di Filippo Curtosi
Richiamano alle labbra una voce in uso tra i Greci dell’età classica che significa seme e quando patteggiando col proprietario fa inserire nel contratto il suo diritto al “paraspolo”, fa ritornare al pensiero la parola dei suoi avi ellenici come pure li fa rivivere quando nella stagione propizia si reca con la zappetta nei campi seminati a “sporiare” come suol dire, il grano, il frumento. Non è vero quindi che la storia della parola “paresporium” o “parasporium” sia oscura se erroneamente si è creduto.La sua formazione ,più che all’epoca dei monaci basiliani deve risalire tempi remoti della Magna Grecia. E’ evidente,sostiene il profes sore di Nicotera che il contratto enumera soltanto gli obblighi ai quali si sottopongono i coloni calabresi. Questi si impegnano a corrispondere al convento una giornata di lavoro alla settimana, a titolo di servitù. (angaria) e tre volte all’anno, il paresporo di tre giorni insieme al giorno settimanale di angaria. Dei tre periodi o turni di paresporo uno è destinato ai lavori di mietitura, un altro a quello pel maggese e un altro poi alla semina dei campi. Come risulta evidente dall’esame letterale e comparativo del documento il paresporo è un tributo colonico comune nell’età media, alla quale perviene come ultimo avanzo di servitù personali, ultimo residuo delle miserevoli imposizioni fatte agli uomini della gleba. Nel territorio di Cassano all’Ionio il bifolco, il forese annaruolo, a quanto scrive il Lanza, prende ogni mese un tomolo di grano misura rasa,mezzo rotolo di sale,undici once d’olio ,un ottavo di tomolo di legumi, un barile di vino del peso di rotoli quaranta durante il tempo della semina autunnale e altrettanto nella trebbiatura delle messi. Più il paraspolo, consistente nel prodotto di tomolo quattro grano,di un tomolo di orzo e di uno stuppello di legumi seminato in comune nella masseria, su dei quali egli paga il terratico, la falciatura e le altre spese di coltivazione soltanto per metà. Così deve praticarsi anche nel medioevo. Per concludere, aggiungiamo noi col Corso, se la storia è la rappresentazione della vita di un momento, di un’epoca, d’un mondo sociale, non possono essere trascurate in essa le indagini che nella vita presente rivelano la persistenza delle idee e dei costumi del passato e in quella dei tempi scomparsi osservano le forme vecchie o anche le forme originarie delle attuali condizioni sociali degli africani di Rosarno, novelli servi della gleba.