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Abolito il finanziamento dei partiti? Macché, giocano come sempre con la volontà popolare da trent’anni!

Che il finanziamento pubblico ai partiti non sia affatto morto come invece sostiene il governo di Enrico Letta Sergio Rizzo lo scrive oggi a chiare lettere sul Corriere della Sera! “Gli errori di una scelta insufficiente” è il titolo che però non rende bene l’idea! Sono trentacinque anni, dal primo referendum per la sua abolizione, che i partiti si sottraggono alla volontà degli elettori. Le vie del finanziamento pubblico dei partiti sono infatti infinite e più volte abolito è sempre rientrato dalla finestra sotto forma di 4 per mille e di rimborsi elettorali. Sgravi fiscali, rimborsi truffa non legati alle spese effettivamente sostenute, esenzione dell’Imu per le sedi dei partiti, contributi ai gruppi nei Consigli Regionali. Ma andiamo con ordine. L’articolo 75 della Costituzione afferma che l’esito referendario è vincolante: purtroppo come per il finanziamento pubblico dei partiti, per molti referendum la partitocrazia non ne considerò affatto vincolante l’esito: responsabilità civile dei magistrati, nucleare. La lista dei tradimenti della volontà popolare ad opera del partito unico della spesa è lungo. Il finanziamento pubblico dei partiti fu introdotto nel nostro Paese dalla legge Piccoli nel 1974. La legge era giustificata dagli scandali Trabucchi del 1965 e petroli del 1973; il Parlamento intendeva rassicurare l’opinione pubblica che, attraverso il sostentamento diretto dello Stato, i partiti non avrebbero avuto più bisogno di collusione e corruzione da parte dei grandi interessi economici. Già da subito tale previsione fu smentita dagli scandali che a breve seguirono: Lockheed e Sindona. Tant’è che già nel settembre del ’74 il Partito Liberale Italiano tenta di raccogliere le firme senza riuscirvi. Nel 1978, i Radicali riescono a raccogliere le firme necessarie e, 11 giugno del 1978 si tenne il primo referendum per tentare di abolirlo: Nonostante l’invito a votare “no” da parte dei partiti che rappresentano il 97% dell’elettorato, il “si” raggiunge il 43,6%. Per i Radicali, lo Stato avrebbe dovuto favorire tutti i cittadini, non solo quelli già rappresentati in parlamento, attraverso i servizi, le sedi, le tipografie, la carta a basso costo e quanto necessario per fare politica, non garantire strutture e apparati che, per i promotori, dovevano essere autofinanziati dagli iscritti e dai simpatizzanti. Ma siccome all’ingordigia non c’è fine, nel 1981 con la legge 659, i finanziamenti pubblici vengono raddoppiati; partiti ed eletti (ma anche candidati o aventi cariche di partito) hanno il divieto di ricevere finanziamenti dalla pubblica amministrazione, da enti pubblici o a partecipazione pubblica. Viene introdotta una nuova forma di pubblicità dei bilanci che prevedeva che i partiti dovessero depositare un rendiconto finanziario annuale su entrate e uscite anche se nessun controllo effettivo viene previsto. Poi gli scandali di tangentopoli e, nell’aprile del 93, il referendum  abrogativo promosso dai Radicali Italiani raggiunge il quorum col 53% e vede il 90,3% dei votanti a favore dell’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti. Ma la partitocrazia, quella partitocrazia che Pannella chiama anche “partito unico della spesa” che in sessant’anni ha prodotto 20.000 miliardi di euro di debito pubblico, è subito pronta, anche questa volta, a tradire la volontà dei cittadini (costituzionalmente vincolante). Appena otto mesi dopo, con la legge n. 515 del 10 dicembre 1993, il Parlamento, in modo truffaldino, aggiorna la già esistente legge sui rimborsi elettorali! Subito applicata con le elezioni del marzo del 1994: 47 milioni di euro per l’intera legislatura vengono divorati dai partiti proprio nei cinque anni successivi il referendum che avrebbe dovuto essere vincolante a fronte di spese documentate poco superiori a 36 milioni di euro. Un furto di oltre 10 milioni dalle tasche dei cittadini (sic!). Ma al peggio non c’è fine.

Neanche trascorsi quattro anni dal referendum che li aveva aboliti, non sazio dei rimborsi, il Parlamento approva la curiosa legge 2/1997, candidamente intitolata “Norme per la regolamentazione della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici”, reintroducendo, di fatto, anche il finanziamento a pioggia pubblico ai partiti. Il provvedimento prevede la possibilità per i contribuenti, al momento della dichiarazione dei redditi, di destinare il 4 per mille dell’imposta sul reddito al finanziamento di partiti e movimenti politici (pur senza poter indicare a quale partito), per un totale massimo di 56.810.000 euro, da erogarsi ai partiti entro il 31 gennaio di ogni anno. Per il solo anno 1997 viene introdotta una norma transitoria che fissa un fondo di 82.633.000 euro per l’anno in corso (nonostante le adesioni fossero minime). I Radicali percepiscono quei fondi per toglierli agli altri partiti e li restituiscono ai cittadini legittimi proprietari durante apposite manifestazioni.

Nel 1999, dietro il titolo “Norme in materia di rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e referendarie” si nasconde l’altro furto. Il rimborso elettorale previsto non ha infatti attinenza diretta con le spese effettivamente sostenute per le campagne elettorali. La legge 157/99 prevede cinque fondi: per elezioni alla Camera, al Senato, al Parlamento Europeo, Regionali, e per i referendum, erogati in rate annuali, per 193.713.000 euro in caso di legislatura politica completa.

Tre anni dopo, la normativa viene ulteriormente modificata dalla Legge 156/2002, recante “Disposizioni in materia di rimborsi elettorali”: il fondo diviene annuale (ma mantiene la stessa entità) e viene abbassato dal 4% all’1% il quorum per ottenere il rimborso elettorale. Partiti che non siedono sugli scranni del Parlamento ma che percepiscono ugualmente i rimborsi. L’ammontare del finanziamento, per Camera e Senato, nel caso di legislatura completa sale da 193.713.000 euro a 468.853.675 euro.

Dulcis in fundo, con la Legge 5122/2006, l’erogazione dei rimborsi è dovuta per tutti e cinque gli anni di legislatura, indipendentemente dalla durata effettiva. Nel 2008 si vota di nuovo e molti partiti si ritrovano in tasca molti rimborsi mentre partiti ormai non più esistenti continuano a percepire i soldi della legislatura precedente (anche la Margherita assieme all’Udeur di Mastella, e fino al 2011, ha continuato  percepire i rimborsi elettorali per la tornata del 2006). L’aumento prodotto è esponenziale. Le tasche dei cittadini si impoveriscono ma non quelle dei partiti e dei loro eletti.

L’entità del furto ai cittadini.

La differenza tra spese sostenute e rimborsi erogati cresce di elezioni in elezioni: 22.649.220 di euro per le regionali del ’95 che diventano 27.105.163 di euro per le politiche del ’96.

Nel 1999 alle europee si arriva quasi a 47 milioni di euro di differenza tra spese documentate e rimborsi incassati dai partiti. Cifra astronomica che però, nel 2000, in occasione delle regionali cresce ancora a 57 milioni e 200 mila euro.

Ma è per le politiche del 2001 che avviene il salto di qualità: i partiti arrivano ad incassare, a fronte di neanche 50 milioni di euro di spese, la cifra astronomica di 476 milioni e mezzo di euro con una differenza di quasi 427 milioni di euro.

Nel 2004, per le europee, la differenza tra spese e contributi incassati è di quasi 160 milioni di euro, 147 milioni di euro di differenza tra spese e contributi per le regionali del 2005. Per le politiche del 2006 la differenza tra spese sostenute dai partiti e i contributi erogati è di 376.771.092 euro e di quasi 393 milioni di euro per le politiche del 2008. Dal 1994, da dopo che era stato abolito il finanziamento pubblico, la casta ha continuato a dissanguare le casse dello Stato per un totale oltre 1,6 miliardi di euro.

Gli unici a rimborsarsi meno soldi delle spese effettivamente documentate e sostenute, come adeguatamente documentano Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo ne “La Casta”, sono sempre e solo i Radicali con la Lista Marco Pannella.

Si sperava che col finanziamento pubblico i partiti evitassero di essere corrotti o poter essere tentati da collusioni. Oggi, dopo gli scandali di Lusi, Belsito e dei vari Batman Fiorito sparsi nei consigli regionali di tutta Italia che hanno attraversato trasversalmente quasi tutti i partiti, sappiamo che è andata esattamente all’opposto. La corruzione e la collusione della e nella politica e delle classi dirigenti di questo Paese, a tutti i livelli, si è ingigantita. E’ aumentata a dismisura. Gli apparati burocratici dei partiti sono cresciuti proprio perché alimentati da un valanga di denaro.

Il dubbio che non ci sia da fidarsi anche in questo caso è legittimo: il Governo Letta è il governo delle “larghe intese” proprio tra chi, fino ad ora, le intese le ha trovate per i loro comodi e per disattendere la volontà popolare.

I Radicali non mollano e ci riprovano con un nuovo referendum con un testo che interviene sulla legge n. 96 del luglio 2012 che ha creato un fondo unico per finanziamento pubblico e rimborso spese elettorali (70% del totale) e un altro per il cofinanziamento dello Stato in aggiunta alle donazione private (30%). Io li sostengo.

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Bovalino, Borello e Antipasqua (Confesercenti): non condividiamo il modo di agire dell’amministrazione

NOTA STAMPA

La decisione presa dall’Amministrazione Comunale di Bovalino di sospendere, per la giornata odierna, il mercato settimanale, settore alimentare e non alimentare, provocata dalla criticità nel settore rifiuti, , ci trova come Anva d’accordo per la situazione emergenziale in atto.
Tuttavia non si condivide il modo d’agire della Pubblica Amministrazione. La decisione è stata assunta il giorno prima senza un confronto attivo con i rappresentanti degli operatori. Si poteva individuare insieme una soluzione alternativa per permettere agli operatori di svolgere il mercato.
Come Associazione Nazionale Venditori Ambulanti chiediamo con urgenza un incontro al sindaco per affrontare insieme questa difficile situazione, per far si che da sabato prossimo possa riprendere il normale svolgimento del mercato per garantire lo svolgimento dell’attività agli operatori e permettere alla cittadinanza di usufruire del servizio fornito dagli stessi.
E’ doveroso sottolineare come tale stato di cose provochi a nostro avviso danni non indifferenti alla categoria, in un momento di grave crisi economica in cui tutto il settore versa.
Come ANVA ​attendiamo fiduciosi di confrontarci convinti come siamo che il dialogo aiuta a trovare soluzioni ottimali nell’interesse della categoria che rappresentiamo e dei cittadini.
Reggio Calabria 01.06.2013

Il Presidente Il Direttore
Domenico Borrello Rosario Antipasqua

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I soldi per la differenziata e fitodepurazione non ci sono, ma a Sellia Marina si spendono 45.000 euro in attività ludiche

di Giuseppe Candido

Il bilancio comunale è in rosso spietato tanto da necessitare, lo scorso 19 aprile 2013, di una apposita deliberazione del consiglio comunale per “la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale“, non si pagano i conti alla Sorical per l’acqua né al Commissario per l’emergenza per i rifiuti, ma i soldi (ben 45.500,00 €) l’amministrazione di Sellia Marina, con tanto di relazione tecnica, ha la faccia tosta di chiederli alla Regione con le finalità di promozione turistica! Come se si potesse parlare di turismo con la spazzatura che marcisce per strada e la depurazione che funziona a singhiozzo ma fallisce puntualmente quando c’è il carico di punta estivo. Ma stiamo ai fatti. Il 24 di aprile, alle 16:15, dopo appena tre giorni dall’approvazione della procedura di riequilibrio finanziario, la Giunta Comunale di Sellia Marina, nelle persone di Amelio Giuseppe (sindaco), Walter Placida, Tulelli Vincenzo A. e Gallelli Francesco (assenti solo gli assessori Mercurio Giuseppe e Ragusa Antonio), ha approvato con deliberazione n°25 del 24.4.2013, una relazione tecnica illustrativa delle attività che si intendono realizzare entro il 31.08.2013. In realtà alla deliberazione di giunta è allegata una sola tabella riassuntiva dei costi delle singole attività dalla quale, però, si scoprono cose interessanti. 7.500 € vengono richiesti per “manifestazioni teatrali e miusicol” da realizzarsi “a cura delle associazioni teatrali operanti nel territorio”. Così da non scontentare nessuno. Altri 10.000 € (5.000 ciascuna) vengono richiesti per le manifestazioni “Laboratori artigianali in piazza” e “La notte dei desideri“. Poi c’è il “Premio sull’olio extra vergine d’oliva di qualità e valenza interregionale (giunto ormai alla V edizione, corrispondente tristemente al quinto anno della seconda legislatura Amelio): altri 5.000 € !

Ma non finisce qui il programma di spesa per la “cultura”: altri 4.000 € sono infatti previsti per la “Presentazione e degustazione prodotti tipici eno-gastronomici/agro alimentari“, neanche si trattasse di caviale e champagne. 8.000 € sono altresì previsti per “Spettacoli musicali” (folkloristici-muisica leggera – popolare) e 10.000 € per “attività ludico ricreative – caccia al tesoro – giochi in spiaggia – torneo di calcetto – beach volley“.  Poi, sempre perché le casse del comune sono assai floride, per i soli fuochi pirotecnici, che non possono mancare, si prevede di spendere la modica cifra di 3.000 €!

Ovviamente c’è poi da mettere in conto la pubblicità di tutte le manifestazioni che, solo quella, costerà altri 3.000 €.

Mi è stato insegnato che il terzo settore, l’associazionismo e l volontariato, dovrebbero essere d’utilità sociale alla comunità sopperendo laddove le amministrazioni locali non arrivano con la loro forza. In questo caso, invece, pare che ci sia un vero e proprio dedalo di associazioni che, molto spesso con le idee più improbabili che spaziano dai giochi in spiaggia (che un tempo non avevano bisogno di finanziamento alcuno) alla degustazione di prodotti tipici passando dai fuochi pirotecnici, continua solo ad auto finanziarsi.

Il turista, oltre che cassonetti vuoti e depuratori funzionati, sarebbe attratto certo, ma da eventi di un certo spessore culturale. Invece, da anni ormai, si continuano ad organizzare piccolezze utili solo, nel migliore dei casi, a far trascorrere qualche bella serata ai soli turisti nostri concittadini emigranti di ritorno per le vacanze.

Quando con l’associazione di volontariato culturale Non Mollare presentammo il volume La Calabria cui parteciparono il Prof. Luigi Maria Lombardi Satriani, il registra Vittorio De Seta, l’editore Città del Sole, la giornalista Assunta Scorpiniti e altri insegni personaggi, la manifestazione finì su tutti i giornali calabresi e persino sul sito del ministero della Giustizia, il tutto costò al comune, tra palco, luci, amplificazione appena 600,00 compreso le spese di rimborso viaggio al Prof. Satriani che, autore dell’introduzione del volume, venne appositamente dalla sua residenza in Roma. Il libro lo avevamo stampato noi, la ricerca che vi era stata a monte come associazione di volontariato l’avevamo fatta volontariamente senza costare un euro a nessun cittadino e la cultura fece il resto. Eppure la manifestazione di presentazione organizzata come tavola rotonda ebbe grande successo. Spendere 45.500 euro, soprattutto con questi chiari di luna, dovrebbe consentire quantomeno l’organizzazione di un qualcosa di memorabile. Come il Roccella Jazz Fest solo per fare un esempio, che potesse ricordarsi come un evento ed essere in grado di attirare nuovo turismo.

relazione

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IL CONSIGLIO DEI MINISTRI IMPUGNA LA LEGGE DI MODIFICA DELLO STATUTO DELLA REGIONE CALABRIA

(AGI) – Roma, 22 apr. – Il Consiglio dei Ministri ha esaminato tre leggi regionali su proposta del Ministro per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport. Nell’ambito di tali leggi, il Consiglio ha deliberato l’impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale della legge Regione Calabria “Testo di Legge di Revisione Statutaria approvato con 2a Deliberazione Consiliare ai sensi dell’art. 123 della Costituzione. Riduzione del numero dei componenti del Consiglio Regionale e dei componenti della Giunta Regionale. Modifiche alla Legge Regionale 19 Ottobre 2004, n. 25 “Statuto della Regione Calabria” in quanto contiene disposizioni che contrastano con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all’articolo 117, comma 3, della Costituzione. Qui finisce l’agenzia e comincia il commento: perché il CdM impugna la legge approvata dalla Regione Calabria considerandola in contrasto coi principi di finanza pubblica contenuti nella costituzione?

Testo art. 117, 3° comma, per come applicabile a decorrere dal 2014

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario22; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principî fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

“Vecchio” (ma in vigore sino al 2014) testo dell’art.117, 3°comma, della nostra Carata Costituzionale

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principî fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Nella nota 22 riportata in apice alla parola “tributario” si legge testualmente: Periodo così modificato dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 3 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1. Le disposizioni di cui alla citata legge costituzionale si applicano, ai sensi di quanto prescritto dal comma 1 dell’art. 6 della stessa, a decorrere dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014. V. anche l’art. 5 della suddetta legge costituzionale.

Insomma, non è che ci voleva neanche troppo a capire che le modifiche alla Carata Costituzionale erano da intendersi valevoli a decorrere dal solo esercizio finanziario 2014. Le domande che, per così dire, ci sorgono spontanee sono: perché tanta fretta nel voler dismettere anticipatamente la funzione di “armonizzazione dei bilanci pubblici” da parte del nostro Consiglio Regionale? C’era forse qualche altro rimborso allegro e poco armonizzato nei bilanci creativi dei gruppi del Consiglio Regionale calabrese? E, soprattutto, perché la stampa calabrese e la TV regionale ma di stato, su questo non fanno inchieste e format televisivi per far conoscere la nostra Regione e consentire ai suoi cittadini di deliberare consapevolmente?

 

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Antonio Marcianò (Confesercenti Cal.): nei primi 2 mesi del 2013 sparite 167 imprese al giorno. Cura del territorio e turismo per far ripartire l’economia calabrese

Riceviamo e pubblichiamo dall’Uff.Stampa di Confesercenti Calabria

Un delegazione della Confesercenti di Reggio Calabria , composta dal presidente Nino Marcianò e dai vice Benito Lisitano e Ciccy Cannizzaro, ha incontrato venerdì 19 aprile 2013 la Commissione Straordinaria del Comune di Reggio Calabria.

Il presidente Marcianò ha illustrato al prefetto Vincenzo Panico ed al vice prefetto Giuseppe Castaldo la grave crisi del comparto, richiamandone gli effetti sul piano nazionale.

“Nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2013 e il 28 febbraio –  ha ricordato Marcianò – nel settore hanno chiuso i battenti 13.755 aziende, mentre le aperture sono state 3.992, per un saldo negativo di 9.783 unità: praticamente, sono sparite oltre 167 imprese al giorno.

Proprio per questo è stato dato plauso per la sottoscrizione del protocollo per la legalità, che dovrà essere affiancato, comunque, da incisivi interventi comunali a contrasto dell’ abusivismo e delle contraffazione, con particolare attenzione alla vendita abusiva del pane e del pesce.

Attenzione particolare è stata data dalla Confesercenti all’emergenza rifiuti in città che, nella consapevolezza del costante impulso offerto dalla Commissione e in prima persona dal prefetto Panico, dovrà trovare a breve definitiva risoluzione.

Nel cordiale ed inteso incontro, Lisitano e Cannizzaro hanno richiamato l’attenzione sulla necessità di incentivare la raccolta differenziata, prevedendo una forte riduzione per gli operatori commerciali che, per la gestione del servizio, fruiscono di convenzioni con privati. Inoltre, l’occupazione di suolo pubblico deve trovare una diversa rimodulazione, sia con riguardo alla quantificazione che alle fondamentale riduzioni.

La delegazione della Confesercenti, in ultimo, si è detta disponibile ad affiancare l’Amministrazione comunale che è stata invitata a puntare fattivamente sul turismo quale leva di sviluppo, soprattutto attraverso:

  • La cura del territorio, con piano colore, cartellonistica, pulizie e fruibilità controllata dei siti archeologici, Museo, ecc.;

  • La promozione di eventi da istituzionalizzare anche in collaborazione con il Comune di Messina e Taormina;

La delegazione ha testimoniato alla Commissione l’apprezzamento per il lavoro svolto, pur sottoponendo alla stessa l’esigenza di produrre ogni ulteriore sforzo per evitare di aggravare, con la fiscalità locale, il già fragile tessuto economico cittadino. Il prefetto Panico ha offerto un ascolto attento, dimostrando grande sensibilità verso il settore produttivo.

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8 NUOVE TAPPE PER I PISL MINORANZE LINGUISTICHE E SPOPOLAMENTO

Giacomo Mancini
Giacomo Mancini

SCOPELLITI E MANCINI FIRMERANNO L’ACCORDO DI PROGRAMMAZIONE NEGOZIATA CON I PARTENARIATI.

(Riceviamo e pubblichiamo)

L’Assessore regionale alla Programmazione nazionale comunitaria Giacomo Mancini firmerà, a partire da domani giovedì 4 aprile 2013, l’accordo di programmazione negoziata con i partenariati dei Pisl (Progetti integrati per lo sviluppo locale) “Minoranze linguistiche e spopolamento” ammessi a finanziamento. Con questa sigla i Comuni interessati potranno utilizzare 56,4 milioni di euro per contrastare lo spopolamento e per la tutela e valorizzazione delle minoranze linguistiche.

Otto le tappe (vedere appuntamenti in basso) in alcune delle quali sarà presente anche il Presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti.

Si parte domani con le minoranze Occitane a Guardia Piemontese, alle ore 17 nella sala consiliare del Municipio. Seguiranno poi le altre tappe: il 5 aprile a Roghudi, in provincia di Reggio Calabria, per le minoranze Grecaniche; per il Pisl Spopolamento si firmerà poi a Reggio Calabria l’8 aprile; il 9 aprile a Catanzaro e Crotone; e a Vibo Valentia il 10 aprile; le Minoranze albanesi sigleranno, invece, sempre il 10 aprile ma nel pomeriggio a Spezzano Albanese; si chiuderà il 12 aprile a Cosenza con i Comuni ammessi a finanziamento per il contrasto allo spopolamento del territorio cosentino.

A essere coinvolti nel Pisl i piccoli comuni, quelli con meno di 1500 abitanti, e le aree dove sono presenti le minoranze linguistiche.

SPOPOLAMENTO – Finanziati progetti per circa 42 milioni di euro con l’obbiettivo di contrastare il fenomeno dello spopolamento. In 99 comuni grazie alle risorse europee verranno riqualificati immobili, aree e infrastrutture degradate o sotto utilizzate, realizzati centri sociali e ricreativi, volti alla diffusione della cultura dell’inclusione e al sostegno agli anziani e di accoglienza delle donne disagiate e interventi utili a sostenere lo sviluppo imprenditoriale locale e a recuperare gli antichi mestieri.

MINORANZE – Altri 14,4 milioni sono stati indirizzati verso i 41 comuni in cui sono insediate le tre minoranze presenti in Calabria: albanese, grecanica e occitana. Le risorse sono destinate alla realizzazione di musei etnografici, biblioteche e mediateche, conservatori musicali, parchi culturali e letterali laboratori della memoria storica, festival di musica etnica.

Questi progetti s’inseriscono nella procedura dei Pisl, per la quale sono stati attivati 406 milioni di fondi europei e con i quali sono state premiate le migliori progettualità della Calabria.

Maria Francesca Rotondaro


LE TAPPE (in allegato anche la locandina)


4 aprile h 17,00 Minoranze

Sala Consiliare Comune

Via Municipio 1

87020 Guardia Piemontese (CS)


5 aprile h 11,00 Minoranze

Sala cinematografica in via Ghorio

Roghudi Nuovo –


8 aprile h 11,00 Spopolamento

Sala Giuditta Levato, Palazzo Campanella

Via Cardinale Portanova

89123 Reggio Calabria


9 aprile h 11,00 Spopolamento

Hotel Guglielmo

Via Tedeschi, 1

88100 Catanzaro


9 aprile h 17,00 Spopolamento

Consiglio Provinciale

Crotone


10 aprile h 11,00 Spopolamento

Biblioteca Comunale

Via Jan Palach

89900 Vibo Valentia (VV)


10 aprile h 17,00 Minoranze

Palazzo Luci

Via Luci

87019 Spezzano Albanese (CS)


12 aprile h 11,00 Spopolamento

Ridotto del Teatro Rendano

87010 Cosenza (CS)

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Un mondo senza immaginazione: la fine delle illusioni

di Maria Elisabetta Curtosi

Cosa significa per centinaia di migliaia di persone essere allontanate a forza dal proprio paese d’origine, obbligate a migrare verso città e paesi lontani, abitati già da troppi uomini e donne che non li aspettano e non li accolgono certo bene? Cosa significa perdere tutti i propri seppur modesti beni, la propria casa e non avere nulla in cambio?

Si domanda Arundhati Roy, l’autrice dello splendido romanzo Il dio delle piccole cose. Si è laureata alla Delhi School of Architecture e vive a Nuova Delhi. È stata assistente al National Institute of Urban Affairs e ha studiato Restauro dei monumenti a Firenze. Ha scritto, tra l’altro, alcune sceneggiature. Il dio delle piccole cose, suo romanzo d’esordio, è stato un best seller in tutto il mondo.

 

La tragedia che si cela dietro questo fenomeno non è facile da  immaginare. Eppure “ E’ il governo indiano che organizza queste migrazioni di massa, per costruire dighe sempre più grandi, sempre più forti e sempre più economicamente utili ”. Una triste e drammatica realtà e la scrittrice ha scelto di non tacere , ma quali saranno i vantaggi? il progresso, il bene comune, l’interesse del paese? La Roy risponde no.

La scrittrice indica anche alcuni responsabili dello scempio, ad esempio la Banca Mondiale, alcuni Consulenti Internazionali per l’Ambiente, politici, burocrati e imprese costruttrici. Uno scenario che si ripete in molti altri paesi del Terzo Mondo, mentre il Primo Mondo si rifiuta ormai da tempo di costruire Grandi Dighe “che riducono la terra a un deserto, provocano inondazioni, saturazione e salinizzazione del terreno, e diffusione di malattie… non sono nemmeno riuscite a svolgere il ruolo di monumento alla Civiltà Moderna, di emblema del dominio dell’Uomo sulla Natura”.

Non si può parlare di “sviluppo costruttivo”, ma unicamente di “sviluppo distruttivo”. Un esempio di fallimento per tutti: la diga di Bargi, vicino a Jabalpur, che irriga solo il 5 per cento della terra che i progettisti avevano previsto.

<< Sono cresciuta in un villaggio e ho sperimentato sulla mia pelle l’isolamento, l’iniquità e la potenziale barbarie di questa vita. Non sono una fanatica antiprogresso, e nemmeno cerco di far proseliti a favore del mantenimento perenne di costumi e tradizioni. Ma sono molto curiosa. E la mia curiosità si è ridestata a proposito della valle della Narmada. L’istinto mi diceva che qui c’era qualcosa di grosso >>

Infatti, questo territorio è in pericolo per la costruzione di una diga del Sardar Sarovar, e da dieci anni c’è in corso una battaglia in India molto importante che sfociò in un problema polito e sociale cioè di democrazia. A chi appartiene questo territorio? E’ dei tribunali o dell’esercito o meglio dell’apparato burocratico?

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Guerra economica mondiale: aziende sempre più “responsabili”

di Maria Elisabetta Curtosi

E’ evidente che siamo giunti a un punto di svolta nella “guerra economica” mondiale, almeno per quanto rigurada la sostenibilità.

Fresca è la notizia che le aziende diventano sempre più “responsabili”, infatti da un po’ di tempo sentiamo parlare di corporate social responsability (Csr) appunto. Ovvero le piccole e medie imprese  non dovranno  essere solo ossessionati dalla ricerca di profitti in tempi sempre più brevi, spinti dal capitale finzanziario e che finiscono per rispondere sempre meno a domande sociali reali  e sempre più ubbidiscono ai propri imperativi di crescita infinita ma dovranno considerare l’impatto sociale e ambientale; sarà un’importante responsabilità.

Nel 2011 il 68% delle imprese prevede di aumentare i propri investimenti in sostenibilità in quanto si considera imprescindibile il legame tra i risultati economici e l’impegno per quest’ultima. Inoltre l’ Adnkronos ci informa che <<Da un’indagine svolta su 200 aziende, dall’Economist Intelligence Unit e commissionata da Enel, l’87% dei manager ritiene che la responsabilità sociale di un’azienda rappresenterà un fattore ancora più importante e strategico nei prossimi tre anni.>>

Siamo in un momento storico in cui il consumismo è alla base della nostra vita sociale, ne detta le regole. Ma ancor più chiaro e fulmineo  risulta l’intervento del Professore di Storia Contemporanea dell’Università La Sapienza, Piero Bevilacqua a delineare un processo sempre più allarmante:  << Si continua a seguire una logica di accumulazione in una fase storica dello sviluppo capitalistico in cui occorrerebbe attivare una logica della distribuzione: distribuzione di risorse, di beni, di lavoro, di cultura. Si continua a seguire una logica dell’accrescimento quando la possibilità di migliorare le nostre condizioni di vita è palesemente legata a una logica della diminuzione: meno ore di lavoro, meno merci, meno dissipazione di risorse naturali e di energia, meno consumo, meno celocità, meno fretta>>.

 

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Abolire la miseria forse non conviene

di Giuseppe Candido

Articolo pubblicato il 15/12/2011 su “Il Quotidiano della Calabria”

Abolire la miseria, ci dicono, ch’è un sogno, una visione. Già Ernest Bloch sosteneva che, “porre fine alla miseria per un tempo incredibilmente lungo non suonò per nulla normale, al contrario era una favola … ”. La possibilità di creare un mondo più giusto o, quanto meno, uno Stato più equo abolendo la miseria, come sostiene però lo stesso Bloch, può entrare nel nostro campo visivo “solo come sogno a occhi aperti”. E allora, in questo momento di crisi in cui l’Italia rischia assieme all’Europa e all’euro il suo tracollo finanziario, facciamolo questo sogno ad occhi aperti: un sogno di uno Stato più equo e di una Patria europea come quella che sognavano i suoi padri fondatori. È certo che, per uno Stato più equo è necessario, ma non sufficiente, uno Stato che almeno rispetti le sue stesse leggi. E questo non è certo il caso delle nostre carceri che l’Europa condanna ogni due per tre e che lo stesso Capo dello Stato il 28 luglio scorso ha definito una “prepotente urgenza”. Mentre si parla di decreto svuota carceri l’amnistia sarebbe non soltanto atto di clemenza invocato pure da Wojtyla oltreché di ripristino della legalità costituzionale repubblicana, ma anche e soprattutto un atto finalizzato all’ottenimento di una Giustizia più giusta; a differenza che con l’indulto, con l’amnistia si perderebbe il carico pendente di milioni di processi e vedrebbe cessare l’inesorabile flusso di prescrizioni che viaggia al ritmo di 200.000 all’anno e che qualcuno definisce, quella sì, “amnistia strisciante di classe e di regime”. Poi, dopo la “prepotente urgenza” c’é la non meno prepotente necessità di risanare il bilancio dello Stato. In questo senso, strettamente economico-finanziario, considerato che il debito pubblico è stato direttamente generato (e non creato) dai partiti e dalla politica che non solo hanno disseminato per decenni pensionamenti baby e stipendi d’oro assieme ad auto di blu, ma che, dal ’94 al 2008, hanno letteralmente sottratto dalle casse dello stato oltre 2,2 miliardi di euro a titolo di rimborsi elettorali dopo che i cittadini avevano abolito, con referendum, il finanziamento pubblico dei partiti. Si parla di abolire i costi della politica come se questi fossero causati principalmente dagli stipendi di parlamentari ed eletti a tutti i livelli. Ma non è così: il vero maltolto della partitocrazia, il vero e proprio furto dalle casse dei cittadini è costituito proprio dai rimborsi elettorali che salassano le casse patrie con un prelievo di quasi 500 milioni di euro all’anno. Poi c’è la vicenda delle frequenze del passaggio al digitale regalate e non messe all’asta come pure si potrebbe fare recuperando, stimano i tecnici, da un minimo di 2 sino ad un massimo di 10 miliardi di euro. Si potrebbero abolire, come hanno fatto notare durante la trasmissione “piazza-pulita”, quelle ulteriori spese militari per oltre dieci miliardi di euro evitando di acquistare una manciata di aerei da caccia e sommergibili. Tralasciando i regali fiscali fatti con lo scudo al 5% che, pare, sia un contratto immodificabile, c’è però l’ici (o imu) non chiesta e tutte le altre esenzioni (Ires, ecc.) alla Chiesa cattolica che, sommate al miliardo di euro l’anno percepito con il meccanismo dell’otto per mille, potrebbero aiutare a far quadrare i conti se adeguatamente rimodulate. E invece no, questo governo se pur di tecnici è un governo che è sostenuto da una maggioranza politica e a Berlusconi non fa certo comodo né l’assegnazione delle frequenze del digitale terrestre con gara regolare né, tanto meno, una patrimoniale vera sui grossi capitali. Per cui la manovra dovrà essere pagata dai soliti noti, pensionati e lavoratori; gli evasori ed i proprietari di grossi capitali possono stare tranquilli e abolire la miseria resterà ancora un sogno ad occhi aperti.

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Doveva essere più equa

di Giuseppe Candido

È stata subito positiva la reazione dei mercati alla manovra del Governo Monti: nella mattinata di lunedì, mentre il Presidente del Consiglio annunciava i provvedimenti alla stampa estera, lo spread è sceso sotto la quota psicologica di 400 punti base e il Mib Ftse, l’indice che da qualche anno caratterizza la borsa nostrana, è andato su del + 2,9%.

Da gennaio 2012 tutti in pensione col sistema contributivo e, già da subito, le donne andranno in pensione a 62 anni e gli uomini a 66. Volontariamente, per i prodi lavoratori che vorranno aiutare le casse dell’Inps, l’uscita dal lavoro potrà essere posticipata tra i 63 e 65 dalle donne e dai 67 ai 70 anni dagli uomini. Torna pure l’imposta sulla prima casa sotto le velate spoglie dell’Imu, l’imposta municipalizzata unica, e con estimi catastali rivalutati del 60%. Su tutti i prodotti finanziari è stata messa un’imposta di bollo e, sui capitali rientrati con lo scudo fiscale, una tassa aggiuntiva dell’1,5%. E pure sui pagamenti è stato posto inesorabile divieto ad effettuarne in contanti per importi superiori ai mille euro. Anche per l’Iva è previsto, a partire dal secondo semestre del 2012, l’aumento dell’aliquota dal 21 al 23 %. Insomma, ce n’è per tutti tant’è che Monti, per meglio far ingoiare la pillola, assieme al taglio delle giunte provinciali e alla riduzione a 10 del numero dei Consiglieri, ha tagliato il suo stipendio di primo ministro e di ministro ad interim dell’economia. Monti c’ha poi rassicurato che nei provvedimenti si è posta attenzione a non favorire la criminalità (come invece fatto in passato ndr) e che, per porre un equilibrio tra nuove tasse e aiuti, sono state previste agevolazioni alle imprese. I sindacati, ritrovata l’unità, sono sul piede di guerra.

Ma le valutazioni sui singoli provvedimenti della manovra, come ha ricordato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, spettano alle Camere: “Non ho mai commentato le scelte dei governi”, ha detto. Che però la manovra “doveva essere più equa” l’ha fatto sapere, a stretto giro di posta, la CEI. E, se vogliamo dirla tutta, non ci sembra proprio esser stata efficace sul piano della lotta all’evasione né su quello della tassazione delle rendite di capitali. L’introduzione di un bollo per l’acquisto di prodotti finanziari non ci sembra colmare una grande disparità patente di questo Paese. Vogliamo insistere su quest’ultimo punto perché riteniamo che proprio la tassazione delle rendite da capitale potrebbe rappresentare un forte fattore di equità e assieme di sviluppo. Tanto per fare un esempio, se hai un capitale di 10 milioni di euro e lo investi in un’attività che ti rende, in un anno, diciamo 300.000 euro netti, questo guadagno che per esser fatto ha già dato del lavoro ed ha già fatto girare l’economia, sarà tassato con una aliquota del 43% o del 45%. Se invece lo stesso capitale di 10 milioni il signor X lo tiene immobilizzato percependone la sola rendita, al 3%, guadagnerebbe gli stessi 300.000 euro che però vedrà tassati al 12% salvo pagare qualche spicciolo in più se, nel cambiare fondi o azioni, acquisterà qualche nuovo prodotto finanziario. Ciò è semplicemente assurdo. Chi investe il proprio capitale per fare un’impresa sa che verà tassato rispetto a quello che si vedrebbe tassato stando tranquillamente al sole a godersi le rendite del capitale in banca. Mantenere questa stortura mentre si tagliano i diritti a chi stava per andare in pensione e mentre si reintroduce la tassa per la prima casa, è intollerabile. E poi, sui costi della politica, se davvero si voleva dare un taglio e non soltanto un segno, si potevano tagliare drasticamente i rimborsi elettorali, reintrodotti in modo truffaldino dai partiti contro la volontà referendaria che ne aveva abolito il finanziamento pubblico. Un rimborso che annualmente ci costa 468 milioni e 853.675 euro e che, in dieci anni, è stato in grado di sottrarre dalle casse dello Stato oltre due miliardi di euro.

 

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