Di Valter Vecellio
La notizia, innanzitutto: il dottor Maurizio Silvestri, ginecologo presso l’ospedale di Spoleto, obiettore di coscienza, annuncia di aver maturato la decisione di non avvalersi di questa prerogativa che gli consente la legge, e di essere disposto a interrompere gravidanze a donne che, ovviamente, chiedono di poter usufruire di quanto previsto dalla legge 194. “Quando ho iniziato la mia professione di ginecologo ecografista”, racconta il dottor Silvestri, “avevo scelto di non praticare aborti, era stato un po’ ‘mettermi alla finestra’ perché pur essendo laico, non cattolico ero convinto che comunque c’era tra i colleghi chi si faceva carico del problema. Poi c’è stato l’incontro con un’ostetrica che dopo 42 anni di servizio, al momento di andare in pensione mi ha raccontato di aver visto tante donne morire di aborto clandestino. Un articolo di ‘Lancet’ dove vengono riportati dati drammatici: 47.000 casi di morte provocati nel mondo da aborti clandestini, una delle maggiori cause di morte per le donne, mi ha fatto molto riflettere, e un altro dato statistico mi ha colpito: i Paesi dove le leggi sull’interruzione volontaria di gravidanza sono più permissive, sono anche quelli dove il ricorso all’ aborto è in netta diminuzione. Poi mi ha impressionato la notizia che una donna di Padova aveva girato 23 ospedali prima di trovare la struttura dove effettuare l’interruzione, rischiando di non stare entro i 90 giorni previsti dalla legge. Tutte queste considerazioni mi hanno portato a ritirare l’obiezione, a mettermi in gioco, per non stare più alla finestra”.
Il medico non obietta più dopo aver saputo del caso di Padova; vicenda di cui presto ci si è dimenticati. Molte più polemiche ha suscitato il caso del bando della regione Lazio per l’assunzione, presso l’ospedale San Camillo di Roma di due medici purché non obiettori. In quel modo si è sanata una carenza cronica di quell’ospedale. Eppure è insorta l’associazione dei medici cattolici; e a ruota la conferenza episcopale, e molti politici del centro-destra. Hanno rivendicato il diritto all’obiezione di coscienza. Figuriamoci se si vuole costringere qualcuno a fare qualcosa che confligge con la propria coscienza. Però andrebbe prioritariamente rispettata la volontà della donna, che per ragioni che non vanno giudicate, decide di interrompere la gravidanza; la sua integrità psichica e fisica. Quella donna ha diritto ad ogni assistenza, e la nostra coscienza impone (dovrebbe imporre) di garantirgliela. E’ lei che soprattutto dovrebbe contare, assai più della coscienza di un qualsiasi “obiettore”.
La legge 194 è del 1978. Ricordo bene quel tempo. Oltre a noi radicali che raccoglievamo firme, ci si autodenunciava, si organizzavano disobbedienze civili, si affrontava qualche processo,per avere una legge non più punitiva della donna e mettere la parola fine all’aborto clandestino, di classe e di massa (chi poteva permetterselo aveva a disposizione “i cucchiai d’oro”, le cliniche all’estero; per le altre, le mammane, le fattucchiere, e in migliaia morivano). Parlo di un tempo in cui Adele Faccio, Gianfranco Spadaccia, Emma Bonino, Giorgio Conciani, dopo la “delazione” del “Candido” di Giorgio Pisanò, sono arrestati dal magistrato fiorentino Carlo Casini (poi tra i leader del Movimento per la Vita). Un tempo in cui erano pochi, negli altri partiti, a schierarsi coi radicali: Loris Fortuna, Giacomo Mancini, Salvatore Frasca, Antonio Landolfi, Umberto Terracini…
Sono passati ormai quarant’anni da quella legge. Se all’inizio ci potevano esserci ginecologi con problemi di coscienza (e dunque andavano tutelati nel loro diritto a non voler fare quello che ritenevano incompatibile con la loro credenza), ora non più. Ora chi decide di fare ginecologia, sa benissimo che può capitare di dover fare anche qualcosa che la paziente richiede, e che può confliggere con la sua coscienza. Non l’ha ordinato nessuno di fare il ginecologo. La scienza medica ha una pluralità di specialità. Chi ha problemi di coscienza faccia il chirurgo, l’ortopedico, altro. Ci sono tanti modi per fare del bene al prossimo, e essere medici senza necessariamente fare il ginecologo.
Nessuno giustificherebbe un agente di polizia o un carabiniere che in occasione di un conflitto a fuoco con dei malviventi si rifiuta di intervenire dicendo: sono un nonviolento, dunque non sparo. Se una persona sceglie di indossare una divisa, deve mettere in conto, purtroppo, di dover estrarre un’arma e usarla. Oggi il ginecologo se decide di intraprendere questa carriera, deve mettere in conto che un giorno può arrivare una donna che vuole interrompere la gravidanza. Il suo NO oggi non si giustifica. Se la sua coscienza glielo vieta, faccia altro nell’ambito della scienza medica. Farà ugualmente carriera. Farà ugualmente del bene.