Strage di Ustica: la “piccola notizia” su una morte misteriosa (e tante altre ancora…)

Di Valter Vecellio (*)  

La “notizia” scivola via, tra la disattenzione dei più e l’interessata indifferenza di qualcuno; certo: viviamo giorni in cui accade di tutto e di più. Facile, dunque che il dispaccio di agenzia si perda tra le decine di altre che ogni cinque minuti viene messa in rete. In effetti, bisogna essere un po’ maniaci, per farci caso…

La “notizia” è questa: su ordine della magistratura viene riesumato dalla tomba dove riposa quel che rimane delle spoglie terrene di Mario Alberto Dettori; un signore che dirà qualcosa solo, ormai, a “maniaci”, appunto.  

Dettori era uno dei radaristi dell’aeronautica militare in servizio nella base di Poggio Ballone, in Maremma, quando avvenne la strage di Ustica, il 27 giugno 1980. Quella notte torna a casa a Grosseto e confida alla moglie: “Siamo stati a un passo dalla guerra”. Sei anni dopo, nel 1987, lo trovano impiccato sulla strada per Istia d’Ombrone, in Toscana. Non viene fatta l’autopsia e il fascicolo giudiziario in fretta e furia viene chiuso: suicidio. La famiglia di Dettori non ci crede; la figlia Barbara, appoggiandosi all’associazione antimafia Rita Atria presenta in procura a Grosseto nuove carte per riaprire il caso. I resti del maresciallo dell’aeronautica sono riesumati su disposizione della procura: “E’ avvenuto lo scorso 16 febbraio” dice la figlia, che all’epoca della scomparsa del padre aveva 16 anni. “Non abbiamo mai creduto al suicidio, mio padre non lo avrebbe mai fatto, non era proprio il tipo, e aveva tre figli piccoli. Noi siamo convinti che in quel posto non fosse solo. Vogliamo la verità”.

Più che comprensibile e giustificata aspirazione; anche se non si comprende come, a distanza di tanto tempo, le spoglie di Dettori possano dire qualcosa. Vero è che gli esami scientifici sanno fare miracoli. Non resta che attendere l’esito delle analisi che saranno eseguite presso l’Istituto di medicina legale di Siena. Attendere e ricordare.

Dettori era uno dei testimoni chiave dell’inchiesta sul DC9 dell’Itavia che la sera del 27 giugno 1980 si inabissa con le 81 persone che erano a bordo.

Mio padre”, racconta Barbara, “aveva paura; venne mandato per tre mesi in una base radar in Francia, e tornò molto spaventato”. Dettori dopo la notte di Ustica si era confidato anche con l’ex capitano dell’aeronautica Mario Ciancarella, in seguito radiato dalle forze armate con un decreto firmato dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini; piccolo particolare: tempo fa si è scoperto che quella firma era falsa, Pertini non l’ha mai apposta. Ciancarella racconta che Dettori gli avrebbe confidato: “Siamo stati noi a tirarlo giù, capitano. Siamo stati noi”. Alle mie domande, rispose: “Ho paura, capitano, non posso dirle altro al telefono. Qui ci fanno la pelle”.

Sempre Dettori, la mattina del 28 giugno 1980 alla cognata Sandra Pacifici, secondo quanto lei stessa racconta, dice: “Stanotte è successo un casino, qui finiscono tutti in galera. Siamo stati a un passo dalla guerra”.

Suicidio; che forse non è tale. E se non è tale…

Non è il solo mistero; ce ne sono una buona decina. Come abbiamo detto, ufficialmente, le vittime di Ustica sono 81. Ma su quell’aereo, sembra gravi una maledizione. Ci sono un’altra decina di persone decedute, tutte legate in un modo o nell’altro alla strage. Improvvisamente muoiono, si tolgono la vita senza motivo, o sono vittime di strani incidenti…

Quella sera, in servizio al centro radar di Poggio Ballone, con Dettori c’è anche il capitano Maurizio Gari; Gari muore d’infarto, un colpo secco, improvviso. La famiglia assicura che scoppiava di salute. Chissà, può capitare un infarto non annunciato, improvviso, traditore. Come capita di impiccarsi, come si dice abbia fatto Dettori.

Capita anche di morire come muore il generale Giorgio Teoldi, comandante dell’aeroporto militare di Grosseto; da quell’aeroporto, quella sera decollano tre aerei da guerra. Il generale si schianta a bordo della sua automobile; è solo, non ci sono testimoni, quando si schianta; un colpo di sonno, un malore? Capita.

A bordo di uno di quegli aerei decollati da Grosseto ci sono i capitani Ivo Nutarelli e Mario Nardini; vanno poi a morire, il 28 agosto 1988, a Ramstein in Germania, durante le esibizioni acrobatiche; esperti piloti, capita anche ai più bravi di commettere un errore; o un guasto. Il mortale incidente si verifica una settimana prima di essere interrogati dal magistrato che conduce l’inchiesta sulla strage. Capitano anche coincidenze di questo tipo.

Il sindaco di Grosseto Giovanni Finetti, raccoglie le confidenze di alcuni ufficiali sulla strage; muore anche lui, incidente stradale, anche lui è solo, nessun testimone. Capita.

Un altro generale, Saverio Rana, capo del Registro Aeronautico: è il primo che  parla di missile. Anche il generale muore, vittima di infarto…Capita.

Ugo Zammarelli è un maresciallo dell’aeronautica; si mette in testa di cercare di capire che cosa ci fa quel MIG libico trovato sui monti della Sila. Una motocicletta lo uccide mentre passeggia sul lungomare. Capita; e capita che non si disponga l’autopsia. Che i suoi bagagli non si sa che fine abbiano fatto.

Nella sfilata dei “capita” ci mettiamo anche la morte di un altro maresciallo, Antonio Muzio, ucciso da sconosciuti con tre colpi secchi di pistola. Muzio Lavora all’aeroporto di Lametia Terme, dove avevano conservato i resti del MIG e i nastri con le registrazioni di volo.

A un ex colonnello, Sandro Marcucci, capita di schiantarsi mentre è a bordo del suo Piper anti-incendio; incidente improvviso, senza apparente spiegazione. Qualche giorno prima a proposito di Ustica aveva rilasciato dichiarazioni di fuoco contro l’aeronautica.

Al maresciallo Franco Parisi, invece, capita d’essere preda di una improvvisa depressione; cosicché anche lui si toglie la vita impiccandosi. Parisi prestava servizio al centro radar di Otranto, anche lui doveva essere interrogato dai magistrati.

E’ da almeno trent’anni che mi occupo, per il mio lavoro di giornalista, della strage di Ustica. Le immagini dei corpi in mare recuperati, i rottami dell’aereo con certosina pazienza ricostruito, le avrò viste mille volte, nelle salette di montaggio. Ma c’è un’immagine che ogni volta mi emoziona e commuove. E’ quella di un bambolotto, avvolto in un cellophane: chissà di chi; su quell’aereo c’erano tanti bambini: Daniela, Tiziana, Alessandra Giovanni, Giuliana, Alessandro, Nicola, Maria Grazia, Sebastiano, Francesco, Antonella, Giuseppe, Vincenzo, Giacomo… tutti insieme non fanno cent’anni. Oppure era il regalo per qualcuno in attesa a Palermo, e che da quella sera del 27 giugno 1980 attende verità e giustizia…

C’è poi un’altra immagine, con la quale chiudo quasi sempre i miei servizi, a visiva memoria: sono i giubbotti-salvagente gialli, allineati; ognuno corrisponde a una persona, a una storia, a degli amori, dei sogni, delle vite insomma: sono “solo” 81, e non finiscono mai…

Che cosa sappiamo di quella strage? Sappiamo che il DC-9, che a quell’ora non doveva essere lì; e invece c’era, per via di un non previsto ritardo; e si trova al centro di un episodio di guerra aerea, guerra di fatto e non dichiarata, dice il giudice Rosario Priore.

Sappiamo che quella notte, in volo c’erano molti altri aerei, francesi, libici, italiani, di altre nazionalità; e questo lo dice la NATO.

Sappiamo che non è vero che la base militare francese di Solenzara, in Corsica era chiusa dalle 5 del pomeriggio, come un qualunque ufficio postale, ma era al centro di una intensa attività, aerei in decollo e atterraggio; sappiamo che in quella porzione di Mediterraneo c’era sicuramente una portaerei francese.

Sappiamo che per non aver saputo garantire la sicurezza dei voli è stato condannato il ministero dei trasporti; e sappiamo che per aver ostacolato il raggiungimento della verità è stato condannato il ministero della difesa.

Sappiamo che la strage, come altre, è “segnata” da depistaggi, tradimenti, prove e registrazioni cancellate, segreti di stato, interferenze, prescrizioni che salvano dalla condanna funzionari ed ufficiali coinvolti nell’azione di occultamento delle prove.

Ci sono poi le parole del presidente della Repubblica Mattarella, il messaggio consegnato ai parenti delle vittime della strage di Ustica. Parole su cui dovremmo riflettere più di quanto non si sia fatto. Dice, il Presidente, che “le democrazie si fondano su valori e diritti che non possono sottrarsi al criterio della verità”. Verità, cioè: conoscenza. E auspica,  testuale, che “si riescano a rimuovere le opacità purtroppo persistenti”. Proprio così: “Opacità purtroppo persistenti”. Persistenti: significa  un qualcosa che permane costantemente nel tempo, si prolunga oltre il previsto, comunque per un lungo periodo. Questo dice il presidente Mattarella; e ognuno ora ne tiri la giusta somma. Buona giornata, e buona fortuna.

Sappiamo che il presidente Francesco Cossiga, a lungo sostenitore della bomba a bordo e della teoria dell’attentato, poi  cambia idea, e dice che il DC-9 è stato abbattuto, “per errore”, dai francesi.

Qualche mese fa sono stati pubblicati i diari dell’ambasciatore Ludovico Ortona, capo ufficio stampa al Quirinale quando l’“inquilino” era Cossiga. Un grosso volume di oltre seicento pagine, “La svolta di Francesco Cossiga” (Aragno editore). Non so quanti si sono sorbiti quelle seicento pagine. Chi scrive, l’ha fatto, e arrivato alla pagina 251, 30 settembre 1989 ha letto:

 “…il Presidente si apre oggi un po’ di più su Ustica, e ci dice che ormai se, come sembra, si riduce il campo delle responsabilità a tre paesi che avrebbero lanciato il missile, gli USA, la Francia o la Libia a suo avviso non si può che nutrire sospetti sui francesi. Infatti, certamente gli americani con il loro moralismo puritano avrebbero tirato fuori qualcosa in nove anni. Dei libici non gli pare credibile. Invece nutre sospetti su come operano i francesi e su come saprebbero mantenere il segreto….

Confidenze fatte, ripeto, il 30 settembre 1989. In quei giorni, già, Cossiga nutriva sospetti sui francesi…. A Parigi, dal 1989 sono cambiate tante cose, ma i segreti sanno conservarli sempre molto bene.

Ci sono poi le parole del presidente della Repubblica Mattarella, il messaggio consegnato ai parenti delle vittime della strage di Ustica. Parole su cui dovremmo riflettere più di quanto non si sia fatto. Dice, il Presidente, che “le democrazie si fondano su valori e diritti che non possono sottrarsi al criterio della verità”. Verità, cioè: conoscenza. Auspica,  testuale, che “si riescano a rimuovere le opacità purtroppo persistenti”. Proprio così: “Opacità purtroppo persistenti”. Persistenti: significa  un qualcosa che permane costantemente nel tempo, si prolunga oltre il previsto, comunque per un lungo periodo. Questo dice il presidente Mattarella; e ognuno ora ne tiri la giusta somma.


(*) Valter Vecellio, vice capo redazione del TG2, già direttore responsabile del giornale satirico Il Male, è direttore di Notizie Radicali e membro della Presidenza del Partito Radicale

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