidente della Provincia di Vibo Valentia; l’allora sindaco di Briatico con l’Assessore alla Cultura, Agostino Vallone, il vice presidente dell’Associazione Eleutheria e il sindaco junior Maria Joel Conocchiella; Tra gli interventi quello dell’antropologo Luigi M. Lombardi Satriani, dello stesso De Seta, della regista Ella Pugliese; dell’ex assessore al turismo della Provincia di Vibo Valentia, Lidio Vallone e di Giuseppe Candido e Filippo Curtosi. Nel corso della serata erano stati proiettati in piazza alcuni documentari di Vittorio De Seta, a cura di Giuseppe Imineo, l’ultimo cinematografaro itinerante della Calabria, arrivato a San Costantino con il suo vecchio furgone sgangherato ma attrezzato di tutto punto per proiettare sul telo bianco steso al vento e alle stelle delle notti estive calabresi, un furgone con tanto di trombe amplificate montate sul tettuccio che servivano per richiamare la gente in piazza, per amplificare l’audio delle proiezioni e per pubblicizzare ancora una volta il film in programma: “stasera in piazza proietteremo “il Mondo Perduto”, una bella raccolta di film del grande Vittorio De Seta”.

 

Vittorio De Seta e Luigi Maria Lombardi Satriani a Briatico durante la proiezione dei documentari de "Il Mondo perduto"
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La comicità di Massimo & Francesco, operatori ecologici di Briatico

Persone e personaggi

di Franco Vallone

Massimo e Francesco
Massimo & Francesco

Briatico – Massimo e Francesco sono quasi sempre assieme, amici, colleghi di lavoro e compagni di tante simpatiche performance artistiche. di Briatico, classe 1972, e Francesco Bianco di Conidoni di Briatico, nato nel 1976, sono due simpatici operatori ecologici che lavorano in paese. Si alzano prestissimo, lavorano sodo quando tutti gli altri ancora dormono, poi, nel tempo libero della loro giornata, si trasformano come in una metamorfosi e diventano una simpatica coppia di artisti comici con tante idee cabarettistiche da realizzare, con battute da provare e riprovare, con scene da sperimentare e videoclip da girare e pubblicare. Massimo Limardo i nostri lettori lo conoscono già, lo ricorderanno per il ritrovamento di una cassaforte chiusa, abbandonata per le strade di Briatico, per un grosso blocco di ghiaccio arrivato dal cielo e caduto pesantemente a pochi centimetri dalla sua testa, e forse anche per il recente ritrovamento di una grossa tartaruga lacustre della specie “orecchie gialle”, buttata viva tra l’immondizia in un cassonetto di Briatico, recuperata e salvata proprio da Limardo dalle lame del trituratore della nettezza urbana. Il giovane Massimo Limardo ha anche partecipato, con i noti cabarettisti Rino e Giulio, su Telespazio Calabria, ad alcune trasmissioni televisive di successo e, da qualche tempo, si presta a fantasiosi e originali travestimenti durante le feste di Natale e di Carnevale e poi… i suoi sketches imperversano sui canali televisivi della rete e su YouTube come anche quelli del poliedrico collega Francesco Bianco definito da tempo il “Tenore di Conidoni”, ma anche “Latino Dance” e “’Uomo tromba” che, da buon imitatore, riesce a simulare alla perfezione la musica di strumenti a fiato, trombe, trombette e tromboni, che si materializzano magicamente, riuscendo a suonare interi brani del repertorio nazionale ed internazionale. Massimo & Francesco, assieme, hanno prodotto recentemente alcuni video particolarmente comici, irriverenti, esilaranti come la “tarantallata attorno agli ingombranti”, un modo utile, questo, oltre che a divertire, anche a sensibilizzare, socialmente ed ecologicamente, la gente.

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“Noli me tangere” il nuovo libro di Francesco Deodato

a cura di Franco Vallone

Copertina del volume "Noli me tangere" di Francesco Deodato

Dopo il successo editoriale di Maria Maddalena non ha casa in Vaticano, Francesco Deodato presenta ai suoi lettori un altro affascinante viaggio nel profondo della storia dal titolo Noli me tangere, non mi toccare. Un prezioso contenitore, 184 pagine di memorie che viaggiano nel tempo da duemila anni, un voler ripercorrere quello che il tramandare religioso ha, con i testi delle sacre scritture, dei Vangeli canonici e delle altre fonti storiche ufficiali, ma anche per per tradizione orale, inculcato, senza possibilità di replica, per generazioni e generazioni. Per come si fa leggere, Noli me tangere è racconto fluido, pieno di reali elementi di riferimento storico e continui inviti all’approfondimento delle tante tracce carpite all’oblio del tempo e lanciate nel futuro della ricerca documentaria. La scrittura, il testo, il senso del raccontare, evidenzia l’inedito sguardo di Deodato. Uno sguardo colto e appassionato che effettua letture della e nella storia, non dall’alto ma da un punto di osservazione multiplo che si immerge da più dimensioni, direttamente nel contesto storico. Un’azione di critica culturale, d’immersione e approfondimento, attuata non per distruggere, ma per costruire, appuntare e annotare accanto, in rosso, altre possibili identità, altre verità che non debbono ritenersi in assoluto le “uniche verità”. Quello che scaturisce da questa ricerca sono ipotesi, proposte di visione delle cose, tesi, possibilità. Una vera e propria sana democrazia della lettura del dato storico, dell’elemento documentario e religioso che fa, perlomeno, riflettere. Riflessione che mai come in questo caso è elemento necessario per una seria rilettura del passato troppe volte raccontato e tramandato ad uso e consumo di una “realtà-comodità” precostituita e preconfezionata. L’autore, nella fase di ricerca, ha cercato di leggere, in modo interpretativo, alcuni passaggi dei Vangeli canonici e di quelli gnostici. Poi Francesco Deodato ha riportato le affermazioni al pensiero del tempo ed alle cronologie del periodo storico, traslandole in quella storia millenaria della Chiesa e collocandole infine nella realtà attuale. Un lavoro lungo svolto molte volte direttamente sul campo, in loco per poter vedere e toccare, per non lasciare fuori possibili interpretazioni simboliche, metaforiche e di tipo semantico che ancora oggi gli antichi reperti si portano addosso. Francesco Deodato in Noli me tangere parte da molto lontano, dalle origini. Pone, e si pone, domande continue per tracciare una sorta di mappa delle incongruenze, del detto non detto, delle mezze verità e di tutto ciò che altri fonti storiche riportano in modo approssimativo e superficiale. Una storia di civiltà, ma prima di tutto una storia di fede, di religione e religiosità, di credenza interpretata dal popolare, di religioni che si avvicinano e si allontanano continuamente, con scambi, diramazioni, intersecazioni di fatti, persone e personaggi, luoghi e tempi, momenti e accadimenti. Alla fine trapelano anche tanti dubbi e possibilità, e non sempre tutte le domande trovano una risposta. Il dato storico che viene raccolto e raccontato, scritto o trascritto, contiene verità dubbiose, forse non vere o influenzate, visioni di parte o di comodo, invenzioni, cancellature, a volte eliminazioni di elementi politicamente scomodi in un dato momento della storia sociale e dell’uomo. Storie che si ribaltano con il cambiamento dei tempi, delle politiche e dei personaggi che nel tempo si sono succeduti nella Chiesa. Deodato cerca di risolcare queste orme, le tracce e i binari del tempo, ripercorre personalmente gli itinerari spirituali e storici dei cosiddetti luoghi dell’anima, per “sentire”, ancora una volta, i suoni antichi, lo schiocco dei colpi di frusta, le grida, le preghiere, le passioni, i misteri templari e i rintocchi di campane medievali, per percepire una sorta di essenza antica rimasta memorizzata sui luoghi, tra quelle pietre sotto la croce da cui traspaiono, ancora oggi, le ombre che il fatto storico ha lasciato indelebili. Qumran, Mar Morto, Gerusalemme, Nazareth, Rennes le Chateau, Roma, Parigi… dalla Palestina alla Francia, dal Libano a Israele, dall’India all’Italia, tanti i riferimenti di luoghi da ripercorrere per respirare storia, la traccia di vita che è riuscita ad arrivare all’oggi e le mille fascinose storie non ancora completamente svelate. Luoghi e tempi ancora intrisi di sangue, di mistero, di passione e, prima di tutto, della tanta umanità che ci ha preceduto.

 

SCHEDA VOLUME

Francesco Deodato, Noli me tangere, Edizioni Adhoc – Vibo Valentia, 2011, Euro 15.00, pagine 184

 

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Giornata della Memoria a Briatico

di Franco Vallone

Per il Il 4 febbraio

Una giornata dedicata al ricordo della Shoah, un’occasione per celebrare il Giorno della Memoria (27 gennaio), anniversario dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, che si commemora ogni anno, un appuntamento fisso per tutti coloro che non intendono dimenticare la grande tragedia del secolo scorso. Quest’anno anche l’‘Amministrazione Comunale di Briatico ha organizzato, per venerdì 4 febbraio e presso l’aula magna del Centro di Formazione Professionale Anap Calabria, una interessante iniziativa celebrativa che non vuole avere soltanto una valenza di tipo commemorativo ma che, nei suoi intendimenti, vuole rileggere profondamente un periodo così tragico della storia e del passato. Il titolo scelto per il convegno di Briatico è : “Giornata della memoria, per non dimenticare”. L’evento storico culturale prevede la presenza di numerose autorità civili e religiose, tra gli altri sono attesi il vescovo della diocesi, mons. Luigi Renzo; il prefetto di Vibo Valentia, Luisa Latella; il questore di Vibo Valentia; il presidente dell’Amministrazione Provinciale Francesco De Nisi; il sindaco di Briatico, Francesco Prestia; di Tropea Adolfo Repice; di Parghelia, Maria Brosio; di Zambrone, Pasquale Landro; di Cessaniti, Nicola Altieri; il presidente del Consiglio del Nucleo Industriale di Vibo Valentia, Pippo Bonanno; il consigliere provinciale, Gianfranco La Torre e il senatore Francesco Bevilacqua. L’appuntamento è per le ore 9,30 con il saluto delle autorità presenti, alle ore 10.15 è invece prevista l’apertura ufficiale dei lavori del convegno da parte del presidente del Consiglio Comunale di Briatico, Carlo Staropoli e, a seguire, gli interventi dell’antropologo Luigi M. Lombardi Satriani; di Giancarlo Mancini, docente di storia della medicina presso l’Università di Tor Vergata; di Galileo Violini, docente presso l’Università della Calabria e delegato dal rettore per i rapporti internazionali; di Alessandro Gaudio, docente di letteratura italiana presso l’Unical; del consigliere regionale Alfonsino Grillo e dell’assessore Regionale alla Cultura, Mario Caligiuri. A moderare i lavori il docente di storia e filosofia, Tommaso Fiamingo. Durante la giornata, sempre nei locali dell’Anap Calabria, verrà allestita una mostra di arti visive degli allievi del Liceo Artistico di Vibo Valentia, coordinati dal docente Giancarlo Staropoli.

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Nel 150° dell’Italia Unita … il nuovo numero di ALM per un buon 2011

Care amiche e cari amici di Abolire la miseria della Calabria,

a nome della redazione auguro a tutti voi, nel 150° dell’Italia Unita, un felice 2011 ricco di cultura e culturalmente ricco. E lo faccio con il nuovo numero. Ancora una volta in “copia omaggio” grazie anche al contributo della Provincia di Catanzaro offerto all’associazione di volontariato culturale Non Mollare e da noi interamente dedicato all’Unità d’Italia ed al ruolo che per essa ebbe il Mezzogiorno d’Italia e la Calabria in particolare. A breve pubblicheremo anche l’inserto speciale. Intanto buona lettura a tutti con “otto pagine di cultura” ed AUGURI!

Uno speciale ringraziamento al Presidente Napolitano che dà ascolto ai giovani e che, lo scorso 8 giugno 2010 con nota ufficiale del Segretario Generale Pasquale Cascella (Prot. SGPR del 11/06/2010 n°0062663 P), nel renderci nota la possibilità di utilizzare il testo dell’Intervento del Presidente tenuto all’Accademia Nazionale dei Lincei, ci ha ufficialmente <<Rappresentato i sensi della considerazione del Presidente Giorgio Napolitano per l’iniziativa di dedicare un numero del periodico “Abolire la miseria della Calabria” al tema del Mezzogiorno nel centocinquantenario dell’Unità d’Italia>>. Ovviamente siamo orgogliosi di tutto ciò e, nello stesso tempo, increduli e lusingati di questo riconoscimento. Grazie davvero Presidente Napolitano, garante della nostra costituzione, e un augurio per un buon 2011 con meno suicidi nelle carceri.

Leggi il nuovo numero direttamente on line

oppure scarica il pdf da questo link
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Lamezia Terme – Affrontate le problematiche e le potenzialità dell’export agroalimentare della Calabria

di Franco Vallone

Nel corso del convegno sulle tematiche del commercio estero delle imprese agroalimentari della Calabria, che si è svolto Giovedì scorso presso la sala conferenze dell’Unioncamere di Lamezia Terme, sono stati evidenziati i punti critici delle tante aziende calabresi che si affacciano al mercato internazionale con i loro prodotti. Nel corso dei lavori è stata ribadita la necessità di aggregazione, anche sotto forma di consorzi tematici, al fine di orientare e di incanalare organicamente le potenzialità di ognuno, in una forza competitiva che dia risposta alla prorompente azione di Paesi esteri del Mediterraneo e asiatici che sempre più cercano di contrastare le tipicità italiane, e quelle calabresi in particolare, puntando su una politica di abbassamento dei prezzi a discapito della qualità e creando una pericolosa confusione dei consumatori dei Paesi esteri. La presentazione del volume curato, da Luigi Sisi, con la collaborazione di Ernesto Perri, Cosimo Cuomo, Giuseppe Critelli, e Giovambattista Nicoletti, ha registrato un grande successo di pubblico, esperti e responsabili del settore che hanno avuto modo di approfondire l’interessante tematica economica. Patrocinata dall’Assessorato all’Agricoltura della Provincia di Vibo Valentia, dalla Regione Calabria, dal Ministero dello Sviluppo Economico, dall’Unioncamere, da Cia e Ice della Calabria, il convegno ha ospitato, tra l’altro, gli interventi del presidente di Unioncamere Calabria, Fortunato Roberto Salerno, di Ernesto Perri, del Ministero, dell’assessore provinciale di Vibo Valentia Nazzareno Fiorillo, del consigliere regionale Alfonsino Grillo, di Domenico Neri e Giovambattista Nicoletti dell’Ice Calabria e di Giuseppe Critelli dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Grande soddisfazione per l’ottima riuscita dell’evento è stata espressa da Luigi Sisi, organizzatore del convegno e curatore del volume.

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Il ritorno a Tropea dell’attrice Claudia G. Moretti

Da “Un posto al sole” a un posto al mare

di Franco Vallone

Claudia G. Moretti
Claudia G. Moretti

Claudia ritorna. Claudia ogni anno arriva in Calabria per presentare il Tropea Film Festival al porto della Perla del Tirreno ed anche per incontrare tutti i colori cangianti del suo splendido mare. La Claudia in questione è Claudia G. Moretti, l’attrice caratterizzata dalla G puntata, la Claudia altissima che, anche se si mette addosso la prima cosa che trova, è sempre elegante e sensuale, perché semplicemente raffinata nei gesti, nelle movenze, nelle parole. Da anni arriva puntualmente a Tropea dove è già stata definita “la vera Principessa delle serate tropeane”, anche se su Facebook è denominata “una delle donne più affascinanti di Bologna”. Ma, in fondo, sono definizioni riduttive, in realtà lei, da anni, è principessa di piccolo e grande schermo e delle tavole di palcoscenico di tanti teatri, in Italia e all’estero. Poi Claudia con la G puntata, dopo il teatro, dopo i set televisivi e cinematografici, ritorna al suo rituale appuntamento calabrese, in quel porto di Tropea illuminato di notte, fascinoso e affascinante, che ama e che la ama.

Il Tropea Film Festival, giunto oggi alla sua quarta edizione, la vede anche quest’anno, salire e risalire ogni sera sul palco, con il suo compagno di scena Jeff Bifano, ombra allungata nella magica luce dei film proiettati sul grande schermo steso sopra il mare. Ed è in questa speciale location la principessa Claudia G. Moretti diventa, ancora una volta, attrice di uno specchio che presenta, di se stessa che introduce amici di cinema, brevi trailer e proiezioni complete di film, fotogrammi di luce, colori mossi dalla brezza tropeana. Diplomata alla Scuola Teatro Colli dell’Emilia Romagna, Claudia G. Moretti è da oltre dieci anni un’attrice impegnata nel campo cinematografico, televisivo e, in particolare, nel settore teatrale. Sin dal 1996 ha fatto numerose esperienze in campo teatrale, nel settore cinematografico ha partecipato a numerosi film e corti, tra gli altri ricordiamo la “Canarina assassinata” con la regia di D. Cascella, “Eutanathos”, “Ciao America”, “Le voyage organisé”, “Il Segreto del successo”, “…e se domani”, “Niente di personale”, “Ciro c’era”… Tra le sue esperienze televisive il pubblico del piccolo schermo ha avuto modo di apprezzarla in tanti episodi di “Casa Vinello”, nelle edizioni dal 2000 al 2006, e poi la fiction “Gente di mare” e “Un posto al sole”, “Distretto di Polizia 9” nel ruolo del Commissario Airolfi e ha avuto il ruolo di protagonista principale nel film “Garbage” del regista Enrico Muzzi. Una interpretazione, questa recente in Garbage, che merita di essere assolutamente vista e rivista, più volte. Andatelo a cercare questo film, nella rete internet, in YouTube, nelle sale cinematografiche di circuito, merita davvero tanto. “Garbage” è un film cortometraggio per scelta di regia volutamente e assolutamente trash. Un lavoro low budget girato in cinque giorni che vuole giocare e ironizzare sui cliché e sugli stereotipi di un certo tipo di film. Sono varie le contaminazioni filmiche, le influenze e le citazioni che si possono cogliere in “Garbage” e non sono solo prettamente cinematografiche. E’ un progetto di “rottura” nato dalla necessità di voler fare qualcosa di nuovo a partire da qualcosa di già esistente e soprattutto dal bisogno di tagliare corto con film troppo spesso “buonisti” e pretenziosi, dai soliti corti a sfondo sociale e umanitario; insomma … da quei pacchetti preconfezionati per vincere i festival. Ritornando all’interprete principale, alla Claudia G. Moretti di Bologna, Roma, Tropea, c’è da dire che da quando frequenta la Perla del Tirreno ha iniziato a conoscere qualche parola di dialetto calabrese, anche se parla correttamente, sulla scena e nella vita, lo spagnolo, l’inglese, il francese…ed anche l’italiano.

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