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Una coalizione sociale per abolire la miseria

Perché Landini non può fare una coalizione sociale e lottare politicamente contro i disastri sociali che la politica combina? Qualcuno vorrebbe liquidare il tutto con una battuta: “non gli riesce di fare bene il sindacalista e vuole scendere in politica”, dicono. 

di Giuseppe Candido (@ilCandido) Continua la lettura di Una coalizione sociale per abolire la miseria

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Democrazie liberali e concentrazione di poteri

Interessante intervista di Silvia Truzzi (@silviatruzzi1) al costituzionalista Alessandro Pace pubblicata oggi, 10 luglio, su il Fatto Quotidiano.
Bersani nei giorni scorsi aveva preso pubblicamente le distanze dall’impostazione data da Renzi alle riforme con l’italicum e la riforma del Senato:

“L’italicum va modificato, lo capisce anche un bambino. … Le democrazie che funzionano non sono quelle padronali. … Un capo, chiuso in una stanza nomina i deputati dell’unica camera elettiva e i consiglieri regionali indirettamente. Attraverso il premio di maggioranza nomina il presidente della Repubblica, i membri della corte costituzionale, il CSM. … Vogliamo scherzare?”,

aveva detto l’ex segretario PD.
Ora pure i prof di diritto cercano di spiegare al “piccolo balilla” che dalla sua riforma del Senato combinata con la legge elettorale italicum risulta un disposto che ci avvia a una democrazia lontana da quelle liberali.
Per il costituzionalista Alessandro Pace,

Questa concentrazione di potere in capo a un solo organo e a una sola coalizione (per non dire a un solo partito e al suo leader) è impensabile in una democrazia liberale.

Ma andiamo con ordine. Secondo il docente emerito di diritto costituzionale alla Sapienza, a RenI “è ben chiara l’idea di concentrare i poteri nella Camera dei deputati e, in definitiva, nella coalizione di maggioranza“.

“L’Italicum, con l’abnorme premio di maggioranza, riproduce nella sostanza il porcellum bocciato dalla Consulta. L’altro aspetto, unanimemente criticato, riguarda la disparità di trattamento dei partiti rispetto alle coalizioni, che si risolve di fatto nell’impedimento alla partecipazione alle elezioni dei partiti che non raggiungano l’8%. Non solo: la trasformazione dei voti in seggi non si produce nelle circoscrizioni dove si vota, ma nell’ufficio centrale circoscrizionale, per cui sarà un diverso candidato a beneficiare di quel voto. Detto ciò, se analizziamo il ddl Renzi-Boschi alla luce dell’Italicum, che garantisce il premio di maggioranza (pari a 340 deputati) a una coalizione ancorché assai lontana da quel traguardo, ci avvediamo della gravità delle conseguenze.
(…) non sarebbe affatto difficile, per la coalizione di governo, riuscire a eleggere tutti i cinque giudici costituzionali, date le maggioranze politiche attualmente esistenti nei consigli regionali. Infatti l’articolo 31 del ddl Renzi-Boschi (diversamente dall’attuale articolo 135 della costituzione) non prevede esplicitamente che i giudici costituzionali debbano essere eletti dal Parlamento in seduta comune. Per cui, … Basterebbe la maggioranza relativa per la loro condizione sia alla camera (tre giudici) sia al Senato (due giudici).”

E quando la giornalista chiede qual è il disegno di Matteo Renzi, il docente intervistato non ha dubbi:

il disegno iniziale portato avanti da Renzi-da un lato una camera dei deputati al centro del sistema dominata dalla coalizione di governo grazie all’italico, dall’altro in Senato non eletto dal popolo, i cui componenti sarebbero sindaci e consiglieri regionali part-time-ha trovato qualche ostacolo in commissione.

Aggiungendo che,

il ddl Renzi – Boschi viola un principio basilare dello Stato di diritto secondo il quale le leggi le fanno i rappresentanti diretti del popolo e non delle persone elette ad altri incarichi che fanno i senatori part-time. Né l’elezione indiretta da parte dei Consigli regionali risolve il problema. Ma c’è dell’altro …

Cioè?, chiede la giornalista …

il secondo comma del primo articolo della Carta dice che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione. Ne discende che i poteri pubblici sono sempre essenzialmente limitati. Diminuire radicalmente le funzioni del Senato oltre a eliminarne l’eleggibilità significa che il Senato non potrà più svolgere il suo ruolo di contropotere della camera. E ciò urta contro un’auto principio fondamentale, proprio delle democrazie pluraliste, la necessità dei contropoteri. Una siffatta concentrazione di poteri in capo a un solo organo è una sola coalizione (per non dire in capo ad un solo partito e al suo leader cosa parentesi e impensabile in una democrazia liberale. Lo affermò esplicitamente lo stesso presidente Napolitano nel suo bellissimo discorso per il 60º anniversario della Costituzione, allorché prese le distanze dal semipresidenzialismo francese, di cui lamentava l’assenza di contropoteri. Ebbene una delle caratteristiche di quel sistema e il criticatissimo “voto bloccato”, che -guarda caso!- è stato previsto, ciò nondimeno, nel ddl Renzi-Boschi.

Poi la giornalista domanda al docente emerito di Diritto costituzionale cosa pensa della proposta di innalzare la soglia minima delle firme necessarie per la legge d’iniziativa popolare da 50mila a 250mila. Alessandro Pace su questo è altrettanto drastico:

È sbagliata. Si giustifica tale restrizione sostenendo che verrebbero garantiti a tali proposte di legge, “tempi, forme e… Limiti”. Michele è uno specchietto per le allodole, in quanto serve nel frattempo al nonno agevolare(come dovrebbe) ma a limitare l’iniziativa legislativa popolare, violando così, ulteriormente, l’articolo uno della costituzione che proclama la sovranità popolare.

La giornalista chiede: “Ma se questa cosa l’avesse fatta Berlusconi?

Saremmo tutti quanti salutati per aria. Renzi ragiona come se le maggioranze siano destinate a rimanere invariate per l’eternità. Ma sbaglia, questo non lo può non sapere.

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