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“A futura amnesia”. Il 12 maggio ’77 muore Giorgiana Masi

Leggo su “Repubblica” l’anticipazione di un libro di Concetto Vecchio sul 12 maggio 1977 e l’uccisione di Giorgiana Masi. Non ho letto il libro, e dunque non lo giudico, per ora. Leggo dall’anticipazione che il “famoso” agente Giovanni Santone sostiene “che venne montato ad arte uo scandalo inesistente”. Dice che non c’entra nulla con la morte di Giorgiana Masi (e chi ha mai sostenuto che lui c’entra?), poi, azzarda un “fuoco amico”.

di Valter Vecellio

Si potrebbe dar vita, chissà, a una rubrica dal titolo: A futura amnesia. Penso alla giornata del 12 maggio di anni che si vanno scolorendo nella memoria: il ’77, quello che accade in quel plumbeo pomeriggio a Roma, tra piazza Navona e Trastevere. Quante volte mi sono sentito raccontare, da chi non c’era, quei fatti, quelle ore; a me, che ero uno di quell’ormai sparuto gruppo di radicali che quel giorno voleva festeggiare la storica vittoria del referendum sul divorzio. Il fronte clerico-fascista capeggiato da Amintore Fanfani e Giorgio Almirante, fattivamente sostenuto dal Vaticano, voleva cancellare la legge Fortuna-Baslini conquistata grazie al determinante attivismo dei radicali, dei socialisti, della Lega per l’istituzione del divorzio. Doveva, quel 12 maggio del 1977, essere un giorno di festa come quello del 1974, quando un enorme corteo di popolo romano sfila fino a Porta Pia e gli “ultimi” sono ancora a piazza Navona, tanti erano; e si fa tappa davanti al “Messaggero”, occupato dai suoi giornalisti in lotta; quel “Messaggero”” che il giorno prima esce in prima pagina con un enorme: “Vota No”, e questa sua chiara scelta liberale, libertaria, progressista, la pagherà, eccome.

Giorgiana Masi, morta a 19 anni il 12 maggio del 1977

Doveva, quel 12 maggio del 1977, essere un giorno di festa per raccogliere le firme per altri referendum: per abrogare finalmente una quantità di leggi eredità del fascismo, illiberali, sbagliate, liberticide, criminogene. Un giorno di festa analogo a quando, la notte tra il 30 novembre e il 1 dicembre 1970 la legge viene approvata dal Parlamento, e una fotografia storica mostra Pannella e i radicali festeggiare davanti a Montecitorio, fiaccole accese; e una è brandita da Argentina Marchei: popolana romana, trasteverina, più vicina agli 80 anni che ai 70, un marito che dopo averla sposata se ne va chissà dove; e lei si ricrea una famiglia, madre e nonna, ma “fuori-legge. Il suo compagno era ormai malato, volevano sposarsi prima di separarsi definitivamente. Quella notte, con le gambe piene di vene varicose, esibisce con orgoglio la tessera comunista del 1922, e quella dei radicali e della LID, dal 1965 al 1970. Continua la lettura di “A futura amnesia”. Il 12 maggio ’77 muore Giorgiana Masi

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Strage di Ustica: la “piccola notizia” su una morte misteriosa (e tante altre ancora…)

Di Valter Vecellio (*)  

La “notizia” scivola via, tra la disattenzione dei più e l’interessata indifferenza di qualcuno; certo: viviamo giorni in cui accade di tutto e di più. Facile, dunque che il dispaccio di agenzia si perda tra le decine di altre che ogni cinque minuti viene messa in rete. In effetti, bisogna essere un po’ maniaci, per farci caso…

La “notizia” è questa: su ordine della magistratura viene riesumato dalla tomba dove riposa quel che rimane delle spoglie terrene di Mario Alberto Dettori; un signore che dirà qualcosa solo, ormai, a “maniaci”, appunto.  

Dettori era uno dei radaristi dell’aeronautica militare in servizio nella base di Poggio Ballone, in Maremma, quando avvenne la strage di Ustica, il 27 giugno 1980. Quella notte torna a casa a Grosseto e confida alla moglie: “Siamo stati a un passo dalla guerra”. Sei anni dopo, nel 1987, lo trovano impiccato sulla strada per Istia d’Ombrone, in Toscana. Non viene fatta l’autopsia e il fascicolo giudiziario in fretta e furia viene chiuso: suicidio. La famiglia di Dettori non ci crede; la figlia Barbara, appoggiandosi all’associazione antimafia Rita Atria presenta in procura a Grosseto nuove carte per riaprire il caso. I resti del maresciallo dell’aeronautica sono riesumati su disposizione della procura: “E’ avvenuto lo scorso 16 febbraio” dice la figlia, che all’epoca della scomparsa del padre aveva 16 anni. “Non abbiamo mai creduto al suicidio, mio padre non lo avrebbe mai fatto, non era proprio il tipo, e aveva tre figli piccoli. Noi siamo convinti che in quel posto non fosse solo. Vogliamo la verità”.

Più che comprensibile e giustificata aspirazione; anche se non si comprende come, a distanza di tanto tempo, le spoglie di Dettori possano dire qualcosa. Vero è che gli esami scientifici sanno fare miracoli. Non resta che attendere l’esito delle analisi che saranno eseguite presso l’Istituto di medicina legale di Siena. Attendere e ricordare.

Dettori era uno dei testimoni chiave dell’inchiesta sul DC9 dell’Itavia che la sera del 27 giugno 1980 si inabissa con le 81 persone che erano a bordo. Continua la lettura di Strage di Ustica: la “piccola notizia” su una morte misteriosa (e tante altre ancora…)

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Gli ancora tanti “buchi” neri dell’“Affaire Moro”.

Le fallite trattative, le sedute spiritiche, fughe compiacenti…

di Valter Vecellio

 

Commissione sostanzialmente inutile, si dice da più parti a proposito della commissione parlamentare d’inchiesta sulla vicenda Moro; già ce n’è stata un’altra, e del caso, a livello parlamentare, a suo tempo se ne sono occupate anche la Commissione d’inchiesta sulle stragi, e (anche se non principalmente) quella sulla P2 e l’antimafia; per non parlare dei tanti processi e inchieste, una delle quali ancora in corso. Molti dei protagonisti e dei testimoni diretti sono morti, da Giulio Andreotti a Francesco Cossiga e Amintore Fanfani, da Paolo VI a Giovanni Leone…dunque, c’era davvero bisogno di una nuova Commissione, tenendo anche conto della battuta (che però quasi mai è uno scherzo), che se si vuole insabbiare e ingarbugliare qualcosa, basta fare una Commissione? Continua la lettura di Gli ancora tanti “buchi” neri dell’“Affaire Moro”.

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Perché Pannella avrebbe voluto portargli le arance

di Filippo Curtosi

Manifesto Radicale

Cossiga in tutte le salse: bizzarro, mattacchione, picconatore, imprevedibile, statista, profetico. A Marco Pannella toccherà la stessa sorte. Succede ai geni, agli eretici, agli anarchici e comunque alle persone sole. Kossiga chiama Paolo Guzzanti dall’aldilà per un suo ultimo commento e parla malissimo della stampa. “Un disastro. Mi hanno impagliato come un gatto”. A cominciare da Eugenio Scalfari che mi dà del pirandelliano. Mi hanno preso tutti sul serio, mentre io ho preso tutti per i fondelli. Il mio ultimo libro si chiama Fotti il potere. Spero che capiscano. Mo pare che manchi il vero Kossiga con la K, quello che gode ad avere la K e manca anche il Cossiga che traghetta D’Alema per fare un favore agli amerikani con la kappa. Dalla Chiesa, l’unico che mi risponde a tono. E’ trascorso tanto tempo da quei lontani anni ’70 che segnarono la data di nascita del così detto “Movimento studentesco in Italia”. “Strategia della tensione”. Piazza Fontana e piazza della Loggia, Italicus, rogo di Primavalle. Furono gli anni della morte di Giorgiana Masi, di Francesco Lo Russo, dell’agente Custrà e poi di Guido Rossa, sindacalista, di Fulvio Croce, presidente degli avvocati e delle piazze incendiate dagli estremisti. Il lancio di pietre verso il palco dove parlava Luciano Lama alla Sapienza, il ferimento di Indro Montanelli e poi I Volsci, Cl, Radio Alice, Radio Onda Rossa. La P38 era il simbolo della sinistra rivoluzionaria. Nudi dati anagrafici, dietro ai quali si celava tuttavia un lungo processo di incubazione. Le lotte operaie con pochi operai e studentesche. I non global, i movimenti ambientalisti e la sinistra radicale e libertaria non nascono dal nulla, ma hanno il loro epicentro, storicamente significativo, nel Lazio, Lombardia, Emilia, Calabria. Regioni chiave per lo sviluppo di una coscienza libera, per i diritti, per la lotta politica e ideale, per un messaggio che viene raccolto in ogni contrada del paese, dagli operai agli studenti, agli intellettuali. Numerosi intellettuali affluiscono in queste fila con un folto stuolo di giovani e di donne. Dario Fo, Felix Guattari, Alain Guillaume, Sartre. Tutto era surreale, alternativo, radicale: gli amori, gli amici, la compagnia, la scuola, il privato, la libertà prima di tutto e da tutto. Il desiderio al potere se si può sintetizzare. Ero scritto a Giurisprudenza alla “Sapienza”, mi mantenevo vendendo giornali. Partecipai al Movimento studentesco senza tanta intensità. Portavamo come dice Guccini “un eskimo innocente, dettato solo dalla povertà, non era la rivolta permanente, diciamo che non c’era e tanto fa”. Leggevo Allen Ginsberg, Kerouac, Re Nudo. Ascoltavamo Jefferson’s Airplane. Cazzo era la parola più usata a quel tempo. Il ’77 non è stato il folclore . Piuttosto a ragione Asor Rosa quando parla di “due società”. Da una parte dice lo storico della letteratura “c’erano i garantiti, coloro che avevano un reddito sicuro, dall’altra una vasta massa di giovani precari, marginali, senza prospettiva di inserimento sociale”. Si faceva di necessità virtù. Questo l’ex direttore di “Rinascita” lo scriveva nel 1977 su “l’Unità”. Poi le Br distrussero il sogno e i desideri. L’azione politica di Oreste Scalzone, Franco Piperno, Lanfranco Pace si dispiegava nella società civile con le lotte per la libertà ed il progresso dei lavoratori, per la difesa della democrazia e delle libertà, contro le repressioni autoritarie che raggiunsero la fase più acuta con il c.d. “ teorema Calogero” del 1977.

A Bologna dove si riunì il movimento per l’ultima volta ci fu una grande novità: svaniva il sogno e tutto era dissolve. Oltre a Scalzone che era stato incriminato di banda armata e condannato, anche altri conobbero in quegli anni il carcere e vennero processati e condannati. Insieme ai provvedimenti che vietavano ogni tipo di manifestazione pubblica si decretava in pratica lo stato d’assedio e la sospensione delle libertà di associazione, di espressione libera. Il giovine ministro Kossiga fece arrestare il movimento ed i loro capi, tra i quali appunto l’Oreste. Contro le misure repressive della libertà di associazione, di sciopero, insorsero solo i socialisti come Giacomo Mancini, i radicali come Marco Pannella ed i veri democratici. Si era contro il compromesso storico e come scrive Lucia Annunziata nel suo libro 1977 “Noi odiavamo i comunisti”. Il vecchio Psi assunse una politica autonomista, conferma Craxi alla guida del partito; più tardi Pertini verrà eletto presidente della Repubblica. Poi le Br, l’uccisione di Moro hanno definitivamente distrutto e cancellato il “ Movimento”. Dopo 26 anni di latitanza in Francia, l’ex leader di Potere Operaio torna in Italia. Era stato condannato dal Tribunale di Milano nel 1981 per partecipazione ad associazione sovversiva, banda armata nell’ambito del processo “7 aprile” su Autonomia operaia. Nell’immaginario dell’epoca si meritò l’appellativo di “ rivoluzionario” non di mestiere. Processato in più occasioni, Scalzone trascorse in carcere alcuni anni. Costretto ad imboccare la via dell’esilio, per altri 26 anni girò in cerca di ospitalità per se e per le sue idee: Corsica, Olanda, Sud America, Francia, Parigi;il presidente socialista Mitterand diede ospitalità a tutti gli esuli ed i rifugiati politici. Si attraversava, da libertari tutte le lotte operaie degli anni settanta in Italia,partecipavamo all’occupazione di Valle Giulia con Pace e Piperno, leaders del Movimento studentesco, ci si scontra in piazza con la polizia e con i fascisti. Erano gli anni del “Potop” del potere operaio, come recitavano gli slogans di quel tempo. Erano gli anni dei cinema “d’essai”, degli scontri anche con quelli di “Lotta Continua”. Era la stagione delle assemblee permanenti, degli espropri proletari. Erano gli anni di forte e vera opposizione alla guerra, gli anni della difesa dell’internazionalismo libertario, socialista e radicale. Chi incarnava il libertario in Italia era ribelle, bandito, sovversivo. Si è sempre ritrovato contro ogni tipo di potere. Sulla fiancata della barca di Gianmaria Volontà che lo portava in Francia Scalzone c’era scritto un verso di Paul Valery: “Il vento si alza, bisogna tentare di vivere”. Lui ha sempre incarnato queste parole. Sempre sulle barricate. Scalzone oratore formidabile, lo ricordo sempre sommerso di libri, carte e giornali. Non è mai stato un comunista anche se da giovane è stato iscritto alla Fgci: nei fatti anticipa quelli che oggi si chiamano no global da Caruso in giù. A fianco degli operai che occupano le fabbriche e nelle lotte studentesche come a Roma, Napoli, Bologna, Milano. Viveva tra gli operai e con gli studenti: una sorta di icona del movimento studentesco. Poi venne sepolto vivo in esilio e continuamente sorvegliato come una bestia pericolosa.

Farà ancora paura? Adesso che farai? “farò una compagnia di giro, composta da me stesso e da chi ci vuol stare. Farò agitazione filosofica, culturale e sociale”. Farà, dice, il sindacalista dei rifugiati. Marco Pannella, destinato a diventare per molti una sorte di voce profetica che più a contribuito a distruggere gli stereotipi borghesi della morale e dell’etica in base al suo atteggiamento nei confronti della nonviolenza del potere politico e industriale, dello stato assassino. Il Partito radicale e compagnia possiamo dire che hanno sconvolto linguaggio, percezione e visione del mondo per la libertà, contro le ingiustizie, le guerre, l’odio e le incomprensioni. Andrea Casalegno dice che “per un giovane di oggi non è facile capire di che lacrime grondi e di che sangue la storia del 1977.

Quei fatti sembrano un brutto sogno: il susseguirsi delle manifestazioni che ogni volta ci scappava il morto. Ammazzare era un gioco. Il vero lavoro era uccidere”. Un esempio per tutti: l’uccisione di Giorgiana Masi. In un bel libro, abbastanza raro, elaborato dal “Centro di iniziativa giuridica Piero Calamandrei” si raccolgono testimonianze e fotografie del fatidico 12 Maggio 1977 della morte di Giorgiana Masi, diciannovenne simpatizzante Radicale. Un proiettile nell’addome dopo un giorno passato nel centro di Roma a manifestare nonostante il ministro dell’interno Cossiga avesse vietato riunioni pubbliche. Giorgiana ed altri sfidarono il potere. In piazza c’ero anch’io. Il clima era rovente.

Giorgiana Masi

Giorgiana rimase vittima di una pallottola vagante sparata non si sa da chi, se per sbaglio o con dolo. Rimase ferito anche un carabiniere e un’altra ragazza.“La meccanica dell’assassinio di Giorgiana, si legge in questo libro, si può riassumere come “un omicidio di Stato”. E’ vostra diceva Antonello Trombadori la responsabilità della tragedia”. “Un delitto di Stato” tuonava Marco Pannella. “Vogliono criminalizzare l’opposizione democratica, parlamentare ed extraparlamentare; l’opposizione laica, libertaria, socialista, nonviolenta, alternativa; quella del progetto, del referendum. La violenza è stata solo dello stato. Disobbedire era necessario.

Il movimento femminista di Roma dice: “Giorgiana Masi è stata assassinata dal regime di Cossiga. Rivendichiamo il diritto di scendere in piazza, a riprenderci la libertà, la vita. Nessuna donna resterà in silenzio”.

A Giorgiana

…se la rivoluzione d’ottobre fosse stata di maggio

se tu vivessi ancora

se io non fossi impotente di fronte al tuo assassinio

se la mia penna fosse un’arma vincente

se la mia paura esplodesse nelle piazze

se l’averti conosciuta diventasse la nostra forza

se i fiori che abbiamo regalato alla tua coraggiosa vita nella nostra morte almeno diventassero ghirlande della lotta di noi tutte, donne..

se….

non sarebbero le parole a cercare di affermare la vita

ma la vita stessa, senza aggiungere altro

Ecco perché ancora serve il suo esempio, da libertari, nonviolenti, laici, socialisti, liberali e radicali .

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Cossiga è morto e Marco Pannella non potrà portargli le arance

dal sito RadioRadicale.it

“Io ho ammazzato Moro”

“Chi, secondo Cossiga, “come me ha fatto la scelta di non trattare, doveva sapere che era altamente probabile, anzi quasi certo, che da questa scelta fosse derivata la morte di Moro”, in questo senso – conclude – “io ho ammazzato Moro”, anche se “non ne sento la responsabilità morale”. Circa le lettere di Moro dal carcere brigatista, Cossiga sostiene di aver cambiato idea, “sostenevo che le sue lettere non erano autentiche da un punto di vista morale, dopo molto tempo leggendole e rileggendole, ritengo che siano l’espressione del suo pensiero”.”

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Per raccontare la vicenda politica di Francesco Cossiga Radio Radicale ne ripropone la voce e le immagini, custodite nel proprio archivio. Una vicenda che è stata parte sostanziale della vita politica italiana. Più volte, a partire dall’uccisione di Giorgiana Masi nel 1977, alla messa sotto accusa nella fase finale della sua Presidenza della Repubblica, alle dichiarazioni sulle proprie responsabilità per la tragica uccisione di Aldo Moro, Cossiga si è trovato a confrontarsi e a scontrarsi con l’iniziativa politica di Pannella e del Partito Radicale. Riproponiamo le diverse fasi di questo percorso ed altri documenti inediti, come sempre integrali.

La scheda di Radio Radicale

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