Suicidio al carcere di Opera a Milano. Il Sappe lancia l’allarme per le condizioni inumane delle carceri, ma per Repubblica.it la notizia diviene un’altra. La versione online del quotidiano diretto da Ezio Mauro, mercoledì 18 febbraio, pubblica un articolo a firma di Giuliano Foschini e Marco Mensurati, col titolo in bella evidenza su alcuni commenti usciti sulla pagina di Face Book di un sindacato di polizia penitenziaria titolando: “Suicidio in carcere, atroci commenti di alcuni agenti su Fb: Uno di meno ”.
di Giuseppe Candido
Pubblicato il 19/01/2015 su Cronache del Garantista
«Un uomo si suicida nel carcere di Opera», scrivono i due giornalisti. Ma aggiungono subito dopo: «gli agenti di Polizia penitenziaria – come rivela Repubblica.it – si esibiscono in un diluvio di commenti di questo genere: “Meno uno”. “Un rumeno in meno”, “mi chiedo cosa aspettino gli altri a seguirne l’esempio”».
Nessun cenno alla condizione ancora disumana e degradante delle carceri che nell’ottobre 2013 ha indotto il Presidente della Repubblica emerito Giorgio Napolitano a inviare – secondo l’articolo 87 della Costituzione – un messaggio alle Camere per chiedere di “riconsiderare le ostilità a un provvedimento di amnistia e indulto”. Un messaggio ancora tragicamente attuale e che come Radicali, proprio perché rimasto inascoltato dal Parlamento cui era rivolto, abbiamo deciso di mettere al centro della nostra iniziativa politica.
E poi, per fare qualche condivisione sui social in più, aggiungono la frase ad effetto: “L’ultima vergogna italiana è qui, in un gruppo Facebook di un sindacato di agenti, dove nelle ultime ore si è scatenata una caccia all’uomo che rischia di avere gravi conseguenze”.
Trattandosi di un articolo online uno si aspetterebbe di trovare almeno il collegamento che conduce alla pagina incriminata dove, secondo gli autori, sono apparsi questi commenti che consentono di dire: è Repubblica ad aver “rivelato” la notizia. Invece niente, c’è solo una immagine di alcuni commenti su face book senza che si capisca nemmeno su quale pagina siano. Poi si scopre che questi commenti sono stati fatti sulla pagina di un piccolo sindacato di polizia, l’Al.Si.Ppe., che tra l’altro ha subito rimosso i commenti incriminati scusandosi:
«Non e’ nostra abitudine censurare i commenti dei nostri followers pubblicati sul nostro profilo di Facebook, ma visto il contenuto e fermo restanti le responsabilità personali per quanto si afferma scrivendolo su Facebook alcune frasi riportate, hanno ingenerato una strumentalizzazione tale da comportare un possibile danno di immagine al Corpo di Polizia penitenziaria.Oltre a non essere assolutamente condivisibili da parte del nostro sindacato , pertanto abbiamo ritenuto opportuno cancellarli». Meglio tardi che mai, verrebbe da commentare.
Ma allora la domanda è un’altra: quale notizia per Repubblica? Quella delle carceri sulle quali Repubblica vuol far notare di essere attenta, o piuttosto quella che sono apparsi commenti indecenti relativamente al suicidio del cittadino rumeno? Per gli autori dell’articolo evidentemente la seconda. E in realtà Repubblica non rivela proprio un bel niente perché – ad onor del vero – la notizia dell’ennesimo suicidio nelle patrie galere, il sesto del 2015, a darla è direttamente il Sappe Lombardia, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, con un comunicato diramato dal segretario Donato Capece che aveva posto al centro quello che definiva “un’emergenza purtroppo ancora sottovalutata, anche dall’Amministrazione penitenziaria”. Un comunicato che era stato ripreso dalla carta stampata de Il Giornale, nelle pagine di Milano, il giorno 15 febbraio e, successivamente, dalle Cronache del Garantista, quotidiano molto attento alla tematica delle carceri, con un bell’articolo di Damiano Aliprandi pubblicato sulla versione cartacea martedì 17 e che, a differenza di Repubblica, si occupava dell’”uomo”, del cittadino rumeno che non c’è più, di una persona che ha preferito togliersi la vita in carcere e di una condizione vergognosa, quella sì, di carceri in cui anche agenti, operatori sanitari e direttori, sono spesso vittime di uno stato che non rispetta più la sua stessa legge né quella internazionale e continua a trattare in modo inumano e degradante i detenuti e, con loro, tutto il personale che in quelle condizioni lavorano ogni giorno. La cosa strana è che la notizia dei commenti su FB apparsa sul sito di Repubblica.it solo il 18 febbraio sia quella sullo stesso sito ma relativa al “fatto” che porta la data del 14 febbraio, non sono mai stati pubblicati su carta, ma solo nella versione digitale.