Archivi tag: Stati uniti d’Europa

UN ATLANTICO TROPPO LARGO

di Angiolo Bandinelli (*)

pubblicato di L’Opinione, 2 giugno 2017

Il Tevere più largo” è il titolo, celebre, di un libro di Giovanni Spadolini (Longanesi, 1970) in cui lo storico, ma   anche ministro e Presidente del  Consiglio  (nonché Presidente della Repubblica ad interim) rileggeva  i complessi  rapporti intercorsi  tra Vaticano e Stato italiano dalla breccia di Porta  Pia ai nostri giorni, o quasi.  Non so se le sue analisi, i suoi giudizi ed interpretazioni di quei  temi sarebbero ancora validi; la formula giornalistica torna  però di attualità in una diversa,  già famosa   versione: “L’Atlantico più largo”.   Continua la lettura di UN ATLANTICO TROPPO LARGO

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Ero in carcere e siete venuti a trovarmi…

di Valter Vecellio

Pubblicato su il Dubbio il 25/03/17

Viene accolto, quel Papa venuto “da quasi la fine del mondo”, al suono
di piatti e stoviglie di metallo, battono le posate su pentole e coperchi.
Di solito, in carcere, la “battitura” è il segno se non di una rivolta, di
un fermento, una protesta, un malcontento che serpeggia. Continua la lettura di Ero in carcere e siete venuti a trovarmi…

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Ciao Marco, sei mesi fa te ne andavi lasciando amore, amore amore

di Giuseppe Candido

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Sei mesi fa, Marco Pannella c’ha lasciati. Il mio ricordo va subito a due anni fa, quando – il 22 novembre 2014veniva a Catanzaro per presentare il mio libro La peste ecologica e il caso Calabria per il quale, per i temi in esso trattati, con l’aiuto di Rita Bernardini, mi aveva scritto l’introduzione. Fu l’ultima volta che Marco venne in Calabria.  Continua la lettura di Ciao Marco, sei mesi fa te ne andavi lasciando amore, amore amore

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#MATRIXITALIA il mistero della #finanza pubblica. Mario Baldassarri ai @Radicali

SUL COSTO ECONOMICO-SOCIALE DELLA CORRUZIONE, DELL’EVASIONE FISCALE … e SUL DEF DI RENZI PADOAN 

Ragazzi, BASTA! …a chi sguazza nei 45-50 miliardi all’anno di sprechi e ruberie di spesa pubblica e dentro i 100 miliardi di evasione. Una congregazione trasversale di due milioni di persone ha pesato molto di più degli altri cinquantaquattro-cinquantasei milioni di cittadini.


Già vice ministro dell’Economia e delle Finanze Mario Baldassarri è intervenuto lo scorso 18 aprile al comitato nazionale di Radicali Italiani e, come Orpheus ha parlato di “mistero della finanza pubblica italiana” e di tante altre cosucce come 25 miliardi di euro l’anno spesi in ruberie di cui 17 distribuiti dalle regioni e in cui c’è dentro di tutto. Persino le sagre del maiale. Mentre la gente continua ad essere tartassata nel letterale senso della parola. Siccome tra i risparmi possibili si potrebbe sicuramente trovarne un paio all’anno per la scuola pubblica che langue pure la carta (e ne basterebbe uno solo e una tantum per assumere tutti i precari), pubblichiamo anche noi questo lodevole oltreché #Radicale intervento.

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Beppe Grillo, l’inaccettabile alleanza con Nigel Farage e l’Italia della tortura

Sarebbe giusto che, in nome della propria indipendenza, una singola nazione possa violare i diritti umani?

Sarebbe migliore un’Europa dove non ci fossero leggi e giurisdizioni sovranazionali che, indipendentemente dalle volontà degli Stati nazionali, facciano rispettare ai singoli Stati quei diritti umani sanciti e da loro sottoscritti nelle Convenzioni internazionali?

di Giuseppe Candido

In pratica: sarebbe migliore un’Europa della Patrie Nazionali (e magari dei nuovi nazionalismi) o, invece, sarebbe necessario completare la costruzione di una Patria europea dei cittadini?

Credo sia questa la vera domanda che dovremmo porci.

#ComicoNazionalista
il #Comico e il #Nazionalista

Dalle politiche del 2013 alle europee dello scorso 25 maggio il M5S ha perso ben 2milioni e 800mila voti, passando dal 25 al 21% circa, per colpa – più che di errori – di veri e propri orrori di comunicazione come quelli sulle liste di proscrizione dei giornalisti, sui processi in rete da fare alle diverse caste e agli slogan del tipo “siamo oltre Hitler” associati ai persistenti, quanto inconcludenti, #vinciamonoi.

Non curante di tutto ciò e senza averlo minimamente preannunciato né in campagna elettorale né sulla rete, il Grillo nazionale pensa adesso di fare gruppo a Bruxelles con Nigel Farage, leader britannico dell’UKIP, che è il partito per l’Indipendenza del Regno Unito.

Le alleanze al Parlamento europeo sono necessarie perché, senza appartenere ad un gruppo, con soli 17 parlamentari, non solo è difficile se non impossibile avere tempo di parola, ma diventa difficile organizzare qualunque attività politica.

Dal suo blog, per spiegare a iscritti e simpatizzanti (tra cui finora, purtroppo, mi annovero pure io) l’adesione all’EFD (Europe of Freedom and Democracy), il Grillo nazionale motiva la sua scelta – tra l’altro non ancora accettata ufficialmente dagli iscritti con votazione in rete – scrivendo che, in nome di una non meglio definita “politica di libertà del voto”, – “a differenza dei Verdi e di molti altri gruppi del Parlamento europeo, il gruppo EFD permette alle delegazioni nazionali di votare come ritengono opportuno secondo la propria ideologia, preferenze politiche e di interesse nazionale.

Voto libero in nome del proprio interesse nazionale. E, in quest’ottica, l’adesione al gruppo, per Beppe Grillo, è solo “un matrimonio di convenienza per il reciproco vantaggio”.

Una furberia?

Il gruppo” – tuona l’ex comico dal suo blog sotto tanto di foto che lo ritrae sorridente con Farage – “è aperto ai deputati che credono in una Europa della Libertà e della Democrazia e che riconoscono la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti umani e la democrazia parlamentare”.

Poi snocciola il programma che il gruppo dell’EFD sottoscrive congiuntamente: al primo punto c’è la “Libertà e cooperazione tra le persone di Stati diversi”. Il secondo punto, in pratica, è uno slogan: “Più democrazia e il rispetto della volontà popolare”. Populista?

Ma l’idea più esilarante, davvero comica se non fosse anche pericolosa, é quella rubricata alla voce: “Rispetto per la storia d’Europa , delle tradizioni e dei valori culturali. Popoli e nazioni d’Europa” – si aggiunge – “hanno il diritto di proteggere i propri confini e rafforzare i propri valori storici, tradizionali, religiosi e culturali”.

Come se gli orrori del Secolo trascorso non fossero mai avvenuti e come se non fossero stati causati proprio da quei nazionalismi ideologicamente sostenuti dai concetti di identità culturali, identità nazionali e tradizioni culturali.

Per fortuna, il 3° punto del programma si conclude, quasi un po’ a giustificare la precedente, con la seguente frase: il Gruppo rifiuta la xenofobia, l’antisemitismo e qualsiasi altra forma di discriminazione.

Al 4° punto il “Rispetto delle differenze e degli interessi nazionali: libertà di voto”.

Grillo conclude la descrizione dell’EFD scrivendo che, “accettando di far propri questi principi nei suoi procedimenti, il Gruppo rispetta la libertà delle sue delegazioni e deputati di votare come meglio credono”.

E per tranquillizzare gli animi di chi ricorda la Storia, Grillo specifica che “l’UKIP” – il partito di Nigel Farage – “è contro la guerra” e che “si è opposto all’intervento militare dell’UE e del Regno Unito in Iraq, Afghanistan, Libia e Siria”.

Ma è giusto non intervenire se i diritti umani vengono violati? Sicuramente non tutte le guerre hanno avuto il fine di salvaguardare diritti umani, anzi. Ma sostenere il principio di non intervento è altrettanto assurdo perché significherebbe ammettere la violazione dei diritti umani in nome proprio dell’indipendenza nazionale.

Poi una lista di motivazioni convincere la rete che il M5S farà bene ad allearsi con il partito più indipendentista d’Europa:

“L’UKIP è un’organizzazione democratica, deputati che infrangono la legge o mettono in imbarazzo il partito possono essere espulsi, (Farage, ndr) non è mai stato un banchiere e non ha nulla a che fare con le banche o servizi finanziari, UKIP si oppone alla dominazione tedesca e al controllo della Troika, Farage è contro la dominazione tedesca dell’Europa attraverso il suo potere politico ed economico”.

E se non bastasse: l‘appartenenza al gruppo EFD consente al MoVimento 5 Stelle di perseguire una propria politica distinta per l’energia, UKIP sostiene la democrazia diretta e si oppone all’Euro.

Insomma, a leggere il Beppe Nazionale, sembrerebbe naturale, quasi scontato, che un Movimento come quello da lui fondato si allei con il Partito per l’indipendenza del Regno Unito.

Prop4Altro che Europa dei cittadini e altro che patria europea: quello che si propone è un’alleanza col partito dell’indipendenza.

Per Nigel Farage, il cui partito ha avuto eletti 24 eurodeputati, se l’accordo con Beppe Grillo funzionasse, “sarebbe magnifico vedere un rigonfiamento nei ranghi dell’Esercito Popolare”.

E aggiunge: “Se possiamo trovare un accordo, potremmo avere divertimento causando un sacco di guai per Bruxelles”.

Divertirsi causando un sacco di guai a Bruxelles? Possiamo quindi stare tranquilli?

Siamo sicuri che sia tutto così tranquillo, pacifico e divertente con un po’ di libertà di voto – a condire il tutto – sulla base di interessi nazionali?

Personalmente ho provato un po’ di paura; un comico e un teorico delle indipendenze nazionali che si accordano per un “matrimonio di vantaggio”.

Dopo averlo votato alle europee credo di percepire, ahi me in ritardo, le stesse sensazioni che, forse, avranno provato quei 2 milioni e 800 mila cittadini suoi elettori alle politiche ma che, per le sue scorribande elettorali a colpi di #vinciamonoi, hanno deciso di non rivotarlo alle europee. Ci sono arrivato in ritardo.

In pratica, anche Grillo pone al centro del suo ragionamento il “principio della libertà”.

Principio secondo cui l’uomo non può essere un mero strumento, ma un autonomo centro di vita e la sua Nazione il luogo dove radicarsi. Detta così chi non sarebbe d’accordo? Libertà di voto e indipendenza da qualunque visione concordata, dunque ognuno secondo i propri interessi nazionali, quando non di partito.

L’indipendenza nazionale e l’Europa della patrie

Altiero Spinelli
Altiero Spinelli, Roma 1908-1986

Bisognerebbe però ricordare che l’idea di un eguale diritto di tutte le nazioni ad organizzarsi in Stati sovrani indipendenti, se da un lato è stata, in momenti specifici della storia, “lievito di progresso” che ha permesso di “estendere alle popolazioni più arretrate le istituzioni e gli ordinamenti delle popolazioni più civili, essa portava però in sé i germi dell’imperialismo capitalista che la generazione passata ha visto ingigantire sino alla formazione degli Stati totalitari e allo scatenarsi delle guerre mondiali”.

Altiero spinelli ed Ernesto Rossi – con il loro manifesto di Ventotene scritto durante il confino nel 1941 – ci ricordano ancora oggi che “la crisi della civiltà moderna” cominciò proprio così.

Fu così infatti che,

“La nazione non era più considerata come lo storico prodotto della convivenza di uomini”, ma presto divenne invece “un’entità divina”, “un organismo” che doveva “pensare alla propria esistenza e al proprio sviluppo, senza in alcun modo curarsi del danno che gli altri potevano risentire”.

E per questo scrivevano che “lo Stato, da tutelatore della libertà dei cittadini” si era trasformato in “padrone di sudditi”.

Anche oggi come allora – magari con l’aiuto della rete ad amplificare le idee del capo – si vorrebbe affermare “l’eguale diritto di tutti i cittadini alla formazione della volontà dello Stato” mettendo pericolosamente in discussione, ancora una volta, la democrazia parlamentare della rappresentanza.

La Resistenza italiana
La Resistenza italiana di Renato Guttuso

Nell’ottica dell’indipendenze nazionali, è ovvio che uno Stato tanto più sarà uno Stato forte quanto più avrà voglia di espandersi, di consumare territorio vitale e risorse ambientali, senza curarsi del danno arrecato agli altri Stati e alla comunità della specie umana.

Oggi invece abbiamo Nigel Farage e Beppe Grillo che, anche a colpa di una Europa federale mai realizzata, inneggiano alle indipendenze nazionali. Dall’altro lato Jean Marie Le Pen con Matteo Salvini.

Bisognerebbe rileggerlo attentamente quel manifesto di Ventotene. Anche oggi possiamo dire che “il potere si consegue e si mantiene non semplicemente con la furberia, ma con la capacità di rispondere in modo organico è vitale alla necessità delle società moderna”.

Dovremmo convincerci che il vero problema dell’Europa rimane ancora “la definitiva abolizione della sua divisione in Stati nazionali sovrani”.

È stata realizzata la comunità economica, abbiamo una moneta unica, abbiamo trattati e patti fiscali, ma non abbiamo ancora realizzato il sogno federalista degli stati uniti d’Europa: un’Europa dei cittadini, con un esercito comune, una politica estera comune e, magari, un presidente eletto che possa nominare dei ministri con competenze concrete. E con diritti umani inviolabili comuni.

ernesto rossi
Ernesto Rossi, Caserta 1897 – Roma 1986

Nel 1941 Ernesto Rossi e Altiero Spinelli notavano come già fosse “dimostrata l’inutilità, anzi la dannosità di organismi sul tipo della Società delle Nazioni (cui pure Grillo evoca oggi quando parla di tutele di diritti umani e di ambiente) che pretendeva di garantire un diritto internazionale senza però avere una forza militare capace di imporre le sue decisioni e rispettando la sovranità assoluta degli Stati partecipanti. Assurdo è risultato” – scrivono ancora nel manifesto per un’Europa libera e unita – “il principio del non intervento, secondo il quale ogni popolo dovrebbe essere lasciato libero di darsi il governo dispotico che meglio crede, quasi che la costituzione interna di ogni singolo Stato non costituisse un interesse vitale per tutti gli altri paesi europei”.

Sì, credo che dovremmo proprio rileggerlo attentamente quel manifesto di Ventotene. Un documento che deve essere conosciuto soprattutto a chi si vuole occupare di Europa.

La federazione europea anche oggi sarebbe

L’ “Unica concepibile garanzia che i rapporti con i popoli asiatici e americani si possono svolgere su una base di pacifica cooperazione in attesa di un più lontano avvenire in cui – scrivevano già nel 41 Rossi e Spinelli – diventi impossibile l’unità politica dell’intero globo”.

Altiero Spinelli
Palazzo Altiero Spinelli, sede del Parlamento europeo a Bruxelles

Problemi come quelli ambientali, problemi come quelli del lavoro, dell’immigrazione non possono certo essere affrontati dai singoli Stati nazionali, indipendentemente da interessi comuni alla specie umana, neanche solo all’Europa. Mentre Gaia, il nostro martoriato pianeta, avrebbe bisogno di soluzioni globali, Beppe nazionale si allea con Nigel Farage e il partito dell’indipendenza del Regno Unito. Comico, per non dire tragico.

Credo che anche oggi,

La linea di divisione fra partiti progressisti e partiti reazionari cade non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale” – non certo oggi nuovissima – “linea che separa quelli che concepiscono come fine essenziale della lotta quello antico cioè la conquista del potere politico nazionale – e che faranno, sia pure involontariamente, il gioco delle forze reazionarie lasciando solidificare la lava incandescente delle passioni popolari nel vecchio stampo, e risorgere le vecchie assurdità – e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopereranno in primissima linea come strumento per realizzare l’unità internazionale”.

Personalmente sono fermamente convinto che ancora sia così.

Possiamo pensare di governare fenomeni come i cambiamenti climatici e disastri ambientali globali con l’indipendenza nazionale? Con il diritto di ciascun popolo a fare come meglio crede in materia di diritti umani come vivere in un ambiente salubre?

Di cosa parliamo quando, nel presentare programma dell’EFD, Grillo scrive che, “accettando di far propri i principi di indipendenza nazionale, nei suoi procedimenti, il Gruppo rispetta la libertà delle sue delegazioni e deputati di votare come meglio credono”.

L’assenza di una visione di gruppo, di un’idea comune, è sicuramente limitante.

Come possiamo occuparci di immigrazione e di flussi migratori? Con le indipendenze nazionali che neanche il Dalai Lama chiede più per il Tibet?

Pannella, i Radicali e lo scontro tra Stato di Diritto, Diritti Umani e la Ragion di Stato in Italia
Pannella, i Radicali e lo scontro tra Stato di Diritto, Diritti Umani e la Ragion di Stato in Italia

Anche oggi servirebbe portare a compimento quegli Stati uniti d’Europa immaginati da Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, perché ancor oggi necessari – insieme agli stati uniti di Cina e Africa – “alla costruzione di un organismo mondiale” delle democrazie che superi, appunto, il concetto di diritto di veto e del principio di “non intervento”, quando diritti umani considerati inviolabili vengono invece violati proprio dagli Stati nazionali.

Vorrei ricordare a Beppe Grillo, si volesse occupare davvero di diritti umani, quanto diceva sant’Agostino: I regimi politici non rispettano la legge che si sono dati e diventano magna latrocinia.

L’Italia, anche grazie all’indifferenza del Movimento 5 Stelle e del populismo dei suoi leader, continua a rimanere un Paese canaglia, pregiudicato da trent’anni davanti alla Cote Europea, per violazione dei Diritti Umani sanciti nella convenzione e nella nostra stessa Carta costituzionale. Un Paese in cui il ladrocinio del diritto è diventato una prassi.

Come evidenziato nel dossier presentato dai Radicali, le carceri continuano a restare inumane e degradanti, per la mancanza di forze politiche rispettose del messaggio inviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e delle numerose sentenze pendenti per la procedura di condanna pilota avviata con la sentenza Torregiani e altri.

Lo scorso 28 maggio è scaduto l’out-out datoci dall’Europa per metterci in regola. Ma noi siamo oltre Hitler. Cosa vuoi che sia una condanna per tortura?

L’Italia non si accorge delle sue Shoah. In questo paese si continuano a massacrare leggi, si continuano a violare diritti umani inviolabili, e non si smette neanche quando tutto ciò viene sottolineato direttamente dal Presidente della Repubblica come obbligo giuridico. Non come un qualunque dovere morale, ma come un obbligo giuridico.

Da militante del Partito Radicale Nonviolento, devo confessarlo, ho avuto un po’ di simpatie non tanto per il Beppe nazionale, ma per i cittadini del movimento perché volevo – in qualche modo – dare un voto utile ad abolire la casta, un voto contro la partitocrazia. L’ho fatto e, lo scorso 25 maggio, quando i Radicali per scelta hanno deciso di non candidarsi perché ritenevano e ritengono illegali e non democratiche queste elezioni. Ho dato fiducia alla cittadina Laura Ferrara, cosentina e avvocato tra i 17 dei 5 stelle eletti a Bruxelles, ma me ne sono pentito; e proprio in virtù di quel principio della libertà di scegliere, scelgo candidamente di abbandonare anche soltanto l’idea che un movimento neo-reazionario, così come si va oggi configurandosi quello dei pentastellati, sull’onda populista possa servire a migliorare le sorti di questo sfortunato Paese.

Paolo di Tarso
Paolo di Tarso

Spes contra spem: contro queste piccole speranze di cambiamento e contro la perdita di ogni speranza, la Speranza vera, quella con la “S” maiuscola, oggi, è più in Pietro che in Cesare, oltreché ovviamente nella continuità dei padri con i figli.

Come sottolinea Marco Pannella da più tempo, abbiamo il Presidente del Consiglio che, su carceri e giustizia, rappresenta ufficialmente una posizione anti CEDU e, soprattutto, contro quel messaggio del Presidente della Repubblica, atto formale fatto anche quale massimo magistrato della Repubblica in termini di diritto.

Volesse Grillo occuparsi di diritti umani in Europa, potrebbe ricordasi delle sistematiche violazioni dell’articolo 3 e dell’articolo 6 della Convenzione europea per i Diritti dell’Uomo e chiedere al suo movimento di rispettarli collaborando varare subito un provvedimento di amnistia e indulto. Non come atto di clemenza, ma come obbligo per lo Stato di diritto.

Per dirla alla Pannella, in questo triste panorama di comportamenti sovversivi contro le massime giurisdizioni europee e nazionali, ci si può aspettare più da questo Papa, il Papa che ha voluto assumere il nome di Francesco e che, in un batter d’occhio, ha abolito il reato di tortura e l’ergastolo dal diritto canonico. Noi, invece, proseguiamo nel violare l’articolo tre della CEDU: tortura!

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L’amica Turchia, ovvero, quello che accadrebbe se l’UE aprisse gli occhi

di Carmelo Puglisi

Secoli fa – non a torto – v’era un certo timore quando i turchi erano alle porte. Ai tempi, esisteva ancora l’Impero Ottomano, uno dei più longevi e temuti imperi della storia, che svolse, forse indirettamente, anche un ruolo positivo, in ambito economico e culturale, fungendo da collegamento fra Europa ed Oriente, almeno fin quando non vi furono le prime scoperte geografiche che ridimensionarono il Mediterraneo e gli scambi che lì avvenivano, facendogli svolgere un ruolo relativamente secondario. Ma questa è storia.

Oggi, con questo lontano passato, esistono ancora delle analogie, e permangono preoccupanti discriminazioni, in gran parte ingiustificate.

Da decenni, la Turchia ha chiesto di poter entrare a far parte dell’Unione Europea, senz’ancora essere stata ammessa.
In precedenza, l’UE mise dei paletti e pose dei problemi assolutamente puntuali e legittimi per consentire l’accesso alla Turchia, e quest’ultima, specialmente negli ultimi tempi, ha fatto dei passi da gigante a livello di riforme e democrazia, proprio grazie alla spinta propulsiva che deriva dalla possibilità di entrare in quell’Unione Europea che oggi barcolla, scossa dalla crisi economica e non solo.

Poi è successo qualcosa. L’ingresso della Turchia sembrava imminente, ma il processo ha subito di colpo un rapido arresto. Forse, chi nei confronti di questo Paese nutre dei timori e pregiudizi, dovuti principalmente all’avversione verso la religione islamica, vedendo che effettivamente la Turchia si stava impegnando a fondo per adattarsi ai requisiti che l’UE aveva imposto, ha tirato il freno a mano; una mossa che ha prodotto diversi effetti negativi.

Infatti, qualora l’UE chiudesse definitivamente la porta in faccia alla Turchia, i successi e i passi avanti fatti negli ultimi anni, rischiano di essere vanificati completamente. Certo, la Turchia ha ancora da lavorare, come ad esempio riconoscere una volta per tutte il genocidio degli armeni, ma non deve assolutamente cadere vittima dei pregiudizi di qualche politico bigotto seduto ai posti di comando.

L’ingresso della Turchia all’interno dell’UE gioverebbe a tutti, e non solo da un punto di vista economico. Nonostante la crisi degli ultimi anni, la Turchia continua a chiedere con convinzione ed interesse di essere ammessa nell’UE, e sarebbe un errore impedire ciò, senza addurre valide motivazioni, che devono naturalmente andare oltre quelle geografiche, che non reggono più, visto l’ingresso consentito a Paesi come Cipro e Bulgaria.

Tuttavia, il tempo scorre. Dopo decenni di attesa, la Turchia ha posto come limite il 2023. Se entro quell’anno, per vari motivi, l’UE non le consentirà l’ingresso, la Turchia rimarrà definitivamente fuori.

Sarebbe uno sbaglio. Vorrebbe dire tirare una linea sulla cartina geografica, e se questo fosse dovuto al fatto che la religione maggiormente diffusa in Turchia è quella islamica, sarebbe ancora peggio. L’Unione Europea non ha, nei requisiti di ammissione, quello di dover professare in larga maggioranza una religione o un’altra.

Se invece qualche politico incravattato guarda ancora alla moderna Turchia come molti guardavano all’Impero Ottomano di un tempo, allora farebbe meglio a girare le lancette del suo orologio e mettersi al passo coi tempi.

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