«Un suicidio che si poteva evitare. Molti di loro innocenti.» La lettera Raffaele Fiumara scrive dal carcere dopo la morte di Salvatore Manno

CarcereVibo
Una foto delle mura della casa circondariale di Vibo Valentia

di Francesco Lo Duca

Pubblicata su il Quotidiano della Calabria – Domenica 2 marzo 2014

«TRE giorni addietro ho conversato con il detenuto Manno Salvatore, una persona educata, benvoluta ed amata da tutti, che ha sempre proclamato, peraltro, la propria innocenza. Era un po’ che lo osservavo e durante la nostra ultima conversazione mi sono accorto del suo sguardo assente. Mi ha confidato i suoi problemi con la famiglia lontana in Sicilia, delle loro difficoltà economiche’ dei suoi problemi di salute, e del suo bambino di cinque anni salvato in extremis avendo ingerito involontariamente della candeggina. Si sentiva molto depresso e diceva frasi senza senso». Sono espressioni di una lunga lettera scritta dal detenuto Raffaele Fiumara, che parla delle condizioni delle carceri italiane e del suicidio di Salvatore Manno impiccatosi lo scorso 7 febbraio nella Sezione alta sicurezza della Casa Circondariale di Vibo Valentia. Con la morte di Salvatore Manno di anni 37 e dell’ultimo suicidio, nel penitenziario di Opera, di un detenuto di 50 anni in attesa di giudizio, originario dell’est Europa, salgono a sei i detenuti che si sono tolti la vita dall’inizio del 2014. A questa triste conta occorre aggiungere la tragedia di Mario Ferrara di 46 anni, assistente capo della polizia penitenziaria, che si è ucciso nei giorni scorsi con la pistola d’ordinanza nel parcheggio del carcere di Novara, dove faceva servizio. La missiva di Raffaele Fiumara – già interessato al vecchio processo “Pizza connection” e attualmente detenuto in via cautelare in seguito ad una indagine della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro – è stata indirizzata al direttore della Casa Circondariale di Vibo Valentia, Antonio Galati e per conoscenza al Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Catanzaro, Laura Antonini, al Ministro di Grazia e Giustizia, al direttore del Dap Roma, al Garante regionale per i diritti del detenuto e ai Radicali italiani, Marco Pannella e Rita Bernardini. Dopo aver raccontato del suo percorso carcerario, Raffaele Fiumara cerca una spiegazione alla tragedia di Salvatore Manno, sostenendo che «questo suicidio si poteva evitare, permettendo soltanto a questo padre di famiglia di poter stare in una cella di suo gradimento ed in compagnia di altri detenuti che lo avrebbero sicuramente aiutato moralmente e mai lasciato da solo, viste le sue condizioni psicologiche. Come il giovane detenuto Manno – prosegue la missiva -, c’è ne sono tanti altri, molti di questi anche innocenti, che verranno assolti, così come dicono le statistiche del Ministero». I detenuti in Italia sono all’incirca 69mila per 45mila posti regolamentari, il 40% di loro è ancora in attesa di giudizio e almeno la metà, statisticamente, risulterà innocente. Inoltre, viene lamentata la mancanza della funzione riabilitativa della pena attraverso percorsi rieducativi dei detenuti e l’utilizzo di spazi disponibili per corsi di formazione, per attività lavorative, sportive e ricreative.

«Si deve cambiare

per evitare in futuro

episodi analoghi»

«Come può avvenire tutto ciò – si chiede Fiumara – se rimaniamo chiusi venti ore giornalmente in celle peraltro di piccole dimensioni. Se non esistono particolari esigenze da parte dell’Autorità Giudiziaria, perché viene impedito a detenuti che hanno rapporti di parentela di stare insieme nello stesso piano o nella stessa cella?». Raffaele Fiumara vuole scongiurare forme di rabbia e odio verso le Istituzioni «incapaci di garantire ai detenuti quei principi fondamentali sanciti dalla Costituzione e dalla Carta dei Diritti dell’Uomo. Ci sono diritti e doveri – conclude il detenuto in cautelare della casa circondariale di Vibo Valentia – e questi vanno rispettati da entrambi le parti attraverso collaborazione reciproca in modo da rendere più tranquillo il lavoro del personale interno ed il più umano possibile il pianeta delle carceri italiane, soprattutto in questo stato di sovraffollamento». L’auspicio, manifestato nella missiva, è di «contribuire ad un cambiamento di questo stato di cose al fine di evitare nel futuro altri casi come quello dell’amico indimenticabile Manno Salvatore».

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