Perché Landini non può fare una coalizione sociale e lottare politicamente contro i disastri sociali che la politica combina? Qualcuno vorrebbe liquidare il tutto con una battuta: “non gli riesce di fare bene il sindacalista e vuole scendere in politica”, dicono.
di Giuseppe Candido (@ilCandido)
Non c’è dubbio che anche i sindacati, come del resto i Partiti, hanno un gran bisogno di riformarsi. Ma il sindacato, diceva qualcuno, è soprattuto un fatto umano. È l’associarsi di lavoratori, di artisti, di mestieri che cercano consociandosi di tutelare la loro condizione sociale. I sindacati, come i partiti, non si possono e non si devono abolire. Sono essenziali per la democrazia oltreché essere previsti dalla Costituzione come i partiti. E nella stessa costituzione non v’è traccia della presunta incompatibilità tra chi difende i lavoratori e chi fa politica. Non c’è scritto che chi difende una parte dei lavoratori, per farlo, non possa farlo anche politicamente. Soprattutto quando la politica non più in grado di dare rappresentanza alle esigenze dei lavoratori. Soprattutto se dalla politica provengono risposte inadeguate ed esempi come quelli di Mafia Capitale e di Expò.
Il partito democratico che per suo statuto proponeva l’uninominale a doppio turno, adesso assapora la svolta autoritaria. La legge elettorale che si vuole far passare prevede infatti il premio di maggioranza al partito e non più alla coalizione, la permanenza di un terzo dei parlamentari nominati dai partiti e non eletti, e la non elettività del Senato, e rappresenta quindi la certezza di un’ulteriore involuzione democratica della politica italiana. Il partito che prenderà la maggioranza alla Camera potrà non solo governare per cinque anni, ma nominando anche i giudici della Corte Costituzionale, avrà campo libero a qualsiasi modifica della stessa Carta fondamentale e potrà fare qualsiasi tipo di legge, con un presidenzialismo di fatto e senza contrappesi.
In questo contesto, che male c’è nel tentare di formare una coalizione di resistenza sociale, laica, democratica e civile per tutelare i diritti umani e per cercare di promuovere lo stato di diritto; una coalizione che provi a dare rappresentanza politica alle istanze inascoltate dei lavoratori, siano essi metalmeccanici, operai edili, insegnanti della scuola precari o non precari, amministrativi.
Purtroppo, quello che appare è che, non essendoci capacità della politica di fornire risposte alle esigenze essenziali quali lavoro, lotta all’evasione fiscale e contemporaneamente alla miseria dilagante, poiché non si riesce a dare stabilità stessa al lavoro precario, si tenta di dare “altre” risposte che quantomeno distraggono l’attenzione dai veri problemi. Con risposte incongruenti e autoritarie si riforma la scuola in modo da stravolgerla per sempre da statale a scuola-azienda di tipo privatistico, si stravolgono i diritti dei lavoratori senza creare però nuovo lavoro, e non si riforma quello che invece si dovrebbe urgentemente riformare: la politica e i partiti che così come sono non rappresentano neanche le idee che hanno scritte nei loro statuti. Sessant’anni di partitocrazia hanno ormai reso enorme il distacco tra cittadini e politica, forse incolmabile. Ed è diventato un Paese davvero strano il nostro. Un Paese in cui capita che sia lo Stato a non rispettare più le sue stesse leggi, fino al punto di essere più volte condannato, pregiudicato, in tema di rifiuti, per le acque reflue, per come spende male i soldi europei, per non parlare delle condanne, che da trent’anni riceve, per la irragionevole lunghezza dei processi e perché tortura i propri cittadini in carceri inumane e degradanti; un Paese in cui il lavoro dei docenti che lo Stato mantiene precari è l’Europa che deve intervenire per chiederne la stabilizzazione. Un Paese sempre più strano e fuori dallo Stato di diritto in cui può persino sembrare incompatibile un sindacalista che ambisce legittimamente a rappresentare quelle istanze di cittadini e lavoratori che la partitocrazia non rappresenta più.