E invece io dico che NON dobbiamo chiudere il Partito Radicale

Laura Arconti (*)  @LaurArconti1

Il Garantista dell’undici gennaio pubblicava un articolo del Radicale storico Angiolo Bandinelli dal titolo “Io dico che dobbiamo chiudere il Partito Radicale”.

Leggo il “Garantista” al mattino prestissimo, online: sono abbonata, ma l’edizione cartacea viene regolarmente requisita dalla disfunzione di Poste Italiane, e mi arriva in pacchi di dieci/dodici numeri arretrati, due o tre volte al mese. È vergognoso, e forse dovrei denunciare Poste Italiane per interruzione di servizio pubblico. Ma questo è un altro discorso.

Il mio primo impulso, leggendo alle sei del mattino l’articolo di Bandinelli, fu di buttar giù una risposta immediata da mandare al giornale. Poi decisi di non farlo, perché avrei dovuto dirgli: “Scusa, Angiolo… abbiamo una riunione di direzione fra due giorni e una riunione del Comitato Nazionale fra cinque. Era proprio necessario scrivere un articolo proponendo lo scioglimento del Partito Radicale a partire da Radicali Italiani e via via da tutti gli altri soggetti costituenti, con l’aria di avviare un dibattito ma in realtà porgendo una proposta di chiusura senza alternative?” 

Questo avrei scritto, rinviando una risposta articolata alla riunione di Direzione quale sede più appropriata: martedì sera ho dato la mia risposta ufficialmente (la registrazione integrale della direzione è disponibile nel sito di Radio Radicale); ora, volendo interpretare l’articolo di Angiolo Bandinelli come una provocazione allo scopo di mantener vivo un dibattito sereno ed utile fino alla riunione del Comitato Nazionale (che si terrà nella sede del Partito Radicale il 16/17/18 corrente), invio al Garantista queste poche considerazioni che ho espresso ieri sera.

L’articolo di Bandinelli ricorda altre occasioni in cui il Partito Radicale ha annunciato di vedersi costretto alla chiusura delle proprie attività, per difficoltà di autofinanziamento e per la impossibilità di far conoscere al pubblico le proprie iniziative: occasioni in cui, a seguito del drammatico annuncio, erano arrivate al partito numerose iscrizioni di persone comuni e di personalità importanti da tutto il mondo, risolvendo il problema.  Bandinelli nel suo articolo dimentica il più clamoroso di questi episodi, accaduto nel 1993, quando per scongiurare la chiusura arrivarono più di 40.000 iscrizioni al Partito: ma non è questo il punto, ricordato peraltro con precisione dalla Segretaria Nazionale Bernardini ieri durante la Direzione. Il punto è nella proposta stessa.

Scrive Angiolo: “c’è un momento in cui anche la speranza ha diritto di morire”, e questo mi appare non come il desiderio di offrire le proprie idee al dibattito, ma semplicemente come una proposta di rinuncia, di autodistruzione: di abbandonare tutti coloro che hanno avuto fiducia in noi e nel metodo radicale per sessant’anni, da che esiste il Partito Radicale.

Una volta, molti anni fa, quando ancora i cittadini disponevano delle “Tribune politiche” in TV, unica risorsa per conoscere le varie proposte, accadde che un avversario politico parlasse durante una Tribuna elettorale utilizzando solo una parte del tempo consentitogli. Marco Pannella, che commentava il fatto da Radio Radicale, esplose in un grido di indignazione: «E’ forse roba sua, il tempo a cui sta rinunciando?! E’ tempo che appartiene ai cittadini, che debbono conoscere per deliberare, non tempo suo!». Il ricordo di questo grido di Marco mi torna alla mente, di fronte alla proposta di chiudere il Partito Radicale, che Bandinelli definisce “obbligata e responsabile”. A chi appartiene la lotta politica radicale, a noi o ai cittadini?

Ma soprattutto un punto voglio chiarire: mi sfugge la logica del ragionamento di Angiolo Bandinelli. Sarà un mio deficit, ma proprio non vedo una coerenza nell’assunto di Angiolo.

Egli dice che quelle altre volte la chiusura ha funzionato da stimolo ed ha risolto la situazione, perché il contesto esterno era differente ed anche all’interno di noi c’era una migliore classe dirigente; ma che questa volta non basterà l’annuncio di chiusura a causa delle nostre inefficienze e del contesto “intriso di subcultura e furori anticasta, ma incapace di un minimo di speranza”.  Domando: e allora, Angiolo, se pensi che la chiusura questa volta non avrebbe alcun esito positivo, perché la proponi? Dov’è la logica, dove la ratio, dove la coerenza del tuo ragionamento?

La risposta migliore alla proposta di chiusura l’ha data Emma Bonino nel suo drammatico messaggio del 12 gennaio parlando ai malati: «Io non sono il mio tumore e voi non siete la vostra malattia: dobbiamo essere persone, persone che affrontano una difficoltà». Ebbene, io dico ad Angiolo Bandinelli ed a chi la pensa come lui: voi non siete la vostra disperazione.  Emma dice anche: «Dalla passione politica non ci si dimette», ed io aggiungo che non si po’ dismettere la vocazione alla speranza, ad essere speranza per sé e per gli altri.  Emma dice anche: «Se mi volete bene, e volete sostenermi, dimostratelo iscrivendovi al Partito Radicale».

Questa è l’alternativa alla chiusura, alla rinuncia, al dismettersi dalla vocazione politica in difesa dei diritti di tutti e ciascuno, in Italia ed in tutto il mondo.

Le modalità di iscrizione si trovano in tutti i siti web radicali

 

 (*) Direzione Radicali Italiani

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