“Contro questa politica, che danneggia la scuola pubblica e l’interesse collettivo, docenti, studenti e lavoratori” – sostiene il giudice Ferdinando Imposimato – “devono mobilitarsi per una nuova Resistenza“. Partiamo da qui per spiegare le ragioni dello sciopero?
di Giuseppe Candido
Il disegno di legge sulla scuola presentato alla Camera (AC 2994) lo scorso 27 marzo ormai noto ai più con il contraddittorio nome de la buona scuola non piace a chi la scuola la fa e la vive ogni giorno. La risposta dei docenti e dei loro sindacati è corale. Un testo, quello in discussione, assai diverso (e anche peggiorato) rispetto a quello messo online per due mesi e sul quale, già allora, il Governo aveva ricevuto critiche a iosa tanto da non poter neanche pubblicare i risultati.
Gli insegnanti il 5 maggio saranno in sciopero. Anzi, saremo in sciopero. Ma il Governo non comprende perché si scioperi e il ministro dell’Istruzione Giannini si dice stupita: si sciopera – secondo lei – contro l’assunzione di 100mila precari che il Governo vuole fare. Un tentativo maldestro di mettere docenti contro docenti. Perché non si dice che se ne lasceranno a casa tantissimi che pure ne hanno diritto. Ma si dice che “la scuola non è un ufficio di collocamento”.
La scuola, però, è unita. E, infatti, si spostano le prove invalsi. Si teme uno sciopero che vede uniti i sindacati e uniti i docenti, insegnanti precari e di ruolo, nel dire No a una riforma che pure un giudice come Ferdinando Imposimato, lo scorso 24 aprile – intervenendo a un convegno organizzato da un’associazione di docenti in occasione del 70° anniversario della Liberazione, – ha definito il disegno di legge un attacco alla scuola pubblica statale e alla democrazia. Un intervento che andrebbe quantomeno discusso ma che invece rimane totalmente celato, cancellato dai media nazionali per non disturbare il Governo.
Imposimato, classe 1936, oggi è alto magistrato presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione e, dal ’92 al ’94, è stato Deputato durante la XI Legislatura. Iscritto ai gruppi parlamentari del Partito Comunista, prima, e del PDS dopo. Quindi, oltre ad essere assai autorevoli, le sue parole non possono certo essere considerate di parte, “sindacalizzate”, né tanto meno strumentali. Ma non lo si fa parlare a “porta a porta” o nei frequentatissimi talk show. Se il ministro dell’Istruzione, che pure sulla scuola è intervenuta da tutte le reti televisive e più volte per propagandare la riforma e per non aver potuto parlare alla festa del PD è diventata “vittima delle contestazioni” di quelli che lei stessa ha definito come “abulici e squadristi”, le parole di Imposimato e il suo appello al Presidente Mattarella restano nell’oblio di internet.
“Contro questa politica, che danneggia la scuola pubblica e l’interesse collettivo, docenti, studenti e lavoratori” – ha detto testuale nel suo intervento – “devono mobilitarsi per una nuova Resistenza”.
Aggiungendo che:
“Se la scuola pubblica non vuole subire nuove sconfitte, deve affrontare compatta e non divisa le forze del privilegio e della reazione, che 70 anni dopo la Liberazione, non sono morte, ma, come appare da molti segni evidenti, sono più vive che mai e tentano di umiliare la scuola di Stato con grave pericolo per la democrazia”.
“La riforma del Governo – per il magistrato della Suprema Corte di Cassazione – “va contro l’interesse del paese”. Contro l’interesse di “una società”, ha spiegato chiaramente, “in profonda crisi a causa delle diseguaglianze tra una piccola classe di privilegiati, che godono di retribuzioni enormi, e una grande massa di cittadini, tra cui i docenti, che vivono in uno stato di bisogno. Ma la libertà senza eguaglianza” – ha detto altrettanto chiaramente Imposimato – “non esiste, è una falsa libertà. Il docente che non ha un lavoro stabile e una retribuzione dignitosa, non ha la serenità necessaria per educare i nostri amati giovani alla vita e alla lotta per i diritti civili e politici. … E noi cittadini abbiamo il dovere di ribellarci a tutto questo”.
Ecco. Matteo Renzi non comprende le ragioni dello sciopero? Male, dovrebbe farsele spiegare da Imposimato che ha compreso bene, come del resto hanno capito bene le intenzioni del Governo pure gli insegnanti che sanno certo leggere e comprendere un testo dopo anni passati sui libri e visto che insegniamo ai nostri studenti proprio a fare questo.
Libertà d’insegnamento, autonomia didattica e metodologica non sarebbero più garantite se, come vuole la riforma, si aumentasse la discrezionalità del Dirigente Scolastico sino a consentirgli – in totale assenza di graduatorie – la selezione discrezionale della sua “squadra”, come un allenatore, scegliendo un docente rispetto a un altro in base a criteri meramente soggettivi e che potranno variare da scuola a scuola. Né affidare la chiamata diretta del preside sceriffo ad un comitato composto da docenti, genitori e, persino, studenti nelle secondarie, potrebbe garantirle. Esilarante, se non fosse tragico, drammatico. Niente di più facile che in molte scuole pubbliche statali sparisca anche Darwin dai programmi.
Per il magistrato,
“La riforma, attribuendo al dirigente scolastico le scelte didattiche e formative e la valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti, di fatto, viola il principio della libertà di insegnamento tipica della scuola di Stato, ma anche la meritocrazia”. E ancora più chiaramente ha spiegato che, “L’insegnante, temendo il licenziamento, non sarà più libero di esprimere il proprio pensiero ma dovrà seguire scelte didattiche di regime che ledono la libertà del docente e dell’allievo di non essere indottrinato. L’allievo sarà condizionato da insegnanti cui è precluso il diritto di esprimere un’opinione critica, un giudizio politico o morale sulla classe dirigente una valutazione della correttezza dell’azione del Governo”.
Poi, prima di rivolgere il suo appello al Presidente della Repubblica Mattarella “affinché intervenga per richiamare il Governo sulle palesi illegittimità costituzionali presenti nella riforma”, il giudice Imposimato ha sferrato l’attacco più duro al ddl:
“Dopo l’asservimento a una oligarchia dominante del sistema mediatico TV e della carta stampata, che con adulazione esalta il Presidente del Consiglio non lasciando spazio alla critica, dopo il nuovo conformismo di molti intellettuali alla ricerca di protettori, il solo comparto da soggiogare resta la scuola pubblica. E questo il Governo sta facendo”.
Per buona pace del Premier e del suo entourage che non capiscono le ragioni dello sciopero, i docenti hanno invece compreso benissimo le intenzioni del Governo. E le motivazioni dello sciopero sono chiare, chiarissime.
Il 5 maggio a scioperare saremo i docenti assieme ai sindacati rappresentativi del comparto che, alle ultime elezioni RSU, hanno ottenuto la rappresentanza di oltre 750mila colleghi e che, lo scorso 18 aprile, erano in piazza a Roma per indire unitariamente lo sciopero.
Lo faremo per chiedere con urgenza un piano di assunzioni che assicuri la stabilizzazione di tutto il personale docente e ATA impiegato da anni precariamente e che, in base alla recente pronuncia della Corte di Giustizia europea, ne ha pieno diritto; saremo in piazza per chiedere organici adeguati al reale fabbisogno, ma senza che siano stravolti i contratti, né le regole di reclutamento né i diritti di mobilità e di stabilità del posto di lavoro acquisiti. Assieme al rinnovo dei contratti, all’adeguamento agli stipendi europei delle nostre retribuzioni, chiederemo al Governo l’avvio di una vera stagione di investimenti su istruzione e formazione, non illusionistica, ma in grado di far recuperare il gap di investimenti che ancora separa l’Istruzione italiana da quella degli altri Paesi europei. Non abbiamo gli stipendi di Onorevoli né quelli di altre caste di privilegiati, e nemmeno quelli dei nostri colleghi europei. Per far sciopero ai docenti tocca far bene i conti. Il 5 maggio, credo in molti, lo faremo per dire un chiaro No ai modelli di gestione autoritaria della scuola e per ribadire un chiarissimo No a incursioni autoritarie, fatte per legge, su materie soggette a disciplina contrattuale, come le retribuzioni, la valutazione e la mobilità del personale.
Se né il Premier né il Parlamento comprendono le ragioni dello sciopero, allora sorge il dubbio che non ascoltino. Non condivido la tua opinione ma mi batterei perché tu la possa dire. Ma se non si viene ascoltati, forse diventa anche comprensibile (anche se non condivisibile) che qualcuno fischi e sbatta qualche pentola.
Ps: Un sincero grazie al Premier per averci risparmiato la sua lettera. Dirci che non avevamo capito il ddl sarebbe stato un’offesa, oltreché un boomerang per lo stesso Governo.
A questo LINK il video e l’intervento integrale di Ferdinando Imposimato. P.p.s.: Speriamo che nessuno mi asfalti. Magari rottamazione prematura, ma il bitume caldo no, non lo sopporto.