Sabotare i referendum? Berlusconi non fa nulla di nuovo

di Giuseppe Candido

Il voto il 12 e il 13 giugno è per tentare di salvare quel briciolo che resta della nostra democrazia

L’articolo 75 della Costituzione sancisce dal 1948 il diritto dei cittadini ad esprimersi sui quesiti referendari. Ma la scheda referendaria, prevista dalla costituzione sin dal primo momento, fu negata ai cittadini per oltre vent’anni salvo poi concederla nel ’70 ai clericali che volevano abrogare la legge sul divorzio. Pure l’articolo 39 della legge n° 352 del 1970 parla chiaro: solo “Se prima della data dello svolgimento del referendum, la legge, o l’atto avente forza di legge, o le singole disposizioni di essi cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, l’Ufficio centrale per il referendum dichiara che le operazioni relative non hanno più corso”. La legge prevede che le operazioni di voto non si tengano più solo in caso di “abrogazione”. E ciò è ancora più evidente se si tiene conto della pronuncia della Consulta del 1978 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 39 della legge rispetto all’art. 75, comma 1, della Costituzione “limitatamente alla parte in cui non prevede che se l’abrogazione degli atti o delle singole disposizioni cui si riferisce il referendum venga accompagnata da altra disciplina della stessa materia, senza modificare né i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti, il referendum si effettui sulle nuove disposizioni legislative”.

Ma la partitocrazia ha sempre digerito malissimo i referendum vivendoli come il più grande pericolo per se stessa ed ha sempre operato per ridurne l’efficacia ed eliminare le scelte compiute dagli italiani. Berlusconi, infondo, non ha inventato nulla di nuovo: “si è dimostrato un ottimo allievo dei suoi predecessori che erano abilissimi a cancellare i referendum con un escamotage legislativo” ha dichiarato Emma Bonino che di referendum ne ha visti cancellati parecchi. L’aborto, il nucleare, la depenalizzazione del consumo di droghe leggere, il finanziamento pubblico dei partiti, la responsabilità civile dei magistrati. Nel 1972, per impedire che “il paese si spaccasse in due” per la legge sul divorzio, vennero sciolte anticipatamente le Camere dal Presidente Leone. Nel 1976, per abrogare l’aborto furono sciolte le Camere e il referendum venne poi superato dall’approvazione della legge 194 del ’78. Il referendum che chiedeva l’abolizione degli ospedali psichiatrici fu anch’esso “superato” con l’escamotage della legge Basaglia che però lasciò tali e quali gli ospedali psichiatrici giudiziari che, dopo lo scoop della commissione d’inchiesta sugli errori sanitari, oggi sappiamo in quali condizioni si trovano. “Superati” con legge di riforma anche i due referendum del ’78 e del ’80 rispettivamente sulla Commissione inquirente dei ministri e l’abolizione dei tribunali militari. I referendum sono stati da sempre sistematicamente aggirati, evitati, elusi dai partiti con norme di “superamento”. E quando non si riuscì ade evitare il referendum con scioglimento delle camere o leggine ad hoc, fu la volontà degli elettori a venire disattesa, spesso letteralmente tradita, dai partiti che, almeno in questo, si sono sempre dimostrati uniti. Dopo il referendum del 1987 sulla responsabilità civile dei magistrati di cui oggi si torna tanto a parlare, la volontà degli elettori che chiedevano che i magistrati pagassero per i loro errori come tutti gli altri professionisti, venne aggirata trasferendo allo Stato la responsabilità dei giudici. Ragion per cui, se un cittadino viene ingiustamente detenuto dallo Stato per colpa di un errore di un magistrato si è “ripagati”, con le nostre stesse tasse, sempre dallo Stato, cioè da noi. Cornuti e mazziati. E sulla legge elettorale che i cittadini nel ’93 avrebbero voluto maggioritaria? Anche allora, la volontà chiarissimamente espressa dagli elettori venne disattesa introducendo il famoso “Mattarellum”, la legge elettorale che continuava ad eleggere una parte del parlamento con il sistema proporzionale continuando a garantire alla partitocrazia il potere di accaparrarsi i rimborsi elettorali e stabilire i candidati nei collegi più importanti. Non parliamo dell’abolizione del ministero dell’Agricoltura che venne aggirata mediante l’istituzione dell’acronimo ministero per le politiche agricole. Paradossi italiani. Ne parla da Santoro di finanziamento pubblico abolito con referendum nel ’93 e reintrodotto senza un minimo di pudore col sistema dei rimborsi elettorali ma Beppe Grillo, il giullare della politica italiana, pur di fare dei tutta l’erba un fascio si scorda di nominare i Radicali quale unico partito che aveva raccolto le firme e aveva promosso quel referendum.

Escamotage legislativo anche per il referendum del ’95 sulla privatizzazione della Rai, mai attuata effettivamente ed ancora sotto il palese controllo dei partiti, e quello sulle trattenute sindacali, di fatto sistematicamente ignorato nei contratti collettivi nazionali. Poi la strategia sui referendum cambiò. Sabotarne la volontà diventava sempre meno conveniente per cui la via più facile fu quella di farne fallire il quorum mediante l’azzeramento del dibattito in televisione e gli inviti ad andare a mare che tanto “ghe pensi mi”. Fu così che avvenne per il referendum sulla Legge 40 per la fecondazione assistita per il quale, con lo scopo premeditato di evitare che la gente andasse a votare, il servizio pubblico televisivo, quello che dovrebbe garantirci l’informazione abbondò: propose illegittimamente non due ma addirittura tre posizioni: quella dei Si ai vari quesiti, quella dei No e quella dei “non andate a votare” che alla fine vinse. I clericali poterno, in quel caso, sommarsi agli astensionisti fisiologici e dichiarare chiusa la partita su fecondazione assistita e dar inizio ai viaggi all’estero per molte coppie italiane. Per anni si è cercato di ammazzare i referendum, quello strumento di democrazia diretta e partecipata che i padri costituenti avevano garantito al popolo per renderlo pienamente sovrano. La strage di democrazia dei referendum è in corso ormai da anni. Oggi in televisione il dibattito sui temi referendari è stato completamente cancellato e si vorrebbe far passare il messaggio che, tanto, non vale la pena andare a votare. Proprio per questo, esercitare oggi il voto ai referendum serve non solo a difenderci dal nucleare e dire che la legge è uguale per tutti ma, soprattuto, raggiungere il quorum il 12 e 13 giugno servirebbe a salvare quel briciolo che resta della nostra democrazia.

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