Pubblicato su la rubrica “Opinioni & Commenti” de Il Quotidiano della Calabria del 20 marzo 2014
La Calabria, nei prossimi anni, dovrà gestire e spendere, attraverso il POR 2014-2020, circa 11 miliardi di euro; il 50% dei fondi comunitari previsti per le cinque regioni Obiettivo 1.
Ce ne sarebbe da ricostruire la regione ex novo. Purtroppo, però, come tristemente raccontano i dati ufficiali, il Sud spende, in media, solo la metà dei fondi a disposizione (il 48,3%, per la precisione). Tanto per fare un esempio, di quasi due miliardi di euro del Programma Operativo Regionale (POR 2007-2013) relativi al “Fondo Europeo di Sviluppo Regionale” (FESR), in Calabria, a fine febbraio 2014, la spesa certificata era di 729 milioni di euro.
Lunedì 17 marzo, Giacomo Mancini, assessore al Bilancio della giunta Scopelliti che guida la regione dal 2010, ha tracciato il bilancio dei fondi 2007/2013 annunciando di non voler più ripetere gli errori del passato. Per questo, si legge sui quotidiani locali, sarà introdotto “un percorso di discontinuità nella programmazione dei fondi europei”.
Dopo aver governato quattro delle sette annualità del POR Calabria 2007-2013, la regione si rende finalmente conto che c’è bisogno di discontinuità. In effetti, il 14 luglio dell’estate scorsa, Enrico Marro e Valentina Santarpia, pubblicarono sul Corriere della Sera, su questo tema dei fondi comunitari, un articolo dal titolo assai eloquente: “Fondi UE, l’Italia spende poco e male. Ora si rischia di perdere 5 miliardi”. Si parlava, nell’articolo, di un tesoretto di trenta miliardi che, con questi chiari di luna, è allucinante che ancora non fosse stato speso in porgetti adeguati.
Alla data cui si riferiva l’articolo, secondo i documentati giornalisti, c’erano “17 miliardi di euro di fondi europei assegnati all’Italia” ai quali si aggiungevano “13 miliardi di cofinanziamenti nazionali, per un totale appunto di 30 miliardi che possono, anzi debbono, essere spesi entro il dicembre 2015, altrimenti Bruxelles i soldi se li tiene e li dà a qualche Paese più sveglio”. Tant’è che l’ex governo Letta, in un primo momento, aveva persino pensato di dirottare quel tesoretto su lavoro e povertà. Purtroppo, o forse per fortuna, quei soldi che ora, però, si rischia di perdere, sono vincolati per “interventi strutturali” e non possono essere utilizzati per “tamponare la congiuntura economica”. In pratica, i trenta miliardi di cui parlavano i due giornalisti sono ciò che restvaa del totale dei 49,5 miliardi di fondi UE assegnati all’Italia per il settennato 2007/2013. “Entro quest’anno vanno tutti assegnati e poi c’è tempo fino al dicembre 2015 per spenderli”, scrivevano a chiare lettere.
Ma, – notavano ancora gli autori dell’articolo – “i 20 miliardi finora spesi hanno performance diverse”. Il Centro-Nord, infatti, ha speso il 49% delle somme a sua disposizione mentre il Sud il 36%; e peggio della Calabria, riesce a fare solo la Campania che dei fondi a disposizione aveva speso il 30,3%.
E’ in questi numeri che appare evidente l’incapacità delle classi dirigenti del Mezzogiorno. Nell’inchiesta emergeva chiaramente in quali regioni si spendono male i soldi e, la Calbria, non spiccava in positivo, anzi. Per fare solo “qualche esempio”, i giornalisti ricordavano come, “Tra fondi Ue e nazionali abbiamo già dovuto ridimensionare il miliardo disponibile per i cosiddetti «attrattori culturali» (progetti riguardanti arte e cultura) ancora una volta nelle tre regioni maglia nera (Calabria, Sicilia, Campania) con l’aggiunta della Puglia”.
Si trattava, notavano i due, di “Un programma nato malissimo pur avendo potenzialità straordinarie: per tre anni le regioni non sono riuscite a presentare uno straccio di progetto, incapaci di trovare un coordinamento tra loro e col ministero. Al punto che, nel 2010, quando cadde una parte del muro dei gladiatori a Pompei, il commissario europeo alle Politiche regionali Johannes Hahn rimproverò l’Italia di non essere capace di usare i fondi Ue su emergenze simili”.
E anche sul “come” i soldi europei finora sono stati spesi, c’è da notare che i tantissimi “micro progetti” finanziati nei più fantasiosi settori (9.994,70 euro per la «Giostra del castrato» di Longobucco (Cosenza) 2009; 7.600 euro la Festa dell’uva a Catanzaro del 2011; 14.026,50 euro per «Le conversazioni del Venerdì» a Vibo Valentia nel 2010) si scontrano, cozzano decisamente, con quella «concentrazione delle risorse su pochi obiettivi ritenuti prioritari», invocata dal commissario Hahn e che anche il buon senso vorrebbe.
In Calabria avremmo degli obiettivi prioritari straordinari da centrare: in primis, la situazione dei rifiuti, che vede ancora la regione, dopo 15 anni di commissariamento dal ’97 al 2013 e un’emergenza senza fine, priva di impianti idonei a produrre cdr, priva di discariche di servizio per detti impianti perché stracolme e con una raccolta differenziata, salvo poche eccezioni, assolutamente inadeguata. Un altro obbiettivo “prioritario” è sicuramente la bonifica dei tantissimi siti regionali inquinati ma non di interesse nazionale; e tra gli obiettivi prioritari per questa regione sarebbero sicuramente da individuare il risanamento del dissesto idrogeologico e il monitoraggio delle aree a rischio; e potremmo inserire persino un piano di adeguamento strutturale degli edifici pubblici censiti ad alta vulnerabilità sismica già dal 1999 da uno studio di protezione civile rimasto li. E, bastassero i soldi, con quegli 11 miliardi di euro si potrebbe avviare un censimento della vulnerabilità sismica degli edifici privati.
Di obbiettivi prioritari, la Calabria, ne ha sicuramente. E sono obbiettivi, tutti, in grado di innescare lavoro e occupazione. La domanda quindi non è come spenderli né dove trovare i soldi, ma piuttosto un’altra: sarà in grado questa classe politica, destra e sinistra, a fare meglio dei disastri combinati? Perché, come cittadini, dovremmo ancora fidarci proprio di coloro che, finora, quei problemi non solo non li hanno risolti, ma con anni di gestione commissariale, li hanno persino aggravati?